mercoledì 18 maggio 2011

Camera, governo battuto cinque volte.



ALFANO: «SOLO UNA NORMALE RILASSATEZZA POST-VOTO». VOTO SUL BIOTESTAMENTO RINVIATO.


Sotto sulle mozioni di Fli, Pd ed Idv su cui aveva espresso parere negativo. Molti assenti tra i Responsabili


MILANO - Rientro amaro in Parlamento per il governo alla ripresa dei lavori parlamentari dopo le amministrative. Infatti la maggioranza è stata battuta in Aula alla Camera nel corso delle votazioni delle mozioni sulla situazione delle carceri. L'esecutivo è andato sotto cinque volte. Quattro al mattino sui documenti presentati da Fli, dal Pd e da Idv su cui aveva espresso parere negativo e che invece sono stati approvati dall'Assemblea di Montecitorio, poi sul testo, respinto, presentato dalla maggioranza su cui il parere era positivo. La quinta volta nel pomeriggio, sconfitto per tre voti su un ordine del giorno di Augusto Di Stanislao dell'Idv alla ratifica della Convenzione di Oslo sulla messa al bando delle munizioni a grappolo. Il testo, su cui c'era il no del governo, è passato con 267 sì e 264 no.

LE MOZIONI - In precedenza è passata in aula prima una mozione del Fli su cui il governo aveva dato parere contrario con 264 sì e 254 no. Poi in altre tre votazioni il governo è andato sotto. La prima su una parte della mozione del Pd, approvata nonostante l'esecutivo fosse contrario; la seconda sul una parte della mozione del Pdl, bocciata anche se il governo era favorevole; la terza su una parte della mozione dell'Idv, approvata con il no del governo. In questi ultimi tre casi l'opposizione si è imposta con uno scarto di almeno 12 voti. A questo punto l'esame in Aula alla Camera del disegno di legge sul biotestamento è stato rinviato a data da destinarsi. La Conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha accolto l'orientamento della maggior parte dei gruppi, anche di opposizione, di rimandare la discussione certamente almeno a dopo i ballottaggi.

GLI ASSENTI - Intanto i Responsabili «delusi» si fanno sentire. È tra le file del neogruppo nato a sostegno del governo Berlusconi che si registrano le assenze più evidenti che hanno portato il governo ad andare sotto nella prima votazione a Montecitorio dopo la pausa elettorale. Oggetto del voto, le mozioni delle opposizioni sulle carceri, in particolare quella di Fli, nulla di grave dunque, ma nel gruppo di Scilipoti&co. gli assenti sono stati ben 12 su 29, tra i quali spiccano Francesco Pionati e Maria Grazia Siliquini che attendono ancora una nomina da sottosegretario. Assenti anche il neoministro Saverio Romano e Arturo Iannacone, il neoconsigliere economico del premier, Massimo Calearo e poi tra i neofiti della maggioranza si segnalano assenti anche Luca Barbareschi e Italo Tanoni. Non hanno partecipato al voto - che si è concluso con 264 sì per la mozione firmata dal finiano Della Vedova, e 254 no, 4 astenuti tra i quali i Pdl Luigi Vitali e Marcello De Angelis - anche 16 deputati del Pdl, tra i quali il vicecapogruppo Massimo Corsaro e Nicola Cosentino, e 2 dell'Mpa. Assenti anche due deputati della Lega.

ALFANO - Cerca di smorzare l'importanza dell'infortunio parlamentare il ministro della Giustizia, Angelino Alfano che definisce i quattro voti contrari al parere del governo sulle mozioni delle opposizioni sulle carceri un «normale ritardo post voto, normale rilassatezza post competizione elettorale». In riferimento alla materia Alfano ha poi osservato: «non si tratta di leggi ma di mozioni. Ho letto con attenzione il contenuto degli emendamenti e compatibilmente con le disponibilità di bilancio farò di tutto per adempiervi».

