mercoledì 29 aprile 2015

Natura prodiga.



Ci pensa lo stato a tassarti sul ricavato...

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martedì 28 aprile 2015

RENZI STUPRA LA COSTITUZIONE, LA FIDUCIA SULL’ITALICUM È DA REGIME FASCISTA! #NOITALICUM. - Riccardo Fraccaro




La fiducia sull’Italicum è un atto sovversivo, da regime autoritario: Renzi come Mussolini stupra la Costituzione e impone una controriforma che calpesta la nostra democrazia. Nel 70’ anniversario della Liberazione il Governo ricorre a metodi fascisti, gli stessi della legge Acerbo del ‘23, per occupare le poltrone e cancellare la volontà popolare.

Un premier non eletto ricatta la sua maggioranza di abusivi, Renzi ricorre addirittura a metodi coercitivi per esautorare il Parlamento e approvare una legge incostituzionale che apre la strada alla dittatura dell’uomo solo al comando. Partiti e correnti varie si dimostrano ancora una volta indegni servi del potere che si svendono per una poltrona. A questo punto il Presidente della Repubblica Mattarella, garante della nostra Carta fondamentale, ha il dovere di far sentire la propria voce. ll Pd renziano vuole essere padrone e non rappresentante del popolo, vuole sudditi e non cittadini. Il M5S è la nuova Resistenza, combatteremo come donne e uomini liberi!


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L’ANTROPOLOGO SEMIR OSMANAGICH: “LA STORIA UMANA E’ TUTTA UNA MENZOGNA E NE HO LE PROVE“.



“La storia dell’umanità su questo pianeta è la più grande menzogna mai raccontata e scritta. Non vedo l’ora che la verità venga esposta e che i falsi libri di storia vengano bruciati! 
I mass-media sono complici di un insabbiamento di proporzioni epiche”.
L’antropologo, Dott. Semir Osmanagich, fondatore del Parco Archeologico Bosniaco, il sito archeologico più attivo del mondo, dichiara che le prove scientifiche, ‘inconfutabili’, venute alla luce, sull’esistenza di antiche civiltà con tecnologia avanzata, non ci lasciano altra scelta se non quella di riscrivere la nostra storia, la storia dell’Umanità Terrestre. 

Un attento esame, su l’età di alcune strutture, rivela definitivamente che sono state costruite da civiltà avanzate di oltre 29.000 anni fa.

“Riconoscere che siamo testimoni di prove fondamentali dell’esistenza di antiche civiltà avanzate risalenti a oltre 29 mila anni fa, e facendo un attento esame delle loro strutture sociali, costringe il mondo a riconsiderare totalmente la sua comprensione sullo sviluppo della civiltà attuale e della sua storia”, spiega il Dott. Semir Osmanagich. “I dati conclusivi del 2008 riguardanti il sito della Piramide Bosniaca, e confermati quest’anno da diversi laboratori indipendenti che hanno condotto test al carbonio radiofonico, hanno rilevato che il sito risale a più o meno 29.400 anni fa, minimo”.

La datazione delle prove al radiocarbonio è stata fatta dal RadioCarbon Lab di Kiev, in Ucraina, su materiale organico presente nel sito bosniaco della Piramide. Il fisico Dr. Anna Pazdur dell’Università polacca di Slesia, ha annunciato la notizia in una conferenza stampa a Sarajevo nell’agosto del 2008. Il professore di Archeologia Classica presso l’Università di Alessandria, Dott. Mona Haggag, ha descritto questa scoperta come “scrivere nuove pagine della storia europea e mondiale”. La data di 29.000 anni del Parco Archeologico Bosniaco, è stata ottenuta da un pezzo di materiale organico recuperato da uno strato di argilla che si trovava all’interno dell’involucro esterno alla piramide. Ne consegue una data campione ottenuta, durante la stagione 2012, dai test fatti su materiale che si trova sopra il calcestruzzo, di 24,8 mila anni, il che significa che questa struttura ha un profilo di costruzione che risale a quasi 30 mila anni.


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“I popoli antichi che hanno costruito queste piramidi conoscevano i segreti della frequenza e dell’energia. Hanno usato queste risorse naturali per sviluppare tecnologie, e per intraprendere la costruzione di scale che non abbiamo visto in nessun altro posto della terra”, ha detto il dottor Osmanagich. “Le prove dimostrano chiaramente che le piramidi furono costruite allineandole con la griglia energetica della Terra, ed erano come macchine che fornivano energia al potere della guarigione”.
Studiosi di storia antica negli Stati Uniti, hanno notizie altrettanto sorprendenti su qualcosa trovato negli angoli più lontani del globo. Per esempio la scoperta di Rockwall al di fuori di Dallas, Texas, è solo un esempio di come stiamo riesaminando antichi misteri che rivelano molto sul nostro passato. Il sito Texano è un complesso e poderoso muro di dieci miglia di diametro costruito oltre 20.000 anni fa e coperto dal suolo sette piani sotto terra. La domanda è: da chi è stata costruita questa struttura e per quale scopo e, soprattutto, la conoscenza data da queste civiltà del passato, in che modo può aiutarci a comprendere il nostro futuro?
Nuove tracce rivelate o antiche civiltà ri-scoperte hanno acceso una innata curiosità per le origini umane, come risulta dalla recente copertura nei media mainstream. Il numero di novembre 2013 di National Geographic: I 100 più grandi misteri rivelati delle Civiltà Antiche dice,
“A volte le culture si lasciano dietro misteri che confondono coloro che vengono dopo di loro, dai menhir ai manoscritti codificati, ci indicano che gli antichi hanno avuto uno scopo profondo”.
Scienziati lungimiranti continuano a perseguire la conoscenza del nostro passato che è utile per determinare un futuro migliore. Il rinomato autore Michal Cremo, nel suo libro Forbidden Archeology, teorizza che la conoscenza dell’avanzato Homo-sapiens è stata soppressa o ignorata dalla comunità scientifica perché contraddice le attuali opinioni sulle origini umane che non vanno d’accordo con il paradigma dominante.

