lunedì 26 novembre 2012

Costi politica: Pd-Pdl, tagli al tfr solo per i nuovi consigli.


Posticipare i tagli all'assegno di fine mandato dei consiglieri alla legislatura successiva a quella in corso per le Regioni che siano in vita da almeno 4 anni. Lo prevede un emendamento a firma Giuseppe Saro (Pdl) e Flavio Pertoldi (Pd) presentato in commissione al Senato al decreto legge sui costi della politica.
L'emendamento nasce dalla necessità di trovare una soluzione in particolare per il Friuli Venezia Giulia, spiega uno dei presentatori Giuseppe Saro. Questa Regione potrebbe essere infatti sciolta in anticipo per partecipare all'election day del 10 marzo. In questo caso i consiglieri non avrebbero una Legislatura completa e perderebbero quindi la possibilità di usufruire di una liquidazione pari a quelle attuali. Di fronte però all'obiezione che la norma, così come è stata scritta, interessi quasi tutte le altre realtà regionali (tranne Lazio, Lombardia e Molise che sono state già sciolte) il senatore lascia intendere di essere disposto a una riformulazione dell'emendamento che meglio ne circoscriva l'ambito.
Istituire un Fondo presso il Tesoro per aiutare le Regioni in rosso, a coprire il loro buco di bilancio. Lo prevede un emendamento al decreto sui Costi della politica e gli enti locali, presentato dai senatori del Pdl (primo firmatario Vicenzo Nespoli). Il Fondo avrebbe 300 milioni nel 2012, 500 nel 2013 e 1.000 dal 2014.
SENATO, ASSALTO A IMU, DA ANZIANI A FONDAZIONI - Parte l'esame delle commissioni Bilancio e Affari costituzionali di Palazzo Madama al decreto sui costi della politica. E molte modifiche dei senatori, oltre ad argomenti come il ruolo della Corte dei Conti o i 'paletti' ai vitalizi, puntano a cambiare il 'volto' dell'imposta municipale propria, meglio nota come Imu. Si inizia anche ad intervenire sul 'nodo' sicurezza che, come noto, sarà affrontato più compiutamente nella Legge di Stabilità. Ma intanto Anna Bonfrisco (Pdl) punta ad intervenire riducendo almeno in parte i 'costi' e chiede che gli immobili di proprietà delle regioni e degli enti locali "in uso per finalità istituzionali alle Forze di Polizia siano "mantenuti in locazione a titolo gratuito" e senza incidenza sul Patto di Stabilità. Il costo quindi viene 'recuperato' riducendo i fondi destinati all'8 per mille.
Che l'imposta anche sulla prima casa fossa invisa ai più è noto. Ma i senatori si sono scatenati: e chiedono le modifiche più disparate. Ad esempio, tra le molte proposte, Anna Rita Fioroni del Pd punta a risolvere via Imu parte dei problemi dei territori colpiti da calamità: stop al pagamento dell'imposta relativamente alla quota dello Stato per i fabbricati inagibili. Nutrito il pacchetto di proposte della Lega (primo firmatario Massimo Garavaglia e 'co-firma' dell'ex ministro Roberto Calderoli): si chiede innanzitutto che vengano esentati dall'Imu gli immobili (non prima casa) concessi in comodato d'uso a familiari di primo grado. E' poi prevista nelle richieste una drastica riduzione dell' aliquota Imu (dal 50 al 100%) per ciascun familiare non autosufficiente. E stop all'imposta per immobili degli anti territoriali adibiti ad edilizia residenziale pubblica. Netta riduzione della quota che va allo Stato: dal 50 al 30%. E mentre dall'Idv Elio Lannutti specifica: niente esenzione Imu per le Fondazioni bancarie, Alberto Balboni (Pdl) propone che la dichiarazione al catasto per i fabbricati rurali iscritti nel catasto dei terreni da sottoporre all'Imu slitti a 30 giugno 2013. Sempre nel Pdl Giuseppe Saro si preoccupa degli anziani: la casa (prima) resta tale (se non affittata) anche se cambiano residenza e la prendono nella casa di riposo. E sempre in tema di casa di riposo l'altra richiesta è che siano esenti quelle o convenzionate con il servizio sanitario. Le proposte, non solo quelle Imu, sono in gran parte 'ammissibili'. Ora la parola spetta alle commissioni di Palazzo Madama.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2012/11/26/Costi-politica-Pd-Pdl-tagli-tfr-solo-nuovi-consigli_7859791.html


