Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 16 dicembre 2024
Tomba di Senenmut.
venerdì 25 ottobre 2024
Uno strano segnale radio proveniente dallo spazio profondo sconcerta gli astronomi. - Pasquale D'Anna
C’è uno strano segnale radio proveniente dall’altra parte della Via Lattea che ha lasciato di stucco gli scienziati. Prima di tutto, sappiamo che proviene da una stella di neutroni dal nome impronunciabile, ASKAP J193505.1+214841.0 (abbreviato in ASKAP J1935+2148), che si trova nel piano della Via Lattea, a circa 15.820 anni luce dalla Terra. Questo tipo di segnali non erano mai stati registrati prima. La stella attraversa periodi di pulsazioni forti, periodi di pulsazioni deboli e periodi in cui non pulsa affatto.
Cosa sappiamo di questa stella di neutroni.
È un oggetto di cui sappiamo ancora troppo poco: una stella di neutroni è ciò che resta dopo la morte di una stella entro un certo intervallo di massa, tra circa 8 e 30 volte la massa del Sole. Il materiale esterno della stella viene espulso nello spazio, culminando nell’esplosione di una supernova. Il nucleo rimanente della stella collassa sotto la gravità, formando un oggetto ultra denso fino a 2,3 volte la massa del Sole, in una sfera di soli 20 chilometri di diametro.
La stella di neutroni che ne risulta può quindi presentarsi in vari modi. C’è la stella di neutroni di base, che semplicemente resta lì senza fare chissà che. C’è la pulsar, nota per i raggi di emissioni radio dai suoi poli mentre ruota, lampeggiando come un faro cosmico. E c’è la magnetar, una stella di neutroni con un campo magnetico estremamente potente, che sussulta ed esplode mentre l’attrazione verso l’esterno di quel campo magnetico entra in conflitto con la gravità che tiene insieme la stella.
Cosa sappiamo del segnale di ASKAP J1935+2148.
ASKAP J1935+2148 non si comporta come una stella di neutroni qualsiasi. Ha un periodo regolare di pulsazioni di 53,8 minuti. Gli scienziati hanno però scoperto che queste pulsazioni sono estremamente luminose, con una polarizzazione altamente lineare. Alla fine, è stata rilevata la stella che riprendeva la sua attività di pulsazione, ma ben 26 volte più debole della sua luminosità precedente e con una luce polarizzata in modo circolare.
martedì 27 agosto 2024
Captato sulla Terra segnale radio di 8 miliardi di anni fa proveniente dallo spazio profondo. - Pasquale D'Anna
Questo “lampo radio veloce” (FRB) è tra i più distanti mai rilevato ed ha rilasciato l’equivalente dell’intera emissione del nostro Sole in 30 anni in meno di un millisecondo.
Un’equipe internazionale ha individuato un’esplosione molto distante di onde cosmiche della durata di meno di un millisecondo. Questo “lampo radio veloce” (FRB dall’inglese fast radio burst) è uno dei più distanti mai rilevato. La sua origine è stata individuata dal VLT (Very Large Telescope) dell’ESO in una galassia così lontana che la sua luce ha impiegato otto miliardi di anni per raggiungerci. Questo FRB è anche uno dei più energetici mai osservati: in una minuta frazione di secondo ha rilasciato l’equivalente dell’intera emissione del nostro Sole in 30 anni.
FRB 20220610A.
La scoperta dell’esplosione, chiamata FRB 20220610A, è stata effettuata nel giugno dello scorso anno dal radiotelescopio ASKAP in Australia e ha superato del 50% il precedente record di distanza stabilito dallo stesso gruppo. La scoperta conferma che gli FRB possono essere utilizzati per misurare la materia “mancante” tra le galassie, fornendo un nuovo modo di “pesare” l’Universo. Gli attuali metodi di stima della massa dell’Universo danno risposte contrastanti e sfidano il modello standard della cosmologia.
venerdì 26 luglio 2024
Verso la soluzione del problema dell’ultimo parsec. - Maura Sandri
Scoperto da tre ricercatori un legame tra alcuni degli oggetti più grandi dell’universo e quelli più piccoli: i buchi neri supermassicci e le particelle di materia oscura. I loro calcoli rivelano che è possibile superare l'annoso “problema dell’ultimo parsec” e arrivare alla fusione di buchi neri supermassicci considerando il comportamento delle particelle di materia oscura. Tutti i dettagli su Physical Review Letters.
