Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 18 agosto 2024
IPOCRITI! - Giuseppe Salamone
sabato 10 giugno 2023
Il processo a Julian Assange. - Giuseppe Salamone
Altro capolavoro a cura di Fazi Editore è il libro di Nils Melzer: "Storia di una Persecuzione, Il processo a Julian Assange".
Nils Melzer è un ex Relatore speciale delle Nazioni Unite, non un quaquaraquà. In questo libro l'autore documenta in modo encomiabile come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la Svezia su tutti e anche molti altri Stati che si reputano liberi e democratici, attraverso il loro protagonismo spietato i primi e attraverso la loro indifferenza tutti gli altri, abbiano messo illegalmente a tacere il fondatore di WikiLeaks.
Si tratta di una delle inchieste più rilevanti dell'ultimo secolo che dovrebbe occupare la nostra informazione "libera" proprio perché viene evidenziato quanto lo stato di diritto sia precario nella nostra società.
Melzer racconta con rimpianto anche di come prendeva sottogamba e sottovalutava il caso Assange, al punto da rifiutarsi più volte di indagare cestinando qualsiasi informazione e richiesta ricevuta relativa a questa persecuzione. Testimonia senza veli che questo suo comportamento era figlio dell'invadenza della propaganda e di una informazione disonesta, la quale le aveva creato una realtà maledettamente distorta sulla vicenda Assange.
Solo dopo, quando decide di approfondire il caso, si rende conto che le cose erano totalmente diverse rispetto al racconto della stampa mainstream; si rende conto che Assange era ed è tutt'ora vittima di una persecuzione politica. Attraverso atti ufficiali dimostra senza rischio di smentita che tutto è stato architettato ad arte per mettere a tacere Assange solo perché ha svelato i crimini di guerra perpetrati in giro per il mondo dagli Usa e vari satelliti.
Questo libro andrebbe diffuso in tutte le scuole, soprattutto nelle aule dove si studia Diritto internazionale. Andrebbe letto da tutti coloro i quali credono che Assange stia scontando una giusta detenzione, per rendersi conto che hanno una realtà che non combacia con la verità; esattamente come ce l'aveva l'autore Nils Melzer.
E se un relatore speciale dell'ONU, a posteriori si rammarica di aver sottovalutato la vicenda Assange per poi scriverci un libro per sensibilizzare la pubblica opinione, allora possiamo affermare con certezza che la questione è molto grave.
C'è una citazione di Otto Gritschineder sulle prime pagine di questo libro che mi ha molto colpito: "Chi dorme in una democrazia si risveglierà in una dittatura". Ecco, questo libro ci permetterà di restare svegli...
lunedì 9 gennaio 2023
Manipolazione, informazione. - Giancarlo Selmi
"Se un edificio crolla e la televisione non lo dice, non è mai crollato". Lo ha detto Karl Popper, filosofo ferocemente critico con ciò che chiamava "induzione". Sembra un'affermazione banale, ma non lo è assolutamente. Perché il rapporto causa effetto può essere invertito eppure darà lo stesso risultato: "se un edificio è in piedi però la televisione dice che è crollato, la gente crederà e dirà che è crollato".
È di straordinaria attualità e ci fa riflettere su quanto l'informazione possa orientare le coscienze e, soprattutto, come possa formare l'opinione, addirittura prima di orientarla. La manipolazione dell'informazione è un reato grave in tutti i paesi democratici, meno nel nostro. Comunicare notizie inventate o manipolare le vere, è sanzionato dappertutto.
In tutti i paesi democratici, ma non nel nostro, esistono leggi severe che impediscono i conflitti di interesse nell'editoria. Proprio per evitare ciò che sta succedendo in Italia: il consolidamento di un tumore che ha ramificato le metastasi in tutto (o quasi) il sistema informativo italiano. Non è forse un pericolo per la democrazia?
Non solo manipolazione, ma falsificazione, insabbiamento, silenzio sulle notizie scomode.
Il Tg1 ha rifiutato di passare le immagini della protesta con la vernice dei ragazzi di "ultima generazione". È passato sotto silenzio il ricco aumento per "adeguamento all'inflazione" dei già ricchi vitalizi degli ex Consiglieri regionali della Liguria. Che, peraltro, molte regioni stanno imitando. Adeguamento del quale sono a conoscenza i soli lettori del Fatto Quotidiano. Sul "bipolarismo" della Meloni nessuno parla. Nessuno che abbia messo in evidenza la bipolare attitudine del signor PdC riguardo alle accise sui carburanti e fatto vedere il video con il gridolino "paura", della premier, quando si presentò lo stato a ritirare i 35 euro su 50.
Ora che quei 35 euro li ritira lei stessa, non avremmo diritto a gridare, come fece lei nel famoso video, "paura"? E non avremmo il diritto di esserne informati? Può definirsi un paese del primo mondo, quello in cui facciano informazione un solo giornale ed un comico, il geniale Crozza?
