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giovedì 15 febbraio 2024

Il mistero dei giganteschi crateri scoperti in Siberia: di che si tratta? - Valerio Novara

 

Gli scienziati stanno indagando su alcuni giganteschi crateri coperti di permafrost, in Siberia. Ecco cosa hanno scoperto.

Otto giganteschi crateri profondi 50 metri nel permafrost siberiano hanno sconcertato gli scienziati sin dalla loro scoperta, più di dieci anni fa. Una nuova teoria potrebbe finalmente spiegare come si sono formati. I crateri si trovano nelle penisole russe di Yamal e Gydan e non ne esistono altri come questi nell’Artico. Nel corso degli anni i ricercatori hanno proposto diverse spiegazioni, dagli impatti dei meteoriti alle esplosioni di gas naturale.

Una recente teoria suggerisce che i crateri si siano formati dove un tempo c’erano laghi che ribollivano di gas naturale proveniente dal permafrost sottostante. Questi laghi potrebbero essersi poi prosciugati, esponendo il terreno a temperature gelide che hanno letteralmente sigillato la fuoriuscita di gas. Il conseguente accumulo di gas nel permafrost potrebbe essere stato poi rilasciato attraverso esplosioni che hanno successivamente creato questi giganteschi crateri.

Cosa hanno scoperto gli scienziati.

Il permafrost, cioè lo strato di terreno perennemente gelato che si trova anche nelle penisole di Yamal e Gydan, varia nel suo spessore: da pochi metri a quasi mezzo chilometro. Probabilmente il suolo si congelò più di 40mila anni fa, imprigionando antichi sedimenti marini ricchi di metano che gradualmente si trasformarono in gigantesche riserve di gas naturale. Queste riserve producono calore, che scioglie il permafrost dal basso, lasciando sacche di gas alla base.

Anche il permafrost si sta sciogliendo.

Anche il permafrost in Russia si sta sciogliendo a causa del cambiamento climatico. Nei luoghi in cui è già sottile, lo scioglimento di entrambe le estremità e la pressione del gas potrebbero anche causare il collasso dello strato di permafrost rimanente, innescando future esplosioni. Questo “effetto champagne” spiegherebbe la presenza di crateri più piccoli attorno agli otto crateri scoperti, poiché enormi pezzi di ghiaccio espulsi dalle esplosioni hanno ammaccato il terreno. Il rilascio di gas naturale e metano durante queste esplosioni potrebbe attivare un pericoloso circolo vizioso climatico se le temperature globali continuassero ad aumentare e se si accelerasse lo scioglimento del permafrost.

https://www.passioneastronomia.it/il-mistero-dei-giganteschi-crateri-scoperti-in-siberia-di-che-si-tratta/

martedì 22 agosto 2023

RISERVA NATURALE DELLA BESSA.

 

L'area della Riserva Naturale della Bessa si sviluppa per circa 8 chilometri di lunghezza, con una larghezza media di un chilometro
Si trova tra Biella ed Ivrea, compresa nei comuni di 
BorrianaCerrioneMongrando e Zubiena, sulla destra orografica del torrente Elvo. E' parte della morena della Serra, considerata la più grande d'Europa.

continua qui: https://www.atl.biella.it/localita-dettaglio/-/d/riserva-speciale-della-bes-1

venerdì 16 giugno 2023

I giudizi spietati su Berlusconi dall'estero.

 


Imbarazzante, subdolo, "tutto in lui era falso": dal New York Times al Guardian, il ricordo del Cavaliere è lontano dall'apologia. Le critiche più comuni: portò l'Italia sull'orlo del fallimento e aprì la strada a Trump.

"Per gli economisti, è stato l'uomo che ha contribuito a far crollare l'economia italiana". Mentre "il suo approccio alla vita pubblica spesso oltraggioso, deformante e personalmente sensazionale, che divenne noto come berlusconismo, lo ha reso il politico italiano più influente dai tempi di Mussolini. Ha trasformato il Paese e ha offerto un modello di leadership diverso, che avrebbe avuto echi in Donald J. Trump e oltre". Sono alcuni estratti del ritratto di Silvio Berlusconi che il New York Times ha tratteggiato nel giorno della sua morte. Giudizi duri, che non sono isolati sulla stampa estera. Dal britannico Guardian al tedesco Spiegel, oltre a ricordare (come hanno fatto tutti) le vicissitudini giudiziarie, il Bunga bunga, i rapporti con personaggi discutibili, le gaffe con leader mondiali come Angela Merkel o Barack Obama, diversi prestigiosi quotidiani hanno tirato le somme della carriera politica del Cavaliere. Con una bocciatura solenne sul suo impatto sull'Italia. E con l'accusa di aver aperto la strada a una forma di populismo che negli Usa è stata incarnata da Trump. 

