martedì 30 marzo 2021

UniCredit, il maxi stipendio di Orcel subito nel mirino.

 

Glass Lewis consiglia ai fondi di votare contro i 7,5 milioni promessi al neo ad in assemblea.

Tanto, così tanto da essere troppo. Glass Lewis, tra i principali proxy advisor che ispirano il voto dei grandi fondi in assemblea, suggerisce di opporsi ai 7,5 milioni offerti da Unicredit +1,49% al suo prossimo amministratore delegato, Andrea Orcel.

L’assemblea è alle porte (il 15 aprile), e stamattina alle prime ore del giorno è uscito il primo dei report delle proxy in vista del voto. Glass Lewis si dice «preoccupato dalla struttura della remunerazione del nuovo manager, che comprende un premio in azioni non commisurato alla performance». Conti alla mano, l’ex Ubs guadagnerà 2,5 milioni, a cui si aggiungerà un premio in azioni pari al 200% della stessa cifra: totale 7,5 milioni in un anno, quanto basta e avanza a farlo il banchiere più pagato d’Italia. Per la cronaca, il suo predecessore Jean Pierre Mustier nel 2016 al suo ingresso aveva ridotto del 40% il compenso fisso, portandolo a 1,2 milioni e l’anno scorso aveva rinunciato a 2,6 milioni di bonus secondo le ricostruzioni del Financial Times.

Ora il proxy advisor si scaglia contro il trattamento riservato a Orcel, ma anche sulla scarsa trasparenza data dalla banca. Nei documenti presentati in vista dell’assemblea, Gae Aulenti ha spiegato che «per allineare gli interessi del ceo con quelli degli azionisti, il cda ha approvato sin dal primo anno un premio in azioni che ammonta all’intera remunerazione per il 2021 pagabile in due tranche e senza alcuna condizione».

Oltre alla remunerazione, il 15 aprile in assemblea si voterà anche per il rinnovo del cda: si vedrà quale effetto sortirà Glass Lewis sull’azionariato, in cui peraltro si segnala l’ascesa di Allianz. Ieri Consob ha segnalato che la compagnia tedesca è salita dall’1,25% al 3,11%.

IlSole24Ore

Bollette luce e gas più care ad aprile, sconti a pmi.

 

Arera, in secondo trimestre +3,8% per elettricità e +3,9% per gas.

Primavera con prezzi in aumento per le bollette di elettricità e gas spinte dall'aumento delle materie prime: dal primo aprile, così una famiglia italiana tipo si troverà a spendere in media il 3,8% per l'elettricità e il 3,9% in più per il gas. Nonostante il nuovo rialzo però la spesa annuale sarà complessivamente ancora leggermente inferiore, circa 56 euro, a quella dell'anno precedente, circa 517 euro (-0,7%, ovvero 4 euro rispetto ai 12 mesi equivalenti dell'anno precedente -1° luglio 2019 - 30 giugno 2020) per l'elettricità e circa 966 euro per il gas (-5,2%, pari a 52 euro, rispetto ai 12 mesi equivalenti dell'anno precedente).

Per le piccole imprese però a mitigare gli aumenti in arrivo nel secondo trimestre dell'anno arriverà, l'effetto 'tagliabollette' previsto nel Dl sostegni: 600 milioni di risparmi complessivi per una platea di circa 3,7 milioni di soggetti con uno sconto ad aprile, maggio e giugno. Lo sconto arriva a valere circa 70 euro al mese per un cliente con contratto con potenza di 15 kW con un risparmio fino al 70% per gli esercizi commerciali ancora costretti alla chiusura. Gli aumenti però sono una ennesima stangata secondo i consumatori:"Per questo avevamo proposto all'inizio della pandemia di ridurre l'Iva sul gas al 10% sull'intero consumo e non solo sui primi 480 Smc annuali come è attualmente", dice Marco Vignola, responsabile del settore energia dell'Unione Nazionale Consumatori. "Lo chiediamo ora anche al Governo Draghi". "Sulla spesa degli italiani per luce e gas pesa una tassazione oramai insostenibile", afferma il Codacons: quasi la metà della bolletta del gas se ne andrà dall'1 aprile per oneri e imposte (il 43,1%), mentre per l'elettricità la tassazione pesa per il 33,1% su ogni fattura". In dettaglio, l'Arera spiega che per quanto riguarda l'aggiornamento dei prezzi dei servizi di tutela, gli aumenti sono sostanzialmente legati al trend di crescita delle quotazioni delle principali commodities energetiche, che ha caratterizzato gli ultimi mesi del 2020 e soprattutto il primo trimestre 2021. "L'aumento è guidato dal forte apprezzamento delle materie prime influenzato anche dalle attese per una prossima ripresa economica, sulla quale i mercati stanno scommettendo, ora che i piani vaccinali rendono più concreta l'uscita dalla pandemia" - dice il presidente dell'Autorità, Stefano Besseghini - "Supportare le imprese in questi mesi è quindi una scelta prioritaria, dal forte valore sociale anche per le famiglie, per questo l'Autorità ha dato immediata esecuzione anche al provvedimento del Decreto Sostegni e rinviato il previsto aumento degli oneri generali di sistema".