(nella foto Karl Popper)
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mercoledì 30 novembre 2022
Caso Assange, caso Renzi. - Alessandro Di Battista
Sul caso Assange sostengo da tempo una cosa: si vuole colpire Julian per educare tutti gli altri. “Colpiscine uno per educarne cento” fu lo slogan utilizzato dalle Brigate Rosse quando fecero il primo sequestro, quello di Idalgo Macchiarini. Le BR odiavano il sistema ma, come vedete, il sistema fa le stesse identiche cose e forse le fa in modo più subdolo. Il caso Assange è, chiaramente, molto diverso dalla vicenda Report incontro in autogrill Renzi-Mancini. Ma c’è qualcosa in comune. Ripeto, vogliono distruggere (e ci stanno riuscendo) Assange per evitare che vi siano altri Julian in futuro. Chi avrà ancora il coraggio di diffondere documenti scottanti sui potenti della terra, a cominciare dalla CIA, se Assange dovesse finire i suoi giorni in carcere? Colpirne uno per educarne 100. Tutti educati al silenzio, alla mansuetudine, ad abbassare la testa.
Ebbene guardiamo la vicenda Report Renzi-Mancini. Una cittadina italiana perbene, un’insegnante, un mattina in autogrill assiste ad un incontro molto strano tra un ex presidente del Consiglio, Renzi, ed un uomo che non riconosce. I due arrivano in auto di servizio e parlottano nella piazzola dell’autogrill. Lei ha la prontezza di riprenderli e invia il filmato a Report. I giornalisti di Report scoprono che quella persona è un agente dei servizi segreti italiani, tal Marco Mancini. Parte giustamente un’inchiesta giornalistica sull’incontro. Perché si sono incontrati lì, di cosa hanno parlato? Il prefetto Gabrielli, divenuto autorità delegata per la sicurezza della Repubblica emana, giustamente, una direttiva restrittiva sugli incontri tra politici e 007. Segno che filmare quell’incontro e dare il video a Report è stato un atto di pubblico interesse.
Ebbene quella donna, un’insegnante e, soprattutto, una fonte giornalistica, è indagata per aver filmato Renzi e per aver fornito il materiale a Report. Rischia 4 anni di carcere. Non rischia 175 anni di carcere come Assange, non finirà (speriamo) in prigione neppure per un giorno. Ma anche lei vuole essere colpita con l’obiettivo di educare altri cittadini attenti, coraggiosi e potenziali “giornalisti”.
Chi in futuro avrà il coraggio di filmare un politico in situazioni sospette o comunque “particolari” qualora l’insegnante che ha filmato l’incontro Renzi-Mancini dovesse finire sotto processo? Questa roba è vomitevole e ancor più vomitevole è il silenzio di gran parte della stampa italiana.
Oggi farò una diretta con Marco Lillo del Fatto Quotidiano. Giornalista che stimo e che ha sempre seguito queste vicende che sembrano di poco conto ma che hanno veramente a che fare con la libertà di stampa dunque con la libertà in generale.
Alessandro Di Battista
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giovedì 12 maggio 2022
CartaBianca e noi con l’anello al naso. - Antonio Padellaro
“Questa sinistra che passa la vita a cercare di tappare la bocca a tutti, io me la ricorderò quando vincerà la destra, ci farà un culo così e avrà pure ragione. Perché vincerà, la destra, prima o poi”.
Chiara Geloni
Avere l’anello al naso o la sveglia al collo sono pessime espressioni di stampo colonialista che si divertivano a descrivere i popoli africani come gente ingenua e sprovveduta. Chiedo perciò preventivamente scusa se riguardo alle indiscrezioni sul bavaglio che Palazzo Chigi intende mettere a CartaBianca (affidato alla premiata coppia Fuortes&Orfeo) sto per scrivere: questi pensano che gli italiani abbiano l’anello al naso. Poiché soltanto una visione polverosamente arcaica (e anche abbastanza desolante) del rapporto tra chi fa televisione e chi la guarda può aver partorito certe pillole di pedagogia pronta per l’uso (come la xamamina per il mal d’auto) del tipo: “Il talk show per l’approfondimento giornalistico del servizio pubblico non è l’ideale” (l’ad Rai). La prima, immediata obiezione potrebbe essere che un’azienda con i conti, diciamo così, ballerini, dovrebbe prima di tutto badare agli ascolti, soprattutto se eccellenti, come nel caso della trasmissione condotta da Bianca Berlinguer. Se non fosse che:
1) Sugli approfondimenti dell’aggressione russa all’Ucraina il giudizio del pubblico viene considerato, ai piani alti di Viale Mazzini, una variabile del tutto dipendente. Perché se per ipotesi quella fastidiosa entità (i telespettatori) volessero ascoltare un punto di vista diverso dal catechismo belligerante, i casi sono due. O è sbagliato il pubblico (che non si può abolire, ma desertificare questo sì). Oppure è sbagliato il talk che, appunto, “non è l’ideale”, e che va dunque trasformato in cartastraccia.
2) Anche perché un sondaggio Swg pubblicato da “Libero” svela che le notizie veicolate dai media sulla guerra sono ritenute “attendibili poco o per niente” dalla maggioranza degli interpellati: a cominciare dalle perdite di Mosca, dalla reale efficacia delle sanzioni e dallo stato di salute di Vlad. Titolo di “Libero”: “In tv sfonda il pensiero unico di Putin”. Infatti, se la gente non abbocca sarà sicuramente al soldo del Kgb.