Il quotidiano belga La Libre lo ha definito un "pazzo dalla faccia tosta, senza scrupoli né morale", "abbonato alle aule dei tribunali come imputato, subdolo uomo d'affari, politico controverso e sulfureo i cui eccessi prefiguravano Trump". Lo svizzero Neue Zuercher zeitung è ancora più impietoso: "Tutto in Berlusconi era falso: il suo volto stirato e i capelli ravvivati, le sue promesse e le sue pretese, aveva anche falsi amici e complici, soprattutto mafiosi. Ma era proprio la spudorata vanteria, la sfacciata astuzia, la sconsiderata violazione della legge e della morale che evidentemente piaceva a molti italiani e a molte donne italiane. Altrimenti non avrebbero ripetutamente dotato Berlusconi del potere di governo".

Per lo Spiegel, Berlusconi è stato "il populista più pericoloso d'Italia", che "veniva deriso all'estero e trattato con il massimo rispetto" in patria. "Come presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi ha radicalmente cambiato e plasmato la cultura politica. Molti direbbero avvelenato. Ha stabilito il culto della personalità come strumento politico, ha reso onnipresente il populismo, ha dichiarato l'Europa il capro espiatorio dei difetti italiani. Ha seminato un seme che altri stanno ora raccogliendo", aggiunge il quotidiano tedesco. 

Non meno spietato il Times: "Pochi fuori dall'Italia potevano comprendere come un uomo così imbarazzante potesse essere eletto primo ministro del suo Paese tre volte tra il 1994 e il 2011, presiedendo quattro governi - scrive il prestigioso quotidiano britannico - Alla fine del suo ultimo mandato Berlusconi era diventato il premier italiano più longevo del dopoguerra e conservava alti livelli di sostegno pubblico, nonostante fosse un donnaiolo confesso che non ha mai negato di andare a letto con le prostitute - pagando solo per loro - e che ha usato apertamente il potere politico per promuovere il proprio impero commerciale.
Parte della spiegazione del suo fascino risiedeva nella sua ricchezza, stimata dalla rivista Forbes in 8 miliardi di dollari. Ciò gli permise non solo di creare un movimento politico nazionale di irriducibili fedelissimi che gli dovevano la carriera, ma anche di controllare una vasta parte dei media italiani, assicurandosi una favorevole accoglienza nel proprio Paese".

Come dicevamo, però, l'accusa 'politica' principale mossa da questi quotidiani a Berlusconi è l'aver portato l'Italia sull'orlo del fallimento: per il Times, non sono stati tanto gli scandali e le polemiche, quanto "l'incapacità di Berlusconi di proteggere l'Italia dalla tempesta che ha travolto l'euro nel 2011" a porre "fine al suo dominio di 17 anni sulla politica italiana". Quando il Cavaliere si dimise da premier nel 2011, "l'Italia era politicamente, economicamente e, non da ultimo, moralmente distrutta - scrive Neue Zuercher zeitung - Il Paese ha trovato più difficile rispetto alla maggior parte degli Stati in Europa liberarsi dal vortice della crisi finanziaria. Il cattivo stato delle istituzioni statali significava un cattivo clima per gli investimenti. La burocrazia paralizzante e la magistratura inaffidabile, unite alla corruzione dilagante, hanno impedito e tuttora ostacolano la ripresa dell'Italia. La criminalità organizzata, invece, ha potuto diffondersi sotto Berlusconi".

L'altra 'accusa' al Cavaliere è di aver inventato un modello di leadership populista che ha fatto proseliti non solo in Italia, ma in tutto il mondo: "I parallelismi con Donald Trump sono sorprendenti - scrive il Guardian - Entrambi hanno iniziato come magnati immobiliari, sono diventati star dei media e sono passati alla politica. Entrambi hanno deciso di minare le istituzioni consolidate del loro Paese, compresa la stampa e la magistratura. Respinte dalle rispettive istituzioni liberali, entrambe hanno anche risposto – nonostante la loro grande ricchezza – con la tattica populista di presentarsi come la vera voce del popolo contro un'élite fuori dal mondo e corrotta. È probabile che la sua eredità non siano i bunga bunga party, l'ostentazione e la volgarità, ma la perdita di fiducia dell'elettorato italiano nella propria classe politica – una perdita che ha portato, ironia della sorte, all'emergere di una nuova generazione di politici populisti di estrema destra molto più radicali", conclude il quotidiano britannico.

