lunedì 22 febbraio 2010

2010 odissea in parlamento - Furio Colombo


Una giornata

qualunque nella

routine di una

Camera dei

Deputati

devitalizzata,

in cui l’orgia

di corpi e mani

protesi a omaggiare

il capo unico, offusca

il senso stesso della

vita democratica

del Paese



Alle ore 15 e 35 del 18 febbraio il primo ministro -sua eccellenza Silvio Berlusconi - fa il suo ingresso alla Camera dei deputati.


L’evento è di portata storica, perché - salvo che in due casi di voto per se stesso – non si ricorda una circostanza simile dall’insediamento della coalizione Berlusconi-Bossi.


L’ingresso determina un caos festoso.


Quelli della Lega, in cravatta e fazzoletto verde di ordinanza, salutano in piedi, con larghi cenni da treno che parte.


Dai banchi gremiti della maggioranza, la folla viene giù come rivoli di lava dall´Etna, tanti percorsi confusi e rapidi per farsi vedere vicino a Berlusconi, toccargli la mano.


Ci sono fotografi e telecamere in tribuna.


C´è il tutto esaurito per l´imminente votazione sulla Protezione Civile, tanto è vero che Guido Bertolaso siede (sedeva, adesso sono tutti in piedi) al banco del governo, pronto a combattere l´opposizione, (ma anche qualunque cauta obiezione al suo operato) con la risolutezza con cui si combatte una esondazione.


Il primo ministro, dunque, entra in Aula, producendo un solco e una scia nella folla dei suoi fedeli, mentre sta parlando il deputato Palomba dell’Italia dei Valori.


Palomba, come farà più tardi Zaccaria del Pd, denuncia la incostituzionalità della legge omaggio a Bertolaso.


L´emiciclo è una grande ameba, che si muove agglutinata dal carisma del capo con un unico corpo collettivo, tante gambe che si spostano rapide, tante braccia che si protendono verso di lui , e una sola testa - scurita dal trucco quando guarda in su – e campo di sperimentazione tricologica (un vivaio di nuovi bulbi), quando mostra il cranio accuratamente restaurato.


Le scene di accoglienza festosa continuano e salgono di tono, sommergendo l’oratore abbandonato al traffico umano di deputati sconvolti dall´emozione.


L´abbandono è spiegabile perché nel giorno e nell´ora del raro e memorabile evento, la Camera dei Deputati era presieduta dall’onorevole Antonio Leone (Pdl) che tutto avrebbe voluto fare al mondo meno che affrontare l’ingorgo di passione che stava sommergendo più di metà della Camera .


Per capire, anche nelle piccole cose, come si svolge la vita della Repubblica, può essere utile trascrivere il verbale d’Aula del momento di cui sto parlando.


Federico Palomba: "Presidente, se parlassi solo per lei sarebbe un onore, ma, se possibile, vorrei potermi rivolgere...”


Presidente: "Colleghi, se permettete..."


Furio Colombo: "Presidente, ma non vede che c´è un comizio in corso?"


Presidente: "E allora? Vuole aggiungere anche il suo comizio?"


Furio Colombo: "Le chiedo solo di presiedere".


Presidente: "La smetta, onorevole Colombo".


Federico Palomba: "Signor Presidente, vorrei un po´di tempo..."


Il banco del governo, come ho detto, era affollato.


Si andava da Frattini, ministro degli Esteri, a Tremonti, ministro dell´Economia (oltre a due decine di sottosegretari ignoti).


Eppure ognuno dei due aveva da temere dalla comparsa in pubblico.


Frattini ha schierato l´Italia con la Libia contro la Svizzera, ma gli italiani continuano ad essere respinti dalla Libia.


Tremonti ha vantato la buona situazione dell´Italia in un fantasioso "dopo-crisi", mentre gli arrivavano dall´Europa, dall´Istat e dalla Banca d’Italia i dati peggiori da vent´anni di vita italiana, crollo del Pil, crollo degli ordini nelle aziende,crollo dell´occupazione.


Ma c´erano tutti, dalla star Brunetta, al sottosegretario ignoto.


Bisognava votare la "legge Bertolaso", ovvero la creazione della "Protezione Civile Spa" e la messa al sicuro (scudo giudiziario) del sottosegretario molto attivo in tanti modi, proprio mentre piovono intercettazioni e si moltiplicano le inchieste.