3) A dimostrazione che gli ascolti possono essere perfino perniciosi, nel palinsesto Rai brillano alcuni preziosi modelli di impatto zero, nel senso che mentre si pensa di abolire CartaBianca vanno in onda alcuni programmi (sul flauto del dio Pan o sul lato nascosto dell’onorevole Zuzzurini) paragonabili a quelle specie rarissime avvistate dopo lunghi appostamenti dai birdwatching, come il gipaetus barbatus o l’ululone appenninico. Leccornie che hanno evidentemente il loro perché. Infine, un paio di consigli non richiesti agli strateghi di Palazzo Chigi. Se proprio non gli garba ciò che dice il professor Alessandro Orsini (un nome a caso), cerchino allora qualcuno in grado di controbattergli efficacemente qualcosa di sensato e di documentato. Esiste sempre lo strumento della legge marziale che necessita, è vero, di una dichiarazione formale di guerra alla Russia (un’altra spedizione di armi pesanti ed è fatta). Ma che può immediatamente zittire i rompicoglioni, con le buone o con le cattive. Sempre meglio della sveglia al collo che segna l’orario di ottant’anni fa.
martedì 26 aprile 2022
Il conflitto in Ucraina è il fallimento (di parte) della classe dirigente italiana. - Alessandro Orsini
giovedì 10 febbraio 2022
Se i 5Stelle sono nullità, perché tanti li votano? - Antonio Padellaro
C’è un problema che non riusciamo a risolvere (e che contiene un mistero). Secondo i nostri calcoli (mentre scriviamo) esistono in Italia almeno cinque milioni di cittadini-elettori completamente fuori di testa, o da interdire. Ne abbiamo avuto contezza dopo avere letto, ieri, su Repubblica un articolo dal titolo: “La contesa tragicomica che paralizza un partito da commedia”. Ci si occupa del saggio Comico&Politico, di Oliviero Ponte di Pino, uscito nel 2014 e rispolverato vista l’attualità del tema. È soprattutto alla luce della “sospensione” di Giuseppe Conte, sentenziata dal Tribunale di Napoli, che si ritiene il M5S un movimento tutto da “ridere”. Una specie di opera buffa che, mentre si consuma la rissa tra Conte e Di Maio, sembra preludere alla “comica finale”.
Leggiamo infatti che “i gruppi parlamentari (…) sono una fonte inesauribile di soggetti curiosi, eletti con qualche centinaio di voti. Crudisti, abbracciatori di alberi, cacciatori di complotti, marzianofobi e sgominatori di rettiliani”. Il problema (con annesso mistero) è che una tale accozzaglia di imbecilli – messa insieme da un comico furbacchione, più qualche illusionista da circo – nel 2018 ha ottenuto 10 milioni e 522mila voti (il 32,6%) risultando la prima forza in Parlamento. Sicuramente tutte ingenue persone che, presa coscienza del formidabile abbaglio, sono scappate a gambe levate tanto che oggi i sondaggi attribuiscono ai 5Stelle un 15-16%, che è la metà dei consensi raccolti quattro anni fa. Resisterebbero, indomiti, quei cinque milioni di cui sopra da sottoporre (stando alle analisi dei Ponte di Pino e succedanei) a urgente visita psichiatrica (per non dire degli alti indici di popolarità che lo sbeffeggiato Conte mantiene, in evidente contrasto con le leggi della fisica).
Dunque, chi si riempie tutti i giorni la bocca con la parola democrazia forse dovrebbe interrogarsi se per caso una parte non piccola della collettività nazionale meriti davvero di essere collocata nel baraccone delle tre palle un soldo (per restare nell’ambito Luna Park). Il tutto celebrato dall’alto della solita, supposta, superiorità morale e intellettuale della sinistra. Mentre c’è chi quei voti non li schiferebbe affatto, ipotizzandosi “un travaso soprattutto a favore della destra di Giorgia Meloni” (Corriere della Sera). Insomma, dopo le barzellette e il disprezzo, aspettiamoci che il pericolo grillino venga esorcizzato con un bel presidio antifascista.
domenica 9 gennaio 2022
Goldman Sticaz. - Marco Travaglio
Come se non fabbricassero abbastanza cazzate in proprio, i giornaloni le importano dall’estero. Il Financial Times implora Draghi di restare a Palazzo Chigi e tutti: “Evviva evviva, l’abbiamo detto anche noi! Fino al 2023! No, fino al 2028! Anzi, meglio, a vita!”. Poi, sempre sul Ft, Bill Emmott gli dà il via libera per il Quirinale, e gli stessi che esultavano per il piano A tripudiano per il piano B: “Al Quirinale, al Quirinale, è quel che diciamo anche noi!”. Intanto l’Economist (gruppo Elkann) premia l’Italia come Paese dell’anno e tutti a spellarsi le mani: “Hip hip hurrà! Con i Migliori siamo Er Mejo!”, salvo scoprire che prima di noi i Paesi dell’Anno furono Armenia, Uzbekistan e Malawi (mai visti da Draghi se non in cartolina). Poi arriva Scholz e saluta cortesemente SuperMario: tanto basta ai nostri aruspici per arguirne che la Germania lo vuole a Palazzo Chigi in saecula saeculorum, ma contemporaneamente anche al Quirinale. E, siccome anche Macron gli fa gli occhi dolci e gli stringe la mano per 12 secondi (“oltre un minuto” per il Corriere e mezz’ora per la Questura), ne deducono che anche lui vuole imbullonarlo vita natural durante a Chigi (sicuramente più a lungo di quanto lui resterà all’Eliseo). Deduzione confermata ieri dalla frase di Manu “Draghi e Mattarella sono una fortuna”, indice della sua volontà di imbalsamare i nostri presidenti lì dove sono.