LE ALTRE REAZIONI - «Si vedono i primi effetti dello Tsunami di domenica e lunedì: dopo la botta elettorale la maggioranza evapora anche in Parlamento. Si capisce che tira una brutta aria dalle parti del centrodestra. Tira una brutta aria e lo si capisce dall'assenza in Aula dei sottosegretari dei cosiddetti Responsabili» afferma invece il presidente del gruppo Idv alla Camera Massimo Donadi. «Maggioranza battuta al primo voto in aula dopo le elezioni... Non male» scrive il capogruppo alla Camera del Pd Dario Franceschini, su Twitter e Facebook. «Non c'è nessun motivo politico», risponde il vicepresidente dei deputati Pdl Massimo Corsaro. «C'è gente in giro, c'è gente distratta dalla campagna elettorale per i ballottaggi», minimizza Corsaro, conversando con i giornalisti.

http://www.corriere.it/politica/11_maggio_18/governo-battuto-camera_d1ce655e-8138-11e0-ab0f-f30ae62858c8.shtml


B.: “Non lasciare Milano ai centri sociali” E al ballottaggio non ci mette la faccia.


Nuovo attacco a Pisapia, ma la Moratti si smarca. Il Cavaliere con i suoi ha parlato di un esecutivo saldo, ma ora si spenderà in prima persona solo se ci saranno chance di vittoria

Per Silvio Berlusconi è impensabile lasciare Milano ai centri sociali che appoggiano Giuliano Pisapia e Napoli in mano a un pm, Luigi De Magistris, che ha rovinato alcune persone. E’ questo il ragionamento esposto dal premier durante il vertice del Pdl a palazzo Grazioli, secondo quanto riferiscono alcuni partecipanti. Una linea che però rende insofferente il candidatoLetizia Moratti, convinta che sia stato proprio il troppo parlare di politica nazionale ad averla messa in minoranza alle amministrative. Berlusconi ancora crede nella possibilità di far girare il risultato del primo turno a favore del Pdl. Non si dà per vinto, senza però nascondere le difficoltà del momento. Dice infatti – secondo quanto riferito da più di un presente al vertice di Palazzo Grazioli – che questa volta non si spenderà in prima persona se le chance di vittoria si dimostreranno prossime al lumicino.

Il Cavaliere, raccontano, ha poi parlato di un esecutivo saldo e di una maggioranza solida, nonostante il gelo della Lega. Dopo aver dichiarato, meno di una settimana fa, che il voto sarebbe stato “un test per il governo”, il presidente del Consiglio ha deciso quindi di non farsi influenzare dai risultati del ballottaggio. Eppure i suoi non sembrano così sicuri. “E’ in arrivo uno tsunami” ha detto il sottosegretario agli Esteri, Stefania Craxi, che non ha mai nascosto il suo dissenso per il modo in cui è stata condotta la campagna elettorale. Mentre alcuni ipotizzano che “il treno sia a fine corsa”, molti chiedono “un confronto all’interno del Pdl”.

Il premier non ha ancora dettato la linea per la campagna bis, ma sembra che alla riunione abbia spiegato come l’unico modo per vincere sia quello di far venir fuori il vero volto di Giuliano Pisapia. Cioè quello dei centri sociali e della sinistra estrema, secondo la maggioranza. Una strategia che ha però portato Letizia Moratti a scontrarsi con lo sfidante durante il faccia a faccia, attirandosi critiche bipartisan e una promessa di querela. Adesso il sindaco ha deciso di fare da sé, rivendicando il ruolo di ‘regista’ della campagna. Da basare solo su temi cittadini e non nazionali. Niente giustizia né pm, quindi. Secondo quanto raccontano i presenti, Berlusconi si è mostrato d’accordo, in dubbio se partecipare attivamente alla campagna elettorale bis.

Berlusconi per il momento si è limitato a ricordare a tutti come a Milano serva il sostegno dell’intero centrodestra, unito per la candidata. Anche quello eventuale di Pier Ferdinando Casini, sul quale è in programma un pressing ‘leggero’, affinché al secondo turno appoggi la Moratti. Ma serve sopratutto l’apporto della Lega, decisamente irritata dal risultato elettorale, non solo milanese. Nonostante i problemi tra Pdl e Carroccio su temi specifici, il rapporto con Umberto Bossi sarà recuperato, ne è convinto il premier, che promette all’alleato di condividere ogni decisione. Tra i due leader intanto ci sarebbe stata però solo una breve telefonata ieri sera. Ancora nessun ragionamento organico sul voto.