ANSA

Pochi soldi, piccoli gabbati: sostegni peggio dei dl Ristori. - Patrizia De Rubertis

 

I nuovi ristori allo studio del governo saranno sempre un cantiere aperto, il cui ammontare degli aiuti susciterà malumori: troppi pochi soldi stanziati in un arco temporale troppo lungo, mentre imprese e professionisti restano in ginocchio, stravolti da un anno di chiusure o da orari di lavoro ridotti. Il copione si ripete dal maggio del 2020, lungo i quattro decreti che hanno stanziato i contributi a fondo perduto per compensare la diminuzione di fatturato causata dall’emergenza Coronavirus. E con le stesse accuse, la scorsa settimana, si è chiuso anche il più travagliato dei decreti, il “Sostegni”. Ma le categorie produttive coinvolte, dopo aver lungamente protestato per gli esigui contributi ottenuti, ora già rimpiangono i decreti precedenti che hanno previsto aiuti più elevati. E aspettano che il premier Mario Draghi attivi altri interventi. Si parla di un sesto decreto (e un nuovo scostamento di bilancio) che detterà anche le nuove regole per stabilire l’effettivo ammontare dei contributi a fondo perduto che, questa volta, dovrebbero andare solo alle imprese costrette a ulteriori misure più restrittive. Insomma, un piano di ristori che è l’esatto contrario di quello seguito dal decreto Sostegni che, abolendo i codici Ateco, da oggi distribuirà 11,5 miliardi di euro a una platea più ampia di beneficiari agevolando perlopiù le imprese che fatturano oltre 5 milioni di euro e lasciando ai piccoli le briciole. Tagliati fuori anche imprese e professionisti con un calo di fatturato minore del 30% tra il 2019 e il 2020.

Per capire meglio le accuse di ristoratori e negozianti, abbiamo chiesto alla Fondazione studi dei Consulenti del lavoro di elaborare una tabella di simulazione sui vari ristori messi in campo nell’ultimo anno per fare una comparazione. I decreti sono il dl Rilancio che, approvato nel maggio 2020, ha stanziato 6 miliardi di euro di contributi a fondo perduto, il dl Ristori dell’ottobre 2020 (12,4 miliardi), il dl Ristori bis del novembre 2020 (1,4 miliardi) e il dl Sostegni (oltre 11 miliardi). Non è stato considerato il decreto Natale che ha stanziato 645 milioni di euro ai soli titolari di partita Iva interessati dalle restrizioni imposte nelle zone rosse durante le festività natalizie. Se i dl Rilancio, Ristori e Ristori bis hanno preso come base di calcolo la differenza tra l’importo della media mensile del fatturato del mese di aprile 2020 su aprile 2019 delle attività previste dai codici Ateco, il dl Sostegni ha invece calcolato l’ammontare del contributo applicando una percentuale di ristoro in base alla differenza di quanto fatturato tra l’anno 2020 e il 2019. Perché questa differenza? Per ampliare la base dei beneficiari, il dl Sostegni ha notevolmente ridotto la base di calcolo, facendo diminuire anche gli importi erogati. Contestazione che arriva dal Servizio del Bilancio del Senato. Ma per i tecnici di Palazzo Madama ci sarebbe anche un problema di stanziamenti: i soldi del decreto del governo Draghi potrebbe non bastare avendo esteso i ristori anche alle maxi attività che fatturano fino a 10 milioni.

Bar. Prendiamo un bar con fatturato pre-Covid di 100mila euro e un crollo del 50% nel 2020. Se il suo fatturato nell’aprile 2019 è stato di 17 mila euro, esattamente un anno dopo ha registrato zero durante il lockdown. La prima tornata di ristori, che hanno praticamente riguardato tutte le attività, hanno permesso al barista di prendere 3.400 euro (il 20% dei ricavi). Importo salito a 5.100 euro a fine ottobre con il dl Ristori che ha tenuto la stessa base di calcolo, aumentando però le percentuali dei ristori. La nuova tranche di soldi del dl Sostegni (il dl Ristori bis ha previsto contributi solo ai codici Ateco esclusi dal decreto precedente) è quindi crollata a 2.500 euro.