Continua a leggere su Today

https://www.today.it/mondo/berlusconi-giudizi-spietati-stampa-estera.html

venerdì 18 marzo 2022

Raccontare non è mai stato così difficile. - Ettore Zanca

 

Ci troviamo di fronte a una narrativa degli avvenimenti che andrebbe preservata come in un’oasi protetta.
Abbiamo assistito a un cambio radicale dell’oggetto narrativo che per chi scrive per mestiere è un banco di prova non da poco.
Pensate ad esempio a chi considerava la “narrativa pandemica” come possibile una volta che il Covid fosse stato se non dimenticato, almeno metabolizzato. Se uscisse adesso un romanzo sulla pandemia avrebbe poco impatto. La realtà ha doppiato in curva la narrativa.
Tutto il narrabile di due anni è stato spinto fuori a calci da una nuova “narrativa del conflitto”. La guerra ha chiesto a chi vive di parole di essere raccontata. Ma l’impegno non si è fermato lì. Chi racconta ha visto nascere una guerra di parole crudeli nate da una guerra cruenta.
La disinformazione, le finte notizie prese dai social e artatamente diffuse. Il cortocircuito pericoloso dell’ideologia da divano che ha rallentato l’emotività in luogo delle giustificazioni.
Esempio principe della disinformazione e delle difficoltà di dare connotazione autorevole è stato l’esempio della Botteri che parla di un ospedale abbandonato in Iraq e viene immediatamente frainteso come l’ospedale di Mariupol.
Ricordo quello che disse Jurgen Klopp, allenatore del Liverpool quando scoppiò la pandemia: nessuno chiederebbe a un virologo di fare la formazione di una squadra, io ho opinioni sul Covid, mi informo ma non sono un virologo. Ecco. Il compito di chi narra è quello di raccontare vite, di lasciare sul terreno delle parole il proprio cuore per episodi che danno voce agli sconfitti. E gli sconfitti in guerra sono trasversali. Sono i soldati al fronte che combattono e muoiono senza bandiera per gli utili altrui, i civili uccisi o che scappano. Gli animali che partono svantaggiati già in tempo di pace, figuriamoci in guerra.
Chi narra deve confrontare le informazioni, leggere soprattutto la stampa straniera che spesso arriva prima. Oppure come mi ha suggerito qualcuno autorevole “guardare sempre se l’articolo è scritto da chi è in zona di guerra”. Verificare subito anche con motori di ricerca stranieri se una notizia corrisponde. Il morbo del dito caldo pur di acchiappare like non deve essere nelle corde. Chi narra deve respirare profondamente e sentire le vibrazioni che lo portano a raccontare con la spina dorsale tesa sapendo che quel racconto, quella vita, saranno nella propria pelle, come chiodi di croce, spine o petali di fiori.
Per me sono di famiglia una pantera che vive in Siberia, due bambini che il neuroblastoma ha portato via, due genitori che hanno perso un bambino in un bombardamento, tre ragazzine che fanno rock. E poi ci sono le persone che amo, da cui parto per raccontare tutto. Si parte sempre dal giardino di casa.
Il resto, le deviazioni, le manipolazioni e il livore, non devono appartenerci. Se riusciamo a non entrare in nessun tipo di guerra, abbiamo già vinto. verso noi stessi e chi ci ascolta. Cosa abbiamo vinto? Il loro tempo passato a leggerci. Un tempo che non restituisce nessuno.
Foto rielaborata da una originale AP
Soundtrack: Esseri umani - Marco Mengoni

https://www.facebook.com/photo/?fbid=5268733313157339&set=a.211974708833250

lunedì 21 giugno 2021

Puma Punku e Tiwanaco - Bolivia. Wikipedia



Pumapunku, anche detto “Puma Pumku” o “Puma Puncu”, è parte di un ampio complesso o gruppo di monumenti del sito di Tiahuanaco, in Bolivia. In Aymara, il suo nome significa “La porta del Puma”.

La scoperta di Pumapunku.

All'inizio del XX secolo l'ingegnere tedesco Arthur Posnansky (1873-1946) dedicò lunghi anni delle sue ricerche alle rovine di Tiwanaku, un antico villaggio indio situato sull'altipiano boliviano. L'ingegnere concentrò i suoi studi su una zona del villaggio, dove alcune pietre erano disposte verticalmente. Da questo lo studioso dedusse che in quel luogo, migliaia di anni prima sorgeva un osservatorio astronomico. Così il sito di Tiwanaku richiamò altri studiosi tra cui l'italiano Giampaolo Dionisi Piomarta, i quali scoprirono un altro sito presente a poche centinaia di metri di distanza, Pumapunku.