Ma per Berlusconi non c’è solo Milano. L’altra grossa sorpresa, da ribaltare, è stata Napoli, dove il candidato Pdl Gianni Lettieri andrà al ballottaggio con Luigi De Magistris, dell’Idv. Per il presidente, raccontano alcuni presenti alla riunione, non è possibile lasciare il capoluogo campano in mano a un pm che ha solo rovinato delle persone e non ha mai vinto un processo.



«Berlusconi pagava 600 milioni di pizzo».


Rivelazione del pentito Giovanni Brusca al processo Mori

Giovanni Brusca
Giovanni Brusca
PALERMO - Un pizzo di 600 milioni di lire. Ogni anno. È quanto avrebbe versato alla capo della cupola palermitana Stefano Bontade Silvio Berlusconi. Lo ha raccontato il pentito Giovanni Brusca, nel corso del processo ai carabinieri Mario Mori e Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato per aver favorito la latitanza di Bernardo Provenzano: «Berlusconi pagava una sorta di "messa a posto" a Stefano Bontade, quando poi questo morì fu sostituito». Ha spiegato il collaboratore di giustizia davanti alla IV sezione del tribunale di Palermo e che mercoledì è stato ospitato nell'aula bunker del carcere di Rebibbia a Roma. Brusca ha riferito di conversazioni con un altro capo boss, Ignazio Pullarà, ricordando un attentato subito da Berlusconi e che fu posto in essere - sempre secondo lui - da altri due mafiosi. «Pullara mi disse anche che a Milano non c'era solo Berlusconi che pagava, ma anche tanti altri. l pagamento di 600 milioni continuò anche quando le cose passarono in mano a Riina».

IL PAPELLO - Brusca, considerato il braccio armato del boss corleones, ha ricordato quanto il suo padrino a suo tempo gli avrebbe confidato: «Mi disse tutto contento che si erano fatti sotto, cercando una trattativa. Io gli ho fatto un papello tanto, mi disse Riina». La richiesta degli interlocutori di Riina era di «finirla con le stragi. Ma il soggetto finale delle richieste di Cosa Nostra era il senatore Nicola Mancino». L'incontro di cui parla Brusca con Riina sarebbe avvenuto tra la strage di Capaci, avvenuta nel maggio '92 e quella di via D'Amelio. Circostanza che, più volte, Mancino ha smentito, sottolineando che il suo insediamento al Viminale risale al primo luglio del '92, due mesi dopo Capaci, e pochi giorni prima di via D'Amelio. Secondo la ricostruzione di Brusca, invece, dopo l'omicidio di Salvo Lima (12 marzo 1992) «si sarebbero fatti sotto» due personaggi come Vito Ciancimino e Marcello Dell'Utri. «Il primo portò la Lega (non ha specificato quale, ndr), l'altro un nuovo soggetto politico che si doveva costituire, o che già era costituito, non mi ricordo bene. Entrambi si proposero come alternative a Lima e al sistema politico di cui l'esponente andreottiano della Dc era stato il garante».

LA SMENTITA DI MANCINO - Il senatore Mancino risponde con una nota stringata alle rivelazioni del collaboratore di giustizia: «Brusca, che da tempo ho denunciato, è un pentito itinerante tra i vari uffici giudiziari. Ripete per vendetta falsità nei confronti di un ex ministro dell'Interno che nel periodo 1992 -'93 fece registrare, tra i tanti arresti di latitanti, anche quello di Riina. Non desidero dire altro».

«SULLE STRAGI BERLUSCONI NON C'ENTRA» - «Per quanto riguarda le stragi del '92 e '93 Berlusconi non c'entra». Ha ribadito Brusca, che ha quindi aggiunto: «Ho querelato il settimanale l'Espresso perché non è vero che andai da Berlusconi come in qualche modo era stato scritto in un libro e come quel settimanale riportava, ho chiesto una rettifica ma siccome non la facevano ho fatto la denuncia. Io dico sempre la verità, ho cercato sempre di dire la verità».

http://www.corriere.it/cronache/11_maggio_18/bontade_berlusconi_brusca_993e87f6-813c-11e0-ab0f-f30ae62858c8.shtml

E adesso al lavoro. di Concita De Gregorio



Più si guarda da vicino il voto di domenica e più si allarga il sorriso. Hanno davvero vinto - in tanti e tanti luoghi - la lealtà, la competenza, la politica intesa come servizio, l’energia delle nuove generazioni. Hanno davvero perso l’arroganza, la pagliacciata e l’insulto, i candidati posticci e macchiettistici da tv del pomeriggio, la rabbia che acceca i servitori più realisti del re, gli Olindo e Rosa del Cavaliere. Ha torto, ancora una volta, il povero Sandro Bondi quando dice che «è solo grazie all’impegno di Berlusconi che è stato possibile raggiungere questo risultato». È una mezza e per lui triste verità. È vero che le 28 mila preferenze sono (come il Sultano in persona disse poche settimane fa prevedendone almeno 55 mila), «il suo funerale».

