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domenica 22 settembre 2024

Lo zampino dell’energia oscura primordiale. - Maura Sandri

Secondo un nuovo studio, l'energia oscura potrebbe aver innescato la formazione di numerose galassie luminose molto presto nell'universo. La misteriosa forza sconosciuta potrebbe aver fatto sì che i primi semi di galassie (raffigurati a sinistra) facessero germogliare molte più galassie luminose (a destra) di quanto previsto dalla teoria. Crediti: Josh Borrow/Thesan Team.

Secondo un nuovo studio condotto da fisici del Mit, l’energia oscura “primordiale” potrebbe risolvere due dei più grandi enigmi della cosmologia moderna – la tensione di Hubble e l’elevato numero di galassie brillanti rilevato da Jwst all’alba dell’universo – e colmare alcune importanti lacune nella nostra comprensione di come si è evoluto l'universo primordiale. Tutti i dettagli su Mnras. 

Secondo un nuovo studio condotto da fisici del Mit e pubblicato la scorsa settimana sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, l’energia oscura primordiale potrebbe risolvere due dei più grandi enigmi della cosmologia moderna e colmare alcune importanti lacune nella nostra attuale comprensione di come si è evoluto l’universo. Uno degli enigmi in questione è la tensione di Hubble, una discrepanza nelle misurazioni della velocità di espansione dell’universo. L’altro riguarda le recenti osservazioni di numerose galassie luminose e particolarmente precoci, che esistevano già in un momento in cui l’universo sarebbe dovuto essere molto meno popolato.

L’energia oscura è una forma di energia ancora sconosciuta che si sospetta stia guidando l’espansione dell’universo. L’energia oscura primordiale – ipotizzano i ricercatori – è simile all’energia oscura ma nell’universo ha fatto solo una breve apparizione, influenzandone l’espansione nei suoi primi momenti, prima di scomparire del tutto. Sarebbe bastata questa breve capatina per giustificare la tensione di Hubble. Inoltre, parrebbe anche spiegare il numero eccezionalmente alto di galassie luminose osservate nell’universo primordiale.

In effetti, in base ai modelli cosmologici e di formazione delle galassie, l’universo avrebbe dovuto impiegare un certo tempo per far nascere le prime galassie, superiore a quanto riscontrato nelle osservazioni del James Webb Space Telescope (Jwst) che hanno invece rivelato un numero sorprendente alto di galassie luminose, grandi come la Via Lattea, nei primi 500 milioni di anni, quando l’universo aveva solo il 3% della sua età attuale.

Per i fisici, queste osservazioni implicano che c’è qualcosa di fondamentalmente sbagliato nella fisica alla base dei modelli o un ingrediente mancante nell’universo primordiale di cui gli scienziati non hanno tenuto conto. Il team del Mit ha esplorato la possibilità di quest’ultima ipotesi, ipotizzando questa nuova forma di energia oscura, una sorta di forza antigravitazionale che si attiva solo in tempi molto precoci. Questa forza contrasterebbe l’attrazione della gravità e accelererebbe l’espansione primordiale dell’universo.

Poi, i ricercatori hanno considerato come l’energia oscura primordiale potrebbe influenzare la struttura iniziale dell’universo che ha dato origine alle prime galassie, concentrandosi sulla formazione degli aloni di materia oscura – regioni dello spazio in cui la gravità è più forte e dove la materia inizia ad accumularsi. «Crediamo che gli aloni di materia oscura siano lo scheletro invisibile dell’universo», spiega su Mit News Xuejian (Jacob) Shen, coautore dello studio. «Prima si formano le strutture di materia oscura e poi si formano le galassie all’interno di queste strutture. Quindi, ci aspettiamo che il numero di galassie luminose sia proporzionale al numero di grandi aloni di materia oscura».

Secondo gli autori, se l’energia oscura primordiale influisse sul tasso di espansione iniziale dell’universo – in modo tale da risolvere la tensione di Hubble – allora potrebbe influenzare l’equilibrio degli altri parametri cosmologici, in modo da aumentare il numero di galassie luminose che appaiono in tempi precoci. Per verificare la loro teoria, hanno incorporato un modello di energia oscura primordiale (lo stesso che risolve la tensione di Hubble) in un quadro empirico di formazione delle galassie, per vedere come le prime strutture di materia oscura si evolvono e danno origine alle prime galassie.