Un antico sistema modulare.

Nel campo di rovine si trovano blocchi che arrivano a pesare sino a 130 tonnellate. Pare quindi che ci si trovi davanti ai resti di parecchi edifici. Però è insolita la forma delle pietre, lavorate in modo così preciso da poter essere unite l'una all'altra in diversi modi, paragonabili a un moderno sistema modulare. Per fissare le pietre venivano infatti utilizzate delle cambrette di metallo, metodo conosciuto dagli archeologi dopo gli scavi di Delfi, città dell'antichità dove risiedeva uno tra i più famosi oracoli di tutti i tempi. I blocchi modulari del sito inoltre denominati "blocchi H" mostrano un grado di precisione elevato sia nell'intaglio degli angoli retti, che nelle misure relative a ciascun blocco. Gli incavi dei blocchi H inoltre, presentano scanalature dalle pareti non parallele, per costituire degli incastri oggi conosciuti denominati "a coda di rondine".

Non è ancora stato possibile appurare come sia avvenuta la distruzione di Pumapunku e Tiahuanaco. Confrontando però la lavorazione delle pietre, si è riscontrato che i due siti non sono sorti nella stessa epoca, altrimenti lo scambio tra le "tecniche costruttive" sarebbe stato inevitabile data la breve distanza. Nel caso di Pumapunku inoltre le devastazioni sono ancora più estese. Infatti è quasi impossibile riconoscere la struttura degli edifici ed esistono solo poche pietre vicine l'una all'altra, mentre a Tiahuanaco sporadicamente è ancora possibile vedere alcuni muri.

La cultura Tiahuanaco (Tiwanaku in inglese) fu un'importante civiltà precolombiana il cui territorio si estendeva attorno alle frontiere degli attuali stati di BoliviaPerù e Cile. Prende il nome dalle rovine dell'antica città omonima, nei pressi della sponda sud-orientale del lago Titicaca e approssimativamente 72 km a ovest di La Paz, sede del governo della Bolivia (la capitale formale dello Stato è Sucre). Alcune ipotesi sul nome, affermano che derivi dall'aymara Taypikala. Tiahuanaco è molto più grande di quel che si è scoperto finora. Grazie ad uno studio con immagini satellitari e droni sembra che essa abbia una superficie almeno doppia rispetto a quella finora nota. Lo studio è stato voluto dall'UNESCO.

La civiltà, il territorio e la città.

Espansione delle culture Huari e Tiahuanaco.

La civiltà Tiahuanaco fu contemporanea di quella Huari, che si trovava a nord di quella Tiahuanaco, condividendone molti attributi, in particolare dal punto di vista artistico. Tuttavia i contatti tra le due culture sembrano essere stati limitati ad un periodo di 50 anni, durante i quali vi furono sporadiche scaramucce riguardanti una miniera occupata per prima dai Tiahuanaco. La miniera delimitava il confine tra le sfere di influenza delle due culture e gli Huari tentarono, senza successo, di assicurarsela tutta per loro.

Il declino di questa civiltà sembra sia causato dall'invasione di popolazioni dal sud o nella perdita di fede nella religione predominante. Il collasso dei Tiahuanaco influenzò la crescita dei sette regni Aymara, gli stati più potenti dell'area. Tutto il territorio fu conquistato, attorno al XV secolo, dagli Inca e annessi all'impero noto come Tahuantinsuyo. La regione occupata dai Tiahuanaco venne annessa alla provincia nota come Qulla Suyo, la provincia dell'est.

Il territorio fu fondato approssimativamente attorno al 200 a.C., come una piccola città e crebbe tra il IV e il VI secolo, conseguendo un importante potere regionale nel sud delle Ande.

Nella sua massima estensione la città copriva 6 km² e ospitava circa 40.000 abitanti.

Una sua caratteristica sono gli enormi monoliti di circa 10 tonnellate che si possono ancora ammirare nelle rovine dell'antica città.

Il declino iniziò attorno al 950 fino al collasso completo attorno al 1100, quando il centro cerimoniale venne abbandonato. L'area circostante non fu però abbandonata completamente, ma lo stile artistico caratteristico cadde assieme agli altri aspetti della cultura.

Non vi sono prove che la civiltà Tiahuanaco utilizzasse la scrittura.

