domenica 22 settembre 2024

Lo zampino dell’energia oscura primordiale. - Maura Sandri

Secondo un nuovo studio, l'energia oscura potrebbe aver innescato la formazione di numerose galassie luminose molto presto nell'universo. La misteriosa forza sconosciuta potrebbe aver fatto sì che i primi semi di galassie (raffigurati a sinistra) facessero germogliare molte più galassie luminose (a destra) di quanto previsto dalla teoria. Crediti: Josh Borrow/Thesan Team.

Secondo un nuovo studio condotto da fisici del Mit, l’energia oscura “primordiale” potrebbe risolvere due dei più grandi enigmi della cosmologia moderna – la tensione di Hubble e l’elevato numero di galassie brillanti rilevato da Jwst all’alba dell’universo – e colmare alcune importanti lacune nella nostra comprensione di come si è evoluto l'universo primordiale. Tutti i dettagli su Mnras. 

Secondo un nuovo studio condotto da fisici del Mit e pubblicato la scorsa settimana sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, l’energia oscura primordiale potrebbe risolvere due dei più grandi enigmi della cosmologia moderna e colmare alcune importanti lacune nella nostra attuale comprensione di come si è evoluto l’universo. Uno degli enigmi in questione è la tensione di Hubble, una discrepanza nelle misurazioni della velocità di espansione dell’universo. L’altro riguarda le recenti osservazioni di numerose galassie luminose e particolarmente precoci, che esistevano già in un momento in cui l’universo sarebbe dovuto essere molto meno popolato.

L’energia oscura è una forma di energia ancora sconosciuta che si sospetta stia guidando l’espansione dell’universo. L’energia oscura primordiale – ipotizzano i ricercatori – è simile all’energia oscura ma nell’universo ha fatto solo una breve apparizione, influenzandone l’espansione nei suoi primi momenti, prima di scomparire del tutto. Sarebbe bastata questa breve capatina per giustificare la tensione di Hubble. Inoltre, parrebbe anche spiegare il numero eccezionalmente alto di galassie luminose osservate nell’universo primordiale.

In effetti, in base ai modelli cosmologici e di formazione delle galassie, l’universo avrebbe dovuto impiegare un certo tempo per far nascere le prime galassie, superiore a quanto riscontrato nelle osservazioni del James Webb Space Telescope (Jwst) che hanno invece rivelato un numero sorprendente alto di galassie luminose, grandi come la Via Lattea, nei primi 500 milioni di anni, quando l’universo aveva solo il 3% della sua età attuale.

Per i fisici, queste osservazioni implicano che c’è qualcosa di fondamentalmente sbagliato nella fisica alla base dei modelli o un ingrediente mancante nell’universo primordiale di cui gli scienziati non hanno tenuto conto. Il team del Mit ha esplorato la possibilità di quest’ultima ipotesi, ipotizzando questa nuova forma di energia oscura, una sorta di forza antigravitazionale che si attiva solo in tempi molto precoci. Questa forza contrasterebbe l’attrazione della gravità e accelererebbe l’espansione primordiale dell’universo.

Poi, i ricercatori hanno considerato come l’energia oscura primordiale potrebbe influenzare la struttura iniziale dell’universo che ha dato origine alle prime galassie, concentrandosi sulla formazione degli aloni di materia oscura – regioni dello spazio in cui la gravità è più forte e dove la materia inizia ad accumularsi. «Crediamo che gli aloni di materia oscura siano lo scheletro invisibile dell’universo», spiega su Mit News Xuejian (Jacob) Shen, coautore dello studio. «Prima si formano le strutture di materia oscura e poi si formano le galassie all’interno di queste strutture. Quindi, ci aspettiamo che il numero di galassie luminose sia proporzionale al numero di grandi aloni di materia oscura».

Secondo gli autori, se l’energia oscura primordiale influisse sul tasso di espansione iniziale dell’universo – in modo tale da risolvere la tensione di Hubble – allora potrebbe influenzare l’equilibrio degli altri parametri cosmologici, in modo da aumentare il numero di galassie luminose che appaiono in tempi precoci. Per verificare la loro teoria, hanno incorporato un modello di energia oscura primordiale (lo stesso che risolve la tensione di Hubble) in un quadro empirico di formazione delle galassie, per vedere come le prime strutture di materia oscura si evolvono e danno origine alle prime galassie.

«Quello che dimostriamo è che la struttura dello scheletro dell’universo primordiale è alterata in modo sottile dove l’ampiezza delle fluttuazioni aumenta, e si ottengono aloni più grandi e galassie più luminose in tempi precedenti, rispetto ai nostri modelli più comuni», dice Rohan Naidu. «Significa che nell’universo primordiale le cose erano più abbondanti e più raggruppate».