È vero anche che più di Letizia Moratti restano sul tappeto di fiori di Milano Daniela Santanchè e i suoi sbocchi di bile, i suoi epigoni e i suoi pessimi consigli. L’altra parte della verità, però, è che a Milano con Pisapia hanno vinto i giovani dirigenti dei municipi, i ventenni e i trentenni che si sono messi al servizio della causa, Stefano Boeri che, sconfitto alle primarie, ha dato una prova suprema di lealtà e passione candidandosi in lista (il più votato a Milano, col Pd), Anna Puccio, Davide Corritore, Maurizio Baruffi e tutte le donne e gli uomini protagonisti di questa vittoria.

La candidata del centrosinistra va al ballottaggio ad Arcore, sotto la Villa. Roberto Lassini, l’autore dei manifesti «Br in procura», ha ottenuto 872 voti e non è stato eletto. Ornella Vanoni, a sostegno della signora Moratti, ne ha presi 36. Quelli della sua famiglia, pronipoti compresi. La ragazza del Pdl che ha promosso una raccolta di firme per contestare Nicole Minetti è stata la più votata fra i candidati del Terzo Polo.

Vanno al ballottaggio Varese, città di Maroni, e Novara, città di Cota. La disfatta leghista (dal 14 al 9 per cento a Milano) non dipende solo dalla “candidata sbagliata” a palazzo Marino, con tutta evidenza. A Olbia il centrosinistra passa al primo turno, il Pd Scanu il più votato in assoluto. A Siena il pilota Nannini, fratello di Gianna, che aveva fatto campagna elettorale dicendo «ho fatto anche io il bunga bunga», ha visto la polvere. Cinzia Cracchi, al centro della vicenda Del Bono a Bologna, ha preso 26 voti. Maurizio Cevenini, che ha rinunciato alla corsa a sindaco per motivi di salute, 11 mila. A Torino sono stati premiati i giovani assessori di Chiamparino: Ilda Curti, Roberto Tricarico, Marta Levi. A Latina il fasciocomunista Pennacchi, forte di un’ottima spropositata stampa, si ferma allo 0.6. Meno personaggi, più persone: evviva.

Mi sembra un’ottima notizia, infine, il bel successo dei giovani candidati del Movimento 5 Stelle. Per quanto Grillo si ostini a dire che «destra e sinistra sono uguali», dalle parole degli eletti traspare una matura consapevolezza delle differenze, dell’impegno che serve per farle emergere e della responsabilità che ne consegue. Mi auguro che a Napoli il Pd sappia leggere nel voto il tramonto della trentennale stagione che qui si chiude e sappia sostenere con convinzione il successo di De Magistris. Infine, mi sembra un voto che rimette in circolo molte energie fino a ieri disperse, che riassorbe l’astensione, che premia la sinistra assai più del centro. La cui moderazione, del resto, ha dato punti a quella dei sedicenti moderati. Credo che le donne, non solo a Milano, abbiano avuto un ruolo decisivo. Del resto che il vento stava cambiando lo hanno segnalato loro, un milione di loro, il 13 febbraio. E adesso al lavoro, che siamo appena all’inizio. Dopo le città il governo: si vada finalmente a votare. La parola ai cittadini, alzi la mano chi ne ha paura.



Ruby, emissari inviati in Marocco: via libera a indagini.


Mentre la Camera dei Deputati ha depositato alla cancelleria della Corte Costituzionale il ricorso per conflitto di attribuzione con la magistratura di Milano sul caso Ruby votato dall’Aula di Montecitorio lo scorso 5 aprile, sono entrate nel vivo le indagini della procura di Roma sulla vicenda dei due presunti emissari che, nello scorso febbraio, si sarebbero recati in Marocco e, dopo aver avvicinato un’impiegata dell’anagrafe, avrebbero tentato di corromperla al fine di far retrodatare l’atto di nascita di Karima El Mahroug e farla apparire maggiorenne, come riportato dal Fatto Quotidiano.