La Porta del Sole

La Porta del Sole

La Porta del Sole di Tiahuanaco fu ricavata da un unico blocco di andesite sul quale vennero incisi rilievi, principalmente nella sezione trasversale collocata sopra il vano della porta, lungo 1,40 metri.

Il rilievo centrale mostra il "dio dei bastoni", una figura armata di due scettri a forma di serpente, attorniata da altre 48 figure alate, di cui 32 con volto umano e 16 recanti la testa di un condor.

La Porta del Sole venne così chiamata perché posizionandosi davanti ad essa all'inizio della primavera si può osservare che il sole sorge esattamente sopra la metà della porta.

Una teoria sostiene che le 48 figure ricavate nella pietra rappresentino lo schema base di un calendario che sarebbe servito a determinare ulteriori riferimenti astronomici.

Tiahuanaco nella cultura di massa.

  • Nel videogioco Tomb Raider - Legend la protagonista del gioco, l'archeologa Lara Croft, rinviene un altare in pietra decorato nei pressi di un antico tempio appartenente proprio alla civiltà pre-inca dei Tiahuanaco. Questo altare in pietra, secondo Lara, è la chiave per accedere ad Avalon, grazie alla leggendaria spada di Re ArtùExcalibur.
  • Nel libro L'origine perduta della scrittrice Matilde Asensi le rovine di Tiahuanaco sono descritte con notevoli particolari per il susseguirsi della trama del romanzo.
  • Anche in un'avventura di Topolino[1] si narra di una spedizione sulle Ande, dove la porta del Sole di Tiahuanaco è una porta dimensionale con gli alieni.
























martedì 21 luglio 2020

Cosa Nostra si riorganizza con traffico droga: 15 arresti a Palermo.

Cosa Nostra si riorganizza con traffico droga: 15 arresti a Palermo (Video)

Nuovo colpo al mandamento mafioso di Pagliarelli a Palermo. I Carabinieri del Comando Provinciale hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dall’Ufficio Gip del Tribunale di Palermo su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, nei confronti di 15 indagati, ritenuti a vario titolo responsabili di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e detenzione e vendita di droga, commessi con l’aggravante delle finalità mafiose.

L’indagine, diretta dal Procuratore Aggiunto Salvatore De Luca, costituisce un’ulteriore fase di un’articolata manovra condotta dal Nucleo Investigativo di Palermo sul mandamento mafioso palermitano di Pagliarelli e in particolare sulla famiglia mafiosa di Corso Calatafimi che ha consentito di comprovare la perdurante operatività di quell’articolazione di Cosa nostra.
Alcuni degli elementi indiziari emersi nel corso delle indagini erano già confluiti nel provvedimento di fermo d’indiziato di delitto emesso dalla Dda di Palermo ed eseguito il 4 dicembre 2018 - operazione “Cupola 2.0” - con la quale era stata smantellata la nuova commissione provinciale di cosa nostra palermitana, che si era riunita per la prima volta il 29 maggio 2018.

In quel contesto erano state già tratte in arresto 10 persone ritenute appartenenti al mandamento mafioso di Pagliarelli, tra cui Settimo Mineo, capo del mandamento mafioso, Filippo Annatelli, reggente della famiglia mafiosa di Corso Calatafimi e Salvatore Sorrentino, referente del Villaggio Santa Rosalia.
Cosa nostra di Palermo ha riorganizzato la sua "struttura criminale" occupandosi della "gestione del traffico e della vendita di stupefacenti nel territorio controllato dalla famiglia mafiosa di Corso Calatafimi", dicono gli inquirenti nell'ambito dell'indagine che all'alba di oggi ha portato all'arresto di 15 persone. "La rimodulazione degli assetti veniva proposta a Filippo Annatelli, reggente della famiglia mafiosa, da un affiliato della consorteria, Salvatore Mirino, deciso a convincere il proprio referente mafioso ad affidargli, a pochi giorni dalla sua scarcerazione, la direzione operativa delle attività legate allo smercio di droga nell’area controllata dal sodalizio", spiegano gli investigatori. "Il progetto proposto da Mirino otteneva l’avallo della figura verticistica della famiglia e comportava la contestuale estromissione dei soggetti sino a quel momento deputati a gestire il traffico illecito".
Attraverso lo stretto monitoraggio degli affiliati, i magistrati hanno documentato "le fasi precedenti, concomitanti e successive all’incontro riservato, avvenuto nel febbraio del 2017 all’interno di un’agenzia di onoranze funebri, tra Annatelli e Mirino in cui si decideva, in favore del secondo, di estromettere il sodale precedentemente incaricato della gestione del traffico di stupefacenti, individuando la necessità di affidare a nuovi personaggi di massima fiducia il controllo della vendita di droga su Corso Calatafimi".