Gobekli Tepe
I risultati indicano chiaramente che simili civiltà avanzate di esseri umani erano presenti in tutto il mondo in quel momento storico. Ad esempio, il Gobekli Tepe che si trova nella Turchia orientale, è un vasto complesso di enormi cerchi di pietre megalitiche, con un raggio tra i 10 e i 20 metri, molto più grandi di quelle del noto sito di Stonehenge in Gran Bretagna. Agli scavi di Gobekli Tepe che hanno avuto inizio nel 1995, sono stati fatti dei test al carbonio radiofonico i quali hanno rivelato che la struttura risale almeno a 11600 anni fa. L’archeologo tedesco Klaus Schmidt dell’Istituto Archeologico Tedesco di Berlino in Germania, con il supporto dell’ArchaeoNova Institute di Heidelberg, sempre in Germania, ha condotto lo scavo di questi preistorici circoli megalitici scoperti in Turchia.

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“Gobekli Tepe è uno dei più affascinanti luoghi neolitici del mondo”, ha sostenuto il Dott. Klaus Schmidt. Ma, come spiega in un recente rapporto, per capire le nuove scoperte, gli archeologi hanno bisogno di lavorare a stretto contatto con gli specialisti di religioni comparate, con i teorici dell’architettura e dell’arte, con i teorici della psicologia evolutiva, con i sociologi che utilizzano la teoria delle reti sociali, e altri ancora.

“E’ la complessa storia delle prime, grandi comunità insediate, la loro vasta rete, e la loro comprensione comune del loro mondo, forse anche delle prime religioni organizzate e delle loro rappresentazioni simboliche del cosmo”, come riportato da Klaus Schmidt .
Oltre alle strutture megalitiche, sono state scoperte figure e sculture, raffiguranti animali di pre natura storica, come i dinosauri e altri animali selvatici. Dal momento che gli scavi iniziarono nel 1995, quattro dei circoli sono stati parzialmente ripuliti, ma si pensa che ci siano ancora fino a 50 ambienti nascosti sottoterra. Questi enormi monoliti svettanti, di sette metri di altezza e 25 tonnellate di massa a Gobekli Tepe, sono situati proprio nel cuore di ciò che percepiamo come l’origine della civiltà. Questo offre ai ricercatori, delle nuove linee guida per la vera storia della terra e delle nostre antiche civiltà.
“L’obiettivo della ricerca archeologica non è quello di scoprire semplicemente tutti i circoli megalitici, ma sopratutto cercare di capire il loro scopo”, ha aggiunto Schmidt.

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Piramide Bosniaca: Prova di civiltà avanzate di oltre 30.000 anni fa
Ormai è l’ottavo anno di scavo nel sito della Piramide Bosniaca, che si estende sui sei chilometri quadrati del bacino del fiume Visoko, 40 km a nord ovest di Sarajevo. Composto da quattro antiche piramidi quasi tre volte più grande di Giza, e da un vasto complesso di tunnel sotterranei situati sotto la piramide. La colossale piramide centrale del Sole è alta ben 420 metri e ha una massa di milioni di tonnellate rendendo le piramidi bosniache le più grandi e antiche piramidi conosciute sul pianeta (quella di cheope è alta ‘solo’ 146 metri). Il Dr. Osmanagich ha stupito l’intera comunità scientifica e archeologica con la raccolta e formazione di un team di ingegneri interdisciplinari, fisici e ricercatori da tutto il mondo per condurre un’indagine aperta e trasparente del sito e per cercare di scoprire la vera natura e il vero scopo di questo complesso piramidale.

“Questa è una cultura sconosciuta che ci presenta arti e scienze altamente avanzate, in grado di formare strutture veramente enormi e noi crediamo in questo processo dimostrando una capacità di sfruttare le risorse energetiche pure”, commenta Tim Moon, che ha recentemente aderito al team di Osmanagich.

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Il progetto archeologico ci ha consegnato un altro importante rinvenimento trovato questo anno nel complesso dei tunnel sotterranei, conosciuto come Ravine. Mentre esploravano un tunnel che conduce verso la Piramide del Sole, la squadra ha portato alla luce diverse pietre megalitiche. Nel mese di agosto un enorme pietra stimata in 25.000 kg è stato scoperta a circa 400 metri di profondità. “Qui abbiamo una pietra massiccia sepolta sotto centinaia di migliaia di tonnellate di materiale. Inoltre abbiamo individuato dei muri di fondazione lungo tutto il suo perimetro formati da blocchi di pietra tagliata”, ha aggiunto Tim Moon.
Grandi quantità di reperti sono state recuperate dalle gallerie associate che portano al sito, tra effigi, dipinti su pietra, oggetti d’arte e una serie di geroglifici e testi antichi scavati nelle pareti dei tunnel.
Il Dr. Osmangich sottolinea che è giunto il momento di condividere liberamente la conoscenza, in modo che si possa capire e imparare dal nostro passato.
“E’ tempo per noi di aprire le nostre menti alla vera natura della nostra origine. La nostra missione è quella di riallineare la scienza con la spiritualità, al fine di progredire come specie, e questo richiede un chiaro percorso di conoscenza condivisa”.
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lunedì 27 aprile 2015

Legge elettorale, ecco l'Italicum. - Alessio Sgherza

Legge elettorale, ecco l'Italicum

Dopo il proporzionale puro della prima repubblica, il Mattarellum delle elezioni 1994,1996 e 2001, dopo il Porcellum del 2006, 2008 e 2013, vede la luce il nuovo sistema elettorale italiano: l'Italicum. Ecco come dovrebbe funzionare.

Proporzionale, premi di maggioranza, soglie di sbarramento, circoscrizioni provinciali e doppio turno. Sono questi gli elementi dell'Italicum, il sistema elettorale che dovrebbe sostituire il Porcellum e garantire rappresentatività e governabilità all'Italia. Il ddl è un punto di incontro tra idee diverse.

La base è quella dell'accordo Renzi-Berlusconi, però modificato più volte, prima in un incontro Berlusconi-Renzi del 29 gennaio, poi con un accordo di maggioranza a cui Berlusconi ha dato un sostanziale via libera prima il 12 novembre e poi il 25 novembre. Ecco i punti salienti del nuovo sistema, come si è delineato nella sua ultima versione.

