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sabato 22 maggio 2021

Mutuo prima casa giovani: come ottenere le agevolazioni e chi può accedervi. - Andrea Carli

 

I punti chiave


Un sostegno per chi non ha ancora 36 anni e, senza quel minimo di certezze che un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato o forme di impiego autonomo possono dare, vede l’accensione di un mutuo per acquistare casa un’operazione ai limiti del possibile.

Aiuti acquisto prima casa per under-36.

Come preannunciato dal presidente del Consiglio Mario Draghi in occasione della presentazione del Piano di ripresa e resilienza al parlamento, nel pacchetto delle misure entrate nel decreto Sostegni bis approvato dal Consiglio dei ministri (il testo definitivo non è stato ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale) e finanziate con i 40 miliardi di scostamento di bilancio, entrano anche gli aiuti per consentire agli under-36 (in precedenza la soglia era 35 anni) titolari di un rapporto di lavoro atipico di acquistare la prima casa.

Garanzia dello Stato fino all’80% del mutuo.

Questi giovani potranno accedere al Fondo di garanzia per la prima casa. La percentuale di copertura della garanzia passa dal 50 all’80% dei finanziamenti richiesti per l’accensione di un mutuo.

Domande fino al 30 giugno 2022.

Le domande per accedere alla garanzia dello Stato potranno essere presentate fino al 30 giugno 2022 dagli under 36 con un Isee sotto i 40mila euro.

Prima casa, stop imposte di registro fino al 30 giugno 2022.

Fino al 30 giugno dell’anno prossimo gli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di “prime case” di abitazione, a eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9, e gli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell'uso e dell'abitazione relativi alle stesse sono esenti dall'imposta di registro e dalle imposte ipotecaria e castale se stipulati a favore di soggetti che non hanno ancora compiuto trentasei anni di età nell'anno in cui l'atto è rogitato e che hanno un valore dell'indicatore della situazione economica equivalente non superiore a 30mila euro annui.

Credito di imposta sull’Iva corrisposta per l’acquisto.

Per questi atti relativi a cessioni soggette a Iva è attribuito agli acquirenti che non hanno ancora compiuto trentasei anni di età nell'anno in cui l’atto è stipulato un credito d’imposta di ammontare pari all’imposta sul valore aggiunto corrisposta in relazione all'acquisto. Il credito d’imposta può essere portato in diminuzione dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito, o può essere utilizzato in diminuzione delle imposte sui redditi delle persone fisiche dovute in base alla dichiarazione da presentare successivamente alla data dell'acquisto. Il credito din imposta può altresì essere utilizzato in compensazione (Dlgs 241/97). Il credito d'imposta in ogni caso non dà luogo a rimborsi.

Esenzione dell’imposta sostitutiva su bollo e ipoteche.

Il decreto Sostegni bis prevede infine che i finanziamenti erogati per l'acquisto, la costruzione e la ristrutturazione di immobili ad uso abitativo per i quali ricorrono le condizioni e i requisiti dal decreto e sempreché la sussistenza degli stessi risulti da dichiarazione della parte mutuataria resa nell'atto di finanziamento o allegata allo stesso siano esenti dall'imposta sostitutiva delle imposte di registro, di bollo, ipotecarie e catastali e delle tasse sulle concessioni governative (l’imposta è dello 0,25 per cento).

IlSole24Ore

mercoledì 19 maggio 2021

Mutuo casa giovani: fino a 9mila euro di risparmio su tasse e spese. - Michela Finizio

 

Esenzioni, crediti d’imposta, riduzione dei costi notarili e garanzia più elevata sui mutui: questo il mix di misure contenute nella bozza del decreto Sostegni-bis.

I punti chiave


Sono oltre 3 milioni i giovani tra i 25 e i 35 anni che vivono ancora in famiglia con i genitori, circa la metà del totale contro il 30,5% della media europea. Se si favorisse la loro autonomia abitativa tanto da raggiungere gli standard europei, a cercare casa nei prossimi mesi potrebbero essere circa un milione e 95mila giovani.

