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mercoledì 17 luglio 2024

Tomba sud del Faraone Djoser, situata a Saqqara. - Linda Rosada

Molti anni fa, nel 1924, nel deserto d'Egitto, il rinomato archeologo britannico James Quibell ebbe l'incredibile fortuna di fare una scoperta che scosse il mondo dell'archeologia. Una scala che conduce alla tomba sud del Faraone Djoser, situata a Saqqara, si è rivelata un pezzo chiave per comprendere la storia di questa antica civiltà.

Questa scala ha circa 4.800 anni, il che la rende una delle strutture più antiche mai trovate in Egitto. Realizzata in pietra calcarea, è lunga circa 28 metri ed è costituita da gradini ampi e solidi. Questa costruzione è notevole non solo per la sua età, ma anche per il suo scopo.
La scala conduce alla tomba meridionale del Faraone Djoser, importante figura storica dell'antico Egitto. Djoser ha governato durante la Terza dinastia dell'antico impero egizio, intorno al 2680 a.C. al 2640 a.C. È noto per il suo significativo contributo all'architettura funeraria, avendo commissionato la costruzione della famosa Piramide di Djoser, chiamata anche Piramide a gradini. Questa piramide rappresenta una transizione nell'architettura egiziana, segnando l'inizio dell'era delle piramidi.
La scoperta della scala non solo fa luce sull'ingegno e l'abilità dei costruttori dell'antico Egitto, ma offre anche preziose informazioni sul culto dei faraoni e sulle credenze religiose dell'epoca. È una vera e propria finestra sul passato che ci aiuta a comprendere la ricchezza della storia e della cultura egiziana. Questa scoperta archeologica, eseguita da James Quibell nel 1924, rimane una fonte di fascino e ammirazione per studiosi e appassionati di storia antica di tutto il mondo.

venerdì 12 gennaio 2024

I ricercatori scoprono la tomba del ‘dio-re’ Maya del 4° secolo. - Deslok

 

Gli archeologi del Guatemala hanno fatto un’incredibile scoperta in quanto hanno scoperto la tomba di un «dio-re» Maya nel Guatemala.

Dopo aver scavato la tomba, i ricercatori hanno scoperto una stupefacente maschera di giada usta per la sepoltura e un’insieme di manufatti diversi che si credono risalenti tra il 300 e il 350 d.C.

La scoperta la rende la più antica e nota tomba reale che è mai stata scoperta nella regione nord-occidentale del paese di Petén.

Gli archeologi ritengono che questa sepoltura, iscritta come sepoltura 80, potrebbe appartenere al famoso re Te’ Chan Ahk, membro di una delle più antiche dinastie reali Maya, il Wak fondato nel II secolo d.C.

La possibile tomba è stata identificata grazie alla maschera di giada posta sulla testa dell’uomo e destinata a rappresentarlo come dio del grano.

Secondo i ricercatori, i re Maya erano regolarmente ritratti e rappresentati come Dei del Mais. Questa linguetta sulla fronte presenta un simbolo unico la “Croce Greca” che significa negli antichi Maya “Giallo” e “Prezioso”. Questo simbolo è associato anche al Dio del Mais.

Le principali colture degli antichi Maya erano il mais, i fagioli, la squash, l’avocado, il peperoncino, l’ananas, la papaya e il cacao.

“I Maya hanno venerato i loro divini governanti e li hanno trattati come anime viventi dopo la morte”, ha dichiarato il co-regista David Freidel, professore di antropologia nelle arti e delle scienze presso l’Università di Washington a St. Louis.

“La tomba di questo re ha contribuito a rendere l’acropoli e il  palazzo reale terra santa, un luogo di maestosità, all’inizio della storia della dinastia Wak – centopiedi. È come gli antichi re Sassoni in Inghilterra sepolti in Old Minster, l’originale chiesa sotto la cattedrale di Winchester”.

Il sito archeologico di Waka in Perù ‘si trova a circa 70 chilometri a ovest del famoso sito archeologico di Tikal. Si ritiene che durante il periodo classico questa città reale abbia dominato importanti rotte commerciali che si dirigevano verso nord e a sud e da est verso ovest. Era situato in un incrocio commerciale.

I ricercatori hanno scoperto un gran numero di manufatti durante la ricerca della tomba.

Oltre alla maschera del governatore, gli archeologi hanno scoperto 22 vasi di ceramica, conchiglie di spondylus, ornamenti di giada e un ciondolo a conchiglia a forma di coccodrillo.

I resti del re e alcuni ornamenti, come la maschera, vennero verniciati in rosso luminoso.

Negli anni ’60 gli archeologi di Tikal hanno trovato un manufatto simile a quello che hanno scoperto, una maschera di colore verde, la prima tomba reale Maya, risalente al primo secolo d.C.