«Quello che dimostriamo è che la struttura dello scheletro dell’universo primordiale è alterata in modo sottile dove l’ampiezza delle fluttuazioni aumenta, e si ottengono aloni più grandi e galassie più luminose in tempi precedenti, rispetto ai nostri modelli più comuni», dice Rohan Naidu. «Significa che nell’universo primordiale le cose erano più abbondanti e più raggruppate».

«Abbiamo dimostrato il potenziale dell’energia oscura primordiale come soluzione ai due principali problemi della cosmologia. Se i risultati osservativi di Jwst venissero consolidati ulteriormente, potrebbe essere una prova della sua esistenza», conclude Mark Vogelsberger. «In futuro, potremo incorporarla in grandi simulazioni cosmologiche per vedere quali previsioni dettagliate otterremo».

https://www.media.inaf.it/2024/09/16/energia-oscura-primordiale-2/

martedì 27 agosto 2024

Autovelox per la materia oscura.


Stella vecchia fa buon brodo di materia oscura. Così si potrebbe sintetizzare il risultato di una ricerca del gruppo di Mariangela Lisanti, professoressa di fisica all’università statunitense di Princeton e di origini italiane. Lisanti ha considerato la simulazione Eris, costata 9 mesi di calcolo, che rappresenta in dettaglio la possibile evoluzione – materia oscura compresa - di una galassia in tutto e per tutto simile alla nostra, scoprendo che le stelle più vecchie sono disposte in maniera sferoidale come la materia oscura. Quindi, secondo i ricercatori, le stelle più vecchie potrebbero funzionare come traccianti per la velocità della materia oscura. Occorrono però dati veri, e tanti, come quelli che ha cominciato a fornire il satellite europeo Gaia che da qualche anno spazzola il cielo per censire una quantità senza precedenti di posizioni e movimenti stellari. Dopo la ricostruzione del movimento di due milioni di stelle, il prossimo 25 aprile è previsto il rilascio del secondo catalogo relativo a oltre un miliardo di stelle. Se il gruppo di Lisanti ha ragione, ecco che avremo il primo autovelox per la materia oscura della nostra galassia. Servizio di Stefano Parisini, Media Inaf --- MediaInaf Tv è il canale YouTube di Media Inaf (http://www.media.inaf.it/)

lunedì 29 aprile 2024

Caccia alla materia oscura: assioni e nuove speranze. - Arianna Guastella

Le ricerche sulla materia oscura, la misteriosa componente invisibile che costituisce circa l'85% della materia dell'Universo, stanno compiendo passi avanti.

Le ricerche sulla materia oscura, la misteriosa componente invisibile che costituisce circa l’85% della materia dell’Universo, stanno compiendo passi avanti grazie a nuove tecniche sperimentali progettate per rilevare le ipotetiche particelle note come assioni.

Materia oscura e esperimenti innovativi.

Sfruttando tecnologie all’avanguardia e un approccio collaborativo interdisciplinare, gli scienziati stanno spingendo i confini della nostra conoscenza su questa sfuggente componente del cosmo. Le nuove tecniche includono esperimenti di ricerca diretta, dove si cercano direttamente le interazioni degli assioni con la materia ordinaria, e approcci indiretti, come la ricerca di prodotti dell’annientamento degli assioni.

Nonostante decenni di ricerche e numerosi esperimenti, la natura della materia oscura rimane un mistero. Questa componente invisibile continua a eludere la nostra comprensione. Ora, un nuovo esperimento, in costruzione presso l’Università di Yale negli Stati Uniti, offre una nuova speranza per svelare i segreti di questa affascinante sostanza.

La materia oscura è presente nell’Universo fin dalle sue origini, esercitando la sua influenza sulla formazione di stelle e galassie. Tuttavia, la sua natura sfuggente la rende invisibile alla luce e a qualsiasi altro tipo di materia ordinaria. Le sue interazioni con il mondo visibile sono così deboli da renderla estremamente difficile da rilevare e studiare.

Materia oscura: una nuova speranza con l’esperimento ADMX.

Il nuovo esperimento di Yale, chiamato “ADMX” (Axion Dark Matter Experiment), si differenzia dai precedenti tentativi grazie al suo approccio innovativo. ADMX cercherà di individuare direttamente gli assioni, ipotetiche particelle che potrebbero costituire una parte significativa della materia oscura.