È questa la platea a cui si rivolge il mix di misure contenute nella bozza del decreto Sostegni-bis allo studio del Governo, un pacchetto di incentivi all’acquisto della prima casa che, fino al 31 dicembre 2022, prevede:

- l’esenzione dalle imposte di registro, ipotecaria e catastale sugli atti di compravendita, nuda proprietà e usufrutto di case di abitazione (purché non di lusso) a favore di under 36;

- l’esenzione dell’imposta sostitutiva sull’atto di mutuo;

- il riconoscimento di un credito d’imposta come ristoro in caso di Iva pagata sul valore della casa che potrà essere utilizzato in compensazione, nella successiva dichiarazione Irpef o ai fini dell’imposta di registro nei successivi atti di donazione o successione.

Per una giovane coppia, ad esempio, in caso di acquisto di un bilocale da 180mila euro in città tramite mutuo all’80% (si veda la simulazione nella grafica), l’insieme di misure si potrebbe tradurre in un risparmio di circa 2.800 euro se a vendere la casa è un privato: verrebbe cancellata l’imposta di registro che per la prima casa è pari al 2% sul valore catastale dell’immobile (che è 115,5 volte la rendita catastale); così come le imposte ipotecaria e catastali (50 euro ciascuna) e quella sostitutiva (0,25% dell’importo finanziato).

La misura diventa ancor più rilevante se a vendere la casa è un’impresa, ad esempio se si acquista direttamente dal costruttore: lo “sconto” sull’Iva farebbe lievitare il risparmio per gli under 36 fino a 9mila euro. Anche se non si tratta di una vera esenzione Iva, essendoci limiti imposti a livello Ue, ma l’importo di fatto verrebbe “rimborsato” tramite credito d’imposta in un secondo momento.

L’ESEMPIO/1

Le spese legate all'acquisto dell'abitazione (prima casa) da parte di un giovane under 36


L’ESEMPIO/2

Le spese legate all'acquisto dell'abitazione (prima casa) da parte di un giovane under 36


Gli onorari notarili.

Nella bozza del decreto Sostegni-bis è citato anche un dimezzamento degli onorari notarili sulla stipula di questi atti, ma bisognerà vedere la versione finale del testo. «Se si identificano gli onorari notarili con quelli repertoriali - afferma Valentina Rubertelli, presidente del Consiglio Nazionale del Notariato - l’impatto sul costo finale sarebbe scarso, ma di rimando sarebbero preoccupanti le ricadute sulla tenuta degli archivi notarili e della cassa previdenziale del Notariato. Se, invece, l’intento è quello di incidere sui compensi effettivi, essendo stati aboliti i minimi tariffari sin dal 2006, occorrerebbe reintrodurre dei parametri equi in rapporto ai quali ragionare di “calmieramento”».

Oltre alle spese del notaio, resterebbero in carico al giovane acquirente anche gli eventuali costi dell’agenzia immobiliare e quelli dell’istruttoria di mutuo da parte della banca. Cifre che, comunque, tornando all’esempio del bilocale acquistato in città, prevedono circa 10mila euro di spese connesse alla compravendita.

L’accesso al mutuo.

A fare la vera differenza, poi, sarebbe la possibilità di accedere a un mutuo al 100% che consenta di non dover versare il 20% del capitale: per abbattere questa barriera il Governo prevede il rifinanziamento con 55 milioni di euro del Fondo mutui prima casa gestito da Consap che concede una garanzia statale (una sorta di fidejussione) per favorire l’accesso al mutuo nei casi in cui il rapporto rata-reddito del richiedente non è sufficiente e per di più ad un tasso calmierato; è inoltre allo studio l’ipotesi di allargare lo strumento a tutti i giovani under 36, e non solo alle giovani coppie o a coloro che hanno un lavoro atipico come previsto oggi, magari innalzando la garanzia statale dall’attuale 50% dell’importo di mutuo al 70-80%, nell’ottica di “spingere” le 217 banche aderenti all’iniziativa a concedere mutui al 100 per cento.

«Registriamo un forte ritorno di interesse da parte delle famiglie sull’investimento sulla casa», commenta Stefano Magnolfi, executive Director di Crif real estate services. Le richieste di mutuo sono in crescita e, in questo scenario, aumenta il peso degli under 35 che nel primo quadrimestre 2021 sono arrivati a coprire il 29,3% delle istruttorie. «Le misure in arrivo potranno dare un ulteriore impulso al mercato», conclude Magnolfi.