La nuova struttura era così articolata: Filippo Annatelli, al vertice della famiglia mafiosa di Corso Calatafimi, "demandava la gestione operativa ad altri sodali, autorizzandone le iniziative di volta in volta prospettate, e manteneva i rapporti con le figure qualificate delle altre famiglie mafiose palermitane, intervenendo in prima persona in caso di frizioni tra i membri delle diverse consorterie". Mirino ed Enrico Scalavino "deputati alla gestione operativa dei traffici e dello smercio della droga, fungevano da intermediari". Giuseppe Massa, detto “Chen”, e Ferdinando Giardina, responsabili della fornitura dello stupefacente ai pusher di livello inferiore, erano incaricati anche della riscossione del denaro derivante dalla vendita della droga.
Gli incassi del traffico di droga sul territorio palermitano confluivano direttamente nelle casse dei boss di Cosa nostra, secondo quanto emerge dall'operazione antimafia. "La complessa indagine rivelava uno spaccato della realtà mafiosa palermitana e del suo diretto coinvolgimento in dinamiche legate al traffico e alla vendita al dettaglio di sostanze stupefacenti di diverso genere, i cui proventi, decurtati del guadagno dei singoli spacciatori individuati e autorizzati a smerciare droga dal sodalizio, confluivano nelle casse dell’organizzazione", dicono gli inquirenti.

