domenica 18 novembre 2018

Uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà.



E' scontato e, stranamente, quasi comprensibile che chi entra in politica, con i partiti dei volponi s'intende, e accetta di assumersi il compito di governare un intero paese, poi accetti anche di mettere in pratica tutto ciò che gli viene ordinato di fare.
Con la vecchia politica, quella dei vecchi volponi, chi viene prescelto perchè risultato idoneo alla mansione di destinazione, stipula un patto con chi comanda, pertanto, con chi detiene il potere economico. 
Di solito il potere economico è detenuto dai padroni delle banche che, ben nascosti da occhi indiscreti, si servono di Omuncoli Servizievoli, ai quali danno mandato di rappresentanza per dettare le loro leggi e diffondere il loro verbo.
Gli Omuncoli Servizievoli-Rappresentanti, a loro volta, reclutano gli Omuncoli Servizievoli-Mansionali, - le gerarchie, come in qualunque  aggregazione che si crei, sono obbligatorie - con i quali stipulano contratti inscindibili ed eterni, nei quali vengono concordati e trascritti: le richieste degli Om.Se.Ma. e gli obblighi imposti dagli Om.Se.Rap. su mandato dei potenti.
Le richieste degli Om.Se.Ma. possono essere di varia natura. C'è chi chiede solo soldi, chi chiede soldi e potere (potere molto limitato, perchè non deve intralciare il potere di chi comanda e dirige le sorti del mondo) o chi chiede la sistemazione di familiari e conoscenti in posti di prestigio. 
Andando a controllare tutti quelli che si sono succeduti nella carica di capo del governo, infatti, si possono riscontrare, per ognuno di essi, quali sono state le priorità e le scelte effettuate.
Una volta esaudite le richieste, però, come succede negli ambienti "di potere", chi ha accettato e firmato il contratto, una volta estinto il mandato, non può tornare libero di agire a proprio piacimento, ma deve, in ogni modo e/o caso, continuare a rispettare il contratto vita natural durante, pena la perdita di quanto ottenuto e la "protezione" a livello personale e giuridico, della quale si usufruisce per contratto. 
Per quanto riguarda la protezione giuridica, di casi di liberatorie, insabbiamenti,  prescrizioni, assoluzioni assurde, se ne riscontrano tantissimi.
Per quanto riguarda la protezione personale non si riscontra nessun caso, chi in genere stipula tali patti non cade in contraddizione.
(Diversamente succede per chi non ha mai accettato di stipulare patti scellerati con il potere e di casi di assassinii se ne riscontrano parecchi.)
Come sono tantissimi i casi di Om.Se.Ma. che, consci di aver calcato la mano durante l'espletamento del proprio mandato, temono fortemente la ribellione di chi è fuori dai loro contesti - perche si sente tradito e vorrebbe che venisse rispettata la Costituzione, unica fonte di tutela dei propri diritti - e si barrica in strutture super protette avvalendosi, con la protezione personale accordatagli, di un congruo numero di guardie del corpo..
E', infatti, più che evidente che chi ha gestito e diretto il paese lo ha fatto in totale assenza del rispetto di quanto sancito dalla Costituzione.
E ciò che più fa male è constatare la totale assenza di alcuni organi Istituzionali, quale la Consulta, che non è mai intervenuta a vietare che le leggi concepite e varate dai governi fossero concepite non per proteggere i cittadini, ma per proteggere chi i cittadini li calpestava con l'arroganza di chi si sente le spalle coperte e agisce con inaudita e vergognosa protervia in virtù del patto scellerato firmato in assenza assoluta di etica e morale. 
La corruzione che corrode ogni stanza del potere è il cancro che affligge la società e ci sta uccidendo, poco alla volta, fino a toglierci ogni piccolo barlume di pensiero e di speranza.
Ci ottundono, ci annichiliscono autodefinendosi democratici, e noi inermi, stiamo a guardare.

PS. Quanto scritto è, naturalmente, solo frutto del mio pensiero; nulla di quanto ho scritto è provato, pertanto, nulla di quanto sopra va preso seriamente, è solo un mio sfogo personale, una mia ribellione allo status quo.

Cetta. 

Padova, Terra dei Fuochi: “fabbrica” di rifiuti abbandonata da 14 anni. Bonifiche a rilento e la prescrizione salva gli imputati. - Veronica Ulivieri

Padova, Terra dei Fuochi: “fabbrica” di rifiuti abbandonata da 14 anni. Bonifiche a rilento e la prescrizione salva gli imputati

Oltre 50mila tonnellate di immondizia tossica e pericolosa in un sito di una società che faceva da fulcro di un traffico illecito di monnezza sepolta sotto linee ferroviarie e autostrade. L'azienda è fallita, l'area con la spazzatura è rimasta (vicino a un canale a rischio esondazione). I residenti: "Puzza terribile, avremo un cancro". Chi paga? Le casse pubbliche. Ma le procedure vanno a rilento. Anche perché la Regione non risponde a sindaci e comunità.