L'Italia affonda, intere famiglie arrancano e loro che fanno? Si preoccupano di mantenere i loro privilegi.
Mandiamoli a casa, tutti!

Nuove regole Imu sotto lente di Bruxelles.



Agevolazioni di alcuni enti non commerciali, in particolare la Chiesa, sarebbero considerati come aiuti di Stato illegali.

BRUXELLES - Il nuovo regolamento sull'Imu pubblicato in Gazzetta Ufficiale sabato è ora sotto la lente di Bruxelles, che deve verificarne la compatibilità con le norme Ue e valutare quindi se chiudere la procedura d'infrazione aperta contro l'Italia. "Stiamo studiando le misure adottate", ha assicurato il portavoce del commissario Ue alla concorrenza Joaquin Almunia, precisando che l'analisi della Commissione si situa "nel quadro della procedura sugli aiuti di stato in corso".

Le agevolazioni fiscali di cui hanno finora goduto in Italia gli enti non commerciali, e in particolare la Chiesa, possono, secondo le norme europee, essere considerate come aiuti di stato illegali. Il contenzioso con l'Antitrust Ue risale al 2007, quando erano partite le prime richieste di informazioni a Roma. Almunia aveva deciso di riaprire il dossier dell'esenzione dell'allora Ici nei confronti della Chiesa nel 2010, dopo le denunce ripresentate dal deputato radicale Maurizio Turco e dal fiscalista Carlo Pontesilli, che si erano rivolti alla Corte di giustizia Ue per impedire l'archiviazione. Dopo avere definito lo scorso febbraio un "progresso sensibile" l'emendamento proposto dal governo Monti, i servizi antitrust Ue sono rimasti in attesa del testo legislativo finale, che ha ricevuto uno stop dal Consiglio di stato. Con il regolamento pubblicato ora sulla gazzetta Ufficiale, i servizi di Almunia hanno gli elementi necessari per poter compiere la loro valutazione, che dovrà essere completata in tempi utili perché le nuove norme possano o meno partire con l'anno nuovo. In ogni caso l'Italia, allo stato attuale, non rischia multe, ma solo l'ingiunzione da parte di Bruxelles di procedere al recupero presso i beneficiari degli aiuti illegali precedentemente percepiti. Solo nell'ipotetico caso in cui l'Italia ricevesse l'ingiunzione e non procedesse nei tempi stabiliti al recupero, allora Bruxelles potrebbe aprire un'altra procedura d'infrazione che, una volta giunta nella fase finale, potrebbe a sua volta terminare con una multa da parte della Corte di giustizia Ue.

“In California ho creato il social network per trovare lavoro in Italia”. - Paola Guarnieri


“In California ho creato il social network per trovare lavoro in Italia”


Jacopo Chirici, 27 anni, ha vissuto tra Svezia e Usa. Poi, attraverso la Startup School in Silicon Valley ha creato Rysto, impresa online che aiuta camerieri e gestori di alberghi e ristoranti a incontrarsi per rispondere alle rispettive esigenze. Ed è tornato.

