lunedì 6 aprile 2020

Mascherine ordinate a ditte chiuse, ospedali senza medici e colpe a Conte: Fontana, o dell’apogeo del fallimento leghista. - Daniele Santi



Il Governatore Attilio Fontana si è lanciato lancia in resta alla carica di Conte in una sorta di redde rationem che dovrebbe indicare nel governo centrale del primo ministro Conte, nel calcolo del governatore leghista e del suo segretario in crisi teocratica – non misticateocratica – il responsabile assoluto di tutti i grossolani errori della giunta leghista che regge la Lombardia e che, finché tutto andava bene, tutto andava bene, sta rivelando tutte le sue incapacità.
Andiamo con ordine.
Le famose mascherine che da ieri sono obbligatorie in tutta la Lombardia, su ordinanza dell’indimenticabile Governatore, arrivano nella regione con enorme ritardo, sicuramente per incapacità di comunicazione tra leghisti – un must  – e governo, ma soprattutto perché il primo ordine venne fatto, per le famose questioni dei ribassi dei prezzi, ad una ditta che aveva cessato l’attività, ma era ancora nell’elenco dei fornitori della formidabile giunta del Pirellone oggi Fontana e già Formigoni.
Della cessata attività della ditta di cui sopra nessuno sapeva nulla in Regione, nemmeno il favoloso assessore Gallera che parla come se fosse un semidio, che anche alla deità c’è un limite. Soprattutto se sei squisitamente umano e nemmeno dei più perfetti.
Poi scoppiò il casus belli del Governo che non rifornì di mascherine la regione Lombardia, o meglio delle mascherine ordinate dalla regione Lombardia, arrivate come da ordine evaso, requisite [sic] dal governo per darle alla Protezione Civile che le ha distribuite a suo piacimento; è una appena avvertibile insinuazione leghista che dice e non dice “a chi cazzo volevano loro”.
Come sarebbero andate realmente le cose lo dice il consigliere regionale M5S della Lombardia Massimo De Rosa“Altro che briciole da Roma. Lo Stato paga, la Regione decide acquisti e distribuzione. I dati richiamano Fontana e Gallera alle loro responsabilità”.
Insomma il Pirellone si sarebbe mosso con grave ritardo, nonostante da Roma fosse partiti tutta la macchina dell’allarme, anche dalla protezione civile – che si sarebbe presa [sic] le mascherine, quelle ordinate dalla giunta Fontana ad una ditta che non esisteva più – e il 4 febbraio 2020 dalla Federazione dei Medici di Medicina Generale: avvertimenti indirizzati all’attenzione del Governatore Fontana della roboante dichiarazione all’ADN Kronos del 27 febbraio.
Spiega ancora il consigliere del M5S in Regione Lombardia De Rosa, citato da  Lanotiziagiornale.it“È calcolato che il fabbisogno regionale si attesti attorno ai 9 milioni di mascherine al mese. La Protezione Civile è arrivata in soccorso dell’inefficienza lombarda inviando circa 7,3 milioni di mascherine (quasi 5 milioni chirurgiche e 2,3 milioni Ffp2): l’80%”.  Nonostante ciò “La distribuzione dei DPI resta difficoltosa e le mascherine non arrivano dove dovrebbero arrivare”De Rosa cita come esempio le residenze per anziani, ambienti ad altissimo rischio, dove il numero degli ospiti deceduti cresce quotidianamente a dismisura e gli appelli dei medici restano inesauditi.
Ma al Pirellone vanno alla guerra con Giuseppe Conte mentre Salvini invece di fare il politico che dice di essere (ai gonzi che gli credono), parla di madonne, messe, chiese aperte per le festività pasquali per affidarsi ai numi, invece di mettere in campo azioni concrete che salvino più gente possibile.
Poi c’è la splendida cattedrale nel deserto, dicasi ospedale in Fiera, da 21 milioni di euro, in donazioni, da 600 posti, poi 500, poi 350 e quindi 24 posti reali – senza personale sanitario per farla funzionare, almeno fino a ieri – che suggella l’ennesimo capolavoro leghista nella Sanità lombarda fatta di privatizzazioni, inefficienze e di colpe al governo centrale – quando le competenze sulla Sanità sono regionali.
Se a Fontana non è chiaro si informi dal suo collega dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini che invece di andare in televisione a farsi bello, e lui potrebbe, sta in Regione a lavorare, fa poche chiacchiere e i posti letto aumentano. Anche in terapia intensiva.
E’ la differenza tra chi lavora, pur magari vedendo ciò che non va al governo centrale, ma occupandosi delle urgenze, in questo caso di salvare vite, e chi quaquaraquà dando la colpa al governo, onnipresente in televisione, dicendo tutto e il contrario di tutto, parlando di sé come si parlerebbe di un semidio – inutile citare ancora Formigoni e la sua pessima fine carriera – e poi la colpa è di Giuseppe Conte.