A dare il via libera agli accertamenti, affidati al procuratore aggiunto Alberto Caperna ed al sostituto Roberto Felici, è la richiesta a procedere, firmata dal Guardasigilli Angelino Alfano, arrivata a Piazzale Clodio. Si tratta di un atto necessario per avviare accertamenti in presenza di reati commessi da italiani all’estero. Tentata corruzione, per il momento contro ignoti, il reato ipotizzato dagli inquirenti dopo l’apertura del fascicolo processuale fatta il 14 marzo scorso in seguito alla denuncia presentata da Nicolò Ghedini e da Piero Longo, difensori del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, attualmente sotto processo a Milano per sfruttamento della prostituzione proprio in relazione ai presunti festini nella sua villa di Arcore in cui partecipò Ruby.

I fatti al centro dell’inchiesta sarebbero avvenuti il 7 febbraio scorso a Fkih Ben Salah, luogo in cui è nata Ruby. All’indomani della pubblicazione della notizia dal Fatto Quotidiano i legali di Berlusconi annunciarono di aver ricevuto il mandato di predisporre un’apposita denuncia all’autorità giudiziaria al fine di accertare la veridicità dei fatti.

Secondo quanto riportato dai quotidiani, i due emissari, provenienti forse da Milano e accompagnati da un interprete marocchino che lavorava in un consolato in Italia, si sarebbero presentati alla funzionaria dell’anagrafe offrendole alcune migliaia di euro per modificare il certificato di nascita di Ruby, anticipando la data di due anni, dal primo novembre 1992 al primo novembre 1990. La funzionaria si sarebbe però rifiutata. Gli inquirenti della capitale si attiveranno ora per sentire la versione della dipendente dell’anagrafe.

“Se le notizie in ordine ad una asserita attività volta a modificare nel registro delle nascite la data di registrazione di Karima El Mahroug, fossero vere si tratterebbe con ogni evidenza di un grave, ma maldestro tentativo di falsificazione al fine di fare, eventualmente, di questo falso un illecito uso – dichiararono Ghedini e Longo – è necessario che le autorità italiane e del Marocco accertino con urgenza se esiste questa funzionaria, se il fatto è realmente accaduto e, in tal caso, l’identità dell’interprete e dei due presunti italiani che avrebbero posto in essere le condotte descritte”.



A Napoli il più votato è accusato di devastazione. -


Boom di preferenze per il candidato pdl Marco Nonno, coinvolto nei gravi disordini per la discarica di Pianura ed attualmente imputato. Ecco la classifica delle preferenze


Sono terminati gli scrutini nelle 886 sezioni di Napoli. Il più votato in assoluto in città risulta Marco Nonno, tra le fila del Pdl, con 3604 voti. Nonno, già consigliere comunale, è un imputato: è accusato di concorso in devastazione in quanto avrebbe ordinato di bruciare alcuni autobus durante le proteste dei cittadini contro la riapertura della discarica di Pianura, quartiere alla periferia di Napoli.

LEGGI: E A QUARTO ELETTO CANDIDATO IN CARCERE PER CAMORRA

Il secondo più votato, con 3271 preferenze, è Marco Mansueto, anche lui del Pdl e consigliere uscente. Arriva terzo, invece, Antonio Borriello, anche lui uscente, capogruppo del Pd in Consiglio comunale, con 3181 preferenze.

Tra i più votati ancora un uscente: Ciro Fiola con 2955 voti. Gabriele Mundo, del Pdl, volto nuovo in via Verdi, ha ottenuto 2879 voti. Bene Stanislao Lanzotti, altro riconfermato sempre del Pdl con 2747 voti. Aniello Esposito, nuovo in Consiglio, candidato del Pd, ha ottenuto 2578 voti, seguito da Salvatore Guangi del Pdl con 2571 preferenze. Per Forza Sud Socialisti liberali il più votato è Domenico Palmieri, uscente, con 2514 voti.

http://napoli.repubblica.it/cronaca/2011/05/18/news/a_napoli_il_pi_votato_accusato_di_devastazione-16424817/?ref=HREA-1




Mamma li Centri. - di Vittorio Zucconi.