L’esperimento impiegherà un rivelatore estremamente sensibile, raffreddato a temperature vicine allo zero assoluto, per catturare i minuscoli segnali prodotti dagli assioni mentre interagiscono con un campo magnetico.

L’impegno e la tenacia della comunità scientifica nella ricerca della materia oscura sono davvero ammirevoli. ADMX rappresenta un passo importante in questa sfida, offrendo una nuova opportunità per svelare i misteri di questa componente fondamentale del nostro universo.

Il successo di questo esperimento potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione della fisica fondamentale e aprire nuove strade per esplorare l’origine e l’evoluzione del cosmo.

Il modello standard della fisica delle particelle, pur rappresentando un’incredibile conquista scientifica, è ormai considerato incompleto. Questa teoria, che descrive le particelle elementari e le loro interazioni, presenta alcune discrepanze con le osservazioni sperimentali, lasciando irrisolte importanti questioni.

Per questo motivo, la fisica moderna si trova ad affrontare una sfida cruciale: la ricerca di nuove particelle fondamentali che possano completare il modello standard e fornire una descrizione più completa dell’universo.

Il neutrone, una particella elementare che compone il nucleo atomico insieme al protone, rappresenta un enigma per la fisica moderna. Nonostante la sua neutralità complessiva, la teoria prevede che sia formato da tre quark carichi. Di conseguenza, ci si aspetterebbe che il neutrone presenti delle zone con cariche positive e negative, generando un cosiddetto “momento di dipolo elettrico.

Numerosi esperimenti condotti per misurare questo momento di dipolo, tuttavia, hanno portato a un risultato sconcertante: esso risulta troppo piccolo per essere rilevato, attestandosi su un valore inferiore a una parte su dieci miliardi. Questo valore infinitesimale, definito come “limite superiore”, ha spinto i fisici a interrogarsi sulla sua natura.

Nel mondo della fisica, lo zero matematico rappresenta un’affermazione di grande portata. Alla fine degli anni ’70, i fisici delle particelle Roberto Peccei e Helen Quinn, seguiti da Frank Wilczek e Steven Weinberg, hanno tentato di riconciliare le teorie con le osservazioni.

Essi hanno proposto che il parametro in questione non fosse effettivamente zero, bensì una quantità dinamica che nel tempo ha perso la sua carica, giungendo a zero dopo il Big Bang. Secondo i calcoli teorici, un simile evento avrebbe dovuto generare una moltitudine di particelle leggere e sfuggenti.

Queste particelle, soprannominate “assioni” in omaggio a una marca di detersivi per la loro capacità di “risolvere” il problema dei neutroni, possiedono caratteristiche che le rendono candidate ideali per costituire la materia oscura. Se effettivamente generate nell’universo primordiale, gli assioni dovrebbero ancora esistere oggigiorno. Ancora più interessante, le loro proprietà coincidono perfettamente con le aspettative per la materia oscura.

Per questi motivi, gli assioni rappresentano una delle principali ipotesi per la natura della materia oscura, stimolando numerose ricerche e la sperimentazione di sofisticati esperimenti per la loro individuazione.

Nonostante la loro natura elusiva, gli assioni non sono completamente invisibili. La loro debole interazione con altre particelle implica che, seppur minimamente, possono comunque interagire. In determinate circostanze, come in presenza di un campo magnetico, gli assioni invisibili potrebbero addirittura trasformarsi in particelle ordinarie, tra cui i fotoni, la componente fondamentale della luce.

Questa possibilità rappresenta una ghiotta opportunità per i fisici sperimentali. La trasformazione degli assioni in fotoni apre la strada al loro rilevamento, rendendoli finalmente evidenti. Numerosi esperimenti sono stati progettati e condotti con questo obiettivo, sfruttando diverse tecniche per catturare i flebili segnali lasciati dagli assioni in interazione con la materia ordinaria. Tuttavia, la sfida è ardua.

La debolezza dell’interazione e la rarità di questi eventi rendono il rilevamento degli assioni un’impresa estremamente complessa. I ricercatori devono impiegare strumenti e tecnologie all’avanguardia, spingendo i confini della sensibilità e dell’accuratezza per sperare di cogliere i timidi segnali di queste particelle elusive.

La ricerca degli assioni rappresenta un capitolo affascinante della fisica moderna, un’avventura scientifica che unisce teoria e sperimentazione nella caccia a una materia misteriosa che permea il nostro Universo. La potenziale scoperta degli stessi non solo svelerebbe un tassello fondamentale del cosmo, ma potrebbe anche aprire nuove strade per la comprensione di fenomeni fisici ancora enigmatici.