sabato 18 luglio 2020

Er Più. - Marco Travaglio

Metal idea- factotum- mestieri
Da quando i lettori e gli abbonati del Fatto sono aumentati, registro una certa attenzione mediatica alla mia modesta persona che rischia di farmi montare la testa. Vengo dipinto come una sorta di eminenza grigia della Repubblica, una via di mezzo fra Letta e Bisignani, che piazza pedine e pedoni qua e là, dà la linea ai partiti e al governo, sistema o stronca carriere, candida e scandida politici, fa e disfa alleanze, fa arrestare questo o quello e – ci mancherebbe – intasca milioni di euro pubblici. Più che il direttore del Fatto, il maestro venerabile di una piduina che nulla ha da invidiare alla loggia del sor Licio. L’altro giorno, il sempre informato Dagospia titolava: “Nuovi orizzonti di gloria per Flavio Cattaneo: sponsorizzato da Travaglio, il marito della Ferilli è entrato nel cuore di Conte dopo una video-call per la scelta dell’ad di Alitalia”. L’idea che un top manager che ha guidato Fiera Milano, Aem, Rai, Terna, Telecom e Italo-Ntv abbia bisogno di me per farsi conoscere mi riempie di orgoglio, ma soprattutto di buonumore. Come quando i giallorosa, anziché cacciare l’ad plurinquisito di Eni Claudio Descalzi, cambiarono il presidente e scelsero Lucia Calvosa, altra manager coi fiocchi, già al vertice di banche e consigliere indipendente di Telecom e pure del Fatto: il Riformista e altri fresconi, incuranti delle sue dimissioni dal nostro Cda, scrissero che l’avevo nominata io per “mettere le mani su Eni” (infatti da allora faccio il pieno di benzina gratis).
E non basta. La nostra ad Cinzia Monteverdi, temendo ritardi nei pagamenti dei distributori e dei concessionari pubblicitari a causa del Covid e rischi per i nostri investimenti, mette al sicuro la società con un normale finanziamento di 2,5 milioni da una banca privata e, per una legge del ’96, i finanziamenti per investimenti sono garantiti dallo Stato: Giornale, Libero, Riformista, Dagospia e altri fresconi scrivono che prendiamo soldi dallo Stato, anzi dal “regime”, grazie ai buoni uffici di Conte in persona. Rai3 affida a Luisella Costamagna – giornalista che debuttò con Santoro nel ’96, poi lavorò a Canale5, condusse Omnibus su La7 e altri programmi su Sky – la conduzione di Agorà su Rai3. Dov’è il problema? Collabora col Fatto, oltreché con la Verità. Dunque sapete chi l’ha “piazzata” ad Agorà? Io, notoriamente culo e camicia coi nuovi direttori di Rai3 e del Tg3, Franco Di Mare e Mario Orfeo, che da anni chiamo rispettivamente “mister Pampers” e “sugherone per ogni stagione” per farmeli amici. Tante captatio benevolentiae non sono state vane, tant’è che Il Foglioha ribattezzato Rai3 “TeleFatto” perché “la direzione Di Mare rispecchia la linea del Fatto”. Certo, come no.
Ma i miei tentacoli si allungano ben oltre. Avete presente il Partito di Conte, annunciato da mesi dalle migliori testate? Ci sto lavorando con Scanzi e alcuni personaggi misteriosi anche per noi: così almeno giura Bisignani sul Tempo, subito ripreso dall’attendibile Porro e dal credibile Libero. E il caso Palamara? La regìa, ovviamente occulta, è tutta mia. Di Palamara non ho mai avuto nemmeno il numero di cellulare. L’ho visto una volta in vita mia nel 2018 a un convegno di Unicost a Monopoli, dove ne dissi di tutti i colori sulle correnti togate, soprattutto la sua, ricordando la protezione garantita nel Csm all’allora procuratore di Arezzo, che avrebbe dovuto indagare su Etruria e papà Boschi mentre era consulente del governo Innominabile-Boschi. Pochi giorni dopo una pm di Palermo presente al convegno mandò un sms scherzoso a Palamara che non le rispondeva: “Se mi dai buca, chiamo Travaglio”. Così due mesi fa mi ritrovai sulla prima del Giornale come il deus ex machina di Magistratopoli. Del resto, sono o non sono “il capo del Partito dei Pm con Davigo, Gratteri e Di Matteo”, come assicura l’informatissimo Sansonetti? Lo faccio nel tempo libero che mi lascia il mio terzo mestiere: quello di “vero capo politico dei 5Stelle” (sempre Sansonetti). Fortuna che, come direttore del Fatto, sono solo un prestanome di Rocco Casalino, che si smazza il grosso del lavoro.
Non lo sapevate? Se n’è parlato martedì notte nel Consiglio dei ministri-fiume su Autostrade. Quella sera, nella riunione di redazione, stavamo preparando la prima pagina con titolone e fotona di De Benedetti che aveva riabilitato B.. Poi la nostra Wanda Marra ci ha avvertiti che mezzo Pd, fra cui Guerini, contestava Zingaretti per aver sposato la linea anti-Benetton di Conte e M5S. Ed, essendo quella notizia più fresca dell’altra, abbiamo optato per il titolo United Dem of Benetton col fotomontaggio dei quattro pidini, fra cui Guerini, in veste di indossatori. A mezzanotte, in pieno Cdm, non avendo di meglio da fare o equivocando il senso della sua delega alla Difesa, Guerini ha scaricato il Fatto, ha visto la copertina e ha dato in escandescenze contro Conte. Il quale, narrano le cronache, l’ha guardato incuriosito, tentando di spiegargli che non è uso decidere le nostre prime pagine. Invano. Il cosiddetto ministro, come il lupo all’agnello nella fiaba di Fedro, ha tagliato corto: “Allora, se non sei stato tu, è stato Casalino”. Questa gente è così abituata a dare la linea ai suoi giornali da non riuscire neppure a immaginarne uno che si dà la linea da solo. E ora scusatemi, ma ho da fare a Bruxelles col Recovery Fund. I 173 miliardi, se mai arriveranno, me li pappo tutti io.