Matteo Salvini e la Lega sconfitti dall'Espresso. Il giudice: «Sui 49 milioni tutte notizie vere». - Paolo Biondani



Il leader del Carroccio sbugiardato dal tribunale: respinte tutte le querele per diffamazione. La sentenza assolve i cronisti ed elogia il «giornalismo d’inchiesta»: sulla maxi-truffa dei rimborsi elettorali, pubblicati solo «fatti documentati» (24 gennaio 2020)

Matteo Salvini è stato sconfitto dall'Espresso e sbugiardato dai giudici sullo scandalo dei 49 milioni confiscati alla Lega ma in gran parte spariti. Tutti i magistrati competenti hanno infatti dichiarato completamente infondate le querele per diffamazione proposte (e pubblicizzate) dal leader leghista, quando era ancora ministro dell'Interno, dal suo vice, Giancarlo Giorgetti, già sottosegretario alla presidenza del consiglio, e dal tesoriere del partito, l'onorevole Giulio Centemero. La sentenza dei giudici spiega che il lavoro dei giornalisti dell'Espresso rappresenta «indiscutibilmente» un esempio di «giornalismo d'inchiesta», che secondo la Cassazione va considerato «l'espressione più alta e nobile dell'attività d'informazione».

Le motivazioni del verdetto, depositate oggi, precisano che «con il giornalismo d'inchiesta l'acquisizione delle notizie avviene autonomamente, direttamente e attivamente da parte dei professionisti e non mediata da fonti esterne mediante la ricezione passiva di informazioni». I giornalisti dell'Espresso vanno quindi assolti con formula piena perché hanno pubblicato solo informazioni «verificate» e «documentate», di «indubbio interesse pubblico» ed esposte «con correttezza», con tutti i crismi del diritto-dovere di cronaca.





Per i vertici della Lega, la sconfitta giudiziaria è totale. Salvini, Giorgetti e Centemero avevano presentato una serie collegata di querele contro cinque articoli sullo scandalo dei 49 milioni, pubblicati dall'Espresso tra giugno e luglio 2018, firmati da Giovanni Tizian, Stefano Vergine, Paolo Biondani, Gloria Riva e Leo Sisti, chiamando in causa anche il direttore Marco Damilano. Il procedimento penale, per competenza territoriale, è stato esaminato dai giudici del tribunale di Velletri.

Nel giugno scorso i magistrati della Procura, chiamati a rappresentare l'accusa, hanno invece chiesto l'archiviazione, giudicando infondate tutte le ipotesi di pretesa diffamazione, dopo aver esaminato i documenti presentati dai giornalisti, illustrati nelle memorie difensive degli avvocati dell'Espresso, Paolo Mazzà e Clara Gabrielli. Il leader della Lega e i suoi fedelissimi, a quel punto, hanno rilanciato le loro accuse con una formale opposizione all'archiviazione, chiedendo ai giudici del tribunale (ufficio gip), questa volta, di rovesciare il verdetto e incriminare i giornalisti. L'udienza decisiva si è tenuta il 7 gennaio scorso. E si è conclusa con una sentenza, depositata questa stamattina, di assoluzione piena dei giornalisti.