Voi vi domanderete: ma con tutti i casini che ha in casa sua, che gli frega a Macron dei nostri? Ingenui: Bresolin spiega sulla Stampa che “una crisi nel nostro Paese può ostacolare il cammino di Macron verso il bis”: è noto infatti, dalla presa della Bastiglia in poi, che i francesi prima di fare qualunque cosa chiedono il permesso agli italiani. E nella pagina accanto la Cuzzocrea rivela che “l’emergenza Covid spinge Draghi al Quirinale”: noi credevamo che un anno fa l’emergenza Covid l’avesse spinto a Palazzo Chigi ed, essendo peggiorata, lo inchiodasse lì per tentare di risolverla. Mah. A illuminarci in cotanto buio arriva una fonte super partes: la banca d’affari americana Goldman Sachs, che ebbe Draghi ai vertici nel 2002-‘05. Noi non ci dormivamo la notte: che vorrà da noi Goldman Sachs? Il responso è alfin giunto: “Goldman ammonisce l’Italia: ‘Le riforme rallentano se il premier si dimette’” (Stampa). Quindi niente, non si muove di lì. Sapete chi firma la dotta analisi? Tal Filippo Taddei, ex cervellino della sinistra Pd assurto a consigliere economico dell’Innominabile, con gli esiti a tutti noti. Mica pizza e fichi. In attesa che si pronunci il divino Otelma, torna alla mente una battuta che girava ai tempi delle leggi (finte) anti-casta: “Abolite le province, ci resta il provincialismo”.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/01/09/goldman-sticaz/6449710/
martedì 2 novembre 2021
In tutto il mondo è un flop. Da noi è il trionfo di Mario. - Tommaso Rodano
Una delusione collettiva ma un trionfo individuale. I media mondiali guardano al G20 sul clima e vedono risultati modesti, impegni deboli e poco ambiziosi, la stampa italiana invece vede un successo senza frontiere di Mario Draghi.
Repubblica ha forgiato un nuovo epiteto per il premier italiano: “Il tessitore Draghi”. Così lo definisce nel titolo di pagina 3, nel quale l’ex presidente della Bce esprime tutta la soddisfazione per il bilancio del meeting: “È stato un successo, teniamo vivi i sogni”. Nessuna delusione, si legge nel testo: “Il presidente del Consiglio pensa altro. Ritiene che si tratti di ‘una vittoria del multilateralismo’”. L’articolo del Corriere della Sera è ancora più enfatico. Titolo: “La tattica dell’empatia. Così Draghi ha ‘smosso’ anche Pechino e Mosca e evitato un fiasco finale”. Certo “è stato un compromesso”, spiega il Corsera, come ha dovuto riconoscere lo stesso Draghi “con professione di modestia e sincerità”. È “per i dietro le quinte che pochi conoscono” che “Mario Draghi si dichiara orgoglioso”. È a lui, musa del giornale di via Solferino, che si deve il conio di una nuova categoria giornalistica, a metà tra la psicanalisi e gli affari esteri: Draghi è promotore di “una sorta di empatia geopolitica”. Il premier è anche modesto: “Tutti gli riconoscono di aver gestito il vertice con ottimi risultati e grande competenza. Lui si schermisce: ‘L’autorevolezza dell’Italia dipende da me? No’. E accenna un sorriso”. Il Corriere infine mette le pagelle ai leder del vertice. Mario Draghi? Voto 9. Il Messaggero è quasi visionario: “Draghi: sostanza non bla bla”. Il bilancio è trionfale: “G20 Roma, nuovo corso mondiale e l’Italia guida la svolta”. La Stampa è scissa. Il vertice è andato malino, ma Draghi no. Così il titolo in prima è diviso a metà: “Successo di Draghi, ma spiccioli per il clima”. Ma il bicchiere è mezzo pieno: “Il premier è il faro del dopo Merkel”, sancisce l’editoriale di Alan Friedman.
Una sbronza collettiva, che rende imbarazzante il ritorno alla sobrietà. La stampa internazionale ha raccontato il meeting con entusiasmo appena diverso. Bbc: “Il G20 promette di agire per il clima ma assume pochi impegni”. Guardian: “I paesi poveri della Cop26 preoccupati per i limitati progressi sul clima del G20”. Sommario: “Ora le possibilità di rimanere al di sotto di 1,5 gradi stanno svanendo”. La Cnn definisce “weak” – debole – l’accordo trovato dai leader del G20, aggiunge che c’è “un gap enorme tra le promesse e le azioni”. El Paìs intervista il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Il titolo è esplicito: “Basta trattare la natura come un gabinetto. Stiamo scavando le nostre tombe”. Per Le Monde “gli impegni su cui si sono accordati domenica a Roma (i leader del G20) potrebbero non essere sufficienti per portare un vero vento di speranza alla Cop26”. Secondo Frankfurter Allgemeine Zeitung “I paesi del G20 non riescono a concordare obiettivi climatici ambiziosi”. Per Japan Times “Il G-20 fallisce nel realizzare un progresso climatico, lasciando in salita la strada della Cop26”. Tutto questo, nonostante Mario Draghi.