Uno spagnolo modificato. Il nome Italicum arriva direttamente da Renzi, che lo ha definito così durante la sua presentazione. La base è quella del sistema elettorale spagnolo, ma modificato per adattarlo alle richieste dei partiti italiani fino quasi a stravolgerlo.

Il sistema elettorale sarà proporzionale (ovvero il numero di seggi verrà assegnato in proporzione al numero di voti ricevuti) e il calcolo sarà fatto su base nazionale e non provinciale come quello spagnolo, utilizzando la regola "dei più alti resti". Questo dovrebbe favorire almeno parzialmente i partiti più piccoli, che con un calcolo su base provinciale sarebbero stati molto penalizzati.

Soglie di sbarramento. Come detto, si è andati incontro ai partiti più piccoli prevedendo una distribuzione dei seggi su base nazionale ma al tempo stesso, per limitare il proliferare di gruppi parlamentari, al riparto potranno accedere solo le liste che supereranno la soglia del 3%.

È prevista anche una soglia per le minoranze linguistiche nelle regioni che le prevedono: lo sbarramento è del 20% dei voti validi nella circoscrizione dove si presenta.

Nel caso in cui un partito che facesse parte della coalizione che ottiene il premio di maggioranza non superasse la soglia di sbarramento, i suoi voti concorrerebbero al raggiungimento del premio ma sarebbe comunque escluso dal riparto dei seggi, che sarebbero redistribuiti agli altri partiti della coalizione.

È invece saltato l'accordo per la norma 'salva Lega', la quale prevedeva che i partiti che ottenessero almeno il 9% in almeno tre regioni rientrassero comunque in Parlamento.

Circoscrizioni più piccole e tornano le prefenze. Invece delle 27 circoscrizioni attuali si passa a circoscrizioni di dimensione minore. Saranno 100 collegi (in media di circa 600mila abitanti ciascuno) e in ognuno verranno presentate mini-liste, in media di 6 candidati.

Nella prima stesura le liste erano bloccate, ovvero i candidati venivano eletti nell'ordine con cui erano in lista (se un partito aveva diritto a tre seggi, venivano eletti i primi tre della lista). Il sistema delle liste bloccate è però stato bocciato dalla Corte Costituzionale. Nell'accordo finale è invece previsto che solo i capilista siano bloccati (e sono i primi ad essere eletti), mentre dal secondo eletto in poi intervengono le preferenze (ogni elettore ne potrà esprimere due).

Questo sistema avrà come conseguenza che i partiti più piccoli, che difficilmente eleggeranno più di un parlamentare in una circoscrizione, vedranno eletti i capilista, mentre i partiti più grandi avranno anche una quota di parlamentari scelti con le preferenze.

L'eccezione in Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta. La legge prevede che la regione Val d'Aosta e le province di Trento e Bolzano siano escluse dal sistema proporzionale. Qui si voterà in nove collegi uninominali (8 per T.A.A. e 1 per la Val d'Aosta), come già avveniva con il precedente sistema elettorale. Se alla regione Trentino-Alto Adige sono assegnati più di 8 seggi, questi verranno assegnati con il sistema proporzionale.

Premio di maggioranza o doppio turno. Sono due i sistemi ideati per garantire la governabilità. Se la lista più votata dovesse ottenere almeno il 40% dei voti (soglia alzata dal 35% al 37% e poi al finale 40%), otterrà un premio di maggioranza. Il premio assegnerà alla lista più votata 340 seggi su 617 (sono esclusi dal calcolo il seggio della Valle d'Aosta e i 12 deputati eletti all'estero): si tratta del 55% dei seggi.

Se invece nessun partito o coalizione arrivasse al 40% scatterebbe un secondo turno elettorale per assegnare il premio di maggioranza. Accederebbero al secondo turno le due liste più votate al primo turno, e il vincente otterrà un premio di maggioranza tale da arrivare al 53% dei seggi (327 deputati).

Fra il primo e il secondo turno non sono possibili apparentamenti, a differenza del modello elettorale per i sindaci.

Candidature multiple. I capolista potranno essere inseriti nelle liste in più di un collegio elettorale, come già succedeva nel Porcellum, ma fino a un massimo di 10. Nella prima bozza questa possibilità era esclusa.

Le polemiche sulle quote rosa. Il tema delle quote rosa è stato a lungo dibattuto. Nell'ultima formulazione, nessuno dei due sessi potrà essere rappresentato in misura superiore al 50% (con arrotondamento all'unità inferiore) e nella successione interna alle liste nessun genere potrà essere presente per più di due volte consecutive.

Inoltre ciascuno dei due sessi può essere rappresentato massimo nel 40% dei capilista e se l'elettore esprimerà due preferenze, dovranno essere relative a due candidati di sesso diverso, pena la nullità della seconda preferenza.

Nessuna di queste ipotesi garantisce che a essere elette sarà un numero consistente di donne, tutto dipenderà da come saranno scritte le liste e dalle preferenze che le donne otterranno.

Entrata in vigore. Una volta approvato, l'Italicum entrerà in vigore solo l'1 luglio 2016.

(Pubblicato il 20/1/2014; aggiornato il 27/01/2015)

Parlamentari, il duro (doppio) lavoro. Tra assenze record e conflitti d’interesse. - Giorgio Velardi e Lea Vendramel

Parlamentari, il duro (doppio) lavoro. Tra assenze record e conflitti d’interesse

Avvocati, imprenditori e medici possono continuare a esercitare, al contrario dei dipendenti. Con accumulo di retribuzioni e possibili cortocircuiti (che la legge non sanziona). C'è chi "dorme meno di notte", chi sacrifica i weekend, chi si affida a uno staff. E chi, come Ghedini, Longo e Tremonti, alle votazioni non si vede quasi mai.