I primi insediamenti Maya risalgono al 1800 a.C, o all’inizio di quello che si chiama Pre-classico o Periodo Formativo. I centri più piccoli dei Maya coprivano meno di un chilometro quadrato. Tikal, il più grande, copriva 123 chilometri quadrati.

La città isola di Tayasal è considerata l’ultimo Regno indipendente dei Maya esistito fino al 1696.

a cura di Hackthemtrix

https://www.youtube.com/watch?v=HITwxpH0VL0

https://www.hackthematrix.it/ricercatori-scoprono-la-tomba-del-dio-re-maya-del-4-secolo/?feed_id=168923&_unique_id=659e3268c4602

lunedì 11 dicembre 2023

La scoperta della tomba del Re Erode. - Minerva Elidi Wolf

 

Sono ancora tanti luoghi di sepoltura riservati ai grandi della storia a non essere stati trovati; gli esempi si sprecano ma ne facciamo due dei più noti: Cleopatra e Alessandro Magno. Il re Erode, detto il Grande, sembrava appartenere a questo particolare club, e qui il condizionale è d’obbligo. Sembrava, perché a quanto pare degli archeologi hanno scoperto la sua tomba, in un sito a sud di Gerusalemme.
Il luogo prende il nome di Herodium (o Herodion). L’assonanza con il nome del re giudeo è voluta, dal momento che fu quest’ultimo a commissionare la realizzazione dell’enorme sito. Su di esso, che ricordiamo trovarsi sulla sommità di una collina, doveva ergersi un maestoso palazzo-fortezza (una combinazione cara alle costruzioni erodiane, vedasi Masada).
La realizzazione dell’Herodium rientrava a pieno in quella vasta lista di costruzioni monumentali volute dal re Erode nella sua Giudea durante gli anni di regno, che vanno dal 37 a.C. al 4 a.C. Tra queste opere non possiamo non ricordare l’ampliamento di una parte del Tempio di Gerusalemme. Essa infatti prende il nome di “Tempio di Erode“, vista anche la sua componente ellenistica. Fu Erode poi a far edificare la possente fortezza di Masada o la città di Cesarea Marittima.
Ma tornando al nostro Herodium, come si è giunti alla scoperta della tomba? Qualche indizio è spuntato fuori dagli scritti dell’autore romano Giuseppe Flavio, il quale indicava proprio il sito come luogo di sepoltura del sovrano giudaico. Gli scavi e le ricerche non hanno fruttato nulla almeno fino al 2007. Questo è l’anno in cui l’archeologo israeliano Ehud Netzer ha finalmente toccato con mano la camera funeraria del re.
Per molti la scoperta è la più importante almeno dal tempo dei rotoli del Mar Morto. La tomba è una struttura in pietra, una specie di mausoleo dal tetto conico, circondato da colonne ioniche. Lo stile ellenistico ancora una volta ritorna, ma ciò non deve sorprendere. A cavallo tra il primo secolo a.C. e il primo d.C. sulla coste del Mediterraneo c’era un’abbondanza tale di mausolei spiccatamente greci da non poter passare inosservata.
Cosa ci lascia questo rinvenimento? Ci fa capire come voleva essere ricordato un sovrano che già in vita amava farsi nominare con l’appellativo “il Grande”. Re Erode di Giudea probabilmente sfoggiava le sue manie di protagonismo, la sua stessa tomba lo suggerisce e in un modo neppure troppo velato.

giovedì 16 giugno 2022

Un misterioso “Disco” trovato in Egitto contraddice tutta la nostra storia.

 

Sabu, era probabilmente il principe dell’enigmatica città “Stella della Famiglia di Horus”. Tuttavia, la cosa più misteriosa di questo personaggio è stata la reliquia che è stata trovata nella sua tomba: uno strano disco di 5.000 anni fa.

Il 10 gennaio 1936 Bryan Emery , un egittologo britannico, si interessò a scavare nelle aree intorno al fiume Nilo, dove trovò la tomba di un misterioso principe di nome Sabu, in essa trovò un misterioso disco che contraddice la storia stessa .

IL DISCO NELLA TOMBA DEL PRINCIPE SABU.

Dopo aver iniziato gli scavi a Saqqara , a circa 1,7 chilometri a nord della piramide di Djoser, Emery si imbatté in una tomba funeraria a 7 camere . Nella più grande, Sabu fu sepolto insieme a vari oggetti funerari.

Tuttavia, ciò che ha attirato maggiormente l’attenzione è stato un misterioso disco che, in quel momento, era rotto. Dovevano stare molto attenti durante la ricostruzione, poiché il materiale era molto fragile . Tuttavia, il lavoro è stato ripagato.

Per prima cosa era fatto di scisto, una roccia molto porosa e fragile , quindi la tecnica usata deve essere precisa e molto attenta.

Per gli esperti, è estremamente incredibile e, persino, improbabile, che gli egiziani di 5.000 anni fa abbiano potuto scolpire quell’oggetto. Soprattutto per i dettagli molto particolari , impossibili da fare a mano.