Più di 50mila tonnellate di rifiuti anche tossici e pericolosi, ammassati da 14 anni in due capannoni fatiscenti, a ridosso delle case e vicino a un canaleSembra lo scenario di uno degli angoli più degradati della Terra dei fuochi e invece il sito della ex C&C si trova nella ricca provincia di Padova, tra i comuni di PernumiaBattaglia Terme e Due Carrare. Nei primi anni Duemila è stato il fulcro di un lucroso traffico illecito di monnezza finita sepolta in opere pubbliche e private, compresa la linea ferroviaria dell’Alta velocità. Ora, mentre i condannati in primo grado si sono visti condonare le pene o hanno beneficiato della prescrizione, i cittadini aspettano invano la bonifica, ammorbati dall’odore acre che, a distanza di anni, i rifiuti continuano a sprigionare e preoccupati per le conseguenze sulla salute e sull’ambiente. Qui, ci sono stati in questi anni un inizio di incendio sedato in tempo e una tromba d’aria a 100 metri di distanza, mentre il vicino canale, le cui acque arrivano al fiume Brenta e da lì al mare, ha rischiato più volte di esondare. Se non ci sono state conseguenze drammatiche si deve soprattutto alla fortuna. Meno alle istituzioni, che tra lentezze e mancanza di risorse sono riuscite in questi anni ad avviare solo i primi interventi. Presto grazie a fondi regionali 4500 tonnellate di monnezza dovrebbero essere portate via dal capannone. Ma le altre 45mila rimarranno.
Monnezza sepolta nelle opere pubbliche. La storia comincia nel 2002, quando Fabrizio Cappelletto mette in piedi la C&C, un’attività per produrre conglomerati cementizi dai rifiuti in due stabilimenti, uno nel Padovano e l’altro in provincia di Venezia. L’azienda però, come riveleranno le indagini del Corpo forestale di Treviso con l’inchiesta “Il mercante di rifiuti”, è il centro di un traffico illecito di monnezza. Nello stabilimento, infatti, secondo gli investigatori arrivano rifiuti di ogni tipo, compresi scarti pericolosi e contaminati da alti livelli di idrocarburi e metalli pesanti. Nonostante siano inadatti a finire nei sottofondi stradali, vengono impastati con sabbia e cemento in miscele puzzolenti e inviati in cantiere, mettendo in piedi, scrive il giudice nella sentenza di primo grado indulgendo a una citazione letteraria, un “enorme e immondo commercio di anime morte”. 
Così, con l’aiuto di complici e ditte conniventi pagate per ricevere l’impasto, il “Conglogem” inventato dall’azienda finisce sotto la linea dell’Alta Velocità Padova-Venezia, e viene usato nella costruzione di uno svincolo stradale a Padova, così come in altri cantieri pubblici e privati in VenetoEmilia Romagna e Lazio. “Il composto era così tossico da aver inquinato l’ambiente nei cantieri dove è stato usato. In teoria i siti noti sono già stati bonificati, ma di fatto è impossibile sapere tutti i luoghi dove è stato usato, perché nessuno degli imputati ha mai fatto dichiarazioni in merito”, spiega a ilfattoquotidiano.it Francesco Miazzi del comitato Lasciateci respirare, che insieme all’associazione la Vespa e al comitato Sos C&C porta avanti la protesta da anni.
“Puzza terribile, moriremo tutti con un cancro”. Le indagini sulla C&C cominciano nel 2004, dopo le proteste dei cittadini. “Una puzza terribile, c’è ammoniaca. Moriremo tutti con un cancro da qualche parte”, dice un’impiegata dell’azienda a Cappelletto in una telefonata intercettata dagli inquirenti nello stesso anno. Odore che, secondo il giudice del tribunale di Venezia, non poteva non sentire chi accettava il Conglogem in cantiere e che tutt’oggi, nelle giornate di vento, la gente continua ad avvertire intorno alla ex 
fabbrica, poi messa sotto sequestro nel 2005. A preoccupare non è solo la puzza in sé: “I due capannoni hanno le pareti spanciate, quando piove ci sono infiltrazioni d’acqua e si formano pozzanghere di percolato, con il rischio concreto di diffusione degli inquinanti nell’ambiente”, dice Miazzi. “Dentro i cumuli arrivano anche a 7 metri di altezza e sono addossati ai pilastri in metallo e alle pareti in lamiera, mettendo a rischio la struttura visto che potrebbero risultare corrosivi”, aggiunge il sindaco di Battaglia Terme Massimo Momolo. “Se viene un’alluvione, una bufera o tromba d’aria è un problema. Dal canale vicino al sito l’acqua poi va a finire in laguna”, spiega il collega di Pernumia, Luciano Simonetto.