Il fondo prima casa.

Lo strumento
Garanzia pubblica del 50% sull’acquisto della prima casa per un valore massimo di 25mila euro (e non di lusso). Previsto per alcune categorie (tra cui giovani coppie e under 35 con lavoro atipico) un tasso calmierato. Resta facoltà della banca decidere sulla concessione del mutuo e sul ricorso alla garanzia del Fondo.

I numeri.
Le risorse stanziate nel Fondo ammontano a 829,6 milioni di euro. Al 30 aprile 2021 sono state ammesse 222.647 richieste e concesse garanzie per circa 670 milioni, di cui 7,2 milioni effettivamente escusse e 20,3 milioni che risultano sospese o in sofferenza. La dotazione residua è di 155,6 milioni di euro.

IlSole24Ore

martedì 30 marzo 2021

Pochi soldi, piccoli gabbati: sostegni peggio dei dl Ristori. - Patrizia De Rubertis

 

I nuovi ristori allo studio del governo saranno sempre un cantiere aperto, il cui ammontare degli aiuti susciterà malumori: troppi pochi soldi stanziati in un arco temporale troppo lungo, mentre imprese e professionisti restano in ginocchio, stravolti da un anno di chiusure o da orari di lavoro ridotti. Il copione si ripete dal maggio del 2020, lungo i quattro decreti che hanno stanziato i contributi a fondo perduto per compensare la diminuzione di fatturato causata dall’emergenza Coronavirus. E con le stesse accuse, la scorsa settimana, si è chiuso anche il più travagliato dei decreti, il “Sostegni”. Ma le categorie produttive coinvolte, dopo aver lungamente protestato per gli esigui contributi ottenuti, ora già rimpiangono i decreti precedenti che hanno previsto aiuti più elevati. E aspettano che il premier Mario Draghi attivi altri interventi. Si parla di un sesto decreto (e un nuovo scostamento di bilancio) che detterà anche le nuove regole per stabilire l’effettivo ammontare dei contributi a fondo perduto che, questa volta, dovrebbero andare solo alle imprese costrette a ulteriori misure più restrittive. Insomma, un piano di ristori che è l’esatto contrario di quello seguito dal decreto Sostegni che, abolendo i codici Ateco, da oggi distribuirà 11,5 miliardi di euro a una platea più ampia di beneficiari agevolando perlopiù le imprese che fatturano oltre 5 milioni di euro e lasciando ai piccoli le briciole. Tagliati fuori anche imprese e professionisti con un calo di fatturato minore del 30% tra il 2019 e il 2020.

Per capire meglio le accuse di ristoratori e negozianti, abbiamo chiesto alla Fondazione studi dei Consulenti del lavoro di elaborare una tabella di simulazione sui vari ristori messi in campo nell’ultimo anno per fare una comparazione. I decreti sono il dl Rilancio che, approvato nel maggio 2020, ha stanziato 6 miliardi di euro di contributi a fondo perduto, il dl Ristori dell’ottobre 2020 (12,4 miliardi), il dl Ristori bis del novembre 2020 (1,4 miliardi) e il dl Sostegni (oltre 11 miliardi). Non è stato considerato il decreto Natale che ha stanziato 645 milioni di euro ai soli titolari di partita Iva interessati dalle restrizioni imposte nelle zone rosse durante le festività natalizie. Se i dl Rilancio, Ristori e Ristori bis hanno preso come base di calcolo la differenza tra l’importo della media mensile del fatturato del mese di aprile 2020 su aprile 2019 delle attività previste dai codici Ateco, il dl Sostegni ha invece calcolato l’ammontare del contributo applicando una percentuale di ristoro in base alla differenza di quanto fatturato tra l’anno 2020 e il 2019. Perché questa differenza? Per ampliare la base dei beneficiari, il dl Sostegni ha notevolmente ridotto la base di calcolo, facendo diminuire anche gli importi erogati. Contestazione che arriva dal Servizio del Bilancio del Senato. Ma per i tecnici di Palazzo Madama ci sarebbe anche un problema di stanziamenti: i soldi del decreto del governo Draghi potrebbe non bastare avendo esteso i ristori anche alle maxi attività che fatturano fino a 10 milioni.