lunedì 1 giugno 2020

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

Totò: Ma mi faccia il piacere… | Giornalemio.it
La Festa del Cazzaro. “Notte serena Amici, oggi non c’è un cazzo da festeggiare” (Matteo Salvini, Twitter, 2.6.2013). “#Buonadomenica e buona #FestadellaRepubblica, Amici. Orgoglioso di poter esercitare il mio ruolo di governo sempre a difesa dell’Italia! #2giugno” (Salvini, 2.6.2019). “Apprendiamo dalla stampa che ci sarebbe stata negata l’autorizzazione a deporre una corona di fiori all’Altare della Patria il 2 giugno. Non si può neanche onorare la memoria ed il valore dei Militari italiani caduti per difendere la Patria? Alla faccia della democrazia…” (Salvini, Twitter, 2.6.2020). É l’evoluzione della specie.
Unità nazionale. “Salvini: ‘Criminale è il governo’” (Libero, 27.5). “Salvini chiama Mattarella dopo il discorso di Conte: ‘Pietra tombale sul dialogo… Dal governo ci aspettiamo risposte, ascolto e soluzioni, non insulti’” (Agi, 11.4). Lui vorrebbe tanto dialogare, ma purtroppo quel Conte insulta.
La voce del padrone. “Questa politica rischia di fare più danni del Covid” (Carlo Bonomi, presidente Confindustria, Repubblica, 31.5). Ma solo perchè la Confindustria è fuori concorso.
Coerenzi. “È una cosa schifosa che Salvini abbia tenuto in mare dei poveri disgraziati. Ma non sono io che devo decidere se ha commesso un reato, io devo decidere se deve andare a processo. E voterei sì” (Matteo Renzi, leader Iv, Twitter, 23.1). “Open Arms, no della giunta al processo: i renziani ‘salvano’ Salvini” (Il Sole 24 ore, 26.5). Chi è che è una cosa schifosa?
Obituary. “Come battere le fake news. Controffensiva culturale contro le bugie, non basta smentirle una per una” (Gianni Riotta, La Stampa, 25.3). Bisogna proprio non scriverle. Quindi si ritira?
Choc. “Berlusconi vuole lo choc fiscale” (il Giornale, 25.5). Non avrà mica deciso di pagare le tasse?
Il senzatetto. “Il piano casa di Berlusconi” (il Giornale, 31.5). Avete capito bene: il piano casa di Berlusconi. La battuta scrivetela voi.
Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare. “Le dico una cosa. Ero il 1° maggio al Ponte Morandi e ho capito perfettamente come funziona il ‘modello Genova’ di sviluppo economico” (Maria Elisabetta Alberti Casellati, FI, presidente del Senato, Corriere della sera, 30.5). Capo-varo, vado? Vadi, contessa, ma un po’ più a destra!
Folli. “Quanto può valere una riforma del Csm … affidata a un ministro come Bonafede appena scampato per il rotto della cuffia alla sfiducia parlamentare?” (Stefano Folli, Repubblica, 26.5). Quindi: le opposizioni presentano una mozione di sfiducia contro un ministro per farlo dimettere, il Parlamento le respinge, il ministro resta ministro, ma non deve più proporre riforme perchè Folli rosica.
Disegni. “C’è un disegno per colpire la magistratura” (Luca Poniz, presidente dimissionario dell’Anm, 26.5). E questa volta i disegnatori sono tutti magistrati.
La mossa del ronzino/1. “’Perchè ho lasciato il Pd? È troppo giustizialista’. Matteo Renzi si sfoga nel suo nuovo libro ‘La mossa del cavallo’” (Libero, 31.5). Uahahahahahah.
La mossa del ronzino/2. “Renzi: una nuova Tangentopoli? La politica vigili” (Corriere della sera, 31.5). Ma soprattutto vigilesse.
La mossa dell’acciuga. “Comune, altolà delle Sardine: ‘No Raggi-bis’” (Repubblica-cronaca di Roma, 31.5). Brrr, che paura.
Aurelia, Cassia, Appia e Raggia. “Virginia Raggi ha fatto più strade degli antichi romani” (Paolo Ferrara, consigliere comunale M5S a Roma, Facebook, 25.5). Slurp.
L’uomo giusto. “Oggi come oggi se volessi tornare in politica lo farei a un patto solo: guidare la mia città. Penso di avere tutte le possibilità: l’intelligenza, la preparazione, la cultura, per poterlo fare” (Massimo Ghini, attore, 28.5). Tecnicamente, si chiama autopompa.
I governi della settimana. “Ecco il lodo Giachetti: schiaffo al premier e mano tesa alla Lega. Il renziano: darei a Giorgetti la guida di un comitato per varare il dl Rilancio” (il Giornale, 24.5). “Possibile un altro premier: Di Maio avverte Conte” (La Verità, 24.5). “Il Soviet di Giuseppi”, “L’Italia di Giuseppi assomiglia all’Urss” (La Verità, 26.5). “La maggioranza nella palude” (Claudio Tito, Repubblica, 27.5). “Salvini: autunno caldo, Conte cadrà” (Il Messaggero, 27.5). “Bonaccini, le vere ragioni della corsa alla premiership” (La Stampa, 27.5). “In un giorno 30 manifestazioni contro Conte” (Libero, 31.5). “Coro unanime: intellettuali e piazze mai così uniti contro il premier”, “Franceschini cerca un’altra maggioranza” (il Giornale, 30.5). “Anche gli intellettuali lanciano l’allarme: ‘Giuseppi se ne vada o non ne usciremo’” (La Verità, 31.5). “Adesso alle toghe tocca indagare il premier” (Libero, 31.5). “’Il Tempo’ spara: è se Conte fosse il candidato sindaco di Roma di Pd e M5S? Sarebbe una carta per spedire Giuseppi lontano da Palazzo Chigi” (Dagospia, 31.5). Quindi ci siamo: ormai è fatta.