Nelle motivazioni, i magistrati riconoscono che tutti gli articoli dell'Espresso «sono il risultato dell'attività d'inchiesta portata avanti dai giornalisti, i quali, come attestato dalla copiosa documentazione depositata in allegato alla memoria difensiva, hanno ricercato le notizie, ripercorso gli eventi e tentato di ricostruire, nei limiti del possibile, la gestione delle finanze del partito politico Lega Nord. Argomento, quest'ultimo, che riveste un indubbio rilievo, stante l'interesse pubblico alla ricerca della verità conseguente agli scandali finanziari che hanno travolto il partito in questione».


https://m.espresso.repubblica.it/attualita/2020/01/24/news/l-espresso-vince-contro-matteo-salvini-e-la-lega-e-giornalismo-d-inchiesta-non-diffamazione-1.343453?fbclid=IwAR2q25VrDgqgPtCFDPslkjEf8efOhV2GV_YiDSk0fKm0b107HJifDpWsJP4

Apri-chiudi: abbattere Conte. - Stefano Rossi



BURIONI, da Fazio: “Preoccupatevi più del meteorite che del virus”, 
ZAIA: “Province del Veneto devono uscire dalla zona rossa. Noi continuiamo a dire che vogliamo che le nostre tre province escano questa idea di zona rossa, rispettiamo le regole però non vogliamo avere tre province dentro sulla base di quella classificazione”, 8 marzo. Ma appena il 10, ipotizza la chiusura totale. “Il tema di avere un isolamento fiduciario fatto bene potrebbe essere la soluzione”. Usa il condizionale, però ha capito. 
- FONTANA: “L’allargamento della zona rossa per il momento non viene preso in considerazione, non penso ci siano le condizioni. Cerchiamo di sdrammatizzare”, 24 febbraio. 
- GALLERA a La7: “Stiamo pensando di chiudere i trasporti pubblici e ridurre le attività produttive”, niente di meno  il 20 marzo! 
- SALA: “Milano a luci spente non piace a nessuno, che sia una città riaperta al più presto”, su la Repubblica, 27 febbraio. Il giorno prima chiedeva al ministro Franceschini di riaprire i musei. 
- ZINGARETTI: “Niente panico, isolare i focolai”. Questo slogan seguiva l’annuncio di un aperitivo a Porta Ticinese, Milano, per proseguire a Bollate per una cena. Era il 27 febbraio. Il 10 marzo, il Sole 24Ore scriveva: “Una girandola di dichiarazioni”. Ma c’è un politico che ha battuto tutti i record. 
- SALVINI. Il 21 febbraio invitava ad ascoltare medici e scienziati che, a suo dire, avvertivano del pericolo imminente dell’arrivo del virus sui barconi. Ma il 24 febbraio su Twitter “Non è il momento delle mezze misure: servono provvedimenti radicali”. “Un mese fa chiedevo di riaprire tutto? Ho sbagliato”, 27 marzo. Il 27 febbraio annunciava in diretta fb “L’Italia riparte. Alla faccia di chi se la prende con medici, infermieri, governatori e sindaci. Saranno ancora una volta i cittadini, famiglie e imprese a salvare questo splendido Paese. Niente blocchi, chiusure o zone rosse. Vorremmo  che riaprissero musei, negozi, discoteche e bar”. 29 febbraio, a Porta a Porta: “Il mondo deve sapere che venire in Italia è sicuro, perché siamo un Paese bello, sano e accogliente altro che lazzaretto d’Europa come qualcuno sta cercando di farci passare”. Per la partita Juve-Inter twitta: “Che senso ha? Porte aperte o porte chiuse, per me si doveva giocare e offrire agli italiani qualche ora di serenità e al mondo un’immagine di tranquillità”. Pazzesco constatare che a El Pais, dava lui un immagine completamente diversa dell’Italia! Il 10 marzo, già in piena emergenza mondiale ecco le sue mirabolanti parole: “Amici, esco preoccupato dall’incontro col governo. Abbiamo chiesto misure forti, drastiche, subito: chiudere tutto adesso per ripartire sani. Fermi tutti per giorni…mettiamo in sicurezza la salute di 60 milioni di italiani….prima che sia tardi”.
- Anche Confindustria ogni giorno critica e contesta le scelte del governo che non ha mai ricevuto applausi da questo ente.
- Su Rai Tre, GALLERA ferocissimo: “Ormai sta emergendo la totale incapacità del governo di gestire qualcosa che loro dovevano prevedere”.
Queste dichiarazioni, al di là del folklore, come quelle di Salvini e Zingaretti, celano un problema per gran parte della politica, dell’imprenditoria e della finanza di questo Paese. La persona che siede sulla poltrona di Palazzo Chigi. Trattasi di un outsider e, in certi ambienti, è il peggior difetto che si possa avere. Come  un peccato capitale. Quei politici, imprenditori, giornalisti che, spesso, siamo abituati a vedersi insultare sui social e in tv, in realtà, all’interno del palazzo del Senato e Camera, o in alcune case di Roma, Cortina, Capalbio, Conte non ci ha mai messo piede. Anzi. In questi giorni, sommerso dai problemi nazionali da risolvere, il presidente Conte ha spesso deciso senza dare troppo conto a certi ambienti abituati ad essere corteggiati, sia pure in modo puramente formale, ma interessati più all’immagine pubblica da salvare, come i sindacati, le varie associazioni degli industriali e le opposizioni. Sarebbe bastato un comunicato stampa, una foto, un piccolo gesto formale.
Ma Giuseppe Conte, se viene attaccato, risponde a modo suo. E questo è il secondo peccato capitale: sfidare il vero potere italiano. Lui. Che è stato tirato per i capelli dentro la politica grazie al M5S. E questo è il terzo peccato capitale. Troppo.
Ne vedremo e ne sentiremo di tutti i colori pur di defenestrare Conte. In confronto, le dichiarazioni di Salvini, ci sembreranno salmi responsoriali.