Molti di loro hanno superato la tagliola della Giunta per le elezioni di Montecitorio e Palazzo Madama: nessuna incompatibilità. Ma a ben guardare restano dubbi di un conflitto di interessi latente. La certezza, però, sono i tanti soldi in tasca. Almeno stando alle dichiarazioni dei redditi depositate in Parlamento. Molti dei nostri deputati e senatori non si accontentano, infatti, di occupare lo scranno. E continuano a svolgere indisturbati l’attività in cui erano impegnati prima dell’elezione. Soprattutto avvocati, commercialisti, imprenditori e medici dividono le giornate tra i corridoi dei Palazzi e i loro uffici. Circondandosi spesso di fidati collaboratori, ma incassando gli utili a fine anno. Al contrario di chi, come i dipendenti pubblici (docenti universitari, magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine, solo per citare alcuni casi) è costretto per legge a fare un momentaneo passo indietro. Insomma, se suscita qualche perplessità la nuova attività di viticoltore di Massimo D’Alema (che pure non ha più incarichi pubblici né di partito), non può non essere così per i parlamentari in carica. Per carità: nessuna violazione della legge. Ma qualche problema sorge quando il Parlamento si trova a legiferare su materie che li riguardano direttamente.
È così, per esempio, per Niccolò Ghedini e Piero Longo. Storici avvocati di Silvio Berlusconi che dividono uno studio a Padova e che, nonostante il mandato parlamentare, continuano a frequentare assiduamente le aule di tribunale. Capirlo non è così difficile. Basta soffermarsi sulle percentuali di assenza al momento delle votazioni calcolate da Openpolis: il 99% per Ghedini, recordman dei parlamentari “assenteisti”, e l’86% per Longo. E sulle loro dichiarazioni dei redditi, visto che nel 2014 il primo ha guadagnato oltre 2 milioni di euro e il secondo più di 900mila. Percentuale di assenze simile la fa registrare anche Giulio Tremonti, che ha saltato l’85% delle votazioni (e ha un reddito di quasi 3 milioni e mezzo di euro). L’ex ministro dell’Economia risulta socio dello studio legale “Tremonti Vitali Romagnoli Piccardi e Associati” con sedi a Milano e Roma. Su di lui al momento pende una richiesta di autorizzazione a procedere che la Procura di Milano ha inviato al Senato. Tremonti, infatti, è indagato per corruzione per il presunto versamento di 2,4 milioni di euro al suo studio da parte di Finmeccanica, nell’ambito dell’acquisto della statunitense Drs, azienda produttrice di supporti militari, quando era ministro.
Da inizio legislatura Gregorio Gitti, invece, è passato da Scelta civica al Partito democratico. Ciò però non gli ha impedito di continuare a svolgere la professione di avvocato nello studio legale “Pavesi Gitti Verzoni”. Il genero di Giovanni Bazoli (Intesa Sanpaolo), contattato da ilfattoquotidiano.it, spiega che da dopo l’elezione “gli impegni professionali variano a seconda di quelli parlamentari. Di solito – spiega Gitti – dal martedì al giovedì sono a Montecitorio”. Il deputato del Pd rigetta comunque qualsiasi ipotesi di conflitto di interessi. Anzi, dice, “trovo vantaggioso il fatto che oggi in Parlamento ci siano figure con una loro indipendenza professionale”. E proprio questa gli ha permesso di dichiarare un reddito di 3,9 milioni di euro, complici anche le numerose partecipazioni nonché le cariche ricoperte nei consigli di amministrazione di diverse società, che lo rendono il secondo parlamentare più ricco di tutti.
Circostanze, queste, che per il presidente del Gruppo Misto Pino Pisicchio forniscono più di uno spunto di criticità. “Pur avendo da sempre un peso specifico molto forte in Parlamento, soprattutto in commissione Giustizia, situazione che pone un’evidente dimensione di prossimità rispetto ai temi ordinistici, gli avvocati non hanno alcun tipo di incompatibilità”, fa notare Pisicchio. Il quale ricorda come “in passato ci sono state delle proposte per renderla formale, ma sono cadute tutte nel dimenticatoio, sintomo che da un punto di vista politico e dell’etica pubblica è un tema sempre molto attuale. Gli avvocati – conclude Pisicchio – sono un elemento della giurisdizione al pari dei magistrati, ma mentre questi ultimi sono obbligati ad andare in aspettativa per legge, come è giusto che sia, i primi non hanno nessuna costrizione”. Una discrepanza singolare.
Anche gli imprenditori possono vantare un record. Quello del parlamentare con la dichiarazione dei redditi più importante:Antonio Angelucci con oltre 5,3 milioni di euro. Ma il “re delle cliniche”, esponente di Forza Italia, detiene anche un altro primato, stavolta meno edificante: è il deputato più assente, con sole 86 presenze sulle quasi 9mila votazioni (0,99%). Cifre che fanno capire come le sue aziende abbiano la precedenza rispetto alla cosa pubblica. Pur di non lasciare la propria attività c’è chi, addirittura, arriva a “sacrificare” la famiglia. Come il forzista Bernabò Bocca, numero uno di Federalberghi e presidente di Sina Hotels (gruppo di hotel di lusso). “Sommando tutti gli impegni, le ore della giornata e della settimana che restano per i miei due figli, di 4 e 6 anni, sono poche, cerco di ritagliarmi la domenica per stare con loro”. Fra le due, l’attività principale di Bocca resta quella imprenditoriale: “Rappresenta il mio futuro e quindi non potevo permettermi di abbandonarla – spiega il senatore –. Dedico alle aziende due giorni e mezzo a settimana, spesso anche il sabato e la sera al termine dell’attività parlamentare”. Conflitto di interessi? Nemmeno a parlarne. E casomai, se c’è, questo “è solo di tipo temporale perché non ho incarichi di governo. Cerco di mettere il mio know-how di imprenditore al servizio del mondo delle imprese in genere, sicuramente non la mia”.