Per sei anni ha fatto di tutto per restare fuori dall’Italia. Finchè ha trovato una buona ragione per tornare. Jacopo Chirici, 27 anni, una laurea in Economia all’Università di Firenze, ha vissuto a lungo tra la Svezia e gli Stati Uniti, accumulando esperienze di studio e di lavoro molto diverse. “Il mio percorso internazionale è partito con l’Erasmus, sei mesi in Svezia, a Goteborg. Mi sono trovato talmente bene che una volta rientrato in Italia ho fatto le valigie, compilato una domanda per un master in Innovation management nella stessa università e sono ripartito. Mentre ero a Goteborg sono stato ammesso ad un Mba alla University of North Florida dove ho trascorso un anno e mezzo”.
Finita l’esperienza negli Stati Uniti Jacopo rientra in Svezia e si lancia in una nuova avventura. “Da studente avevo iniziato a fare il cameriere nei fine settimana, per mantenermi. Al termine del master il proprietario del locale mi ha chiesto di diventare suo socio e prendere la gestione del ristorante. Ho accettato e piano piano, col mio lavoro di cameriere, ho ripagato le quote per concludere l’accordo. È stata dura perché per mesi le mie giornate iniziavano e finivano dentro al ristorante e tutto quello che guadagnavo lo investivo in quel progetto”. Dopo essersi messo alla prova come piccolo imprenditore Jacopo decide di declinare quest’esperienza in un settore più vicino al suo percorso di studi. Partecipa alla Startup School organizzata dalla fondazione Mind the Bridgenella Silicon Valley. “In California ho incontrato tanti ragazzi che erano partiti come me in cerca di fortuna. Ho conosciuto Massimo Fabrizio che è diventato socio nel mio nuovo progetto. In realtà è stato lui ad avere l’idea, ma la mia conoscenza nel settore del project management e l’esperienza in quello della ristorazione sono state fondamentali. Così è nato Rysto”.
Rysto è una startup che aiuta camerieri e gestori di alberghi e ristoranti a incontrarsi per rispondere alle rispettive esigenze. Un social network geolocalizzato che consente ai primi di trovare lavoro, agli altri di reperire facilmente personale anche all’ultimo momento. È questo il motivo che convince Jacopo a rientrare in Italia, per sviluppare la piattaforma insieme ad altri ragazzi. “I miei soci fondatori sono italiani, la startup è italiana e ne siamo fieri. Vogliamo testare il prodotto qui e poi portarlo all’estero, principalmente Stati Uniti e Inghilterra che sono mercati più attivi”. Come in ogni social network anche chi entra in Rysto si crea un suo profilo e può dare la sua disponibilità. Così il lavoratore si costruisce un livello di esperienza incrementato dalle referenze che lasciano i gestori sul sito. Partito lo scorso settembre, Rysto ha già raccolto 2600 iscritti. La maggior parte hanno dai 25 ai 35 anni e non fanno altri lavori. “La vera sorpresa è stata ricevere delle iscrizioni da parte di persone di 40 o 50 anni. Sono poche ma ci sono, alcuni hanno già un’occupazione e lo fanno per arrotondare”. A giudicare dai risultati e dall’interesse degli investitori, la piattaforma arriva al momento giusto, complici forse la crisi e la disoccupazione in aumento. “A volte mi sveglio la notte con il pensiero del lavoro da fare, ho l’impressione di essere entrato in una realtà più grande di me. Da una parte fa paura, dall’altra è affascinante perché ogni giorno imparo cose nuove. Però devi chinare la testa, studiare, imparare e accettare i tuoi limiti”.

Ilva, ancora arresti a Taranto. Nelle carte una telefonata di Vendola con Archinà. - Francesco Casula


Ilva Taranto


Associazione a delinquere, disastro ambientale, concussione. Sette persone arrestate, quattro ai domiciliari e tre in carcere. Indagato Bruno Ferrante, Fabio Riva destinatario di un'ordinanza di custodia cautelare. Il governatore ad Archinà: "Tranquilli, non mi sono defilato". Il gip: "Regia Vendola su pressioni ad Arpa".