Numerosi esperimenti ingegnosi sono stati ideati per stanare l’elusiva particella di assioni all’interno di un ambiente controllato di laboratorio. Uno di questi approcci consiste nel tentare di convertire la luce negli stessi, per poi riconvertirli in luce dall’altro lato di una parete.

L’approccio attualmente più sensibile, tuttavia, si concentra sull’alone di materia oscura che permea la nostra galassia (e di conseguenza la Terra). Un dispositivo chiamato aloscopio viene utilizzato per questo scopo. Esso consiste in una cavità conduttiva immersa in un forte campo magnetico. Questa tecnica dovrebbe catturare la materia oscura che ci circonda (ipotizzando che si tratti di assioni), mentre il campo magnetico induce la conversione degli stessi in luce. Questo processo dovrebbe generare un segnale elettromagnetico all’interno della cavità, la cui frequenza oscilla in base alla massa specifica dell’assioni.

Funzionando come una radio, l’alosocopio necessita di essere regolato per intercettare la frequenza corretta. In pratica, le dimensioni della cavità vengono modificate per sintonizzarsi su diverse frequenze caratteristiche. Se la frequenza degli assioni non coincide con quella della cavità, è come sintonizzare una radio sul canale sbagliato, senza ricevere alcun segnale.

Materia oscura: nuovi esperimenti per svelare i segreti degli assioni.

La ricerca dell’assioni rappresenta una sfida entusiasmante per i fisici, che stanno impiegando tecniche innovative per svelare i segreti di questa particella fantasma. Gli esperimenti con gli alòscopi, sempre più sofisticati, ci avvicinano alla potenziale scoperta della materia oscura, che non solo amplierebbe la nostra conoscenza dell’universo, ma potrebbe anche aprire nuove frontiere nella fisica.

La scansione di tutte le frequenze potenziali per individuare gli assioni è come cercare un ago in un pagliaio, senza conoscere in anticipo il canale giusto. È come armeggiare con una vecchia radio, regolando la manopola con la speranza di intercettare un segnale debole in mezzo al rumore bianco.

Le sfide non si limitano a questo. La cosmologia indica le decine di gigahertz come la regione più promettente per la ricerca sugli stessi. Tuttavia, esplorare queste frequenze elevate richiede cavità troppo piccole per catturare un segnale significativo.

Per superare questo ostacolo, nuovi esperimenti come il nostro Axion Longitudinal Plasma Haloscope (Alpha) stanno adottando un approccio innovativo. Sfruttando i metamateriali, materiali compositi con proprietà globali che differiscono notevolmente da quelle dei loro componenti.

La costruzione dell’impianto Alpha è in corso e dovrebbe essere pronto per l’acquisizione dei dati entro qualche anno. La tecnologia alla base è promettente e rappresenta il frutto di una collaborazione tra fisici dello stato solido, ingegneri elettrici, fisici delle particelle e persino matematici.

https://reccom.org/caccia-alla-materia-oscura-assioni-e-nuove-speranze/

mercoledì 14 febbraio 2024

Rilevati per la prima volta i filamenti di materia oscura della ragnatela cosmica.

 

Rilevati i filamenti di materia oscura.

Rilevati filamenti di materia oscura! Gli scienziati hanno finalmente ottenuto un importante traguardo nello studio dell’Universo: per la prima volta, sono stati individuati direttamente i filamenti di materia oscura che compongono la ragnatela cosmica.

Utilizzatto il Fenomeno del Weak Lensing.

Per compiere questa importante scoperta, un team di ricerca dell’Università di Yonsei ha sfruttato il fenomeno del weak lensing, che consiste nell’utilizzare la deformazione dello spaziotempo causata dalla forte gravità di ammassi e superammassi galattici.

Rilevamento dei Filamenti di Materia Oscura.

Utilizzando il telescopio giapponese Subaru, il team ha concentrato la propria ricerca sull’ammasso della Chioma, situato a 321 milioni di anni luce dalla Terra nella costellazione della Chioma di Berenice. Qui, hanno individuato le estremità terminali dei filamenti di materia oscura che circondano l’ammasso, estesi per milioni di anni luce e noti come filamenti intracluster (ICF, Intra-Cluster Filaments).