Si pensa che fosse una specie di girante per una pompa centrifuga . Ha cercato di sostenere la sua teoria mettendolo in un alloggiamento e pulsando ad alta velocità. Nell’asse centrale, l’acqua scorreva facilmente.

C’è anche il fatto che, ad un certo punto della storia antica, l’Egitto era totalmente dipendente dall’irrigazione . Tuttavia, neanche questa ipotesi è stata confermata.

C’è un’altra ipotesi altrettanto valida, ma molto più controversa; il famoso teorico, Erich von Däniken , dichiarò che avrebbe potuto essere una replica egiziana del propulsore di un’astronave aliena . O un modello in scala di un disco volante.

UN OGGETTO DI UN ALTRO MONDO?

Sebbene questa teoria abbia portato molte polemiche, diversi esperti hanno cercato di dare una spiegazione logica al disco di pietra, ma nessuno è stato davvero in grado di verificare nessuna delle sue teorie.

Se scolpito nella roccia porosa, ha una grande tendenza a sbucciarsi o se una tecnica o uno strumento viene usato in modo sbagliato, si sgretolerebbe completamente. Questo è ciò che la scienza deve risolvere.

Chi ha scolpito quel disco in questo modo?

Il canone tradizionale ci dice che la ruota fu introdotta in Egitto alla fine del Medio Regno , nel 1840 a.C. Con l’invasione degli Hyksos , che lo usarono nei loro carri da guerra.

Com’è possibile che questa ruota o questo disco sia apparso 1.000 anni prima ? E la cosa più strana in una tomba?

Il foro nel mezzo fa pensare che facesse parte di un meccanismo complesso , a cui si aggiunge che la sua costruzione e il suo design dovevano essere all’epoca sconosciuti.

Le ipotesi suggeriscono che si trattasse di un tentativo di replicare un oggetto metallico osservato, inoltre, doveva essere di grande importanza. È l’unico motivo che spiega perché fosse nella tomba di un principe.

Gli esperti continuano a cercare di capire cosa fosse e come l’hanno costruito. Intanto continuano ad apparire teorie e ipotesi: cos’era veramente quel disco di 5000 anni fa?

https://www.hackthematrix.it/?p=36759

martedì 17 agosto 2021

A Pompei scoperta tomba unica, è giallo sul corpo semi mummificato. - Silvia Lambertucci

POMPEI, la tomba di Marcus Venerius Secundio

 











Zuchtriegel: "Una miniera di informazioni". Franceschini: "Straordinario".

Una tomba particolarissima, a recinto, con una facciata decorata da piante verdi su fondo blu e una camera per l'inumazione in un periodo in cui nella città i corpi degli adulti venivano sempre incenerati. Ma anche un'iscrizione marmorea dalla quale arriva la prima conferma che nei teatri della colonia romana, almeno negli ultimi decenni prima dell'eruzione del 79 d.C, si recitava pure in lingua greca.

E' ancora una volta una storia affascinante e piena di mistero quella che arriva dall'ultima straordinaria scoperta del Parco Archeologico di Pompei, riportata alla luce grazie ad una campagna di scavi condotta insieme con l'Università Europea di Valencia.  Un ritrovamento sul quale è al lavoro un team interdisciplinare di esperti e da cui ci si aspetta tantissimo - sottolineano unanimi il direttore del Parco Gabriel Zuchtriegel e Llorenç Alapont dell'Università di Valencia - anche per le condizioni di conservazione del defunto, che appare in parte mummificato, la testa ricoperta di capelli bianchi, un orecchio parzialmente conservato, così come piccole porzioni del tessuto che lo avvolgeva. "Uno degli scheletri meglio conservati della città antica", anticipa all'ANSA Zuchtriegel. Di fatto, insomma, una miniera d'oro di dati scientifici. "Pompei non smette di stupire e si conferma una storia di riscatto, un modello internazionale, un luogo in cui si è tornati a fare ricerca e nuovi scavi" applaude il ministro della cultura Dario Franceschini,  ringraziando "le tante professionalità dei beni culturali che con il loro lavoro non smettono di regalare al mondo risultati straordinari che sono motivo di orgoglio per l'Italia".


Costruita subito all'esterno di Porta Sarno, uno degli importanti varchi di accesso alla città, la tomba, che risale agli ultimi decenni di vita di Pompei, appartiene a Marcus Venerius Secundio, un liberto che nella vita era stato prima il custode del Tempio di Venere, un tempio molto importante perché proprio a Venere i romani avevano intitolato la città, nonché minister degli augustali e infine, sicuramente solo dopo la manomissione, anche Augustale, ovvero membro di un collegio di sacerdoti del culto imperiale. Un ex schiavo, quindi, che dopo il riscatto aveva raggiunto un certo agio economico, abbastanza da potersi permettere una tomba di livello in un luogo assolutamente di prestigio. E tanto da potersi vantare , proprio nell'iscrizione del suo sepolcro, di aver dato "ludi greci e latini per la durata di quattro giorni", cosa che poteva assimilarlo alla classe sociale più elevata e più colta della cittadina, perché in quel periodo, spiega Zuchtriegel, nell'area del Mediterraneo "la lingua greca era un po' come oggi per noi l'inglese" , molto diffusa, quindi, ma non alla portata di tutti a Pompei dove comunque le famiglie più agiate impazzivano per Omero, Eschilo, Euripide.