«Abbiamo dimostrato il potenziale dell’energia oscura primordiale come soluzione ai due principali problemi della cosmologia. Se i risultati osservativi di Jwst venissero consolidati ulteriormente, potrebbe essere una prova della sua esistenza», conclude Mark Vogelsberger. «In futuro, potremo incorporarla in grandi simulazioni cosmologiche per vedere quali previsioni dettagliate otterremo».

https://www.media.inaf.it/2024/09/16/energia-oscura-primordiale-2/

Via cataratta senza operarsi, dal segreto di uno scoiattolo possibile farmaco.

 

(Adnkronos) - Gli scoiattoli di terra a 13 strisce hanno un segreto: quando vanno in letargo, i cristallini dei loro occhi a una temperatura di 4 gradi diventano opachi, per poi rapidamente tornare trasparenti quando si riscaldano e la loro temperatura risale. Questa dote potrebbe essere utile anche all'uomo. La capacità di rendere l'opacità del cristallino reversibile è infatti proprio ciò che potrebbe servire in caso di cataratta. E studiando questi roditori ibernanti, un gruppo di ricercatori guidato dai National Institutes of Health (Nih) ha identificato una proteina chiave di questo processo, nota come RNF114, che inverte la cataratta.  

Del resto la cataratta altro non è che un'opacizzazione del cristallino dell'occhio, che si verifica comunemente nelle persone con l'avanzare dell'età. Lo studio condotto sullo scoiattolo di terra a 13 strisce e sui ratti potrebbe rappresentare una possibile strategia per trattarla senza intervento chirurgico, facilitando l'attività di contrasto contro una causa comune di perdita della vista. La chirurgia è "efficace, ma non priva di rischi" e "gli scienziati hanno cercato a lungo un'alternativa" al 'bisturi', spiega Xingchao Shentu, chirurgo della cataratta e co-ricercatore principale della Zhejiang University in Cina. Anche perché, ricorda, "in alcune parti del mondo la mancanza di accesso alla chirurgia della cataratta è un ostacolo alle cure, e ciò fa sì che la cataratta non trattata sia una delle principali cause di cecità in tutto il mondo".  

Lo studio è stato pubblicato sul 'Journal of Clinical Investigation' e descrive questa nuova scoperta ottenuta nell'ambito di una ricerca in corso al National Eye Institute (Nei), centro dei Nih, realizzata coinvolgendo lo scoiattolo di terra a 13 strisce. In questo animale le cellule fotorecettrici sensibili alla luce nella retina sono per lo più coni, il che lo rende utile per studiare proprietà come la visione dei colori. Inoltre, la capacità del roditore di resistere a mesi di freddo e stress metabolico durante il letargo lo rende un modello per gli scienziati della vista, per studiare una serie di malattie degli occhi. La capacità di rendere l'opacità del cristallino reversibile è stata osservata negli scoiattoli protagonisti dello studio, mentre nei ratti (specie non ibernante) no. Questi ultimi sviluppavano cataratte a basse temperature, che non si risolvevano con il riscaldamento.  

La formazione di cataratta negli animali in letargo esposti a basse temperature, osservano gli esperti, è probabilmente una risposta cellulare allo stress da freddo ed è uno dei tanti cambiamenti che subiscono i loro corpi mentre i tessuti si adattano alle temperature gelide e allo stress metabolico. Gli esseri umani non sviluppano cataratta quando esposti a basse temperature. "Comprendere i fattori molecolari che determinano questo fenomeno di cataratta reversibile potrebbe indicarci la direzione verso una potenziale strategia di trattamento", afferma il co-ricercatore principale dello studio Wei Li, ricercatore senior nella sezione di neurofisiologia retinica del Nei. 

Con l'avanzare dell'età, la cataratta si forma quando le proteine nel cristallino iniziano a ripiegarsi in modo errato e a formare cluster che bloccano, disperdono e distorcono la luce mentre passa attraverso il cristallino. Per esplorare le cataratte reversibili dello scoiattolo di terra a livello molecolare, il team ha sviluppato in laboratorio un modello di cristallino usando cellule staminali ingegnerizzate da cellule di scoiattolo. Utilizzando questa piattaforma, i ricercatori sono arrivati a scoprire che la proteina RNF114 era significativamente elevata durante la fase di riscaldamento nello scoiattolo di terra, rispetto al ratto non in letargo. In precedenza era stato dimostrato che RNF114 aiutava a identificare vecchie proteine e a facilitarne la degradazione. E in effetti, quando gli scienziati hanno pretrattato con la proteina i modelli di cristallini, si è verificata una rapida scomparsa della cataratta al momento del riscaldamento.  

Queste scoperte, evidenziano, sono la prova di principio che è possibile indurre la rimozione della cataratta negli animali. In studi futuri, il processo dovrà essere perfezionato. Ma questo meccanismo viene ritenuto promettente, e, fanno notare gli autori, è anche un fattore importante in molte malattie neurodegenerative.  

https://www.msn.com/it-it/salute/other/via-cataratta-senza-operarsi-dal-segreto-di-uno-scoiattolo-possibile-farmaco/ar-AA1qURC4?rc=1&ocid=winp1taskbar&cvid=62093825d84044b99eb357bc605c8f01&ei=17