“Non lasciamo che Milano finisca nelle mani dei centri sociali, è questo il messaggio che vuole mandare Silvio Berlusconi”. La Pravdanchè, l’organo del Cremlino di Arcore e della badante plastificatamilano_11032006_0 che tappa pubblicitariamente i buchi del Giornale, indica quale sarà il nuovo fantoccio agitato per far paura ai milanesi e riportare le pecorelle smarrite nell’ovile del pastore: i Centri Sociali. Falliti la Minaccia Islamica (la lista “Io Amo Me Stesso” di Allam Magdi ha raccolto un sensazionale 0,51%), i Rom (ma dove sono finiti i Rom?), le BR in Procura (500 voti per Lassini nonostante la sfilata sul pullman del Milan campione), il Cancro in Toga, il Furgone Rubato, l’Invasione degli Immigrati, le Moschee in Piazza del Duomo, restano i cari, vecchi, immarcescibili centri sociali con il loro sabba di demoni pronti a invadere la città in un’apocalisse finale di violenza. Sembra una patetica riesumazione di vecchi stracci, ma non lo è. Non mi meraviglierebbe se tra adesso e la domenica del ballottaggio, assistessimo a una improvvisa offensiva di spaccavetrine e bruciamacchine attribuita al Leonka e ai centri sociali o a qualche altro “grave episodio di violenza” (scegliete voi a chi attribuirlo, va bene anche la solita zingara accusata falsamente di rubare un bambino) che “suscita allarme tra i cittadini”. Attenzione alla belvetta ferita, ma non morta. Sono pronti a tutto, perchè se perde Milano, e anche Napoli è seriamente a rischio dopo quel miserabile 38% preso dal San Gennaro di Casoria protettore di Letizia (Noemi) che aveva promesso miracoli, buona notte Silvio. Altro che 5 Stelline e Martinitt con le webcam.



Le compagnie “moderate” della Moratti. Dai neofascisti a Ordine nuovo agli amici dei boss. - di Mario Portanova


Il sindaco di Milano dopo l'attacco a Pisapia rivendica "io sono moderata di nascita". Oggi, però, il suo partito è zeppo di nostalgici di Mussolini e Hitler. Ma anche di vecchi estremisti di sinistra come l'avvocato Gaetano Pecorella

“La mia è la storia di una persona moderata per nascita”, rivendica Letizia Moratti, “mentre dall’altra parte vi è una persona che non può certo considerarsi moderata” . Prende una piega stravagante l’ultimo miglio di campagna elettorale del sindaco di Milano. Dopo aver attaccato l’avversario Giuliano Pisapia su una vecchia storia degli anni Settanta, la Moratti introduce l’innovativa concezione di moderatismo genetico.

Come se non ci fossero stati tanti casi, a volte drammatici, di terroristi rossi nati in morigerate famiglie democristiane, o di figli degli anni di piombo cresciuti come cittadini ligi allo Stato. E anche ammesso che moderati si nasca, come diceva Totò per i signori (“e io lo nacqui, modestamente”…), tutti sanno che Pisapia è figlio di Giandomenico, uno dei più insigni giuristi italiani, che non combattè con Fidel Castro sulla Sierra Maestra ma guidò la commissione ministeriale sul nuovo codice di procedura penale varato nel 1989 e tuttora in vigore, non a Cuba ma nella Repubblica italiana. La Moratti si è attribuita persino una “formazione professionale moderata”, dal che si deduce che esistano mestieri in sé estremisti, magari proprio quello che fa Pisapia: l’avvocato.

Stravaganze a parte, Letizia Moratti è davvero una moderata? Sulla scheda elettorale, tra le liste che la sostengono c’è la Destra di Francesco Storace, che sul sito web milanese accoglie i simpatizzanti con citazioni di Julius Evola (noto moderato di corrente antisemita), croci celtiche, utili link a Casa Pound o alla Fondazione Pinochet. In campagna elettorale, la moderata Letizia si è accompagnata (e abbracciata) a Roberto Jonghi Lavarini, politico di riferimento del neofascismo e del movimento naziskin milanese, accolto a braccia aperte nel Pdl due anni fa.