Paolo Vitelli ha, invece, delegato a un manager la gestione di Azimut Benetti, il più grande gruppo privato del settore nautico al mondo, che egli stesso ha fondato 40 anni fa. Il deputato di Scelta civica continua però a dedicare tempo alla sua azienda. “Seguire il Ceo, fornire il mio know-how e garantire un briciolo di rappresentanza mi porta ad essere in ufficio il sabato e la domenica – racconta Vitelli – il lunedì e il venerdì gli dedico un terzo della giornata, mentre ogni sera, finita l’attività parlamentare, leggo e rispondo alle e-mail”.
A un altro esponente montiano, Gianfranco Librandi, “piace tantissimo essere parlamentare, forse più che fare l’imprenditore”. Ma ciò non è comunque bastato per lasciare del tutto la Tci srl, azienda che ha fondato nel 1987 e che opera nel campo dell’illuminazione. Di solito “sto in azienda il sabato, il lunedì e quando ci sono dei clienti troppo importanti”, dice Librandi. Per conciliare le due attività, il deputato di Scelta civica ha preso in affitto un ufficio privato a Roma dove, racconta, invita spesso i suoi clienti. Oltretutto Librandi è anche il tesoriere del partito: un ulteriore impegno che “a volte non mi permette di essere presente alle votazioni”.
C’è poi chi per fare tutto non dorme più. “Da quando sono parlamentare ho scoperto purtroppo che di notte si può fare anche altro oltre che dormire”, afferma Paolo Galimberti, ex presidente dei giovani di Confcommercio (incarico lasciato a causa dell’ingresso a Palazzo Madama), oggi senatore di Forza Italia. Il quale rivela che, per prepararsi al meglio sui temi da trattare in aula e in commissione, ha “drammaticamente” ridotto le ore di sonno: non più di quattro a notte. Galimberti è vicepresidente dell’azienda che porta il suo nome, specializzata nella vendita al dettaglio e all’ingrosso di elettrodomestici e di elettronica di consumo. Così sicuro dell’elezione da nominare prima del voto del 2013 un direttore generale a cui affidare la gestione ordinaria dell’azienda, a cui comunque dedica in genere il lunedì per occuparsi della parte strategica. “Non lavoro con il pubblico, non partecipo ad appalti, non ho mai avuto rapporti con lo Stato, quindi – conclude – non c’è nessun conflitto di interessi”.
Ha mantenuto a tutti gli effetti la presidenza della sua Brembo, invece, Alberto Bombassei. Il quale oltretutto, come verificato da ilfattoquotidiano.it, siede ancora nel consiglio di amministrazione di Nuovo trasporto viaggiatori (Ntv). Pur continuando a sedere nel Cda della Piaggio in qualità di vice presidente, il ruolo di Roberto Colaninno (Pd) non è più esecutivo. Tanto che lui stesso tiene a precisare che “la mia presenza in aula è significativa, basta guardare le statistiche”. Le quali dicono che è stato presente a quasi il 70% delle votazioni.
Si dividono tra le aule parlamentari e il loro studio privato Pasquale Maietta (Fratelli d’Italia) e Giuseppe Marinello (Nuovo centrodestra). Anche se, dicono, l’attività parlamentare è comunque il loro primo impegno. Maietta, commercialista e al tempo stesso presidente del Latina Calcio, spiega che “la nomina a deputato ha sottratto la quasi totalità della mia presenza presso lo studio del quale sono titolare, ma ciò non ha minimamente compromesso l’andamento delle sue attività in quanto sin dai tempi della mia entrata in politica ho provveduto a circondarmi di uno staff in grado di gestirne le funzioni in piena autonomia”. Marinello, invece, medico e socio all’1% di uno studio dentistico a Menfi, racconta che “fino al 2012 ero direttamente coinvolto, mentre nel 2013 e 2014 ho svolto prevalentemente attività di consulenza, cosa che farò probabilmente anche nel 2015. Sono un libero professionista, quindi devo mantenere la professione”.
Qualcuno, però, ha fatto volontariamente un passo indietro. “Da quando sono senatore ho sostanzialmente azzerato l’attività forense, salvo portare a compimento quegli incarichi che non potevo interrompere senza fare un danno al cliente”, rivela Pietro Ichino (Pd). Che negli ultimi sette anni, cioè da quando è parlamentare, ha dato “soltanto tre pareri”. Stessa cosa è avvenuta anche per quanto riguarda la docenza universitaria. “Ho sospeso l’attività didattica limitandomi a tenere qualche lezione quando me lo chiede un collega”. A differenza di altri, per Ichino “la mia attività professionale e l’attività parlamentare sono di fatto incompatibili, perché soprattutto in materia di lavoro l’assistenza giudiziale comporta la presenza in udienza dell’avvocato e se ci si fa sostituire si fa un cattivo servizio al cliente”. Un parlamentare, aggiunge il senatore del Pd, “non può garantire questa presenza a meno che non sacrifichi l’impegno in Parlamento al lavoro forense, ma questo sarebbe scorretto per un altro verso, quindi o si fa una cosa o si fa l’altra”. Deputato “full time” anche Carlo Dell’Aringa (Pd), docente di Economica politica alla Cattolica di Milano (università privata): “Da dopo l’elezione non ho più svolto nessuna attività né di consulenza né di insegnamento”. C’è, infine, chi è stato “costretto” a doversi dividere tra i due impegni. È il caso di Michela Marzano, deputata del Pd e professore ordinario di filosofia morale all’Università René Descartes di Parigi. “Ho chiesto l’aspettativa – dice Marzano – ma il sistema francese la prevede solo per i professori associati e non per gli ordinari. Quindi, il sabato e la domenica ricevo gli studenti a casa, mentre il lunedì faccio otto ore di lezione e la sera torno a Roma con l’ultimo aereo. È faticoso, ma è anche una boccata d’ossigeno visto che il lavoro in commissione Giustizia è incentrato sugli stessi temi di cui insegno”.