Tant'è, i primi esami sul corpo ci dicono che la morte ha colto il nostro uomo già anziano, " Doveva avere più di 60 anni e non aveva mai svolto lavori particolarmente pesanti", anticipa il direttore. Dati compatibili con le caratteristiche del suo nome, che lo indica come un ex schiavo 'pubblico', uno dei tanti che a Roma o nelle città di provincia svolgevano lavori di custodia o amministrativi. Ma perché farsi inumare, scegliendo per sé un rito che veniva usato in epoca molto più antica piuttosto che nel mondo greco ma non a Pompei dove, con la sola eccezione dei bambini, i cadaveri venivano cremati? Tra le ipotesi possibili, ragiona il direttore generale dei musei statali Massimo Osanna, quella che Marcus Venerius Secundio si sentisse o fosse estraneo al corpo sociale della città, uno straniero insomma, forse arrivato proprio da qualche altro luogo dell'impero romano o da Roma "dove in quel periodo alcune famiglie continuavano a praticare l'inumazione, cosa che diventerà poi usuale dal secolo successivo".


I misteri non si esauriscono qui: nel recinto della tomba, alle spalle della cella sigillata nella quale era adagiato il corpo di Secundio, sono state trovate due urne, una delle quali in vetro appartiene ad una donna chiamata Novia Amabilis, forse la moglie del defunto, ipotizzano gli archeologi, per la quale si sarebbe usato un rito più propriamente pompeiano. Ma perché alla signora sarebbe stato riservato un trattamento diverso? Senza contare il giallo della parziale mummificazione del cadavere di Secundio che potrebbe essere dovuta alla perfetta chiusura della camera sepolcrale, certo, ma anche ad una pratica di imbalsamazione: "Potremo capirne di più dall'analisi dei tessuti - ci dice Alapont - dalle fonti sappiamo che determinate stoffe come l'asbesto venivano usate per l'imbalsamazione". Il professore allarga le braccia: "Anche per chi come me si occupa di archeologia funeraria da tempo, la straordinaria ricchezza di dati offerta da questa tomba, dall'iscrizione alle sepolture , ai resti osteologici e alla facciata dipinta, è un fatto eccezionale, che conferma l'importanza di adottare un approccio interdisciplinare, come l'Università di Valencia e il Parco archeologico di Pompei hanno fatto in questo progetto". Studi, analisi e nuove ricerche potranno insomma far luce su questo mistero e nello stesso tempo aggiungere tanti altri preziosi tasselli alla storia della città. Intanto si studia come includere anche la necropoli di Porta Sarno e la tomba di Secundio nell'itinerario delle visite. "Al momento purtroppo non è possibile perché il terreno su cui si trova è al di là della ferrovia Circumvesuviana, ma è solo una questione di tempo - assicura Zuchtriegel- siamo al lavoro su uno studio di fattibilità"​.