venerdì 8 ottobre 2021
Una grande lezione di giornalismo da leggere e rileggere. - Lorenzo Tosa (Fb)
sabato 2 ottobre 2021
Le ignoranze parallele. - Marco Travaglio
Per dare l’idea dell’informazione italiana, bastano i titoli dei giornali di ieri sulla sentenza Lucano. Le ignoranze (o convenienze) parallele di destra e sinistra l’hanno dipinta come la condanna di una politica di accoglienza dei migranti – il “modello Riace” – senza neppure accorgersi che da quell’accusa, il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, l’ex sindaco è stato assolto. A entrambi i fronti però fa comodo raccontare che è stato punito il “buonismo” (visto da destra, per goderne) e il “reato di integrazione” (visto da sinistra, per indignarsene). Peccato che la condanna riguardi tutt’altro. L’apoteosi del doppiopesismo, che è l’altra peste del cosiddetto giornalismo, si è toccata invece mercoledì a Stasera Italia su Rete4, ospite la Raggi. Paolo Liguori: “La Raggi è incoerente perché ha detto no alla grande occasione delle Olimpiadi e ora applaude Draghi che candida Roma a Expo”. Raggi: “Veramente l’ho candidata io, ci lavoro da due anni, avrà ricadute per 45 miliardi, mentre i Giochi con 13 miliardi di debiti non potevamo permetterceli”. Massimiliano Fuksas esalta la “classe dirigente capace che a Roma non c’è”: lui la trovò a Milano “con Berlusconi e Formigoni” (entrambi pregiudicati, ma a Rete4 è meglio non dirlo). Quanto alle Olimpiadi, “non costano perché le paga quasi tutte il Coni”: strano, perché non c’è edizione che non abbia devastato le casse della sventurata città ospitante.
La Palombelli inchioda la sindaca a una grave colpa: “Il Codice degli appalti è cambiato 102 volte negli ultimi anni?”. Raggi: “Li ha fatti il Parlamento, io faccio la sindaca”. Ah già. Veronica De Romanis, moglie di Bini Smaghi e vedova del Mes: “Roma è un disastro, i rifiuti, le buche…”. Liguori: “E i cinghiali: situazione miserabile!”. Raggi: “Gli impianti dei rifiuti e gli animali sono competenza regionale”. Ah già. Liguori: “Il commissario alle partecipate dice che nulla è cambiato”. Raggi: “Non ho commissari alle partecipate”. E vabbè, dài, che sarà mai. Fuksas: “Il Comune ha comprato la stazione Tuscolana che era già sua”. Raggi: “No, era dell’Atac”. Ah ecco, vabbè. Palombelli: “Che fate contro lo spaccio di droga?”. Raggi: “Ho assunto 1500 vigili, ma l’ordine pubblico è materia del governo e della Polizia”. Ah già, vabbè. Fuksas: “Ci vorrebbero progetti culturali sulle periferie”. Raggi: “La invito alla mostra ‘Roma Eternità nel Futuro’ con 100 progetti di rigenerazione urbana”. Fuksas: “Non ci vengo a vedere i suoi progetti!”. Raggi: “Non sono miei, sono della città”. Palombelli a bruciapelo: “Conte piace alle ragazze: e a lei?”. Liguori s’illumina d’immenso: “Domenica, su quattro candidati, come minimo due vanno al ballottaggio”. Ma potrebbero pure essere di più. The end, in tutti i sensi.
ILFQ
giovedì 12 agosto 2021
A che serve un giornale. - Marco Travaglio
La nostra petizione al premier Mario Draghi perché allontani dal governo il sottosegretario fascioleghista all’Economia Claudio Durigon ha raccolto, in mezza giornata di un giorno d’agosto, 25 mila firme. L’ennesima prova del fatto che non c’è vacanza, vittoria pallonara o medagliere olimpico che riesca a distrarre la nostra comunità di lettori e sostenitori dai valori che contano davvero: trasparenza, legalità, antifascismo, disciplina e onore, scolpiti nella nostra Costituzione ma quotidianamente calpestati dal Governo dei Migliori. Un governo senza opposizione, con tutte le lobby e i poteri in cabina di regia e tutta la presunta informazione sdraiata ai suoi piedi, che non riesce a liberarsi di un piccolo e agguerrito giornale, un po’ come il Giulio Cesare di Goscinny e Uderzo non riesce a espugnare il villaggio di Asterix. E, ogni volta che prova ad allungare le mani, l’indomani trova quel che si merita sulle nostre pagine. Ci hanno provato col presunto esperto di Covid, tal Gerli, nel Cts: beccati e costretti a farlo dimettere. Ci hanno provato con l’uomo dei Benetton alle Fs: colpiti e affondati. Ci hanno provato coi subappalti liberi nelle grandi opere: sgamati e indotti e alla retromarcia. Ci hanno provato con la schiforma Cartabia che di fatto aboliva la giustizia: smascherati e forzati a un (pur parziale) dietrofront. Ci hanno provato con l’agente Betulla “consigliere giuridico” di Brunetta: scoperti e respinti con perdite. Ora provano a silenziare lo scandalo del sottosegretario all’Economia che prima annette alla Lega il generale della Guardia di Finanza che indaga sui 49 milioni fregati dalla Lega e poi vuole intitolare al fratello del duce il Parco Falcone e Borsellino di Latina: la campagna del Fatto e le firme dei nostri lettori terranno desta l’attenzione finché il Parlamento voterà la mozione di sfiducia dei 5Stelle, cui han già aderito Pd, Leu e SI, oltre all’Anpi e a una miriade di associazioni antimafia.