domenica 26 aprile 2015

Corruzione: “Miliardi della Banca europea in opere segnate da sprechi e mazzette”. - Lorenzo Bagnoli

Corruzione: “Miliardi della Banca europea in opere segnate da sprechi e mazzette”

Il dossier dell'associazione Re:Common sull'utilizzo dei fondi dell'istituzione che nel 2015 ha stanziato per l'Italia 10,9 miliardi. Dal passante di Mestre al Mose, dal rigassisficatore Iren alla Salerno-Reggio Calabria. Tra costi esplosi e inchieste della magistratura.


L’Unione Europea ha contribuito ad alimentare il sistema corruttivo in Italia, erogando fondi senza verificare a dovere che fine facessero. 
E se chi li riceveva sperperava invece di investire. 
È quanto sostiene l’associazione Re:Common nel suo dossier Malaffare italianodenaro europeo, che ilfattoquotidiano.it ha avuto in anteprima. L’investigazione mette in fila i dati ufficiali degli investimenti della Banca europea per gli investimenti (Bei), istituto che concede prestiti a un basso tasso d’interesse per finanziare progetti volti a migliorare le infrastrutture, l’approvvigionamento energetico o la sostenibilità ambientale. È facile provare come l’elargizione non porti progressi alla grande opera. E i costi, invece, schizzano sempre alle stelle. 
Se è vero che il Rapporto 2014 di Transparency International relega l’Italia al 69esimo posto nel mondo per trasparenza, è lecito porsi la domanda: dove sono scomparsi i soldi. Soprattutto se da novembre 2014 il piano targato Junker per uscire dalla crisi della zona euro prevede 315 miliardi per investimenti pubblico-privati. 
“Non c’è corruzione che tenga – notano i ricercatori di Re:Common – Le grandi opere si faranno perché si devono fare”.
Per il 2015 il finanziamento all’Italia della Bei è di 10,9 miliardi di euro, a cui si aggiungono 500 milioni provenienti dal Fondo europeo per gli investimenti. In un cimitero di segni meno per i flussi di cassa da Bruxelles a Roma (in particolare nel settore agricoltura), la Bei viaggia in direzione ostinata e contraria: +4% sul 2013. “Dallo scoppio della crisi nel 2008 la Bei ha fatto nuovi prestiti in Italia per 63 miliardi di euro che hanno attivato circa 180 miliardi di euro. Nello stesso periodo sono state finanziate circa 77.000 Pmi, di cui 6.700 nel solo 2014″, dichiarava ai giornalisti il vicepresidente della Bei Dario Scannapieco il 19 gennaio 2015, a bilancio appena chiuso. 
Sarebbe un’ottima notizia. 
Se non fosse per quei soldi spesi per non realizzare niente.

IL SISTEMA VENETO
Per primo fu il Passante di Mestre, i 32 chilometri che collegano Dolo e Quarto d’Altino. Il viaggio comincia da qui. Nel 2003 costava 750 milioni di euro, lievitati a 1,34 miliardi quando si è arrivati all’apertura

All’inizio doveva essere realizzata da un consorzio di società (tra cui ImpregiloMantovaniCmc e altre aziende note alla magistratura), poi subentra loro la Cav (Concessioni autostradali venete), partecipata di Anas e Regione Veneto. Nel 2011 la Corte dei Conti segnala un aumento dei costi sospetto e un’anomalia nella struttura societaria. Il commissario Silvano Vernizzi è anche amministratore delegato di Veneto Strade e uomo chiave dell’assessorato alle Infrastrutture. Vernizzi è indagato per turbativa d’asta legata ad un altro progetto. Nonostante tutto questo, ricordano i ricercatori di Re:Common, la Bei presta soccorso alla compagnia che sta realizzando il passante con 350 milioni di euro, erogati nel 2013. A gennaio 2014 Re:Common, insieme al comitato cittadino Opzione Zero e alla rete europea Counter Balance, ha scritto all’Olaf, l’ufficio europeo anticorruzione per segnalare le irregolarità.

La Bei insiste sulla sua linea: Scannapieco in un’audizione in commissione Politiche Ue del Senato il 16 aprile ha garantito che il Passante sarà sostenuto con un project bond emesso dalla Bei a partire dall’estate, con la quale la Banca europea garantirà finanziatori stranieri per l’opera. 
Anas nel passante di Mestre, nota l’associazione, è committente ed esecutore dei lavori, controllore e controllato. 
E affida i subappalti per la realizzazione dell’opera, tra gli altri, alla Mantovani spa. La dirigenza nel febbraio 2013 è in carcere per associazione a delinquere finalizzata alle false fatture, inchiesta che poi si svilupperà nel caso Mose e coinvolgerà il parlamentare Giancarlo Galan, che dal Consorzio, a quanto è emerso dall’inchiesta, riceveva uno stipendio
La Mantovani fa parte del Consorzio Venezia Nuova, stazione appaltante. Una storia infinita, cominciata nel 1991 e che (forse) si chiuderà nel 2016. “La spesa – ricorda Re:Common – ha raggiunto i 5,49 miliardi di euro. Per completare il tutto serviranno almeno altri 220 milioni di euro, a cui si stima vada aggiunto un altro miliardo e mezzo per la manutenzione ordinaria”. Ovviamente la Bei contribuisce. Con 1,5 miliardi di euro, uno stanziamento mai visto prima.

L’IREN
Tra i maggiori azionisti conta i Comuni di ParmaTorino,Genova e Reggio Emilia. La multiutility Iren spa possiede quote importanti del rigassificatore di Livorno e dell’inceneritore di Parma. Due opere inutili, per Re:Common. “Il privato sente puzza di bruciato, ma il pubblico dà lo stesso il suo sostegno”, sottolineano i ricercatori. La Banca europea per gli investimenti garantisce all’Iren il solito salvagente: 860 milioni di euro. Il bilancio fa acqua da tutte le parti: l’esposizione debitoria della multiutility è di 2,525 miliardi di dollari. 

Per uscire dal guado, la società si ricapitalizza in borsa, attraverso uno strumento chiamato dividend lending (prestito dividendi) e per i dividendi agli azionisti si affida ai rabbocchi di istituzioni amiche, come la Bei. 
Tutto a posto? 
Non proprio. 
Il debito è stato ridotto solo di 30 milioni e nel contempo la magistratura di Parma (era il 2013) accusa Luigi Giuseppe Villani, vicepresidente di Iren e di Iren Mercato, e l’ex sindaco di Parma Pietro Vignali di essersi appropriati di fondi del Comune di Parma, utilizzandoli per spese elettorali e per effettuare assunzioni pilotate nelle strutture pubbliche. Con i soldi dell’Iren. Anche la Commissione europea nel 2010 ha aperto un’indagine per vederci chiaro, sulla base di un esposto rivolto alla stessa e all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, ora in corso di assorbimento nell’Autorità nazionale anticorruzione. I costi dell’impianto sarebbero 180 milioni nelle stime del progetto, e 265 milioni di euro nella richiesta alla Bei. 
Perché? 
A Livorno, invece, in questi anni non si è mosso nulla: il rigassificatore costruito con i fondi Bei giace inutilizzato in mezzo al mare.