Bar. Prendiamo un bar con fatturato pre-Covid di 100mila euro e un crollo del 50% nel 2020. Se il suo fatturato nell’aprile 2019 è stato di 17 mila euro, esattamente un anno dopo ha registrato zero durante il lockdown. La prima tornata di ristori, che hanno praticamente riguardato tutte le attività, hanno permesso al barista di prendere 3.400 euro (il 20% dei ricavi). Importo salito a 5.100 euro a fine ottobre con il dl Ristori che ha tenuto la stessa base di calcolo, aumentando però le percentuali dei ristori. La nuova tranche di soldi del dl Sostegni (il dl Ristori bis ha previsto contributi solo ai codici Ateco esclusi dal decreto precedente) è quindi crollata a 2.500 euro.

Ferramenta. Stessa doglianza del barista arriva dal proprietario di una ferramenta (fatturato di 300 mila euro nel 2019 e di 210 mila euro nel 2020; con entrate di 15 mila euro ad aprile 2020 e 40 mila nel 2019) che ha preso solo 5 mila euro a maggio 2020 e ora 3.750 euro. Dal momento che la sua attività, considerata servizio essenziale, è rimasta sempre aperta, non ha percepito altri ristori. “I dati parlano da soli. L’ultimo decreto è un mini-sostegno che a piccoli e medi imprenditori non basterà a pagare un mese di affitto dei locali, ma ha accontentato le imprese che fatturano fino a 10 milioni, prima escluse da tutte le disposizioni”, commenta Rosario De Luca, presidente della Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro.

Negozio di abbigliamento. Salendo con i fatturati si nota, infatti, che un negozio di abbigliamento che a maggio 2020 ha preso oltre 15 mila euro di ristoro, ha poi incassato il doppio a novembre e ora prenderà 11.600 euro.

Concessionaria di auto. Con il caso di scuola per chi fattura fino a 5 milioni di euro: una concessionaria d’auto. Esclusa dal Ristori e dal Ristori bis per il limite di fatturato, ha ottenuto 50 mila euro sia a maggio scorso sia ora con il dl Sostegni. Ma sono le imprese più grandi a rifiatare di più con l’aumento del tetto di fatturato da 5 a 10 milioni di euro: così oggi a richiedere i ristori, 66 mila euro, potrà essere per la prima volta anche un’azienda che produce plastiche.

IlFattoQuotidiano

venerdì 5 febbraio 2021

Cambio di casacca? Per un figlio si fa. - Antonio Massaro

 

E anche questa settimana a Criminopoli tira un’ottima aria. La leggerissima flessione non intacca il trend positivo: 32 i nuovi indagati per corruzione dal 23 gennaio al 4 febbraio. 

La scorsa erano stati 40, è vero, ma il totale dall’inizio dell’anno si avvicina alle tre cifre: siamo a quota 92. Media giornaliera: 2,6 nuovi indagati ogni 24 ore. Uno ogni 9 ore! 

Grandi soddisfazioni anche sul fronte mafie: i 36 nuovi avvisi di garanzia (9 in meno della scorsa settimana) portano il totale del 2021 a 308 indagati per associazione mafiosa. Media giornaliera: 8,8 (in leggera diminuzione, rispetto ai 9,7 della scorsa settimana, ma pur sempre un gran risultato: un nuovo indagato ogni 2 ore e mezza). 

Restiamo in tema di minuti, ore, giorni, mesi e anni. Oggi 5 febbraio Matteo Messina Denaro può festeggiare ancora: è libero da ben 10.110 giorni. 

Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Laura Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro sono invece morti da 10.484 giorni. 

Abbiamo invece perso Paolo Borsellino e i cinque agenti Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina da ben 10.427 giorni. 