Leggi anche Cos’è la materia oscura?

Il Significato della Scoperta.

Questa scoperta rivoluzionaria fornisce nuove prove osservative per testare le teorie sull’evoluzione cosmica e sulla sua struttura su larga scala.

Importanza dell’Ammasso della Chioma.

L’ammasso della Chioma, uno dei più grandi e luminosi del cielo notturno, è stato scelto per questa ricerca in quanto contiene oltre 1000 galassie ed è ricco di materia oscura. Fin dai primi studi condotti su questo ammasso negli anni ’30, è stato evidente che la sua massa non poteva essere spiegata solo dalla materia visibile, suggerendo l’esistenza della materia oscura.

Implicazioni del Rilevamento dei Filamenti.

La scoperta dei filamenti intracluster fornisce sostegno al modello cosmologico attuale e apre la strada a nuove metodologie per lo studio e l’analisi degli ammassi di galassie.

Collegamento con la Struttura su Larga Scala dell’Universo.

L’allineamento dei filamenti rilevati nell’ammasso della Chioma con quelli su larga scala suggerisce un collegamento diretto tra la struttura dell’Universo e la formazione degli ammassi di galassie.

Contributo alla Comprensione della Materia Oscura.

Complessivamente, questa scoperta contribuisce in modo significativo alla comprensione della distribuzione e delle proprietà della materia oscura nell’Universo, aprendo nuove prospettive per la ricerca futura in questo campo affascinante.

Leggi anche La vita extraterrestre potrebbe essere a base di Materia Oscura?

Implicazioni per la Ricerca Futura.

I risultati di questo studio aprono nuove prospettive per la ricerca futura sull’Universo e sulla materia oscura. La possibilità di individuare direttamente i filamenti di materia oscura nella ragnatela cosmica fornisce agli scienziati una preziosa base per approfondire la comprensione della struttura e dell’evoluzione dell’Universo.

Nuovi Approcci di Studio.

L’identificazione dei filamenti intracluster nell’ammasso della Chioma suggerisce nuovi approcci di studio per esplorare la distribuzione e le proprietà della materia oscura. Questi approcci potrebbero includere l’utilizzo di tecnologie avanzate e telescopi sempre più potenti per esaminare altri ammassi di galassie e confermare la presenza dei filamenti di materia oscura.

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Conferma dei Modelli Cosmologici.

La scoperta dei filamenti di materia oscura all’interno dell’ammasso della Chioma fornisce ulteriori conferme ai modelli cosmologici attuali. Questi modelli prevedono l’esistenza di una vasta rete di filamenti che connettono gli ammassi di galassie, e la loro individuazione diretta contribuisce a consolidare la nostra comprensione dell’Universo.

Nuove Domande da Esplorare.

Allo stesso tempo, questa scoperta solleva nuove domande e sfide da esplorare. Gli scienziati potrebbero cercare di comprendere meglio la natura e le proprietà della materia oscura, nonché il suo ruolo nella formazione e nell’evoluzione delle strutture cosmiche su larga scala.

In conclusione, il rilevamento dei filamenti di materia oscura nella ragnatela cosmica rappresenta un importante passo avanti nella nostra comprensione dell’Universo. Questa scoperta apre nuove prospettive per la ricerca astronomica e cosmologica, e promette di fornire risposte fondamentali su alcuni dei misteri più profondi dell’Universo.

https://www.universo7p.it/rilevati-per-la-prima-volta-i-filamenti-di-materia-oscura-della-ragnatela-cosmica/spazio/

venerdì 18 dicembre 2020

La materia oscura è uno dei più grandi misteri dell’astronomia. E se non esistesse? Trovata una prova che rilancia Mond, un’ipotesi alternativa. - Luigi Bignami

La galassia NGC 2275, fotografata dal telescopio spaziale Hubble il 2 luglio 2020. ESA/Hubble & NASA, J. Lee and the PHANGS-HST Team; Acknowledgment: Judy Schmidt (Geckzilla)

La “materia oscura” è senza dubbio uno dei misteri astronomici più importanti a cui si vorrebbe dare una soluzione nei prossimi anni. Si ipotizza che sia materia che agisce gravitazionalmente sulla materia ordinaria, ma al momento non sappiamo cosa sia. Se ne ipotizza l’esistenza perché la sua azione si fa sentire, ad esempio, sul movimento delle stelle delle galassie, compresa la Via Lattea. Negli ultimi anni però sono state avanzate anche ipotesi per spiegare il movimento “anomalo” delle stelle che non fanno riferimento alla materia oscuira, ma ad altri fenomeni.