LA SALERNO-REGGIO CALABRIA
La Bei ha immesso denaro anche nella madre di tutte le opere incompiute italiane, i 440 chilometri della Salerno-Reggio Calabria. I lavori cominciarono nel 1964, la data d’inaugurazione dovrebbe essere il 2018: 54 anni dopo. 

E l’Europa paga da tempo immemore: la Bei 530 miliardi di lire nel 1998, Bruxelles con fondi strutturali da 400 milioni di euro. 
Ma ancora l’autostrada mangia-fondi non è sazia. 
Servono altri 2,9 miliardi di euro e 1,1 sarà di provenienza Bei con il Piano Juncker. Finiranno nelle tasche di qualche azienda in odor di mafia? 
Persino l’ufficio anticorruzione europeo, l’Olaf, nel 2011 ha dimostrato un’irregolarità nella gestione dei fondi e ha chiesto alla Regione Calabria di restituire 381,9 milioni di euro, ovvero i fondi attribuiti alla regione Calabria tra il 1994 e il 2006 per un’autostrada mai terminata. 
La ‘ndrangheta quei soldi li ha già incassati: lo sostengono le inchieste Tamburo (2002-2013), Arca (2007) e Cosa Mia (2010). A mettere le mani sull’autostrada, le cosche Gallico-Morgante-Sgrò-Sciglitano e Bruzzise-Parrello. Al momento sono state emanate 109 informative interdittive, di cui 62 contrattualizzate. Chi è il general contractor dell’appalto? Un nome noto: Impregilo. La stazione appaltante è Anas.

I misteri del tesoro di Matteo Renzi, quattro milioni e associazioni opache. - Davide Vecchi

Matteo Renzi

La vera storia dell’intreccio di fondazioni e società su cui il leader Pd ha costruito la sua scalata dalla provincia al potere nazionale. Sponsor anonimi, l’aiuto di Verdini e la regia della trimurti dei fedelissimi Carrai, Boschi e Bianchi. I bilanci delle associazioni segrete e le uscite molto superiori alle entrate.