Ferramenta. Stessa doglianza del barista arriva dal proprietario di una ferramenta (fatturato di 300 mila euro nel 2019 e di 210 mila euro nel 2020; con entrate di 15 mila euro ad aprile 2020 e 40 mila nel 2019) che ha preso solo 5 mila euro a maggio 2020 e ora 3.750 euro. Dal momento che la sua attività, considerata servizio essenziale, è rimasta sempre aperta, non ha percepito altri ristori. “I dati parlano da soli. L’ultimo decreto è un mini-sostegno che a piccoli e medi imprenditori non basterà a pagare un mese di affitto dei locali, ma ha accontentato le imprese che fatturano fino a 10 milioni, prima escluse da tutte le disposizioni”, commenta Rosario De Luca, presidente della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro.

Negozio di abbigliamento. Salendo con i fatturati si nota, infatti, che un negozio di abbigliamento che a maggio 2020 ha preso oltre 15 mila euro di ristoro, ha poi incassato il doppio a novembre e ora prenderà 11.600 euro.

Concessionaria di auto. Con il caso di scuola per chi fattura fino a 5 milioni di euro: una concessionaria d’auto. Esclusa dal Ristori e dal Ristori bis per il limite di fatturato, ha ottenuto 50 mila euro sia a maggio scorso sia ora con il dl Sostegni. Ma sono le imprese più grandi a rifiatare di più con l’aumento del tetto di fatturato da 5 a 10 milioni di euro: così oggi a richiedere i ristori, 66 mila euro, potrà essere per la prima volta anche un’azienda che produce plastiche.

IlFattoQuotidiano

Letta sbaglia su Renzi: lo deve spegnere come dice Machiavelli. - Maurizio Viroli

 

Enrico Letta ha dichiarato, a proposito dei rapporti del senatore Matteo Renzi con il principe saudita Mohammad bin Salman: “C’è un vuoto normativo su temi relativi a incontri e impegni con i regimi autoritari. Noi abbiamo una posizione diversa rispetto all’Arabia Saudita, siamo vicini alla posizione dell’America di Biden” (Il Fatto online 26 marzo).

Ho la massima stima per Enrico Letta e mi onoro di aver partecipato più volte alle ottime iniziative e ai corsi della Scuola di Politiche che ha fondato e presiede. Ma non condivido il suo commento su Renzi. C’è davvero bisogno di una norma giuridica con tanto di sanzioni che regoli gli incontri e gli impegni dei parlamentari italiani con regimi autoritari? Non dovrebbe bastare la semplice coscienza morale a dissuadere ogni persona degna di rispetto dall’intrattenere rapporti politici e professionali con capi di regimi che violano sistematicamente i diritti umani e si macchiano di crimini orribili?

Nel caso di un rappresentante della Repubblica Italiana c’è, oltre al dovere morale, il dovere, che la Costituzione impone, di adempiere le funzioni pubbliche “con disciplina e onore”. Anche quando agisce in forma privata, un senatore o un onorevole sono pur sempre rappresentanti dell’Italia e hanno dunque il dovere dell’onore. Dovere che esige di non violare mai il principio della dignità della persona umana sancito dalla Costituzione. E davvero non occorre uno speciale rigore intellettuale per capire che stringere la mano al principe di un regime che viola i diritti umani è atto disonorevole.

Né vale addurre, a giustificazione dei propri rapporti con il principe saudita, l’argomento che gli Stati Uniti continuano a intrattenere relazioni diplomatiche con il regime saudita anche dopo che Biden ne ha denunciato i crimini. Ma altro è intrattenere rapporti diplomatici per salvaguardare gli interessi strategici del tuo Stato, altro è lodare il regime e ricevere denaro per interesse e beneficio propri. E peggio ancora è affermare di considerare un amico un principe di quel regime immondo.

A Enrico Letta mi permetto quindi di consigliare di non accennare a vuoti normativi e di esprimere invece una condanna intransigente del comportamento del senatore Renzi nei confronti del principe saudita. Consiglio, inoltre, anche a Giuseppe Conte, di non avviare alcun incontro con Renzi e di operare per isolarlo il più possibile. Per l’ovvia ragione che l’uomo si è rivelato del tutto inaffidabile. Segretario del Pd, partito cardine della coalizione di governo, ha determinato la caduta del governo Letta (14 febbraio 2014). Capo di Italia Viva, partito fondamentale per la coalizione di governo grazie ai parlamentari a suo tempo eletti nel Pd, ha determinato la caduta del governo Conte (13 febbraio 2021). Perché fidarsi ancora? Anche ammesso che riusciate a stringere buoni accordi con lui, potete stare certi che appena vedrà miglior tornaconto personale li romperà. Molto meglio averlo come aperto nemico che come infido amico.