Immaginate che accadrebbe se tutti i giornali facessero i cani da guardia della democrazia, anziché i cani da compagnia: avremmo già sventato tante vergogne dell’ultimo semestre e magari ci saremmo risparmiati la Fornero consulente di Draghi sulle pensioni, i turboliberisti a menare le danze della politica e il fisioterapista di Malagò nello staff dirigenziale dell’ad di Cassa depositi e prestiti Dario Scannapieco. Basterebbe che, nelle conferenze stampa di Draghi, anziché scambiare la trasparenza per lesa maestà e complimentarsi per quanto è bravo e bello, tutti i giornalisti gli chiedessero conto e ragione di ogni scandalo. Magari il premier resterebbe sulle sue posizioni. Ma almeno sarebbe costretto a spiegarle. O ad abolire le conferenze stampa.
ILFQ
martedì 25 maggio 2021
Considerazioni su informazione, disinformazione e conoscenza nel XXI secolo. - Sara Sapienza
Parliamo di informazione disinformazione e del paradosso dell’era moderna nella quale la conoscenza è a portata di tutti, basta un tocco sul cellulare per accedere alla vasta e sconfinata raccolta di sapere disponibile online.
Il paradosso sta proprio nella possibilità di inserire qualsiasi
informazione, opinione, pensiero, sentimento su di un blog, un proprio sito
internet, avallando ipotesi e ragioni personali, anche senza fornire
spiegazioni logiche o matematiche che siano state comprovate oppure, come sovente
accade, senza citare nessuna fonte storica, scientifica, nessuna divulgazione.
Nulla e basta.
Allora accade che il nostro World Wide Web per quanto vasto e
senza confini si componga e ricolmi di informazione e disinformazione.
Di conseguenza , si perde l’abitudine di filosofare, di pensare
criticamente o semplicemente mettere in discussione ciò che si apprende. Perché
in realtà non lo si apprende.
Perché se davvero una persona volesse comprendere o apprendere
qualcosa dovrebbe di conseguenza documentarsi in toto, comprendendo le
sfumature che compongono l’insieme di un concetto.
Non osserviamo più ciò che ci circonda ponendoci domande, ci
abituiamo piuttosto a non porne, un po’ per pigrizia, un po’ perché non abbiamo
tempo, un po’ perché di fatto, non ce ne poniamo più.
Cito a tal proposito: «Chi pensa sia necessario filosofare deve
filosofare e chi pensa non si debba filosofare deve filosofare per dimostrare
che non si deve filosofare; dunque si deve filosofare in ogni caso o andarsene
di qui, dando l’addio alla vita, poiché tutte le altre cose sembrano essere
solo chiacchiere e vaniloqui.» (Aristotele, Protreptico o Esortazione alla
filosofia, B6)
L’età dell’informazione globale sembra quindi aver portato
l’uomo ad avere tutto pronto secondo le leggi del consumismo.
Ragionamenti fatti senza sforzi e conquistati senza
comprensione.
Basta aprire il motore di ricerca e selezionare con un click la
prima cosa che troviamo. Fenomeno che notiamo spesso con le testate
giornalistiche, la verità può essere presentata in tanti modi diversi, con
altrettanti giochi di parole diversi. Con il tempo, si perde anche l’abitudine
o la voglia di pensare in maniera critica, di studiare un argomento e poi di
studiare quello posto di contro così da vedere i volti opposti della stessa
medaglia.
Quando tutto è a portata di mano in maniera così semplice, ci
disabituiamo tutti a chiederci come si arriva ad una tale soluzione, come si
giunge ad un certo ragionamento. Ci disinteressiamo semplicemente, poiché
abbiamo comunque già la soluzione dinanzi i nostri occhi, non ci serve altro
del resto.
Persino io qui oggi posso dire la mia, avvalorando le mie
affermazioni senza nemmeno incontrare una critica, perché posso scrivere
indisturbata e pubblicare il mio contenuto senza nulla citare, dichiarando la
veridicità dei miei intenti.
Così viaggia facilmente la disinformazione ai giorni nostri.
Giorni distanti dal periodo in cui hanno vissuto altri uomini
come Newton che osservavano il mondo desiderando comprenderlo come nessuno
aveva mai fatto fino a quel momento, per poterlo spiegare ad altri. Pronti
anche a filosofeggiare sulle soluzioni, sia che fossero personaggi insofferenti
o iracondi come il sopracitato, sia che fossero pronti a mettere in discussione
le proprie scoperte. Perché prima il pensiero critico veniva insegnato ancora nelle accademie, scuole e licei.
A tal proposito: non sapevo nulla dell’indole iraconda di
Newton, riportata nell’articolo “sembrano i Pink Floyd e invece è Newton”
quindi sono andata a cercare su diversi siti, per appurare ed approfondire
questa nuova.