Il nucleo operativo della Guardia di finanza di Taranto ha dato il via alle 6 di questa mattina all’esecuzione di tre ordinanze di custodia cautelare emesse dal Tribunale ionico nell’ambito dell’indagine denominata “Ambiente svenduto”. Quattro persone sono finite ai domiciliari e tre in carcere. Tra loro Fabio Riva,vicepresidente di Riva Group, che è tra i destinatari delle sette ordinanze di custodia cautelare emesse. Il provvedimento nei confronti del figlio del patron dell’Ilva Emilio ai domiciliari dal 26 luglio, non è stato ancora eseguito. Anche il presidente dell’azienda Bruno Ferrante e il direttore generale dell’azienda, Adolfo Buffo, hanno ricevuto altrettanti avvisi di garanzia.
Nel mirino delle fiamme gialle, guidate dal capitano Giuseppe Di Noi, è finito il “sistema Archinà”, ex consulente dell’Ilva, e i suoi contatti con le istituzioni locali e nazionali per garantire immunità allo stabilimento siderurgico ionico e “tenere tutto sotto coperta”. Tanti gli indagati a piede libero tra i quali anche le autorità politiche di ogni livello che in questi anni non avrebbero controllato i danni arrecati dall’inquinamento prodotto dalla fabbrica tarantina. Ci sono anche politici locali come l’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva (dimessosi alcuni mesi fa proprio per questa vicenda come anticipato da ilfattoquotidiano.it). E poi funzionari amministrativi e imprenditori operanti nel settore dei rifiuti. Tre i provvedimenti emessi: il primo dal gip Patrizia Todisco riguarderebbe i vertici Ilva e il sistema di relazioni gestito da Girolamo Archinà, pizzicato dalla guardia di finanza il 26 marzo 2010 mentre incontrava l’allora perito della procura in un’indagine sull’Ilva per consegnargli, secondo la procura, una tangente di diecimila euro, per ammorbidire una perizia. Dalle intercettazioni telefoniche, oltre diecimila conversazioni, il nucleo operativo delle fiamme gialle avrebbe ricostruito il modus operandi dell’ex addetto alle relazioni istituzionali. C’è anche Lorenzo Liberti, ex consulente della  procura. Giornalisti compiacenti, funzionari amici e politici sottomessi avrebbero contribuito ad occultare il disastro ambientale oggi contestato ai vertici dello stabilimento.
Il secondo invece, emesso, dal gip Vilma Gilli, riguarderebbe la concessione da parte dell’amministrazione provinciale guidata da Gianni Florido delle autorizzazioni alle discariche, tra le quali anche la Mater gratiae che si trova all’interno dell’Ilva. In questo provvedimento sarebbe stato coinvolto anche Gianpiero Santoro, tecnico scelto dall’ente provinciale come rappresentante nella commissione che ha appena rilasciato l’Autorizzazione integrata ambientale. Il terzo provvedimento, secondo le prime indiscrezioni, riguarda il sequestro della produzione dell’Ilva che le autorità potrebbero ‘commissarriare’ e sarebbe finalizzato alle operazioni di risanamento. 
L’indagine inizialmente è stata condotta dal sostituto procuratore Remo Epifani ed è in parte confluita nell’inchiesta per sisastro ambientale coordinata dal pool formato dal procuratore Franco Sebastio, dall’aggiunto Pietro Argentino e dai sostituti Mariano Buccoliero e Giovanna Cannarile. Alla base di questi nuovi provvedimenti ci sarebbe il lavoro svolto dagli uomini del capitano Di Noi raccolto in una informativa di pltre 700 pagine.
Il gip: “Costanti contatti tra Ilva e Vendola”