Quando due galassie si fondono, è normale aspettarsi un’analoga sorte anche per i buchi neri supermassicci che risiedono nei loro centri. Tuttavia, tentando di modellare come ciò avviene, gli astronomi incontrano da anni un problema. Per avvicinarsi, i due buchi neri devono disperdere energia. All’inizio l’energia viene trasferita al materiale circostante, gas e polvere. Ma quando arrivano alla distanza di un parsec l’uno dall’altro – poco più di tre anni luce – sembra che non ci sia più abbastanza “materiale” su cui trasferire energia. E non si avvicinano più. In astrofisica, questa circostanza è nota come il problema dell’ultimo parsec.Secondo un nuovo studio pubblicato su Physical Review Letters, quell’ultimo parsec può essere percorso considerando il comportamento, finora trascurato, delle particelle di materia oscura.
Nel giugno 2023, gli astrofisici annunciarono di aver rilevato un fondo di onde gravitazionali che permea l’universo, ipotizzando che provenisse da milioni di coppie di buchi neri supermassicci in fusione, ciascuno miliardi di volte più massiccio del Sole. Ma riecco il problema dell’ultimo parsec: le simulazioni teoriche non riescono a far superare loro quell’ultimo parsec. Come fanno, quindi, a fondersi?
Oltre a essere in conflitto con la teoria secondo cui i buchi neri supermassicci che si stanno fondendo sono la sorgente del fondo di onde gravitazionali, il problema dell’ultimo parsec è anche in contrasto con la teoria secondo cui i buchi neri supermassicci si sviluppano dalla fusione di buchi neri meno massicci.
«Noi mostriamo che l’effetto della materia oscura, precedentemente trascurato, può aiutare i buchi neri supermassicci a superare l’ultimo parsec di separazione e a fondersi», spiega il primo autore Gonzalo Alonso-Álvarez, del Dipartimento di Fisica dell’Università di Toronto. «I nostri calcoli spiegano come ciò possa avvenire, a differenza di quanto si pensava in precedenza».
Mentre i modelli precedenti hanno sempre escluso l’impatto della materia oscura sulle orbite dei buchi neri supermassicci, il nuovo modello rivela che le particelle di materia oscura interagiscono tra loro in modo tale da non disperdersi. La densità dell’alone di materia oscura rimane abbastanza alta da far sì che le interazioni tra le particelle e i buchi neri supermassicci continuino a degradare le orbite dei buchi neri, permettendo loro di fondersi. «La possibilità che le particelle di materia oscura interagiscano tra loro è un’ipotesi che abbiamo fatto noi, un ingrediente in più che non tutti i modelli di materia oscura contengono», dice Alonso-Álvarez. «La nostra tesi è che solo i modelli con questo ingrediente possono risolvere il problema dell’ultimo parsec».
Il rumore di fondo generato da queste colossali collisioni cosmiche è costituito da onde gravitazionali di lunghezza d’onda molto maggiore rispetto a quelle rilevate per la prima volta nel 2015 dagli astrofisici del Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory (Ligo). Quelle onde gravitazionali sono state generate dalla fusione di due buchi neri, entrambi di massa circa 30 volte superiore a quella del Sole.
Il fondo che interessa agli autori è stato rilevato negli ultimi anni dagli scienziati che operano con il Pulsar Timing Array, che rivela le onde gravitazionali misurando le minime variazioni nei segnali delle pulsar, stelle di neutroni in rapida rotazione che emettono forti impulsi radio. «Una previsione della nostra proposta è che lo spettro delle onde gravitazionali osservate dal pulsar timing array dovrebbe essere attenuato alle basse frequenze», sostiene James Cline della McGill University. «I dati attuali accennano già a questo comportamento e nuovi dati potrebbero confermarlo nei prossimi anni».
Oltre a fornire informazioni sulle fusioni di buchi neri supermassicci e sul segnale di fondo delle onde gravitazionali, il nuovo risultato offre una finestra sulla natura della materia oscura. «Il nostro lavoro rappresenta un nuovo modo per aiutarci a comprendere la natura particellare della materia oscura», afferma Alonso-Álvarez. «Abbiamo scoperto che l’evoluzione delle orbite dei buchi neri è molto sensibile alla microfisica della materia oscura e questo significa che possiamo usare le osservazioni delle fusioni dei buchi neri supermassicci per capire meglio queste particelle».