Origine Immagine: WEB
Radio Off
giovedì 6 maggio 2021
Babbi&nipoti. - Marco Travaglio
Immaginate che accadrebbe se un programma Rai affermasse quanto segue: l’Innominabile ha incontrato l’agente segreto e caporeparto del Dis Marco Mancini nella piazzola di un autogrill l’antivigilia di Natale, subito dopo aver chiesto in tv al premier Conte di mollare la delega ai Servizi. Tutti strillerebbero: falso, vergogna, calunnia, complotto, fuori le prove! Invece, di quell’incontro, Report ha mostrato le immagini, riprese col cellulare da un’insegnante che attendeva il padre dinanzi all’autogrill. L’Innominabile non ha smentito (come avrebbe potuto?). Ma, anziché spiegare che ci facesse in un posto così con un tipo così (che aspirava a una promozione nei Servizi, malgrado si fosse salvato grazie al segreto di Stato dai processi per il sequestro Abu Omar e per i dossieraggi Telecom), tira fuori calunnie da dossier farlocchi contro Report, insinua complotti dietro l’insegnante che l’ha filmato e – gran finale – dice che Mancini doveva regalargli dei “babbi” al cioccolato. Che però purtroppo nelle immagini non si vedono. Del resto l’hanno capito tutti: i babbi fanno il paio con la nipote di Mubarak del suo spirito guida. Ci può credere solo chi ci deve o ci vuole credere. Specie se non ha una reputazione da perdere o da difendere. Invece fingono di crederci quasi tutti. I meglio giornaloni nascondono la notizia. O la trattano da gossip. O si esercitano nella vecchia arte di guardare il dito anziché la luna. Cioè non il fatto, gravissimo, documentato dal video. Ma il video: cosa ci sarà dietro, perché mai trasmetterlo. E pretendono spiegazioni non dal politico e dallo spione, ma dal programma che li ha smascherati.
La stampa umoristica, tipo il Riformatorio, parla di “macelleria Report”, “agguato della Rai a Renzi: roba da America latina anni 70” (e perché non 60 o 80?). Aldo Grasso, sul Corriere, si indigna perché Report ha trasmesso il video di due personaggi pubblici in un luogo pubblico ed è “perplesso per il servizio in sé, che mescola molte cose, non tutte pertinenti” (fortuna che a Report la pertinenza non la decide lui, sennò il programma chiuderebbe per mancanza di servizi). Poi, gran finale, accusa Fedez di “non rispettare la privacy” divulgando la telefonata con la vicedirettrice di Rai3 (personaggio pubblico) che tenta di censurarlo. Ovviamente, se Fedez si fosse limitato a raccontare la tentata censura, tutti avrebbero strillato (come ancora fa quel comico naturale del direttore Di Mare): falso, vergogna, calunnia, complotto, fuori le prove! Ma, siccome purtroppo l’audio c’è, parlano del fatto che ci sia anziché del suo contenuto. Quindi, per concludere, sì: l’Innominabile s’è visto con Mancini per i babbi e Ruby era veramente la nipote di Mubarak.
ILFQ
lunedì 3 maggio 2021
Ma mi faccia. - Marco Travaglio
Libertà rinascimentali. “Oggi è festa di libertà” (Matteo Renzi, leader Iv, Twitter, 25.4). Molti gli rispondono: “No. Oggi è festa di Liberazione”. Ma non lo capiscono: lui stava parlando dell’Arabia Saudita.
Tamponi. “’L’auto di Draghi tampona automobilista a Roma: il premier scende e chiede scusa’. Non c’è altro da aggiungere” (Ettore Rosato, coordinatore Iv, Twitter, 21.4). “Tamponamento con macchina della scorta per il premier Draghi: che scende e si scusa. Confermandosi ancora una volta di uno spessore, anche umano, con pochi eguali” (Marco Di Maio, deputato Iv, Twitter, 21.4). Un altro premier sarebbe rimasto in macchina e avrebbe stirato e spianato l’automobilista. Lui no. Che spessore.
Rieccolo. “Cari Signori Giornalisti, questa mattina il Pronto Soccorso Covid19 del San Raffaele è vuoto. Vaccini, ricerca e soprattutto cure corrette e tempestive fanno la differenza” (Alberto Zangrillo, primario di rianimazione, Twitter, 30.4). Quindi l’unico malato di Covid resta Berlusconi, ma solo in orario tribunale.
La mala educaciòn. “Una strada cominciata con l’educazione alla fede di mamma Doralice e agli insegnamenti di papà Emilio, fascista ma non certo un fucilatore come volle far credere Umberto Bossi in una troppo accesa campagna elettorale. Poi il cursus honorum e la minuziosa ricostruzione di Gioventù studentesca e Comunione e Liberazione, scialuppe di salvataggio… ‘Se Berlusconi avesse cambiato l’Italia come avrebbe voluto, ora staremmo tutti molto meglio’…” (recensione dell’autobiografia del pregiudicato Roberto Formigoni, Giornale, 22.4). Avrebbe quantomeno abolito le galere. E pure i domiciliari.
Chi era costui? “Con Salvini tornerebbe il lockdown” (Enrico Letta, segretario Pd, La Stampa, 1.5). Altrimenti mica starebbe con lui al governo.
Signora mia. “Gli affari segreti di Conte” (Domani, 29.4). “Nell’affare dell’hotel di lusso Conte lavorava col bancarottiere” (ibidem, 30.4). Un avvocato che assiste clienti nei guai con la giustizia: roba da matti, dove andremo a finire.