ANSA

venerdì 7 febbraio 2020

La mamma di Mesagne e il bambino: un abbraccio lungo 600 anni. - Marina Poci



















Si trovarono fra tutte quelle carcasse orrende due scheletri di cui l’uno teneva l’altro stranamente abbracciato. Quando fecero per staccarlo dallo scheletro che stringeva, andò in polvere”. Così, in Notre Dame de Paris, Victor Hugo concludeva la storia del gobbo Quasimodo, volontariamente andato a morire insieme all’amata Esmeralda nella fossa comune dove la gitana, giustiziata per avere rifiutato l’amore dell’arcidiacono della cattedrale, era stata seppellita.
Per nostra fortuna, la stessa cosa non è accaduta agli scheletri rinvenuti, intatti, alla fine di gennaio nel centro storico di Mesagne, in piazza Sant’Anna dei Greci, durante i lavori di rifacimento della rete idrica e fognaria da parte della ditta incaricata dall’Acquedotto Pugliese: dai primi rilievi effettuati sulle dimensioni del cranio e delle circonferenze toracica e pelvica, si tratterebbe dello scheletro di una donna molto giovane, reclinata sul fianco destro e con gli arti superiori leggermente curvati e dello scheletro di un infante di pochi anni a questa sovrapposto, adagiato all’altezza del suo grembo.
L’annuncio dello straordinario ritrovamento, facente parte di un più ampio rinvenimento di tombe con scheletri interi, è stato dato la mattina del 30 gennaio, in una conferenza stampa congiunta, dall’amministrazione comunale di Mesagne e dalla Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Brindisi, Lecce e Taranto: presenti il sindaco Toni Matarrelli, il vicesindaco Giuseppe Semeraro, i consulenti Mimmo Stella e Marco Calò, l’architetto Maria Piccarreta, soprintendente, e la direttrice scientifica degli scavi, dottoressa Annalisa Biffino, hanno descritto quanto è stato rinvenuto durante lo scavo per la posa delle nuove condutture, nonché gli interventi già effettuati dai tecnici sul luogo.
“Questo ritrovamento ci consente di leggere la stratigrafia di realizzazione della città in un periodo non antichissimo, ma comunque importante, dal momento che è nel periodo basso medioevale che si sono determinate la struttura del centro storico e l’articolazione del tessuto urbano così per come le conosciamo e le viviamo noi adesso. Quanto abbiamo ritrovato rappresenta probabilmente soltanto un angolo di un sito che si estende sia al di sotto che lateralmente, ma in questi casi occorre essere molto razionali: studiare ciò che è emerso e coniugare il nostro lavoro di archeologi e storici con le esigenze di vivibilità del luogo e di posizionamento delle condutture delle utenze”, ha chiarito la soprintendente Piccarreta.
“Abbiamo trovato cinque tombe attestanti la presenza di un sepolcreto urbano in adiacenza ad un tratto di muratura di notevole spessore. Al momento, in base alle tipologie di sepoltura e in base ai reperti ritrovati, ci pare di poter collocare questa necropoli in periodo basso medioevale, quindi tra la fine del XIII e il XV secolo, ma abbiamo naturalmente bisogno di studi più approfonditi, anche in laboratorio, per poter essere più precisi sulla datazione”, specifica la dottoressa Biffino.
Due delle tombe ritrovate, quelle a cassa in muratura, sono state studiate e mantenute sul luogo del ritrovamento. Le altre tre, rimosse per essere analizzate, erano a fossa terragna (il defunto veniva inumato direttamente nel terreno, a volte sopra un piano di ghiaia o sabbia, e a protezione della salma veniva predisposta una copertura di materiale che variava dal legno al carparo).
Proprio una delle tombe a fossa terragna conteneva la doppia deposizione di quella che è immediatamente apparsa come una donna di giovane età e del bambino.
Immediata risonanza al ritrovamento è stata data persino dai media nazionali, che hanno divulgato la suggestiva immagine dei due scheletri definendola, forse un po’ forzatamente, come “l’abbraccio eterno di mamma e figlio”.
Gli scavi, dei quali già in occasione della conferenza è stato mostrato alla stampa un piccolo saggio stratigrafico, sono stati condotti dallo Studio Consulenza Archeologica di Ugento, diretto dal dottor Paolo Schiavano, che, come da normativa vigente, si è aggiudicato l’appalto dell’AQP per la sorveglianza e assistenza archeologica.
“Mi piace sottolineare quello di Mesagne come un buon esempio di sinergia tra impresa esecutrice dei lavori, soprintendenza e impresa appaltatrice della sorveglianza. Nel momento in cui sono state rinvenute sedimentazioni di tipo archeologico, l’archeologa nostra delegata presente sul posto, la dottoressa Adele Barbieri, ha immediatamente sospeso i lavori, richiedendo l’intervento della Soprintendenza. Non sempre troviamo la giusta disponibilità, perché l’interruzione delle attività comporta naturalmente una serie di disagi. In questo caso, invece, sia l’AQP che la ditta Spinosa, incaricata dei lavori di rifacimento, hanno collaborato attivamente, favorendo l’allargamento dello scavo e dimostrando una grande sensibilità”, sottolinea il dottor Schiavano. “La dinamica degli eventi mesagnesi testimonia anche l’efficacia della legge cosiddetta “sull’archeologia preventiva” (il cui scopo è di prevenire danni su resti archeologici e di garantire una corretta gestione di possibili rinvenimenti non soltanto nei centri storici e nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico e archeologico)”, conclude Schiavano.
Il riferimento alla legge che concilia l’opera pubblica con la tutela archeologica del territorio, in effetti, coglie nel segno: gli scavi hanno per l’appunto evidenziato come parte del ritrovamento appaia vistosamente danneggiato dai sottoservizi precedenti, in particolare dagli interventi effettuati per portare nel centro storico la linea telefonica.
“Non è inconsueto, nel nostro territorio, rinvenire sepolture plurime. A volte sono membri della stessa famiglia, ma spesso si tratta di soggetti estranei che possono essere seppelliti insieme per i motivi più diversi (anche, molto banalmente, per mancanza di spazio). Per accertare che si tratti di una donna, abbiamo bisogno di condurre analisi molto più approfondite. Al momento mi limito a dire che certamente si tratta di un soggetto giovane e che da un’analisi macroscopica del bacino e del cranio parrebbe essere una giovinetta. Ma la conferma ci sarà data soltanto dalla comparazione di tutti i parametri biometrici, che richiede un po’ di tempo”, precisa cautamente la dottoressa Barbieri.
Degno di nota appare, inoltre, il rinvenimento, nelle tombe a cassa, di una ulteriore sepoltura doppia, con ogni probabilità di due uomini (accanto ai quali vi sono delle monete non leggibili ma sicuramente di età bassomedievale) e di una tomba a colatoio (una tipologia di tomba utilizzata prevalentemente nelle chiese e nei conventi o per seppellire membri della stessa famiglia guadagnando spazio, nella quale le salme venivano deposte mano a mano che morivano e ad ogni nuova deposizione veniva spinto giù il defunto precedente). Il primo defunto emerso in questa tomba dovrebbe essere una donna, dal momento che addosso allo scheletro sono stati ritrovati un paio di orecchini. Nel riempimento della tomba a colatoio sono stati ritrovati almeno cinque individui e una serie reperti di non eccezionale valore (anellini, monetine, addirittura un anello da cucito, cioè un ditale senza il vertice) ma utilissimi ai fini della datazione.
Il ritrovamento mesagnese degli scorsi giorni ha una certa importanza, in quanto potrebbe dare conferma di una serie di informazioni delle quali abbiamo conoscenza da fonti storiche e storiografiche. Già lo storico Cataldo Antonio Mannarino (1568-1621), infatti, dava notizia, documentandola con la sua famosa mappa a forma di cuore, dell’esistenza in loco di una chiesa di fondazione bizantina dedicata a Sant’Anna dei Greci, che insisteva sull’omonima piazza e fu demolita intorno agli anni 1839-40 in quanto pericolante. Giacché i rinvenimenti tombali appaiono allineati ad un tratto piuttosto largo di muratura, l’ipotesi interpretativa più affascinante (che al momento, in mancanza di elementi a suffragio, non può essere validata) è che quelle mura siano proprio le fondamenta dell’antica chiesa di rito greco e che le tombe ritrovate siano parte del cimitero annesso alla chiesa (di sepolcri con “vestimenta bizantine” scoperti durante i lavori di demolizione parlano, infatti, le fonti storiografiche del tempo).
“Mi permetto di suggerire una soluzione simile a quella che è stata elaborata a Lecce in piazza Castromediano: una copertura a vista con lastroni di vetro, per rendere il sito fruibile ai cittadini e ai turisti anche in occasione di una semplice passeggiata nel centro storico”, propone, sentito sul punto, il massimo esperto di Mannarino sul territorio, il professor Domenico Urgesi, già direttore del museo archeologico di Mesagne e della biblioteca comunale “Granafei”. “Inoltre, credo che ormai sia tempo che il Comune di Mesagne si doti di una specifica voce di bilancio con la quale sia previsto l’accantonamento di somme da destinare all’eventualità di ritrovamenti archeologici: Mesagne è un territorio ricchissimo ed è giusto che venga riconosciuto”.
“Non è ancora prevedibile quello che accadrà”, puntualizza il sindaco di Mesagne Toni Matarrelli. “In questo momento il dominus della vicenda non è il Comune, ma la Soprintendenza, che valuterà tra le diverse ipotesi che sono emerse: la trasposizione degli scheletri all’interno del museo o la predisposizione di un sito da lasciare nel luogo del ritrovamento, come è stato fatto in occasione del rinvenimento della necropoli di Vico Quercia. Accolgo con attenzione il suggerimento del professore Domenico Urgesi e valuterò l’ipotesi insieme ai miei collaboratori, compatibilmente con le risorse comunali. Certamente, dal punto di vista umano, mi colpisce molto l’immagine dei due scheletri, giovane donna e bambino, in una posizione suggestiva come quella in cui sono stati trovati e vorremmo che di questa visione beneficiassero tutti coloro che frequentano Mesagne. Nell’immaginario collettivo, siamo associati alla civiltà messapica, ma questo ritrovamento dimostra, una volta di più, che la storia della nostra città non può essere confinata al solo periodo messapico, ma va indagata in ogni direzione temporale”.