Il tutto con l´espediente del voto di fiducia.


Come è noto, non è andata così e l’evento simbolico è stata la visita di sua eccellenza il primo ministro al fronte.


Quasi all´improvviso, il padrone di Arcore che pensava di celebrare il trionfo, si è avviato col suo corteo di corpi umani agglutinati verso la porta ed è uscito in fretta, dall´Aula e da Montecitorio.


Era accaduto questo.


I suoi, guidati probabilmente da Gianni Letta, avevano in parte ceduto: niente "Bertolaso Spa", niente scudo giudiziario penale.


In cambio Bertolaso sta dove sta (capo della Protezione Civile), finché inchiesta giudiziaria consenta.


Ma lo spettacolo è continuato, incalzante, fuori dalla scena un po´ arrischiata, dell´Aula di Montecitorio.


Ecco la sequenza.


Ore 16.00 Berlusconi annuncia severità assoluta verso gli indagati e annuncia la campagna "liste pulite".


Ore 16.20 Il sottosegretario Cosentino, il cui arresto per reati di camorra è stato chiesto dai giudici di Primo grado,d´Appello e di Cassazione, si è dimesso da coordinatore della Cdl in Campania (inclusa la zona a lui familiare di Casal di Principe) e da sottosegretario all´Economia del governo Berlusconi.


Ore 17.00 Il presidente Berlusconi respinge le dimissioni del suo super indagato collaboratore e lo reintegra all´istante nelle sue posizioni e responsabilità: coordinatore Cdl e sottosegretario all´Economia.


Intanto accadono altre due cose.


Berlusconi dichiara di essere in pericolo di attentato e il portavoce di Berlusconi, quello vero, Augusto Minzolini, svergogna, in un editoriale audio-video, tutti coloro che hanno osato attaccare la sacra persona di Guido Bertolaso, rappresentante in terra (sia disastrata, sia contesa dagli appalti) di Berlusconi.


La somma delle due dichiarazioni serve a metterci in guardia.


Chi può dire se l´avversario politico che finge di battersi contro la corruzione politica e lo strapotere del governo e del sottogoverno è invece uno che trama un attentato contro la vita del capo del governo italiano?


La mattina di venerdì 19 febbraio si ripete il miracolo.


Al momento del voto (tutta la maggioranza Berlusconi-Bossi più tutto il governo, compreso il coraggioso Frattini, mentre gli italiani continuano ad essere respinti dall´alleato libico) Silvio Berlusconi è presente, con l´espressione astiosa e determinata della cultura del fare, mascelle strette e sguardo di sfida che a momenti - solo per un istante - diventa triste.


Forse quando si rende conto, persino lui, che dove lui distrugge non cresce più erba, e che oggi ha posto fine anche alla riserva indiana che era - o credevamo che fosse - la Protezione Civile.


InvanoDario Franceschini definisce "vittoria delle opposizioni" l´avere spinto via il progetto di privatizzazione di tutto, creando la "Protezione Civile Spa".


Le inchieste stanno dimostrando e dimostreranno che ogni impresa di questo governo è affare privato.


Ma - come sanno i portavoce preposti all´informazione - è una questione di percezione.


Già un quarto d´ora dopo la cupa entrata e uscita dal Parlamento di Silvio Berlusconi - di cui si è percepita al primo sguardo una congenita e irrimediabile estraneità - giornali radio e telegiornali montano frasi e applausi nella giusta sequenza.


Prima Cicchitto - che nella vera vita ha parlato per ultimo - poi Cota della Lega che aveva parlato subito prima di Cicchitto, poi lo scroscio di applausi da concerto che raramente hanno spazio nel Tg e Gr.


In questo modo diffondono l´impressione di una grande vittoria di Berlusconi, Bertolaso e soci.


La mite opposizione benevola non lascia traccia e non raggiunge gli elettori, in questo montaggio di regime.


Dovranno aspettare le motivazioni del prossimo avviso di garanzia.


Il Fatto quotidiano del 21 febbraio 2010.