Per i rifiuti chi paga? Le casse pubbliche. I lavori per ripristinare l’area, invece, sono partiti molto tempo dopo: nel 2009 il sito è stato incluso tra quelli di interesse regionale da bonificare e nel 2010, cinque anni dopo il sequestro dei capannoni, sono state rimosse le 3.500 tonnellate di rifiuti anche pericolosi ammassati all’esterno. Le spese, si legge nella relazione sul Veneto della commissione bicamerale Ecomafie del 2016, sono state coperte “solo in parte dalle fideiussioni che la società C&C, per legge, avrebbe dovuto prestare a favore dell’amministrazione provinciale per poter operare”. L’azienda era già stata dichiarata fallita nel 2005, mentre anche la Cedro, proprietaria dei capannoni dove operava la C&C è uscita di scena grazie a una sentenza del Tar secondo il quale – al contrario di ciò che sostenevano Comune e Provincia – non c’è stata responsabilità della Cedro per abbandono dei rifiuti e inquinamento.
Presto nuovi lavori, ma nessun piano per la bonifica.Nel frattempo, nel 2009, gli 11 imputati sono stati condannati in primo grado complessivamente a 40 anni di reclusione, ma a causa della prescrizione intervenuta nel 2012 il processo è sfociato in un nulla di fatto. Gli altri nove imputati, tra cui Cappelletto, hanno patteggiato: come si legge nella relazione della commissione Ecomafie, per tutti la pena è stata condonata. 
Oggi, mentre alcuni dei personaggi coinvolti nell’inchiesta invocano il diritto all’oblio chiedendo di cancellare il proprio nome da alcuni siti web, la collettività si trova a portare sulle spalle tutto il peso delle oltre 50mila tonnellate di rifiuti rimaste nella ex C&C. Tra poco dovrebbero iniziare i lavori, finanziati dalla Regione con 1,5 milioni di euro, per rimuovere 4500 tonnellate. A preoccupare è però quello che rimarrà: una montagna da circa 44mila tonnellate di monnezza contaminata e un’area da bonificare, con costi stimati per oltre 10 milioni di euro e nessun segnale chiaro di nuove risorse stanziate dal bilancio regionale.
La Regione non risponde a sindaci e consiglieri.
“Nei tre Comuni”, spiega Momolo, “a fine ottobre abbiamo approvato all’unanimità tre mozioni per chiedere alla Regione un piano di intervento pluriennale da 2 milioni di euro all’anno”. Pochi giorni dopo il consiglio regionale del Veneto ha approvato all’unanimità una mozione presentata dal consigliere di Liberi e Uguali Piero Ruzzante, che impegna la giunta a elaborare un piano per la completa bonifica, finanziandolo nel 2019 con 2 milioni di euro delle risorse previste dalla legge speciale per Venezia. “In sede di discussione di bilancio, tra poche settimane, verificheremo che tale impegno venga mantenuto. Dopo quindici anni le 50mila tonnellate di rifiuti tossici sono ancora lì, è inaccettabile che non ci sia ancora un piano per la bonifica del sito. La giunta Zaia è avvisata: la salute dei cittadini non può più aspettare”, ha detto Ruzzante. Alla domanda se intenda stanziare le risorse chieste dai tre sindaci e dai consiglieri, la Regione non risponde a ilfatto.it. Da Venezia si limitano a ricordare la mozione e spiegare che “potrebbero essere necessari dagli 11 ai 15 milioni di euro per smaltire il tutto”. Il sindaco Simonetto si dice fiducioso e attacca i comitati dei cittadini, che pure hanno contribuito a scrivere le tre mozioni comunali: “Sto cercando di fare quello che è possibile, ma non posso chiedere alla Regione di darmi domattina un altro milione. Tra comitati e rompiscatole ce ne sono dappertutto, i soldi però sono riuscito a portarli a casa io. Tutti questi soloni sono andati anche a Bruxelles ma non ho visto il risultato. Io con la Regione del Veneto ho un buon rapporto, sono sicuro che mi daranno risposte”.
Fonte: ilfattoquotidiano del 18.11.2018

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