Lo stesso Pdl candida a Palazzo Marino nomi di punta dell’estrema destra cittadina, come Marco Clemente (quello che conversava con Pino Amato, uomo di Forza Nuova arrestato con l’accusa di essere l’estorsore del clan Flachi), protagonista dei raduni più nostalgici e sostenuto anche dagli ultras del calcio, che quanto a moderazione non scherzano.

La grande tradizione moderata di Letizia Moratti si è sposata spesso con gli eredi di Benito Mussolini e Adolf Hitler. Nel 2006, l’allora candidata al primo mandato sfilò alla manifestazione del 25 aprile spingendo la carrozzella del padre, ex partigiano e deportato a Dachau. Fu fischiata e si innescarono polemiche roventi sull’intolleranza della sinistra.

Tre giorni dopo, però, la Moratti presentò il suo programma e annunciò di aver siglato un accordo elettorale con la Fiamma Tricolore e Azione Sociale. Cioè con gli eredi duri e puri dell’Msi e con la santa alleanza tra Alessandra Mussolini, Adriano Tilgher e Roberto Fiore. Nell’ordine: la fiera nipote del Duce che insieme ai nazisti faceva deportare i partigiani; l’ammiratore di Adolf Hitler (incorso soltanto “in alcune storture”) ; l’attuale leader di Forza nuova, condannato negli anni di piombo per banda armata e associazione sovversiva, e fuggito latitante in Inghilterra, che non concesse l’estradizione. Poi arrivò la prescrizione, come racconta lui stesso.

Nella sua moderata gioventù, Letizia Moratti non dev’essersi accorta che gli anni Settanta furono molto movimentati anche a destra, e che diversi suoi attuali compagni di partito erano vicini a gruppi violenti, quando non li dirigevano. Come Ignazio La Russa, attuale dominus del Pdl a Milano, nonché ministro della Difesa. La Russa era un giovane dirigente dell’Msi negli anni in cui i neofascisti scendevano in piazza con catene e coltelli. Fu lui, ha raccontato recentemente a Gianni Barbacetto su Il Fatto Quotidiano il suo vecchio camerata Tommaso Staiti di Cuddia, “a volere più d’ogni altro la manifestazione del 12 aprile 1973 in cui fu ammazzato l’agente Antonio Marino”, poliziotto della Celere colpito da una delle bombe a mano che alcuni giovani di destra si misero a lanciare. “La Russa s’impuntò”, continua Staiti. “Il 12 aprile dovevamo riuscirci. A tutti i costi. Man mano che la data s’avvicinava, diventava chiaro a tutti che sarebbe stato un massacro”. E chissà se il sindaco Moratti ha mai visto in azione l’uomo che di fatto dirige il suo partito in città, come appare per esempio nel film di Marco Bellocchio “Sbatti il mostro in prima pagina”.

Se non bastassero gli ex camerati, il Pdl di Letizia Moratti non si fa mancare neppure gli ex estremisti di sinistra. Un esempio per tutti, quello di Gaetano Pecorella, vicino al Movimento studentesco milanese in anni piuttosto vivaci, poi avvocato del famigerato “soccorso rosso”, e ancora nel 1990 candidato di Democrazia proletaria.

Tra neri e rossi non scampano i verdi. Forse il sindaco di Milano ignora che Mario Borghezio, colonna della Lega nord, alleato fondamentale del Pdl nella corsa elettorale milanese, l’11 luglio 1976 fu fermato dalla polizia vicino a Ventimiglia con la macchina zeppa di volantini di Ordine nuovo, organizzazione neonazista protagonista della strategia della tensione. I volantini auspicavano “uno, dieci, cento, mille Occorsio” (il magistrato Vittorio Occorsio era stato ucciso da Ordine nuovo il giorno prima a Roma), lanciavano minacce al “bastardo Luciano Violante”, con un bel “Viva Hitler” a coronare il tutto. Un episodio di cui Borghezio “non parla volentieri”, scrisse Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, in un’intervista in cui il parlamentare leghista ammetteva comunque di aver fatto parte della Jeune Europe, movimento fondato dall’Ss belga Jean Thiriart.

In quegli stessi anni bui, tra l’altro, un certo Silvio Berlusconi aveva in tasca la tessera della loggia P2, associazione segreta coinvolta in una ragnatela di trame eversive. Altro che il presunto furto di un furgone. Forse Letizia Moratti è nata moderata, come dice lei. Ma crescendo ha cominciato a frequentare cattive compagnie.