Tutto in cinque anni. Dal 2009 a oggi. Tanto è durata la scalata al potere di Matteo Renzi che da assistente di Lapo Pistelli, poi insediato nel 2004 dalla coalizione di centrosinistra alla guida della Provincia di Firenze, è riuscito a sfidare tutti. Centrodestra e centrosinistra. E a vincere. In cinque anni Renzi è riuscito a sostenere quattro campagne elettorali. Due nel 2009 (primarie e amministrative a Firenze), una nel 2012 e un’altra nel 2013, entrambe per la segreteria del Pd. Il tutto senza sostegno economico da parte del partito, rimborsi elettorali né fondi pubblici.
La coppia dei fund raiser Bianchi & Carrai.
Come ha finanziato la sua attività politica? Attraverso quali canali è riuscito a creare un tale consenso in appena cinque anni? Qualcuno lo ha aiutato a costruire il suo bacino elettorale? E come? Nel tentativo di rispondere a queste domande abbiamo ripercorso a ritroso l’ascesa del rottamatore, arrivando al 2007. Abbiamo individuato associazioni, società, comitati e rapporti (alcuni finora sconosciuti) che ruotano attorno a Renzi come l’universo copernicano attorno al sole. Al suo fianco solo due pianeti: Marco Carrai e Alberto Bianchi. Il primo sin dal 2007, il secondo dal 2009. Sono i fund raiser, i “raccoglitori di soldi”. E sono bravi, perché complessivamente hanno messo insieme oltre quattro milioni di euro per coprire le spese della corsa alla guida del Paese del loro amico Matteo Renzi.
Bianchi e Carrai oggi fanno parte del consiglio direttivo della Fondazione Open, cioè l’evoluzione della Fondazione Big Bang a cui lo scorso novembre è stato cambiato nome e composizione: Renzi ha azzerato il vecchio consiglio, confermando solo Bianchi e Carrai, inserendo Luca Lotti e Maria Elena Boschi, nominando quest’ultima segretario generale. Nel 2013 la fondazione ha raccolto 980 mila euro di donazioni, 300 mila euro in più rispetto all’anno precedente. Nel 2012 aveva chiuso il bilancio con una perdita di 535 mila euro dovuta a debiti ancora da estinguere e, stando ai resoconti che il Fatto ha potuto leggere, nel corso del 2013 la perdita si è assottigliata a poco più di 300 mila euro e le entrate sono aumentate del 30 per cento. Prima la Fondazione Big bang non esisteva, è stata fondata il 2 febbraio 2012 dall’allora presidente Carrai di fronte al notaio Filippo Russo.
La fideiussione e il mutuo della Festina Lente
Negli anni precedenti l’attività politica di Renzi passa attraverso due associazioni: Link e Festina Lente, di cui nessuna comunicazione è mai stata data. Non hanno mai avuto siti internet né rendicontazione pubblica. Praticamente sconosciuta in particolare la Festina Lente. Anche qui figurano Carrai e Bianchi. Fondata nel giugno 2010 cessa le sue attività di fund raising nel maggio 2012. L’ultimo evento che organizza è una cena di raccolta fondi per Renzi nel gennaio 2012 al Principe di Savoia di Milano. Raccoglie 120 mila euro e ha ancora all’attivo circa 40 mila euro. Questa associazione è citata solamente una volta: nel resoconto delle spese elettorali sostenute da Renzi per le amministrative del 2009.
Il comitato dell’allora candidato sindaco dichiara di aver speso 209 mila euro, 137 raccolti tra i sostenitori e gli altri 72 mila euro che mancano all’appello coperti da un mutuo acceso e garantito dalla Festina Lente. Mutuo concesso dalla banca di credito cooperativo di Cambiano (presieduta dal potente sostenitore Paolo Regini e usata anche per le ultime primarie) con a garanzia una fidejussione firmata da Bianchi. È il maggio 2009 e la Festina Lente nasce solo l’anno successivo. Si fa carico del mutuo e lo estingue immediatamente accendendone però un altro (oggi in via di rimborso) per avviare le attività di fund raising. Complessivamente però questa associazione organizza solamente due eventi, oltre alla cena milanese, in due anni.
Da dove sono arrivati i 750 mila euro di Link?
Ben più attiva la Link. Nasce nel 2007, quando Renzi era presidente della Provincia di Firenze. Con il solito Carrai nell’atto costitutivo figurano buona parte di quelli che ancora oggi sono al fianco del rottamatore. C’è Lucia De Siervo, direttore della cultura ed ex capo segreteria di Renzi, figlia di Ugo, presidente della Corte Costituzionale, e moglie di Filippo Vannoni, presidente di Publiacqua. C’è poi Vincenzo Cavalleri, ora direttore servizi sociali di Palazzo Vecchio e Andrea Bacci, oggi presidente della Silvi (società pubblica partecipata dal Comune), intercettato nel dicembre 2008 al telefono con Riccardo Fusi (ex patron del gruppo Btp condannato a due anni in primo grado per i lavori alla Scuola marescialli e imputato per il crac del Credito cooperativo fiorentino di Denis Verdini e indagato per bancarotta fraudolenta) per organizzare un viaggio in elicottero a Milano per Renzi. Poi però saltato. Per ben due volte. Infine, a firmare l’atto costitutivo della Link, c’è anche Simona Bonafè, ex assessore oggi onorevole e il presidente Marco Seracini. L’associazione ha la propria sede in via Martelli civico 5, dove poi nascerà la fondazione Big Bang. I primi due anni di vita chiudono con un resoconto finanziario in avanzo di 22 mila euro, a fronte di una raccolta complessiva di circa 200 mila in 24 mesi.
Tutt’altra musica nel 2009, anno delle primarie e delle amministrative, quindi fondi che vanno ad aggiungersi a quelli dichiarati dal Comitato. Link spende 330 mila euro e chiude con una perdita di 154 mila. Che viene in parte appianata nel 2010 attraverso erogazioni liberali ricevute per 156.350 euro e in parte nel 2011, ultimo anno di vita dell’associazione Link che termina la sua esistenza con una perdita di 3.500 euro. Complessivamente questa associazione raccoglie e investe nell’attività politica di Renzi circa 750 mila euro. Da dove arrivano queste “erogazioni liberali”?
Abbiamo cercato per giorni inutilmente il presidente Marco Seracini sia nel suo studio, dove venne registrata l’associazione, sia al cellulare. Ci siamo rivolti a Carrai che pur rispondendo molto gentilmente al telefono e rendendosi inizialmente disponibile a incontrarci, ha poi preferito non rispondere né in merito alla Link né ad altro. Cavalleri, infine, ha risposto. Al telefono, non alle domande sui donatori dei quali, ha detto, “non so niente”. Però ci ha spiegato che “l’associazione è una delle scatole a cui ho partecipato, non ho molte informazioni, non ho mai neanche partecipato agli incontri che organizzava”. Che tipo di incontri? “Raccolta fondi ma non solo, non faceva attività politica però, erano incontri sociali diciamo”. Sociali? “Sì, eventi promozionali per diciamo sviluppare le idee di cui Renzi era portatore”. E cene elettorali? “Non ricordo”.
L’amico Verdini, quando la destra era d’aiuto 
Nel 2009, dopo aver vinto le primarie, Renzi partecipò ad alcune iniziative organizzate anche da Denis Verdini, all’epoca coordinatore regionale di Forza Italia e oggi colui che deve scegliere il candidato sindaco da contrapporre a Renzi per le prossime amministrative di maggio. Nel 2009 l’allora rottamatore sedette al tavolo d’onore insieme a Verdini e consorte alla festa de Il Giornale della Toscana. Presenti tutti i parlamentari forzisti dell’epoca: Mazzoni, Parisi, Bonciani, Amato e altri. E mesi dopo partecipò a un evento organizzato dalla signora Verdini, Maria Simonetti Fossombroni. Molti del Pdl ricordano inoltre che la scelta di candidare sindaco nel 2009 l’ex calciatore Giovanni Galli fu considerato un “regalino” al giovane prodigio Renzi. Che lo asfaltò. Verdini non ha mai negato la propria simpatia per il rottamatore.
Dal centrodestra sono mai arrivati fondi alle associazioni di Renzi? Gentile e disponibile quanto Carrai si dimostra anche Alberto Bianchi, che come Carrai alla domanda non risponde. Da dove arrivano i fondi e come ha coperto il mutuo Festina Lente? E come è riuscito ad appianare il debito della Fondazione e a raccogliere il 30 per cento in più l’anno successivo? Neanche a queste domande riceviamo risposte. Una cosa è certa: l’imprenditore e l’avvocato fanno benissimo il loro lavoro di fund raiser. Sempre dall’ombra, mai in prima fila.
La società di Carrai e i lavori di Eataly a Firenze
Meno si parla di loro meglio è. Per dire: la cena di finanziamento di Renzi a Milano nell’ottobre 2012 che passò come un evento organizzato da Davide Serra in realtà è stata opera esclusiva di Carrai. L’amico di Renzi mal sopporta la pubblicità, i suoi interessi sono nel privato. Ha affiancato Renzi nel 2009 solamente per tre mesi. Oggi è, fra l’altro, presidente di Aeroporto Firenze, della C&T Crossmedia, della Cambridge Management Consulting e della D&C, mentre giovedì ha lasciato la carica di amministratore delegato della Yourfuture srl. Inoltre è socio dell’impresa edile di famiglia Car.im, società che ha realizzato la trasformazione della storica libreria fiorentina Martelli in un negozio Eataly, proprio davanti alla sede della Fondazione Open. Ma certo, sono affari privati.
da Il Fatto Quotidiano del 1 febbraio 2014

Solanum - Melanzana o Pianta delle uova.







È una specie di Solanum molto simile alla melanzana, una variante nativa dell'India che nel suo colore bianco appare davvero curiosa e spesso usata a scopo decorativo.
Non è difficile capire perché la chiamino "la pianta delle uova".