Ora un gruppo internazionale di scienziati, tra cui Stacy McGaugh, della Case Western Reserve University, ha pubblicato una ricerca dove si sostiene che un’idea rivale alla popolare ipotesi della materia oscura sia più reale di quanto si pensava finora. L’ipotesi alternativa prevede l’esistenza di un fenomeno galattico che sembra sfidare le classiche regole della forza di gravità. Sostiene infatti, che l’ipotesi chiamata “dinamica newtoniana modificata (MOND), o “gravità modificata” – possa essere una spiegazione reale.

 

L’ipotesi MOND è stata introdotta dal fisico Mordehai Milgrom del Weizmann Institute (Israele) all’inizio degli anni ’80 e afferma che l’attrazione gravitazionale di cui sarebbe causa la materia oscura esiste perché le regole della gravità non sono esattamente come quelle avanzate da Newton, ma leggermente diverse. Invece di attribuire l’eccessiva attrazione gravitazionale che si osserva nelle galassie ad una “materia oscura invisibile e non rilevabile”, MOND suggerisce che la “gravità a basse accelerazioni” è più forte di quanto sarebbe previsto da una pura applicazione della teoria newtoniana. In altre parole l’azione della gravità di galassie lontanissime da una galassia è di molto superiore a quanto prevede la gravità di Newton. La MOND ha fatto una previsione audace: i movimenti interni di un oggetto nel cosmo (ossia quel che succede all’interno di una galassia, per esempio) non dipendono solo dalla massa dell’oggetto stesso, ma anche dall’attrazione gravitazionale da tutte le altre masse nell’universo, un fenomeno chiamato “effetto di campo esterno” (EFE).

Milgrom ha detto che i risultati, se confermati ulteriormente, sarebbero “la pistola fumante che provano che le galassie sono governate da dinamiche modificate piuttosto che dalle leggi di Newton e della relatività generale“. McGaugh e i suoi collaboratori hanno affermato in una ricerca pubblicata su The Astrophysical Journal di aver rilevato l’effetto EFE in più di 150 galassie studiate. Spiega McGaugh: “’L’effetto di campo esterno’ è una firma a favore di MOND che non si verifica nella gravità di Newton-Einstein. La rilevazione di questo effetto è un vero grattacapo per chi era scettico sulla teoria MOND”.

Spiega Kyu-Hyun Chae, della Sejong University in South Korea, autore principale della ricerca: “Ho lavorato con l’ipotesi che la materia oscura esiste realmente, quindi essere giunto a dover dire che non esiste è un risultato mi ha davvero sorpreso. Inizialmente, ero riluttante a interpretare i nostri risultati a favore di MOND. Ma ora non posso negare il fatto che i risultati così come sono supportano chiaramente MOND piuttosto che l’ipotesi della materia oscura”.

Il gruppo di lavoro ha analizzato 153 curve di rotazione delle galassie attorno al loro centro che erano state scelte dal catalogo Spitzer Photometry and Accurate Rotation Curves (SPARC), il quale riporta con estrema precisione il movimento delle galassie ed era stato creato da un altro collaboratore, Federico Lelli, durante i suoi studi post-dottorato presso la Case Western Reserve. Anche Lelli ha detto che inizialmente era molto scettico dei risultati ottenuti “perché si prevede che l’effetto del campo esterno sulle curve di rotazione debba essere molto piccolo. Abbiamo passato mesi a controllare i dati, ma alla fine è diventato chiaro che avevamo un rilevamento reale e solido”. Conclude McGaugh: “Provengo dallo stesso gruppo di ricerca della comunità scientifica che studia la materia oscura e fa male pensare che possiamo sbagliarci. Ma Milgrom predisse i comportamenti delle galassie più di 30 anni fa con MOND. Nessun’altra ipotesi ha anticipato il comportamento osservato”.

https://it.businessinsider.com/la-materia-oscura-e-uno-dei-piu-grandi-misteri-dellastronomia-e-se-non-esistesse-trovata-una-prova-che-rilancia-mond-unipotesi-alternativa/?fbclid=IwAR2nirfAJpTOePvhjkCZ9Xjoe5o6ANF-EIGGJlhlxRIQ71ScwFzt0AuW4nY