“Numerosi e costanti contatti di Girolamo Archinà, direttamente, e di Fabio Riva, indirettamente, con vari esponenti politici tra cui il governatore della Puglia Nichi Vendola“. Parola, anzi penna del gip di Taranto nell’ordinanza di custodia cautelare per i vertici dell’Ilva. Un documento in cui emergono rapporti quanto meno ambigui tra il presidente della Regione e i vertici sel siderurgico. Tutta da leggere una mail del 22 giugno 2010, che Archinà invia a Fabio Riva e con la quale lo informa di un incontro avuto a Bari con il governatore. Incontro che è successivo al documento dell’Arpa Puglia del giugno 2010, in cui si sottolineavano i livelli di inquinamento prodotti dall’azienda. Nella mail, Archinà “comunicava che il presidente Vendola si era fortemente adirato con i vertici dell’Arpa Puglia, cioè il direttore scientifico Blonda e il direttore generale Assennato, sostenendo che loro non devono assolutamente attaccare l’Ilva di Taranto e piuttosto si dovevano occupare di stanare Enel ed Eni che cercavano di aizzare la piazza contro l’Ilva”. Sempre secondo quanto scrive Archinà a Riva, inoltre, “Vendola aveva pubblicamente dichiarato che il ‘modello Ilva’ doveva essere esportato in tutta la regione riferendosi, chiaramente, alla famosa ‘legge sulla diossina‘ la cui gestazione era stata evidentemente frutto della concertazione tra la Regione e l’Ilva che aveva sempre osteggiato il cosiddetto ‘campionamento in continuo’, ottenendo, appunto, in tale legge che ciò non fosse imposto”. Altro “elemento di rilievo” scrive ancora il gip, è rappresentato dalla promessa “del presidente Vendola di occuparsi personalmente della questione Arpa al suo ritorno dalla Cina”. Un intendimento che “veniva mantenuto” tanto che Vendola “appena tornato… contattava personalmente l’Archinà rassicurandolo di non aver dimenticato la promessa fatta nella riunione precedentè”. 
”State tranquilli, non e’ che mi sono scordato!!… Il presidente non si è defilato” dice Vendola il 6 luglio 2010 al telefono con Archinà. Parole finite nell’ordinanza e che ora sono al vaglio della magistratura tarantina. In quella chiamata, scrive il gip, il leader di Sel “proseguiva nel discorso con Archinà dicendo che ‘col mio capo di gabinetto… Siamo rimasti molto colpiti… Siccome ho capito qual è la situazione… Volevo dire che… Mettiamo subito in agenda un incontro con l’ingegnere… State tranquilli, non è che mi sono scordatò”. Nel corso della conversazione, poi, Vendola ribadiva questa posizione “allorquando affermava chiaramente di non volere rinunciare a una realtà industriale qual è l’Ilva, invitando Archinà a comunicare a Riva che lui non si era defilato”. “Va bene, va bene – dice il governatore – noi dobbiamo fare… Ognuno fa la sua parte… E dobbiamo però sapere che… A prescindere da tutti il procedimento, le cose, le iniziative… L’Ilva è una realtà produttiva… cui non possiamo rinunciare… E, quindi… fermo restando tutto dobbiamo vederci… dobbiamo ridare garanzie… Volevo dirglielo perché poteva chiamare Riva e dirgli che.. il presidente non si è defilato”.
Le pressioni di Vendola sull’Arpa
Ci sarebbe ”la regia” del governatore della Puglia, Nichi Vendola, nelle “pressioni” per “far fuori” il direttore generale dell’Arpa Puglia, Giorgio Assennato, autore della relazione sulle emissioni inquinanti prodotte dall’Ilva. Lo scrive il gip di Taranto Patrizia Todisco nell’ordinanza d’arresto per i vertici dell’azienda, in cui sono riportate anche alcune telefonate che proverebbero la tesi del giudice. Il 30 giugno 2010, ad esempio, vengono intercettati Archinà e il segretario provinciale della Cisl di Taranto Daniela Fumarola, nella quale l’ex funzionario dell’Ilva sostiene che “l’avvocato Manna (allora capo di gabinetto del presidente della Regione) e l’assessore Fratoianni fossero stati incaricati dal presidente Vendola di ‘frantumare Assennato’”. In un’altra telefonata, del 2 luglio del 2010, a parlare sono invece l’ex direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso e uno degli avvocati dell’Ilva. Quest’ultimo, annota la Guardia di finanza, “riferisce che Archinà ha avuto contatti con il capo di gabinetto di Vendola il quale ha riferito che sono contro Assennato e che cercheranno di farlo fuori”. “Il complesso delle intercettazioni relative alle pressioni sul professor Assennato – scrive il gip – è da ritenersi, oltre ogni ragionevole dubbio, assolutamente attendibile, così come è altrettanto evidente… che il tutto si era svolto sotto l’attenta regia del presidente Vendola e del suo capo di gabinetto avvocato Manna”.