Dario Vergassola - nasce il Misfatto

All you need is law - Marco TRavaglio



21 febbraio 2010

Ci hanno provato, e di questo gli siamo grati. Ma alla fine i legislatori pret à porter del Banana han dovuto arrendersi: è più forte di loro, una legge anti-corruzione non gli viene proprio, esula dalle loro umane possibilità. Mettiamoci nei loro panni: l’altro giorno all’improvviso, dopo una vita spesa a sfornare leggi pro-corruzione, Angelino Jolie e la sua badante, al secolo Niccolò Ghedini, vengono convocati dal capo per una mission impossible: "Ragazzi, stavolta dovete farmi una legge contro la corruzione. No, non sono impazzito, è la gente che è incazzata. Fate voi, mettetecela tutta, leggete qualche libro, ce la potete fare". Il duo Ad Personam si mette all’opera. Anzitutto consulta il dizionario della lingua italiana, alla voce "anti-corruzione", ma non trova la pagina, a suo tempo strappata per non cadere in tentazione. I due chiedono in giro fra amici e clienti, ma niente da fare: nessuno che li aiuti a decodificare il criptico concetto.

Vanno capiti: non s’erano ancora riavuti dalle ultime cinque leggi pro-corruzione -lodo
Alfano bis, processo morto, legittimo impedimento, impunità parlamentare e anti-intercettazioni – e quello pretende che vadano contro natura. Come chiedere aBasaglia si riaprire i manicomi e alla Merlin i bordelli. Angy & Nick provano e riprovano, alzano pene di qua, le abbassano di là, infilano tre reati e ne escludono sei (quelli del capo), dividono, sottraggono, aggiungono, estraggono radici quadre, moltiplicano pigreco e alla fine presentano un testicolino che fa ridere perfino il Banana: "Avevo detto anti, non pro!". Pare che quel buontempone di Ghedini, per combattere meglio la corruzione, avesse pensato di ridurre da 8 a 6 anni la pena massima per la corruzione giudiziaria, guardacaso quella per cui sono imputati il Banana e Mills. E, siccome nelle norme sostanziali vale sempre la più favorevole al reo, la norma avrebbe incenerito all’istante il processo. La forza dell’abitudine. La cosa è parsa eccessiva financo al Banana, che l’ha rinviata in attesa di tempi migliori.

Peccato, perché l’ambasciatore
Romano aveva già indossato la feluca d’ordinanza per prenderla sul serio: "Un buon segnale", l’ha definita sul Pompiere. Invece Feltrie Ferrara han subito colto l’aspetto eversivo di un’eventuale legge anticorruzione: solo a sentirla nominare, han messo mano alla fondina. Il Giornale l’ha nascosta da par suo (ieri apriva sul traffico urbano, alla Johnny Stecchino), manganellando quel mariuolo di Fini che osa pronunciare la parola "legge". Il Foglio chiede al capo se sia diventato matto: "Deputati in rivolta, sgomento per l’ineleggibilità degli inquisiti che consegna le liste ai pm". Meglio consegnarle ai ladri. Libero, anzi Occupato, èbipartisan: pubblica commenti sia pro sia contro i ladri. Memorabile quello diPomicino, l’esperto: "Non serve una legge per essere onesti". E lui, dall’alto del patteggiamento per corruzione e della condanna per finanziamento illecito, ne è la prova vivente.

Ma il bello deve ancora venire: il Banana prepara le "liste pulite". Fuori indagati e condannati, dentro le igieniste dentali. "Via dai partiti chi commette reati". Esclusi i presenti, si capisce. Pare che abbia cazziato il povero Verdini, beccato a fare un millesimo di quel che ha sempre fatto lui: affari privati con soldi pubblici. E senza neppure avvertirlo per dividere. Ora s’annuncia un giudizio universale a Palazzo Grazioli. Decine di forzisti hanno smesso di dormire a casa. I primi convocati dovrebbero essere
Sciascia e Berruti, condannati l’uno per le tangenti Fininvestalla Finanza, l’altro per aver depistato le indagini: "Ragazzi, ma davvero corrompevate e depistavate a nome mio senza dirmi niente? A saperlo ve l’avrei impedito". Seguirà Previti: "Cesare, mi dicono che avresti corrotto un giudice con soldi miei per regalarmi la Mondadori: non potevi avvertirmi? L’avrei subito restituita". L’ultimo, per motivi precauzionali, sarà Dell’Utri: "Marcello, si vocifera di uno stalliere, tale Mangano, in casa mia. Ne sai per caso qualcosa?".

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