Il Signor Bonaventura. “Lavoro, 750 mila nuovi posti” (Repubblica, 26.4). Dài, ragazzi, facciamo buon peso e arriviamo a un milione di nuovi posti di lavoro. Sennò poi Berlusconi s’incazza.
Il Pregiudizio Universale. “Troppi pregiudizi sulla Lombardia. Non pretendo le scuse, ma le accuse sono state ingiuste” (Letizia Moratti, FI, vicepresidente e assessore al Welfare e alla Salute della Regione Lombardia, Verità, 26.4). In effetti, una Regione che ha come presidente Fontana e come vicepresidente la Moratti potrebbe persino andare peggio di così.
Quante volte, Figliuolo? “Giorno record dei vaccini, Travaglio non si arrende: ‘Lontane le 500 mila dosi’. Il ‘Fatto contro Figliuolo, ma i numeri lo sbugiardano: toccata quota 508 mila” (Giornale, 1.5). Già, peccato che Figliuolo i 500 mila vaccini al giorno li avesse promessi il 21 marzo per tutti i giorni della seconda metà di aprile e siano arrivati solo a maggio. Un ritardo di appena due settimane, con circa 3 milioni di vaccini in meno di quelli annunciati. Che sarà mai. Intanto la Germania, che con Arcuri e prima di Figliuolo era dietro e poi alla pari dell’Italia, ora vaccina il doppio di noi. Quindi chi ha sbugiardato chi?
Par disGuido. “Fare il sindaco di Roma sarebbe giocare tutti i giorni una finale di Champions League. Per i romani Guido Bertolaso sindaco sarebbe un incubo, io non sono una persona facile, non sono propenso al compromesso” (Guido Bertolaso dopo le dimissioni da consulente della Regione Lombardia, L’aria che tira, La7, 29.4). Prima i lombardi, poi i romani: un po’ per uno.
Il Merlo del Ponte. “’Sul Ponte sullo Stretto c’è una relazione e sarà inviata al Parlamento’. Da meridionale a meridionale: è un’occasione unica” (Francesco Merlo, Repubblica, 29.4). Per la mafia e la ‘ndrangheta sicuramente.
Figaro qua Figaro là. “Calenda conteso dai due poli. Il leader di Azione presenta il suo piano-mobilità. Pd e Forza Italia lo corteggiano già ora in vista del secondo turno” (Repubblica-cronaca di Roma, 27.4). Praticamente se lo strappano di mano.
Il titolo della settimana/1. “Smettetela di perseguitare Silvio malato” (Pietro Senaldi, Libero, 29.4). Uahahahahah.
Il titolo della settimana/2. “Sentenza dei giudici: si può insultare Berlusconi ‘delinquente’e ‘malavitoso’” (Giornale, 24.4). No, è un po’ diverso: si possono citare le sentenze definitive che gli danno del delinquente e del malavitoso.
Il titolo della settimana/3. “Se non allora quando? Perchè siamo state zitte sul presunto stupro di Ciro Grillo?” (Camilla Baresani, Domani, 27.4). Magari perchè è presunto?
Il titolo della settimana/4. “Draghi chiede lealtà a Salvini” (Repubblica, 28.4). Se l’ha fatto veramente, è spiritosissimo.
ILFQ
venerdì 19 marzo 2021
L’etica dell’informazione. - Beppe Grillo
La transizione MiTe impone un diverso approccio, etico e riguardoso della persona e della sua immagine anche negli spazi televisivi dedicati alla politica ed ai suoi approfondimenti.
Il cittadino ha diritto di essere informato sui contenuti.
Non è più tollerabile che il dibattito sui temi che interessano ai cittadini venga svilito da una sorta di competizione al ribasso dove vince chi urla più forte. Non è più accettabile che le immagini dei servizi e degli ospiti in studio vengano svilite con inquadrature spezzettate e artatamente indirizzate. Non è più ammissibile che l’ospite in trasmissioni televisive (rappresentante politico, esperto, opinionista, ecc) venga continuamente interrotto quando da altri ospiti, quando dal conduttore, quando dalla pubblicità, che determina il livello del programma fomentando la litigiosità ed immolando il rispetto della persona sull’altare dell’audience.
Questo modo di fare televisione non serve a informare, ma a propinare le posizioni degli editori o dei conduttori di turno e queste non interessano ai cittadini. Questa non è informazione, ma intrattenimento di bassa lega che sfocia in propaganda da quattro soldi.
D’ora in poi, per rispetto dell’informazione e dei cittadini che seguono da casa, chiediamo che i nostri portavoce, ospiti in trasmissioni televisive, siano messi in condizione di poter esprimere i propri concetti senza interruzioni di sorta per il tempo che il conduttore vorrà loro concedere, e con uguali regole per il diritto di replica, che dovrà sempre essere accordato.
Chiediamo, inoltre, che i nostri portavoce siano inquadrati in modalità singola, senza stacchi sugli altri ospiti presenti o sulle calzature indossate, affinché l’attenzione possa giustamente focalizzarsi sui concetti da loro espressi.
Poche regole, di buon senso oltre che di buona educazione, che se osservate consentiranno ai portavoce del M5S di presenziare a trasmissioni televisive con la giusta considerazione e il dovuto rispetto nei confronti dei telespettatori.
Il Blog di Beppe Grillo