Non è andato tutto bene e qualcuno ne dovrà rispondere. - Giulio Cavalli



Ad inizio marzo la Regione Lombardia dava il via libera al ricovero di pazienti Covid nelle case di riposo. In cui ora la situazione è fuori controllo e gli anziani continuano a morire.

Gli anziani morivano e a noi, nonostante l’evidenza dei sintomi, dicevano che si trattava solo di bronchiti e polmoniti stagionali»: sono le parole del delegato Cgil, Pietro La Grassa, a proposito del Pio Albergo Trivulzio, oltre milletrecento anziani ricoverati, il polo geriatrico più importante d’Italia. «Il risultato è che ora al Trivulzio abbiamo sette reparti isolati completamente e due vuoti perché non accettiamo più nuovi pazienti. Nella struttura di Merate novanta sono sotto osservazione. Al Principessa Jolanda di via Sassi due reparti sono in isolamento». E poi «quando l’epidemia non si poteva più nascondere, ci è arrivato l’ordine di non trasferire più i pazienti nel pronto soccorso dove di solito ricevono le cure necessarie», prosegue La Grassa, «il che di fatto significa: lasciateli morire nei loro letti. Niente tamponi, ci mandano allo sbaraglio».
«Chiederci di ospitare pazienti con i sintomi del Covid 19 è stato come accendere un cerino in un pagliaio: quella delibera della giunta regionale l’abbiamo riletta due volte, non volevamo credere che dalla Regione Lombardia potesse arrivarci una richiesta così folle»: lo dice Luca Degani, il presidente di Uneba Lombardia, l’associazione di categoria che mette insieme circa 400 case di riposo lombarde.
C’è una delibera della giunta Lombarda, la numero XI/2906, dell’8 marzo 2020, che chiedeva alle Ats, le aziende territoriali della sanità, di individuare nelle case di riposo dedicate agli anziani strutture autonome per assistere pazienti Covid 19 a bassa intensità. «Come potevamo accettare malati ai quali non era stato fatto alcun tampone né prima né dopo? Senza dire che il nostro personale sarebbe stato comunque a rischio. Si sono infettati medici e sanitari in strutture molto più attrezzate della nostra. Non ci hanno dato i dispositivi di protezione ma volevano darci i malati… insomma», racconta Degani.
Insomma no, non è andato tutto bene e sarebbe ora di smetterla di credere che il giornalismo debba solo celebrare la retorica del state tutti a casa e del si è fatto tutto il possibile. Questi fatti sono avvenuti nella Lombardia che ogni giorno ci tiene a fare la voce grossa contro il governo. E indovinate un po’ chi aveva proposto lo scudo penale in difesa dei dirigenti sanitari lombardi? Sì, proprio la Lega, quello stesso partito che in Lombardia governa e nomina i dirigenti. Accadeva tutto mentre Salvini cercava di distogliere l’attenzione sostituendosi al papa e chiedendo l’apertura delle chiese a Pasqua. E intanto avveniva questa porcata.
No, non è andato tutto bene e qualcuno dovrà risponderne. Perché quando si poserà la polvere dell’emergenza sarebbe il caso che ognuno si assuma le proprie responsabilità. Ognuno.
Buon lunedì.