https://www.senzacolonnenews.it/apertura/item/la-mamma-di-mesagne-e-il-bambino-un-abbraccio-lungo-600-anni.html?fbclid=IwAR26OpV-KoVql0Xd0wJAIPShsQQXStVUzonverQQ5mG3pCUTTpeD9SJh8uI

domenica 13 gennaio 2019

«Ho trovato la tomba di Cleopatra»: la rivelazione dell'archeologo Hawass. - Laura Larcan



L'archeologia che svela il mito. Gli indizi raccolti negli anni portano tutti ad un determinato luogo. Ad una manciata di metri di profondità, ad un ambiente sotterraneo, scavato nel terreno all'ombra delle imponenti rovine del tempio di Taposiris Magna, un sito funerario a quasi trenta chilometri da Alessandria d'Egitto. Le coordinate restano top secret, Zahi Hawass, considerato il massimo egittologo al mondo, non le svela. Ma la Tomba di Cleopatra, l'ultima regina d'Egitto vissuta dal 69 al 30 a.C., sarebbe ad un passo dall'essere riportata alla luce. E con lei, anche le antiche spoglie del suo grande, tragico, ultimo amore: Marco Antonio. «Sono molto vicino: penso davvero di averla individuata, sono sulla buona strada, ho grandi speranze di trovarla presto», dichiara lo studioso.

