venerdì 19 marzo 2021

Media ridicoli sull’elogio a Draghi. E scandalosi nel vituperio a Conte. Dura accusa del sociologo Domenico De Masi. “Siamo piombati in un grande salotto del sentito dire.” - Carmine Gazzani

 

I media? “Si stanno mettendo in una condizione ridicola”. Per via di un complotto ben architetto? “Niente affatto. Direi più semplicemente che chi si presta è cretino e ignorante”. Va dritto al punto il sociologo Domenico De Masi. C’è qualcosa che non torna, secondo il professore, nella torsione comunicativa di gran parte dei giornali e dei media in genere sul modo di attaccare Giuseppe Conte prima che cadesse il suo governo e nel modo di lodare invece il premier in carica Mario Draghi, nonostante in molte circostanze le azioni siano pressoché identiche.

“Le faccio un esempio”.

Mi dica.
“Prenda il Recovery Plan. Negli ultimi mesi del 2020 abbiamo sentito che Conte era in imperdonabile ritardo, che avrebbe dovuto muoversi. E invece? Bisogna consegnarlo entro il 30 aprile tanto che anche Draghi, giustamente, si sta prendendo il suo tempo. Guardi, quando finirà la pandemia metterò i miei collaboratori a lavorarci seriamente e scriveremo un saggio”.

Addirittura?
“La differenza che c’è stata tra gli ultimi mesi del 2020 e i primi del 2021 è incredibile: tutto quello che si poteva imputare a Conte è stato imputato, e tutto ciò che si può tacere su Draghi si tace. Il coro dei giornali è stato scandaloso, sia nel vituperio contro Conte sia nelle lodi sperticate a Draghi, fatta eccezione per qualche quotidiano”.

Ma crede che ci sia una motivazione precisa dietro?
“Guardi, sociologicamente è impossibile dare una spiegazione per quanto assurda sia questa situazione. Le dirò di più: se ci fosse un disegno dietro, sarebbe impeccabile. Talmente impeccabile e preciso da essere irreale. Io credo molto più prosaicamente che il giornalismo rappresenta un settore della cultura in crisi. Siamo come caduti in un immenso salotto nel quale non si ragiona più con i dati ma andando dietro al sentito dire. E a rendere il tutto ancora più irrecuperabile è da una parte la totale mancanza di obbedienza alla deontologia, dall’altra una supponenza di molti giornalisti che fa credere loro non di essere professionisti come gli altri, ma soggetti che possono pronunciare ogni tipo di sentenza”.

Crede che questo osannare oltremodo Draghi possa essere controproducente per il presidente del Consiglio stesso?
“Assolutamente sì”.

In che senso?
“Non gli si fa un gran favore. In questo modo, infatti, anche le attese aumentano e il rischio è che poi vengano putualmente disattese. Le faccio qualche esempio”.

Prego.
“Si era detto che con Draghi non ci sarebbero stati più i Dpcm e che i ristori sarebbero arrivati prima di subito. E invece il primo atto di Draghi è stato un Dpcm e i tempi per ricevere i ristori non solo non si sono ridotti ma anzi si sono raddoppiati. Per non parlare della Dad che è arrivata all’80% degli alunni”.

Mi par di capire che non è soddisfatto del nuovo governo…
“Guardi, Draghi è un fuoriclasse in campo economico, non c’è dubbio. Ma la politica non è solo economia, è interessarsi agli ultimi, alla scuola, all’edilizia, alle infrastrutture, è mille cose. Sa cosa diceva Luigi Einaudi?”.

Cosa?
“Nessuno è così poco perito nell’arte di governare come chi è perito in tutt’altra cosa”. Voglio dire: chi è un grande economista, non è detto che automaticamente diventi uno statista. E invece qui abbiamo giornali e giornalisti che hanno incoronato “statista” Draghi prima ancora di vederlo all’opera.