Ad esempio, i ricercatori hanno scoperto che le interazioni tra le particelle di materia oscura modellate spiegano anche le forme degli aloni galattici di materia oscura. «Abbiamo scoperto che il problema dell’ultimo parsec può essere risolto solo se le particelle di materia oscura interagiscono a una velocità tale da alterare la distribuzione della materia oscura su scala galattica», conclude Alonso-Álvarez. «Un risultato inaspettato, poiché le scale fisiche in cui avvengono i processi sono distanti tre o più ordini di grandezza».
https://www.media.inaf.it/2024/07/25/verso-la-soluzione-del-problema-dellultimo-parsec/?fbclid=IwY2xjawEQWaFleHRuA2FlbQIxMQABHT4R84kIiQlkXLp4G9KsLQmN38fSTSRCXaDrLwqTZBzRE7jNxrtEJc1C2g_aem_48shsv2cbMsacpHtn0jpPg
giovedì 11 luglio 2024
MATERIA OSCURA ATTORNO A GIOVE? - Elisabetta Bonora
Nel loro studio, pubblicato su Physical Review Letters, Carlos Blanco e Rebecca Leane hanno analizzato le misurazioni notturne sulla regione equatoriale di Giove, per ridurre al minimo le influenze aurorali.
La materia oscura è un'ipotetica componente di materia che, diversamente dalla materia ordinaria, non emetterebbe radiazione elettromagnetica ma sarebbe rilevabile attraverso i suoi effetti gravitazionali. È stata proposta negli anni '30 del secolo scorso e ancora elude gli scienziati i quali, però, ritengono che costituisca circa il 70-80% di tutta la materia nell’universo. È stata introdotta per giustificare diverse osservazioni astrofisiche, in particolare delle stime della massa delle galassie o degli ammassi di galassie e delle proprietà delle fluttuazioni nel fondo cosmologico.
I ricercatori ipotizzano che potrebbe essere rilevata indirettamente identificando il calore o la luce emessa quando le particelle di materia oscura si scontrano e si distruggono a vicenda. E la natura della luce nell’atmosfera esterna sul lato notturno di Giove potrebbe essere proprio questo genere di prova.
Il team suggerisce che le particelle di materia oscura vengano attratte verso il pianeta dalla sua forte gravità e si scontrino con la ionosfera, producendo, talvolta, fotoni.
Per confermare la propria teoria, il team ha analizzato i dati del Visual and Infrared Mapping Spectrometer a bordo della sonda Cassini, che sorvolò il pianeta nel dicembre 2000, prima di iniziare la sua storica missione nel sistema di Saturno. Particolare attenzione è stata rivolta alle tre ore di osservazioni sul lato notturno di Giove, sulla sua regione equatoriale. Gli scienziati cercavano prove di una maggior produzione di H3+, un catione idrogenonio che, secondo le teorie, sarebbe prodotto dalle collisioni di materia oscura e non dovrebbe essere presente al buio alle basse latitudini.
In effetti, l' H3+ è stato trovato ma ancora non è chiaro se tale quantità è effettivamente superiore a quella che potrebbe essere prodotta in altre circostanze.
https://aliveuniverse.today/flash-news/spazio-astronomia/8883-materia-oscura-attorno-a-giove/
lunedì 8 luglio 2024
Cos’è un quasar? - Angelo Petrone
Quasar: i fari cosmici che svelano i segreti dell’universo
I quasar (dall’inglese “quasi-stellar radio source”, ossia “sorgente radio quasi-stellare”) sono tra gli oggetti più misteriosi e affascinanti dell’universo. Scoperti negli anni ’60, i quasar sono nuclei galattici attivi estremamente luminosi che si trovano a grandi distanze dalla Terra. La loro luminosità è talmente elevata che riescono a offuscare l’intera galassia ospite.
Caratteristiche dei quasar.Distanza: i quasar si trovano a distanze cosmologiche, cioè a miliardi di anni luce dalla Terra. Questo significa che li osserviamo com’erano miliardi di anni fa. Lo studio dei quasar ci permette quindi di guardare indietro nel tempo e di capire meglio l’evoluzione dell’universo.
Spettro elettromagnetico: i quasar emettono radiazioni su tutto lo spettro elettromagnetico, dalle onde radio ai raggi X e gamma. Questa emissione multi-frequenza è dovuta alla presenza di getti relativistici di particelle che vengono espulsi dal nucleo galattico a velocità prossime a quelle della luce.