Consigliava il savio Machiavelli che gli uomini “si debbono o vezzeggiare o spegnere”. Vezzeggiarlo non potete perché dovreste soddisfare le sue richieste e le sue richieste sono incompatibili con i progetti che avete in animo per il Pd e per il M5S; potete solo spegnerlo, ovvero renderlo politicamente innocuo. Risultato che potrete facilmente ottenere rompendo ogni dialogo con lui. Isolato, sarebbe costretto ad andare con il cappello in mano da Salvini o da Berlusconi e imparerebbe, con Dante, “sì come sa di sale / lo pane altrui, e come è duro calle / lo scendere e ’l salir per l’altrui scale”.

IlFattoQuotidiano

L’effetto Brian. - Marco Travaglio

 

Giuro che non ce l’ho con Draghi. Scrivo per il suo bene, alla luce dei sondaggi che lo danno in calo per colpa non sua (è lì da un mese e mezzo), ma dei suoi amici di lingua che si stanno rivelando i suoi peggiori nemici. Mi spiego: se tutti scrivono ogni giorno che “accelera sui vaccini” col famoso “cambio di passo” e le inoculazioni traccheggiano, la gente non pensa che sia per le poche dosi e per le solite Regioni: pensa di avere scambiato un freno a mano per un acceleratore, cioè che sia colpa sua. Se poi qualunque banalità esca dalla sua bocca (quandoque bonus dormitat Homerus, ed era Omero) diventa una frase geniale ed epocale, nessuno si accorgerà di quelle geniali ed epocali. È l’effetto Brian di Nazareth, il personaggio dei Monty Python scambiato per il Messia da una turba di squilibrati che gridavano al miracolo per qualunque sua banalità, anche se diceva che le bacche di ginepro crescono sui cespugli di ginepro. Se i media annunciano il “blocco delle esportazioni dei vaccini”, “scoperto il deposito segreto dei vaccini ad Anagni”, “lo schiaffo di Anagni” come se AstraZenaca fosse papa Bonifacio VIII e Draghi fosse Gino Bombaci, la gente pensa di aver risolto il problema: valle a spiegare che le fiale erano ad Anagni perché dovevano essere ad Anagni e tutto continua come prima.

Se Draghi dice che il Mezzogiorno è importante, sai che novità: lo dicevano già Franchetti e Sonnino nel 1876. Giusto, per carità, ma aprirci paginoni con titoli roboanti tipo “Draghi, missione Sud: ‘La ripresa dell’Italia passa dal meridione’” (sempre Rep) e “Draghi: spinta per il Mezzogiorno” (Corriere) fa ridere. Se “Letta parla con Draghi” (Foglio) è normale, ci parlano in tanti, mica gli è apparsa la Madonna. Domenica mi ha affascinato, rapito, paralizzato un’intera pagina del Corriere dal titolo: “Il messaggio di Draghi a (tutti) i partiti: se mi convince un’idea intendo seguirla” (sottinteso: mecojoni!). L’ho letto e riletto, girato e rigirato. Ma – confesso la mia inadeguatezza – non sono proprio riuscito a capire dove fosse il lampo di genio. Anche a me, nel mio piccolo, capita di seguire le idee che mi convincono e, viceversa, di ignorare quelle che non mi convincono. Anzi, dirò di più: mi parrebbe strano il contrario e mi preoccuperei se il Premier Migliore seguisse idee che non lo convincono. Ma non mi sono mai sognato di candidarmi a Bankitalia, alla Bce o a Palazzo Chigi per così poco. E ho il vago sospetto che lo stesso atteggiamento mentale che condivido con Draghi ci accomuni ad alcuni miliardi di esseri umani. Poi, certo, ci sono pure gli spiriti bizzarri che seguono rigorosamente ed esclusivamente le idee che non li convincono. Ma non si può avere tutto, dalla vita.

IlFattoQuotidiano

Sicilia, blitz dei carabinieri: "I dati dei contagi falsificati per non fare scattare la zona rossa". Tre arresti, avviso di garanzia per l'assessore Razza. - Salvo Palazzolo

L'assessore regionale alla Salute Ruggero Razza (palazzotto

 L'inchiesta, condotta dalla procura e dai carabinieri di Trapani con il Nas di Palermo, si basa su intercettazioni che sono andate avanti fra novembre e marzo di quest'anno. Il gip: "Musumeci ingannato".