La conferma di essere sulle tracce della scoperta del secolo (come la definiscono gli archeologi) l'ha annunciata ieri in un'aula affollatissima dell'Università di Palermo nel corso di una conferenza organizzata per iniziativa di BcSicilia, che ha visto la partecipazione dell'assessore alla Cultura della Regione Sicilia e già soprintendente del Mare, Sebastiano Tusa. «Il luogo individuato ci ha restituito nel corso delle indagini molti elementi riconducibili senza dubbio alla figura storica di Cleopatra. Per questo, sappiamo ora dove andare esattamente a scavare», commenta l'archeologo. L'operazione non è semplicissima: nelle ultime settimane gli ambienti ipogei sono diventati inaccessibili, perché allagati dalle acque del vicino lago. «Abbiamo trovato le stanze tutte sommerse - spiega Hawass - Una condizione che non ci permette di scavare bene. Pertanto, la prima cosa che dobbiamo fare ora è liberarle dall'acqua. Un lavoro che stiamo organizzando: è la fase più complessa, chiaramente. Ma l'obiettivo è di affrontarla presto per proseguire, poi, con l'indagine e lo scavo». Un passaggio chiave, legato anche ai finanziamenti e ai permessi governativi. Una scoperta del genere passa anche per la sensibilità politica. Le indagini si sono infittite nel corso del 2018: non a caso Taposiris Magna ha calamitato l'attenzione degli studiosi di tutto il mondo proprio per i passi da gigante condotti da Hawass con la sua équipe internazionale.



LE PROVE
Di quali prove si tratta? Il fil rouge è quello della scrittura millenaria: repertori di geroglifici, che come mappe del tesoro stanno guidando lo studioso. A far brillare gli occhi degli archeologi è la presenza di numerosi cartigli, un tratto particolare dei geroglifici, dove il nome di un faraone o personaggio reale viene inserito in un anello ovoidale. «E proprio qui ci sono i riferimenti al nome di Cleopatra». A Taposiris Magna si lavora con le tecnologie più avanzate per svelare i tanti misteri ancora irrisolti che ruotano intorno all'aura della tomba di Cleopatra: la regina dal fascino fatale che sarebbe sepolta insieme con Marco Antonio, l'uomo con cui condivise il declino del regno tolemaico e il passaggio dell'Egitto sotto la Roma imperiale di Ottaviano. «La speranza è di trovare la mummia di Cleopatra e quella di Marco Antonio. Credo che siano stati sepolti insieme in un'unica tomba», racconta Hawass. Secondo l'egittologo le due sepolture sarebbero nello stesso sito: sostiene di avere già individuato quella della regina e di essere sulle tracce di quella del suo ultimo amore. I fedelissimi di Cleopatra ne avrebbero occultato il corpo mummificato, seppellendolo con Marco Antonio in un luogo sacro e sicuro: avrebbero così unito simbolicamente un comune destino di morte e di amore. Storia nella storia. Ma perché i corpi di Cleopatra e Marco Antonio vennero sepolti insieme proprio in questo luogo? «Siamo in un sito funerario monumentale di tipo regale, molto importante - spiega lo studioso - non è un luogo funerario qualunque, e qui sono riemersi tanti elementi che si riferiscono a Cleopatra: non può essere, insomma, un luogo dedicato a personaggi ordinari. Ma solo ad altissimi ranghi». Un contesto frequentato storicamente per tutto il periodo della dinastia tolemaica. È qui che Hawass è sicuro di trovare la memoria di Cleopatra, considerata dagli storici un'icona, personalità raffinata, temperamento risoluto, intelletto brillante, bella (ma non in termini canonici) da fare breccia negli uomini della sua epoca. Sedusse poco più che ventenne Giulio Cesare, e poi Marco Antonio,

ALESSANDRO MAGNO
Il sogno di una vita per Zahi Hawass trovare la tomba di Cleopatra, insieme a quella di Alessandro Magno che sta cercando da anni ad Alessandria d'Egitto: «Ma per Alessandro gli indizi non sono ancora così chiari e importanti come per Cleopatra». Hawass in Italia ha anche annunciato che nel 2020 inaugurerà il nuovo grande Museo Egizio vicino le piramidi di Giza, dove saranno trasferiti tutti i reperti dai depositi dell'attuale Museo del Cairo e tutta la collezione di Tutankhamon. Un evento che sarà celebrato con un'opera lirica scritta da due italiani, Lino Zimbone e Francesco Santocono.


https://www.ilmessaggero.it/italia/battisti_arresto_ergastolo-4228210.htmlhttps://www.ilmessaggero.it/mondo/cleopatra_tomba-4227052.html?fbclid=IwAR1W8Ko-mP6PFo7gRj0iqnT9tkpX3qeIH5bwC6dHU7vl1b4TkaMkM6nMZ3w 

domenica 30 dicembre 2018

Ritrovata tomba egizia intatta: nessuno ci entra da oltre 4.400 anni.