Per lei, insomma, ancora non ha dimostrato di essere un “politico”…
“Io dico soltanto che se fosse stato Conte a continuare con i Dpcm, se fosse stato Conte a ritardare nell’erogazione dei ristori, se fosse stato Conte ad innalzare la didattica a distanza all’80% tutti i giornali – al di là delle opposizioni politiche – ne avrebbero parlato. E invece in queste ultime settimane mi pare che nessuno, salvo qualche quotidiano, abbia detto nulla sulle decisione o sui ritardi del governo Draghi”.

Ma per lei non c’è una ragione che vada oltre il giornalismo.
“Le ripeto: no. È un problema culturale. E forse di ignoranza”.

LaNotizia.

L’etica dell’informazione. - Beppe Grillo

 

La transizione MiTe impone un diverso approccio, etico e riguardoso della persona e della sua immagine anche negli spazi televisivi dedicati alla politica ed ai suoi approfondimenti.

Il cittadino ha diritto di essere informato sui contenuti.

Non è più tollerabile che il dibattito sui temi che interessano ai cittadini venga svilito da una sorta di competizione al ribasso dove vince chi urla più forte. Non è più accettabile che le immagini dei servizi e degli ospiti in studio vengano svilite con inquadrature spezzettate e artatamente indirizzate. Non è più ammissibile che l’ospite in trasmissioni televisive (rappresentante politico, esperto, opinionista, ecc) venga continuamente interrotto quando da altri ospiti, quando dal conduttore, quando dalla pubblicità, che determina il livello del programma fomentando la litigiosità ed immolando il rispetto della persona sull’altare dell’audience.

Questo modo di fare televisione non serve a informare, ma a propinare le posizioni degli editori o dei conduttori di turno e queste non interessano ai cittadini. Questa non è informazione, ma intrattenimento di bassa lega che sfocia in propaganda da quattro soldi.

D’ora in poi, per rispetto dell’informazione e dei cittadini che seguono da casa, chiediamo che i nostri portavoce, ospiti in trasmissioni televisive, siano messi in condizione di poter esprimere i propri concetti senza interruzioni di sorta per il tempo che il conduttore vorrà loro concedere, e con uguali regole per il diritto di replica, che dovrà sempre essere accordato.

Chiediamo, inoltre, che i nostri portavoce siano inquadrati in modalità singola, senza stacchi sugli altri ospiti presenti o sulle calzature indossate, affinché l’attenzione possa giustamente focalizzarsi sui concetti da loro espressi.

Poche regole, di buon senso oltre che di buona educazione, che se osservate consentiranno ai portavoce del M5S di presenziare a trasmissioni televisive con la giusta considerazione e il dovuto rispetto nei confronti dei telespettatori.

Il Blog di Beppe Grillo

Scoperto a 100 metri di profondità, il corallo rosso è tornato in Calabria. - Antonio Cianciullo

 

Dal robot sottomarino della Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli "un segnale di speranza, di resilienza del mare.”


Dai sumeri ai fenici il corallo rosso ha segnato la storia del Mediterraneo. E ora, a un secolo dalla grande razzia che lo ha fatto scomparire da buona parte dei nostri mari, è riapparso in Calabria, nell’alto Ionio. Un Rov, un robot teleguidato dotato di telecamere ad alta definizione, si è tuffato raggiungendo i 100 metri di profondità e lì, sulla secca di Amendolara, ha trovato la sorpresa.

“E’ stata una scoperta emozionante”, racconta Silvestro Greco, direttore della nuova sezione calabrese della Stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli. “Non ce l’aspettavamo. Avevamo organizzato una campagna oceanografica mirata alla mappatura di quei fondali utilizzando un sofisticato ecoscandaglio che permette una valutazione visiva mediante immagini raccolte con un Rov, un Remotely Operated Veichle. All’improvviso, a un centinaio di metri di profondità, è apparso uno stupendo banco di corallo rosso. Un fatto di rilevante importanza scientifica perché nell’alto Ionio calabrese non era mai stata segnalata la sua presenza”.

Probabilmente è una new entry in quei mari. Forse agevolata dai mutamenti creati dal cambiamento climatico. Di certo un allargamento delle zone in cui il corallo rosso sopravvive in Italia, finora limitate alla Sardegna e, in misura minore, ad alcuni tratti di costa ligure e siciliana. 