Negli ultimi cinque mesi, in Sicilia, i dati dei contagi sarebbero cresciuti più volte in modo preoccupante, nessuno l'ha mai saputo. Quei dati allarmanti sarebbero stati nascosti dai vertici dell'assessorato alla Salute. Alterando i numeri dei positivi e dei tamponi, per mantenere l'indice sotto i livelli di guardia. E' un'accusa pesante quella mossa dalla procura di Trapani: questa mattina, i carabinieri del comando provinciale e del Nas hanno notificato tre provvedimenti di arresti domiciliari, a una dirigente generale della Regione e a due suoi collaboratori. L'assessore Ruggero Razza ha ricevuto un avviso di garanzia e un invito a comparire, per essere interrogato. Tutti sono accusati di vari episodi di falso materiale e ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico. Sono quaranta gli episodi contestati, l'ultimo risale al 19 marzo.

Ai domiciliari sono andati Maria Letizia Di Liberti, dirigente generale del Dipartimento per le attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico, il braccio destro dell'assessore Razza; Salvatore Cusimano, funzionario regionale, ed Emilio Madonia, dipendente di una ditta che gestisce i flussi informatici dell'assessorato.

A chiedere il provvedimento sono stati il procuratore facente funzione di Trapani Maurizio Agnello e le sostitute Sara Morri e Francesca Urbani. L'ordinanza di custodia cautelare è del gip di Trapani Caterina Brignone, che ha riconosciuto la fondatezza della ricostruzione dei pm e la necessità di intervenire d'urgenza, ma si è poi dichiarata incompetente - così come segnalato dalla procura - trasmettendo gli atti a Palermo. Secondo il giudice per le indagini preliminari, ci si trova di fronte a "un disegno politico scellerato a cui sembra estraneo il presidente della Regione Musumeci, che anzi - scrive il gip - pare tratto in inganno dalle false informazioni che gli vengono riferite".

Nell'inchiesta risultano indagati anche il vice capo di gabinetto dell'assessore Razza, Ferdinando Croce e Mario Palermo, direttore del Servizio 4 del Dipartimento retto da Maria Letizia Di Liberti.

Coronavirus, dati falsificati: l'indagine.

L'inchiesta che scuote adesso la Sicilia è nata per caso. L'anno scorso, i carabinieri indagavano su un laboratorio di Alcamo che avrebbe rilasciato centinaia di tamponi errati: negativi invece che positivi. I pm hanno deciso di fare un approfondimento all'assessorato regionale alla Sanità, attivando alcune intercettazioni. E sono emerse le prime conversazioni sospette in cui si parlava di modificare i dati giornalieri dei contagi e dei tamponi. Conversazioni che si sarebbero ripetute con cadenza preoccupante. A gestire i dati era Maria Letizia Di Liberti, uno dei volti storici della burocrazia regionale, in servizio dal 1992, stimata dalle varie maggioranze e opposizioni che si sono succedute nel tempo per il suo ruolo di tecnico, unica ombra nella carriera un'inchiesta per peculato nel 2018, per alcune indennità non dovute.

Coronavirus, dati falsificati: la dirigente.

Nei mesi più intensi della pandemia, la dirigente generale Maria Letizia Di Liberti aveva avviato una battaglia per mettere ordine al caos imperante nella raccolta dei dati su contagi e tamponi. A novembre, aveva scritto una nota dai toni perentori a tutte le aziende sanitarie. Iniziava così: "L'omissione o l'incompleta registrazione dei dati sulla piattaforma informatica da parte dei soggetti coinvolti nel processo di esecuzione e/o analisi dei tamponi, costituisce una grave inadempienza che rischia di compromettere la qualità delle analisi e delle valutazioni sull'andamento dell'epidemia e, conseguentemente, di indurre  i decisori ad attuare misure di contenimento non proporzionate al quadro reale epidemiologico". E, adesso, è lei accusata di avere omesso e alterato quei dati. Ma perché l'avrebbe fatto? Per un qualche interesse personale o di carriera? Per compiacere il suo assessore? Per coprire alcune vistose falle nell'organizzazione della sanità siciliana?

I magistrati hanno disposto l’acquisizione di telefonini, computer, server dell’assessorato. Naturalmente, una copia. La complessa macchina della sanità non può fermarsi in questo momento di emergenza sanitaria. Ma è necessario capire cosa è accaduto. E, soprattutto, scoprire quali dati sono stati nascosti. L'inchiesta è appena all'inizio.

LaRepubblica