Redshift: uno degli aspetti più caratteristici dei quasar è il loro elevato redshift, cioè lo spostamento verso il rosso delle linee spettrali. Questo fenomeno è dovuto all’espansione dell’universo e indica che i quasar sono oggetti molto lontani da noi.
Importanza dei quasar nella cosmologia
I quasar giocano un ruolo fondamentale nella cosmologia per diversi motivi:
Sonde cosmiche: grazie alla loro luminosità, i quasar possono essere utilizzati come “sonde cosmiche” per studiare la struttura a grande scala dell’universo. L’osservazione dei quasar e della loro distribuzione nello spazio permette di comprendere meglio la distribuzione della materia nell’universo.Evoluzione delle galassie: i quasar forniscono indizi preziosi sull’evoluzione delle galassie. Si ritiene che molte galassie, compresa la Via Lattea, abbiano attraversato una fase di quasar nel loro passato. Studiando i quasar, possiamo ottenere informazioni sul processo di formazione e crescita dei buchi neri supermassicci e sulla loro interazione con le galassie ospiti.
Materia oscura e energia oscura: le osservazioni dei quasar possono contribuire a svelare i misteri della materia oscura e dell’energia oscura, due componenti fondamentali dell’universo ancora poco comprese. Le lenti gravitazionali create dai quasar, ad esempio, possono essere utilizzate per mappare la distribuzione della materia oscura.
Scoperta e studio dei quasar.
Il primo quasar è stato identificato nel 1963 dall’astronomo Maarten Schmidt, che ha osservato un oggetto celeste estremamente luminoso con uno spostamento verso il rosso molto elevato. Questa scoperta ha rivoluzionato l’astronomia, aprendo una nuova finestra sull’universo lontano e sull’energia estrema.
Da allora, migliaia di quasar sono stati scoperti e studiati con vari strumenti, tra cui telescopi ottici, radio e satelliti a raggi X. Le missioni spaziali, come il Telescopio Spaziale Hubble, hanno fornito immagini dettagliate dei quasar e delle loro galassie ospiti, permettendo di studiare questi oggetti in modo sempre più approfondito.
I quasar sono tra gli oggetti più affascinanti e misteriosi dell’universo. La loro straordinaria luminosità, combinata con la grande distanza a cui si trovano, li rende strumenti preziosi per lo studio della cosmologia e dell’evoluzione delle galassie. Nonostante i grandi progressi fatti negli ultimi decenni, i quasar continuano a essere oggetto di intense ricerche e scoperte, alimentando il nostro desiderio di comprendere meglio l’universo in cui viviamo.
giovedì 27 giugno 2024
I sumeri e la conoscenza dell'astronomia.
lunedì 10 giugno 2024
È esplosa una stella a 95 milioni di anni luce dalla Terra: guarda la foto della supernova.
La supernova è avvenuta nella galassia NGC 3524: la stella è esplosa quando sulla Terra c’erano i dinosauri e solo ora ne vediamo la luce.
Le esplosioni stellari non sono affatto rare e per questa ragione vengono individuate sempre più spesso. Stavolta la supernova c’è stata nella galassia lenticolare NGC 3524 sita a 95 milioni di anni luce dalla Terra ed è stata classifica di tipo Ia (è più luminosa della galassia intera). Di seguito, ecco la foto dell’esplosione (l’evento è stato battezzato come SN 2024inv) del nostro amico astrofisico Gianluca Masi del Virtual Telescope Project:
Ma come muoiono di preciso questi colossi?
Nel caso classico delle supernovae tipo II, formanti una stella di neutroni o un buco nero, abbiamo stadi di bruciamento successivi che si susseguono nel modo intuitivo che conosciamo: bruciamento elio, fine elio e contrazione, accensione e bruciamento del carbonio, fine carbonio e contrazione, accensione del neon fino a bruciare prima l’ossigeno, poi il silicio e produrre un nucleo di ferro appena prima del collasso finale. A questo punto, la densità centrale raggiungerà valori abbastanza alti da indurre catture elettroniche nei nuclei atomici, trasformando la quasi totalità di protoni in neutroni (ed emettendo neutrini, che forniranno la “spinta” decisiva alla supernova), formando così una stella di neutroni, o un buco nero se la massa e sufficientemente alta. Eventi potentissimo, bellissimi tanto quanto potenzialmente distruttivi.
Fonte, immagine di copertina (rappresentazione artistica) credit M. Kornmesser / ESO