Un team di archeologi ha scoperto il sepolcro nel sito di Saqqara, un luogo unico ricco di reperti dell’antico Egitto.


In Egitto il Ministro del Supremo Consiglio delle AntichitàKhaled el-Enany, ha annunciato un ritrovamento eccezionale: nel sito di Saqqara, dove da tempo si sta lavorando, un team di archeologi ha ritrovato una tomba antichissima rimasta praticamente intatta. Nessuno vi entra da 4.400 anni ed è anche questo che rende il ritrovamento unico e importantissimo ai fini dello studio dell’antica civiltà egizia.
Gli stessi archeologi non riuscivano a credere ai loro occhi quando hanno scoperto la tomba: nonostante sia antichissima, infatti, è conservata benissimo e contiene dei veri e propri tesori storici e artistici. Secondo le prime notizie del ritrovamento, il sepolcro conterrebbe circa 45 statue scolpite nella roccia, per questo motivo gli studiosi pensano si tratti della tomba di un alto funzionario e della sua famiglia. È stato ipotizzato che potrebbe appartenere al sacerdote Wahtye, risalente a un periodo datato più o meno tra il 2500 e il 2300 a.C., dunque, appunto, circa 4.400 anni fa.
Le statue dovrebbero raffigurare uomini o divinità, considerando che alcune sono a grandezza naturale, mentre altre sono alte circa 1 metro. Nei geroglifici dipinti sulle pareti e ancora perfettamente visibili viene spesso nominata “Merit Meen”, che significa “l’amante del dio Min” e si presume possa essere la madre di Wahtye; in un altro punto, invece, si legge “Nin Winit Ptah”, che significa “il grandissimo dio Ptah”, una divinità associata a Memphis, l’antica capitale egizia che si trovava proprio nei pressi di Saqqara.
Quello della tomba di Saqqara è dunque il secondo grande ritrovamento di quest’anno, dopo quello delle 8 mummie intatte, ritrovate a novembre nella zona sud orientale della piramide del re Amenemhat II, nella necropoli di Dahshur.

lunedì 17 dicembre 2018

Egitto, scoperta tomba di 4.400 anni fa.



Era di un sacerdote reale della V dinastia ed è ben conservata.


(ANSA) - IL CAIRO, 15 DIC - La tomba di un sacerdote faraonico risalente al periodo della V dinastia, quindi a oltre 4.400 anni fa ma molto ben conservata, è stata scoperta nella necropoli di Saqqara, a sud del Cairo. Lo riferisce l'agenzia Mena citando il ministro delle Antichità egiziano, Khaled el Anany.
    
La tomba apparteneva a un sacerdote reale chiamato "Wahty" vissuto sotto Neferirkare Kakai, terzo sovrano della dinastia, ed è "eccezionalmente ben conservata" riferisce l'agenzia egiziana.
    
Nel sepolcro di dieci metri di lunghezza per tre di altezza sono venute alla luce anche pitture e i lavori di scavo proseguono. La scoperta, fatta da una missione archeologica egiziana, è stata definita dal ministro come l'ultima del 2018.
    
Nella tomba sono state rinvenute anche molte statue di diversi dimensioni e colori, riferisce l'agenzia Ap ricordando che l'Egitto sta dando risalto a molte scoperte archeologiche nella dichiarata speranza di contribuire al rilancio del turismo.

martedì 6 gennaio 2015

Scoperta tomba di una regina egiziana







Eccezionale scoperta archeologica in Egitto. Archeologi della missione ceca diretta da Miroslav Bar hanno rinvenuto la tomba di una regina risalente alla V dinastia, circa 4.500 anni fa. Stando a quanto scrive la Bbc online, la scoperta è stata fatta ad AbuSir, a sud-ovest del Cairo (necropoli di Antico Regno a nord di Saqqara) e gli studiosi ritengono che possa appartenere alla moglie o alla madre del faraone Neferefra.
Secondo il ministero delle Antichità egiziano Mamdouh el-Damaty la regina si chiamerebbe Khentkaus III e ciò emergerebbe dai rilievi sulle pareti della tomba. Miroslav Barta, capo della missione di archeologi, è convinto che la tomba appartenga alla moglie del faraone. I ricercatori hanno rinvenuto una trentina di utensili di rame e pietra calcarea nello scavo. Il ministro Damaty ha spiegato che grazie alla scoperta si potrà fare "finalmente luce su alcuni aspetti ancora poco noti della V dinastia".