Il Premio mazzetta di questa settimana va al neo indagato Luigi Sergi, ex consigliere comunale di Brindisi, accusato di aver compiuto atti contrari ai suoi doveri in cambio di una promessa per suo figlio: all’amato rampollo avevano prima proposto un assessorato, poi aveva ottenuto l’incarico di componente dell’ufficio di supporto del sindaco. E Sergi cosa offriva in cambio? Semplice. Siccome era passato dalla maggioranza all’opposizione, “tornava a votare – in modo determinante – con la maggioranza”. Lo accusano di aver violato il “dovere di votare in piena libertà e secondo scienza e coscienza”. Ma, in coscienza, Sergi tiene famiglia. E un voto in democrazia che sarà mai? Piuttosto, come tutti i nostri premi, siamo pronti a revocarglielo se sarà assolto o archiviato. È simbolico ma deve restare in buone mani.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/05/cambio-di-casacca-per-un-figlio-si-fa/6091056/

domenica 30 agosto 2020

“Vogliamo firmare contratti rivoluzionari”. E Carlo Bonomi spiega come: nessun aumento ai dipendenti, libertà di licenziare. - Mauro Del Corno

“Vogliamo firmare contratti rivoluzionari”. E Carlo Bonomi spiega come: nessun aumento ai dipendenti, libertà di licenziare

In una lettera alle associazioni confindustriali, il presidente degli industriali Carlo Bonomi torna su temi a lui più cari: più aiuti alle imprese, meno agli altri; niente soldi ma solo più welfare per i lavoratori e fine del blocco sui licenziamenti. Sulla diffusione dei contagi non ha dubbi: le fabbriche non c'entrano nulla.

Dopo tre interviste in tre giorni rilasciate dai vertici confindustriali su tre differenti grandi quotidiani, il presidente Carlo Bonomi denuncia, in una lettera interna destinata ai presidenti di tutte le associazioni del sistema, “intimidazioni alle imprese per indurle a tacere”. Torna insomma il tema del “sentimento anti imprese” che il leader degli industriali fiuta nell’aria ogni volta che mette piede oltre viale dell’Astronomia. La lettera tocca poi su molti dei punti toccati in questi giorni. Il primo, naturalmente, quello del rinnovo dei contratti collettivi. Dieci milioni di lavoratori italiani attendono infatti nuovi accordi visto che i precedenti sono scaduti, in alcuni casi da anni o decenni