La preoccupazione di Clini: “Preoccupato che venga bloccata Aia”
”Non sono disponibile a subire una situazione che avrebbe effetti terribili: sono preoccupato che questa iniziativa blocchi l’Autorizzazione integrata ambientale con effetti ambientali gravissimi e sociali devastanti”. Parola del ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, sugli sviluppi del caso Ilva dopo gli arresti e i sequestri di oggi.  ”Chi dice che la chiusura dell’Ilva risolva i problemi dice una cosa falsa – ha aggiunto – Stiamo giocando sulla pelle della gente. La magistratura fa bene a perseguire gli illeciti. Senza l’Aia la situazione sarebbe più comprensibile ma con questo documento che è pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, altre iniziative rischiano di diventare conflittuali e che il governo rischia di subire”.
Landini a Monti: “Si assuma responsabilità”
“Il presidente del Consiglio convochi immediatamente un incontro a Palazzo Chigi, come già richiesto unitariamente il 20 novembre scorso dalle organizzazioni sindacali”. Il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini si rivolge direttamente al capo del governo per cercare di risolvere una volta per tutte una vicenda, quella dello stabilimento siderurgico di Taranto, che continua a ingarbugliarsi sempre di più. ”A questo punto – ha detto Landini – il Governo in prima persona che deve assumersi la responsabilità la salvaguardia della salute e dell’occupazione, non solo a Taranto, ma in tutto il Gruppo”. Il leader della Fiom, poi, ha parlato dell’importanza economica della questione Ilva, sottolineando che “il settore siderurgico è un’attività strategica per un Paese che vuole avere un’industria all’avanguardia, innovativa e ambientalmente sostenibile”.
Ferrante: “Resto presidente, contestazioni strumentali”
Rimane presidente perché le accuse nei suoi confronti sono infondate. Bruno Ferrante rispedisce al mittente le contestazioni della procura tarantina e annuncia che rimarrà al suo posto come se nulla fosse nonostante la sua iscrizione nel registro degli indagati. “Non ho alcuna intenzione di rinunciare all’incarico di Presidente di Ilva S.p.A., assunto nel luglio scorso – ha detto l’ex prefetto di Milano– Le contestazioni che mi sono state rivolte dal pm di Taranto appaiono inconsistenti e strumentali. Proseguirò nel mio compito nell’interesse dei tanti lavoratori e dell’Azienda, convinto sempre che è possibile e doveroso coniugare ambiente, salute e lavoro”.
Il coinvolgimento di un ispettore di polizia: informò l’azienda
C’e’ anche un ispettore di Polizia in servizio alla Digos di Taranto, Cataldo De Michele, tra le persone che l’ex dirigente Ilva Girolamo Archinà avrebbe utilizzato per avere informazioni riservate che riguardavano l’azienda siderurgica. E’ quanto si legge nell’ordinanza dalla quale oggi sono scaturiti gli arresti. In particolare, nelle carte si riferisce che l’ispettore di polizia “forniva ad Archinà informazione circa un incontro riservato che il procuratore di Taranto aveva avuto il 7 giugno 2010 presso la questura di Taranto con il professor Giorgio Assennato”. L’ispettore, scrive il gip, riferiva ad Archinà che “il procuratore aveva chiesto al direttore dell’Arpa Puglia ulteriori notizie circa gli esiti delle rilevazioni sulle emissioni di benzoapirene da parte dell’Ilva spa, aggiungendo inoltre di aver captato che nel termine di 30 giorni era stata chiesta un’ulteriore relazione, in quanto erano ipotizzabili reati di disastro ambientale ed il procuratore intendeva identificarne le persone fisiche responsabili”.