mercoledì 18 maggio 2011

«Berlusconi pagava 600 milioni di pizzo».


Rivelazione del pentito Giovanni Brusca al processo Mori

Giovanni Brusca
Giovanni Brusca
PALERMO - Un pizzo di 600 milioni di lire. Ogni anno. È quanto avrebbe versato alla capo della cupola palermitana Stefano Bontade Silvio Berlusconi. Lo ha raccontato il pentito Giovanni Brusca, nel corso del processo ai carabinieri Mario Mori e Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato per aver favorito la latitanza di Bernardo Provenzano: «Berlusconi pagava una sorta di "messa a posto" a Stefano Bontade, quando poi questo morì fu sostituito». Ha spiegato il collaboratore di giustizia davanti alla IV sezione del tribunale di Palermo e che mercoledì è stato ospitato nell'aula bunker del carcere di Rebibbia a Roma. Brusca ha riferito di conversazioni con un altro capo boss, Ignazio Pullarà, ricordando un attentato subito da Berlusconi e che fu posto in essere - sempre secondo lui - da altri due mafiosi. «Pullara mi disse anche che a Milano non c'era solo Berlusconi che pagava, ma anche tanti altri. l pagamento di 600 milioni continuò anche quando le cose passarono in mano a Riina».

IL PAPELLO - Brusca, considerato il braccio armato del boss corleones, ha ricordato quanto il suo padrino a suo tempo gli avrebbe confidato: «Mi disse tutto contento che si erano fatti sotto, cercando una trattativa. Io gli ho fatto un papello tanto, mi disse Riina». La richiesta degli interlocutori di Riina era di «finirla con le stragi. Ma il soggetto finale delle richieste di Cosa Nostra era il senatore Nicola Mancino». L'incontro di cui parla Brusca con Riina sarebbe avvenuto tra la strage di Capaci, avvenuta nel maggio '92 e quella di via D'Amelio. Circostanza che, più volte, Mancino ha smentito, sottolineando che il suo insediamento al Viminale risale al primo luglio del '92, due mesi dopo Capaci, e pochi giorni prima di via D'Amelio. Secondo la ricostruzione di Brusca, invece, dopo l'omicidio di Salvo Lima (12 marzo 1992) «si sarebbero fatti sotto» due personaggi come Vito Ciancimino e Marcello Dell'Utri. «Il primo portò la Lega (non ha specificato quale, ndr), l'altro un nuovo soggetto politico che si doveva costituire, o che già era costituito, non mi ricordo bene. Entrambi si proposero come alternative a Lima e al sistema politico di cui l'esponente andreottiano della Dc era stato il garante».

LA SMENTITA DI MANCINO - Il senatore Mancino risponde con una nota stringata alle rivelazioni del collaboratore di giustizia: «Brusca, che da tempo ho denunciato, è un pentito itinerante tra i vari uffici giudiziari. Ripete per vendetta falsità nei confronti di un ex ministro dell'Interno che nel periodo 1992 -'93 fece registrare, tra i tanti arresti di latitanti, anche quello di Riina. Non desidero dire altro».

«SULLE STRAGI BERLUSCONI NON C'ENTRA» - «Per quanto riguarda le stragi del '92 e '93 Berlusconi non c'entra». Ha ribadito Brusca, che ha quindi aggiunto: «Ho querelato il settimanale l'Espresso perché non è vero che andai da Berlusconi come in qualche modo era stato scritto in un libro e come quel settimanale riportava, ho chiesto una rettifica ma siccome non la facevano ho fatto la denuncia. Io dico sempre la verità, ho cercato sempre di dire la verità».

http://www.corriere.it/cronache/11_maggio_18/bontade_berlusconi_brusca_993e87f6-813c-11e0-ab0f-f30ae62858c8.shtml

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