“All’accusa che i leader sindacali hanno rivolto a Confindustria di non volere i contratti abbiamo risposto con chiarezza che Confindustria i contratti li vuole sottoscrivere e rinnovare. Solo che li vogliamo ‘rivoluzionarì”, scrive Bonomi in occasione dei suoi primi 100 giorni di presidenza. Nella lettera Bonomi specifica “contratti rivoluzionari rispetto al vecchio scambio di inizio Novecento tra salari e orari. Non perché siamo rivoluzionari noi, aggettivo che proprio non ci si addice, ma – spiega – perché nel frattempo è il lavoro e sono le tecnologie, i mercati e i prodotti, le modalità per produrli e distribuirli, ad essersi rivoluzionati, tutti e infinite volte rispetto a decenni fa”. Bonomi , in vista del tavolo con i sindacati del prossimo 7 settembre, indica quindi agli industriali che questa è una posizione da sostenere “con grande energia”, con “chiarezza e fermezza”, con “tutto l’equilibrio ma anche con tutta la risolutezza necessaria”. Una chiamata alle armi che mostra però già importanti defezioni.
No agli aumenti in busta paga – Sinora la linea Bonomi è stata quella di non accettare aumenti in busta paga poiché non c’è inflazione. Neppure per quelle categorie come dipendenti della sanità privata o dell’industria alimentare che hanno continuato a recarsi al lavoro durante tutta la pandemia. Al massimo qualche concessione in termini di welfare aziendale, tutti interventi con forti agevolazioni fiscali per le imprese. Una linea sconfessata peraltro apertamente da colossi come Barilla, Ferrero o Coca Cola Italia che hanno invece firmato il nuovo contratto collettivo dell’alimentare che prevede aumenti in busta paga (a regime, cioè dal 2023, 119 euro lordi in media al mese). I “ribelli” compariranno davanti al presidente il prossimo 9 settembre.
Oggi è stato anche annunciato che il 16 settembre sarà sciopero nazionale dei lavoratori della sanità privata che incroceranno le braccia in segno di protesta per “la mancata sottoscrizione definitiva, da parte delle controparti ovvero Aiop (Associazione italiana ospedalità privata che fa capo a Confindustria) e Aris (Associazione religiosa istituti socio-sanitari), della preintesa raggiunta il 10 giugno scorso sul rinnovo del contratto”
Libertà di licenziare – La scelta del governo di estendere gli ammortizzatori sociali e vietare per legge i licenziamenti nel pieno dell’emergenza Covid “poteva essere giustificata”, ma “protrarla ad oltranza è un errore molto rischioso”, afferma ancora Bonomi nella sua missiva. “Più si protrae nel tempo il binomio ‘cig per tutti-no licenziamenti più gli effetti di questo congelamento” del lavoro “potrebbero essere pesanti, in termini sociali e per le imprese”, afferma. Per alcune, questa sorta di “anestesia” potrebbe significare “‘al risveglio l’avvio di procedure concorsuali”. Bonomi rilancia, invece, la necessità di una riforma delle politiche per il lavoro “profondamente diverse”, orientate verso politiche attive e non passive, già a cominciare dalla prossima legge di Bilancio. Una riforma “complessiva e di sistema”.
Giova ricordare che il blocco dei licenziamenti (il cui costo è stato sostenuto dalla fiscalità generale e non dalle imprese, attraverso la Cig Covid) è stato imposto dal governo nella speranza che nel frattempo l’economia iniziasse a dare segni di ripresa, limitando l’impatto occupazionale. Nel frattempo la valvola di sfogo delle aziende sono stati i contratti a termine quasi mai rinnovati una volta arrivati a scadenza.
I soldi devono andare solo alle imprese – Nella lettera ricompare un altro leitmotiv del Bonomi pensiero. Gli aiuti per superare la pandemia devono andare alle imprese, molto di più di quanto avvenuto sinora. Basta con i “sussidi a pioggia”, formula cara al presidente per indicare sostegni che vanno a persone e famiglie in difficoltà. “Se non saremo uniti negli obiettivi prioritari per cui ci battiamo, nel respingere le polemiche ed anche i tentativi di intimidirci, allora diventerà ancora più improbo il tentativo di trasformare l’Italia in quel Paese dell’innovazione permanente capace di accogliere e trattenere i nostri figli che, noi sappiamo, può e deve essere”.”Ci aspetta una stagione – scrive – in cui la demagogia rischia di essere la più fraudolenta delle seduzioni. E, al contempo, in cui il costo dell’incompetenza sopravanzerà per generazioni i benefici di chi oggi se ne avvantaggia”.
Belle parole che cozzano però con una realtà che vede le aziende private italiane tra le ultime in Europa per la quota di risorse destinate a ricerca, sviluppo e innovazione. Circa lo 0,5% del Pil, meno della metà rispetto a Francia o Germania. Ma certamente tutto sarebbe diverso se fosse stata accolta l’unica “rivoluzionaria” concreta proposta con cui Confindustria si è presentata agli Stati generali dello scorso giugno: restituiteci 3,4 miliardi di accise sull’energiaA Bonomi, che pochi giorni fa ha negato che Confindustria sia “un potere forte”, proprio non va giù che palazzo Chigi non esegua i desiderata degli industriali. E così ogni occasione è buona per randellare l’esecutivo: “I numerosi interventi specifici, i bonus frammentati e i nuovi fondi accesi presso ogni ministero, non sono stati certo la risposta articolata ed efficace che ci aspettavamo”. E ancora: politiche attive del lavoro “non possono essere attuate con il Reddito di cittadinanza“, la cui attuale configurazione va “smontata”, sostiene Bonomi. Bisogna “superare i limiti” dell’attuale sistema delle politiche del lavoro, puntando tra l’altro su formazione e riqualificazione professionale, ricollocazione e reimpiego, sottolinea inoltre il presidente di Confindustria facendo riferimento alla proposta di riforma “complessiva”, in dieci punti, inviata a metà luglio al governo e ai sindacati.
I contagi? Colpa solo degli altri – I panni sporchi si lavano in casa. La lettera interna avrebbe potuto fare un qualche accenno all‘uso indebito della Cig Covid attuato da alcune aziende o magari qualche accenno di autocritica sui contagi in fabbrica che continuano a registrarsi nelle fabbriche. Niente di tutto ciò. Anzi, Bonomi liquida come un “falso assoluto” la critica alle imprese di “aver osteggiato la chiusura di alcune aree del Paese a fronte della diffusione del Covid-19″. Il presidente di Confindustria non lesina però bacchettate tutti gli altri. “Sulle misure di sicurezza anti-Covid ancora non ci siamo”, scrive. E sottolinea: “Che il tema dopo tanti mesi sia purtroppo ancora irrisolto lo testimoniano due vicende in corso”. Si sofferma quindi sulle “profonde incertezze sulla riapertura delle scuole a settembre, che al di là del bando su 2,4 milioni di banchi a rotelle identificati come priorità ancora non vedono una risposta precisa alla domanda centrale: che cosa avverrà negli istituti in presenza di contagi?” C’è poi il tema per i presidi, come si era posto per gli imprenditori riguardo agli ambienti di lavoro, “dello scudo rispetto alla responsabilità penale in caso di contagi”. Bonomi sottolinea inoltre “l’esperienza dei mancati controlli e tamponi di massa al rientro dalle vacanze in Paesi posti dal Governo nella lista dei controlli obbligati”. E come “altra conferma” aggiunge “l’insuccesso della app Immuni”.