È stato il ventesimo secolo a creare una situazione di penuria. Il corallo è stato utilizzato probabilmente già nella preistoria. Le prime testimonianze storiche sono emerse dagli ornamenti nella tomba di una dea sumerica, dai reperti archeologici trovati in Sicilia, Sardegna, Siria. E sappiamo che i Romani lo usavano come sostanza medicinale per lenire vari dolori, mentre i celti lo utilizzavano per ornare le briglie dei loro cavalli.

Dalla seconda metà del Settecento all’Ottocento la pesca del corallo ha avuto il suo maggiore sviluppo. I pescatori scendevano in apnea fino a una ventina di metri e sul fondo, ad attenderli, c’erano rami di corallo rosso lunghi fino a mezzo metro. Ci si immergeva nei mari di Algeria e Tunisia, nelle acque della Sicilia e della Calabria; nel golfo di Napoli che con Torre del Greco è diventato il più importante centro di lavorazione mondiale; in Sardegna e in Corsica; sulla costa catalana e in Provenza; intorno alle Baleari e lungo le coste della Toscana.

Spettacolare per i colori e duttile per la lavorazione, il corallo ha però un punto critico: la lentezza della crescita. Un elemento incompatibile con oltre un secolo di saccheggio sfrenato dei banchi. Così la specie Corallium rubrum è diventata prima rara e poi inserita nell’allegato V della Direttiva Habitat, nell’allegato III della Convenzione di Berna, nell’allegato III del Protocollo SPA/BIO della Convenzione di Barcellona. L’estinzione è dietro l’angolo.

“La nostra scoperta è un segnale di speranza, di resilienza del sistema marino”, continua Greco. “Ma ora si tratta di difendere il corallo rosso dall’inquinamento che lo minaccia. Ad esempio in Calabria il sistema fluviale ha un andamento fortemente torrentizio: le fiumare vanno tenute pulite dalla plastica che le invade. Così come, a livello nazionale ed europeo, bisogna frenare le microplastiche. Il fatto che il mare abbia ancora capacità di conservare i suoi tesori è un buon incoraggiamento.”

Huffpost.

Coronavirus, AstraZeneca: cosa rischia chi rifiuta il vaccino. - An. Ga.

 

Solo quando la disponibilità dei vaccini non sarà più un problema e quando le categorie più fragili e più esposte al rischio saranno state vaccinate potrebbe rientrare in gioco chi decide di rinunciare ad AstraZeneca.

Il via libera dell’Ema al vaccino AstraZeneca fa ripartire già da venerdì 19 marzo le somministrazioni a tappeto in tutta Italia. Con l'incognita però delle diserzioni di chi, malgrado le rassicurazioni, rifiuterà di vaccinarsi con questo siero. Una parte delle persone prenotate non si presenterà.

Operazione fiducia,

Tanto che si moltiplicano le voci che chiedono una strategia informativa istituzionale per convincere gli italiani a vaccinarsi contro il Covid, che vedrebbe politici e ministri utilizzare il vaccino AstraZeneca. «Sarebbe importantissimo se le autorità, come il ministro Speranza, il premier Draghi o il presidente dell'Aifa si vaccinassero con AstraZeneca, un gesto convincente per la popolazione», dice Silvio Garattini, direttore dell'Istituto farmacologico Mario Negri. Sulla falsariga di quanto annunciato dal premier britannico Boris Johnson, cui venerdì sarà somministrato il vaccino anglo-svedese.

Quando è possibile rientrare in gioco.

Dopo il pronunciamento dell’Ema, è chiaro che chi rinuncia a un vaccino considerato sicuro rischia di scorrere a fine lista. Sia nel caso che non si presenti ad un appuntamento già prenotato, sia nel caso non si prenoti prima della scadenza prevista per la propria categoria, che sia una fascia d'età oppure professionale, come gli insegnanti. In concreto vuol dire che chi non si presenta o non fa domanda potrebbe essere vaccinato tra vari mesi. Solo quando la disponibilità dei vaccini non sarà più un problema e quando le categorie più fragili e più esposte al rischio saranno state vaccinate potrebbe infatti rientrare in gioco chi decide di rinunciare ad AstraZeneca.

D’Amato (Lazio): chi rifiuta Astrazeneca va in coda.

«Quando il vaccino è approvato, è sicuro ma questo non significa che non ci siano reazioni avverse. Nel Lazio abbiamo avuto poche cancellazioni delle prenotazioni per AstraZeneca. Chiaramente le sconsigliamo perché chi lo farà, finirà in coda ed è un rischio rilevante» ha precisato nei giorni scorsi l'assessore alla Sanità della Regione Lazio Alessio D'Amato, rispondendo alle domande sulle disdette per il vaccino AstraZeneca.

Il Sole 24 Ore

Amici loro. - Marco Travaglio

 

Spunti per la commedia all’italiana. Titolo: Amici loro.

Episodio 1. Mentre i giornali festeggiano l’assoluzione dell’Eni a Milano nel processo per le presunte tangenti in Nigeria perché “il fatto non sussiste”, dopo aver nascosto la condanna dell’Eni a Potenza per traffico illecito di rifiuti perché il fatto sussiste, l’Eni vuole patteggiare a Milano 11 milioni di risarcimento e 800mila euro di multa per tangenti in Congo (induzione indebita). Quindi il fatto che non sussisteva in Nigeria sussiste in Congo. Il sito di Rep parla pudico di “attività Eni in Congo”: le mazzette sono un’“attività” come un’altra. La storia ricorda quella di Fabio Riva (ex Ilva), assolto dalla bancarotta perché “il fatto non sussiste” tra gli alti lai dei “garantisti” che gridano al martirio: peccato che avesse tentato di patteggiare 5 anni e il gup li avesse rifiutati perché erano pochi. Cioè: era innocente, ma non lo sapeva, causa un grave difetto di autostima. Fortuna che poi gliel’ha spiegato il giudice.

Episodio 2. Non contento delle nomine di Brunetta, Gelmini, Garofoli, Funiciello, Vezzali, Borgonzoni e altri migliori, il Governo dei Migliori si migliora vieppiù inserendo nel Cts in quota Lega l’ingegnere padovano Alberto Giovanni Gerli, “Big Data Scientist” e inventore di un “sistema predittivo” sui contagi (ma anche sui “numeri per avere successo in amore”) che non azzecca una previsione manco per sbaglio. “Veneto in zona bianca” (è rosso). “350 casi in Lombardia salvo varianti” a marzo” (4mila al giorno). E così via. Ieri s’è dimesso come un Gallera qualsiasi (“a seguito delle inattese e sorprendenti polemiche”), non prima di aver chiarito chi l’ha nominato. Siccome lo staff Draghi, in comprensibile imbarazzo, non rispondeva, ci ha pensato lui: “Ringrazio la Presidenza del Consiglio per la nomina”. Se questi non fossero i Migliori, sarebbero financo sospettabili di essere i Peggiori.

Episodio 3. Rep ordina un sondaggio sulle Comunali a Roma, dove stando ai media la Raggi non la rivotano neppure i gatti e i ratti. Purtroppo la sindaca è prima col 26%, contro il 19% di Bertolaso e il 17 di Gualtieri. Mannaggia, che fare? Il sondaggio finisce in cronaca locale, con un titolo di consolazione: “Raggi in fuga, ma Gualtieri vincerebbe tutte le sfide a due”. Segue un appello strappalacrime a “centrosinistra e centrodestra” perché non “regàlino il Campidoglio alla solita Virginia. Sarebbe diabolico”. Ma una soluzione c’è. Siccome Gualtieri vincerebbe tutti i ballottaggi, ma non ci arriva perché è terzo, basta sostituire la legge elettorale col regolamento del tennis: tabellone con sfide a due. O mandare al ballottaggio il secondo e il terzo classificato. Anzi, meglio: abolire il primo turno e passare direttamente al secondo.