giovedì 2 luglio 2020

Tetto al contante, uso del Pos, stipendi, famiglia e auto: cosa cambia. - D. Aquaro, C. Dell'Oste, M. Finizio

Emergenza Coronavirus: agevolazioni economiche per imprese e ...

Dal superbonus edilizio 110% al voucher vacanze, dai nuovi limiti per i pagamenti cash fino all’aumento nelle buste paga dei dipendenti.

Auto aziendali, stipendi, bonus vacanze, lavori in casa e pagamenti con carte e contanti. Tra vecchie norme quasi dimenticate e altre varate sull’onda dell’emergenza coronavirus, il 1° luglio segna un “mezzo capodanno”. Con novità che spesso regalano incentivi e crediti d’imposta, ma che non sono sempre facili da applicare. Perché le istruzioni sono mancanti o complesse e il destino di certe misure resta incerto. O perché il Parlamento deve ancora convertire in legge il decreto Rilancio (lo farà entro il 18 luglio).
Pensiamo al superbonus del 110%: le spese sostenute dal 1° luglio possono già beneficiare della detrazione massima, ma su diversi aspetti chiave il decreto potrebbe cambiare. Includendo ad esempio le seconde case, che oggi sono tagliate fuori se monofamiliari. Lo stesso accade con gli assegni familiari (il cui rinnovo per il 2020-2021 va chiesto online da inizio luglio) che sono destinati a essere superati dal Family act con l’introduzione di un assegno unico per ogni figlio fino alla maggiore età.
La «casualità» delle agevolazioni. Guardandole tutte insieme, queste novità non restituiscono un disegno coerente: il che è forse inevitabile, visto che nascono da storie, tempi e riforme diverse. Resta però la sensazione che alcune norme non siano calibrate sulle urgenze di oggi. E che, in generale, l’attribuzione di alcuni bonus finisca per generare un effetto lotteria imprevedibile.
Ad esempio, per come è scritto oggi il Dl Rilancio, la possibilità di applicare l’ecobonus del 110% a una seconda casa in campagna è legata a fattori abbastanza casuali: chi ha una villa con due unità abitative accatastate separatamente è ammesso, chi ha un alloggio con soffitta no. E ancora: se il proprietario ha già preso la residenza, può rientrarvi; se la casa è inagibile, viene escluso. Ricordando però che, se il rudere è in zona sismica 1, 2 o 3, i lavori strutturali hanno il 110% del sismabonus senza badare a prima o seconda casa.
E che dire del contraddittorio preventivo con il Fisco? Poter spiegare le proprie ragioni ai funzionari prima di subire un accertamento è un elemento di civiltà. Ma il nuovo obbligo al confronto era già nato con il difetto di non includere gli accertamenti parziali, che sono la maggioranza. Poi è arrivata l’emergenza coronavirus, con tutta la sua appendice di rinvii: con il risultato che, da un lato, oggi si impone all’ufficio di non notificare gli atti prima del 2021 (per lasciar tranquilli imprese e cittadini) e, dall’altro, gli si chiede di convocare i contribuenti prima di emettere gli accertamenti (che vanno comunque emessi quest’anno a pena di decadenza).
Le novità scattano adesso, gli aggiustamenti arriveranno in corsa. Così avverrà anche per la nuova tassazione delle auto aziendali date in uso promiscuo ai dipendenti: la stretta sui fringe benefit riguarda i «contratti stipulati» dal 1° luglio; ma il Fisco non ha ancora chiarito se si intende il contratto siglato con chi cede il veicolo, o l’accordo di assegnazione tra impresa e dipendente.
Meccanismi «fuori fuoco» e misure a termine. All’effetto lotteria, per alcuni incentivi, si affiancano inoltre le difficoltà applicative. Vedi alla voce: bonus vacanze. L’adesione al voucher da parte degli operatori del settore turistico è volontaria. E uno strumento pensato per dare una risposta alla crisi del turismo rischia di tradursi in un boomerang: lo sconto da applicare all’ospite (pari all’80% del bonus) verrà rimborsato dallo Stato con tax credit, a sua volta cedibile alle banche; ma di fatto va anticipato al cliente, e la crisi di liquidità degli alberghi ne impedisce l’uso. Così, l’incertezza sulle strutture aderenti rischia alla fine di frenare le prenotazioni.
Con una formula diversa, il mix tra incentivo diretto e detrazione si ritrova anche nel taglio del cuneo fiscale : il beneficio deciso con l’ultima legge di Bilancio (in sostituzione del bonus Renzi) arriva in parte come aumento in busta paga e in parte come riduzione delle prossime imposte. Ma questa seconda parte è a termine: vale solo da luglio a dicembre, «in vista di una revisione strutturale del sistema delle detrazioni» (come recita il Dl 3 /2020).
Entro fine anno si attende anche il riordino delle misure di sostegno per la famiglia, il “cuore” del Family act. Con cui si potrebbe ripensare l’assegno al nucleo, oggi limitato ai lavoratori dipendenti, e sostituirlo con un assegno universale rivolto a una platea più ampia, che includa i lavoratori autonomi.
Leggi anche:

mercoledì 2 marzo 2016

Fuggire all'estero per evitare la pressione del fisco. - Luca Romano




Ecco come aumentare il proprio assegno mensile e il proprio potere d'acquisto evitando il fisco italiano e vivendo in luoghi esotici.

L'imposizione fiscale è oramai al 50% e tra i nostri conti corrente continuano a fischiare i venti di una possbile patrimoniale.
Come riporta Libero, citando dati di cui anche il Giornale scrisse qualche tempo fa, il 65% dei pensionati emigra in Paesi esterni per evitare la pressione fiscale e "aumentare" il proprio assegno mensile grazie a particolari regimi fiscali. 
Tra questi, la Thailandia, un paese con il miglior rapporto qualità prezzo del mondo. Inoltre permette anche di ricevere un particolare visto per gli over 50 anni che abbiamo fedina penale pulita, non presentino nessuna malattia infettive e che abbiano, infine, un conto bancario di 20.000 euro, con il doppio potete comprarvi una villa sul mare. Oltre a queste agevolazioni, Bangkok vanta un sistema fiscale molto conveniente.
Gli italiani però preferiscono Spagna Portogallo. Quest'ultimo sta diventando una vera e proprio Mecca. Infatti, esiste una legge che permette lo status di "residente non abituale" (almeno 183 giorni trascorsi nel paese), e che fa evitare di pagare le tasse per 10 anni. Infatti, la pensione sarà incassata al lordo, che sommato a un costo della vita pari alla metà di quella dell'Italia comporta un notevole vantaggio per tutti i nonnini italiani e non. Insieme alla Spagna, vanta un buon sistema sanitario e la problematica in meno di avere una assicurazione come succede per chi fa a risiedere in Thailandia. Non solo ma ha anche delle tasse dimezzate, e come se non bastasse nelle Canarie, sempre grazie al regime fiscale l'assegno della pensione risulta più alto del 15%. A sorpresa tra le mete più apprezzate spuntano anche Costarica e Bulgaria. Lo Stato dell'America centrale oltre ad avere particolari sconti per i cittadini over65, aumenta il potere d'acquisto del 35%. Mentre in Bulgaria si può vivere da nababbi con soli mille euro. Il medico di base è gratuito come in Italia, ma le medicine costano molto meno.