Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 1 marzo 2025
MARCO TRAVAGLIO - Voleva essere un duro - IFQ - 1 MARZO 2025
mercoledì 19 febbraio 2025
Il piano di Trump per il futuro dell’Ucraina? Non solo terre rare: dal petrolio al gas, cosa dovrebbe cedere Kiev in cambio della pace.
Una colonizzazione economica. O, in termini meno tecnici, una svendita totale. Se accettasse le condizioni proposte e il contratto venisse effettivamente firmato, Kiev potrebbe dover letteralmente consegnare a Washington le chiavi del proprio comparto estrattivo. E non solo di quello. Perché non ci sono solo le terre rare nell’accordo che Donald Trump ha proposto all’Ucraina per continuare a garantirle il sostegno militare degli Stati Uniti: i “500 miliardi di dollari” che il tycoon ha chiesto a Volodymyr Zelensky comprendono altri importanti asset strategici come porti e infrastrutture di petrolio e gas. Tutto nero su bianco in una bozza del contratto preliminare pubblicata dal Telegraph.
Il documento, contrassegnato come “Privileged & Confidential” e datato “7 febbraio 2025”, afferma che gli Stati Uniti e l’Ucraina dovrebbero creare un fondo di investimento congiunto per garantire che “le parti ostili al conflitto non traggano vantaggio dalla ricostruzione dell’Ucraina”. Ma a restare fuori dal gioco non sarebbero solo quelle ostili: il fondo, si legge, “avrà il diritto esclusivo di stabilire il metodo, i criteri di selezione, i termini e le condizioni” di tutte le licenze e i progetti futuri. Washington, quindi, potrà decidere con quali paesi Kiev potrà o non potrà fare affari in futuro. L’accordo copre il “valore economico associato alle risorse dell’Ucraina”, tra cui “risorse minerarie, petrolio e gas, porti, altre infrastrutture (come concordato)” e “sarà regolato dalla legislazione di New York“. Feudo politico e finanziaro del tycoon.
Washington avrà diritto al 50% delle entrate che l’Ucraina ricaverà dall’estrazione di risorse e al 50% del valore finanziario di “tutte le nuove licenze rilasciate a terze parti”. Agli Stati Uniti sarà garantito “un privilegio su tali entrate“. “Una clausola che significa ‘pagateci prima e poi date da mangiare ai vostri figli'”, ha commentato una fonte vicina alle trattative con il quotidiano britannico. Per tutte le future licenze, inoltre, “gli Stati Uniti avranno un diritto di prelazione sull’acquisto di minerali esportabili”. Condizioni che al vertice sulla sicurezza tenuto nel fine settimana a Monaco hanno costretto i funzionari ucraini, già a conoscenza della bozza, a opporre buon viso a cattivo gioco, ufficialmente facendo professione di fiducia in vista un accordo, ma allo stesso tempo sostenendo a mezza bocca che l’intesa proposta da Washington è economicamente insostenibile e necessita di modifiche.
Era stato Zelensky a proporre agli Stati Uniti “condizioni favorevoli” per una partecipazione diretta nell’estrazione di minerali pregiati sul territorio ucraino durante una visita alla Trump Tower a settembre, con l’obiettivo di garantirsi la fornitura di armamenti anche dopo la vittoria del tycoon. L’idea del leader ucraino era di portare aziende statunitensi a stabilirsi sul territorio, creando un legame politico-economico con la prima potenza mondiale in grado di dissuadere Vladimir Putin dall’attaccare di nuovo il paese. Con la metà dei bacini minerari più preziosi che si trovano vicino al fronte di guerra nell’est o nelle aree occupate dai russi, il calcolo non dichiarato di Zelensky era quello di evitare che le riserve strategiche di titanio, tungsteno, uranio, grafite e terre rare finiscano nelle mani di Mosca. Difficilmente, tuttavia, avrebbe pensato di trovarsi di fronte a condizioni così dure, simili a quelle imposte agli stati aggressori sconfitti in guerra.
Trump aveva detto chiaramente di puntare alle ricchezze ucraine. Dall’inizio della guerra, aveva premesso, gli Stati Uniti hanno dato a Kiev tra i 300 e i 350 miliardi di dollari i aiuti. “Ho detto loro (agli ucraini, ndr) che voglio l’equivalente di 500 miliardi di dollari di terre rare – aveva detto il 10 febbraio a Fox News -, e hanno sostanzialmente accettato”. “Hanno terreni di enorme valore in termini di terre rare, in termini di petrolio e gas, in termini di altre cose”, aveva spiegato. Ora il pre-contratto quantifica la richiesta. Se la bozza venisse accettata, calcola il Telegraph, “le richieste di Trump ammonterebbero a una quota maggiore del Pil ucraino rispetto alle riparazioni imposte alla Germania dal Trattato di Versailles” che il 7 maggio 1919 pose ufficialmente fino alla Prima guerra mondiale, “in seguito ridotte alla Conferenza di Londra nel 1921 e dal Piano Dawes nel 1924”. Le condizioni “sono peggiori delle sanzioni finanziarie imposte a Germania e Giappone dopo la loro sconfitta nel 1945. Entrambi i paesi erano in definitiva beneficiari netti di fondi dagli alleati vittoriosi”.
Terrificante! Gli USA producono guerre per appropriarsi di tutto ciò che produce denaro... Visto che non sono riusciti ad ottenere ciò che volevano con la guerra provocata, usano altri sistemi per appropriarsi di ciò che interessa loro: terre rare, petrolio, gas... E non smetteranno mai, perchè la loro voglia di primeggiare in tutto e diventare padroni del mondo non cesserà mai!
cetta.
venerdì 20 dicembre 2024
La scelta della pace. - Tommaso Merlo
domenica 1 dicembre 2024
UN' EUROPA DI BURATTINI AL SERVIZIO DELLA NATO. - Elena Basile
(Di Elena Basile – ilfattoquotidiano.it) – Il corrispondente eterno da Bruxelles – una cariatide che ci diletta da decenni con articoli in cui si fa portavoce del politichese in grado di seppellire valori e ideali europei, sostenitore dell’austerità e dell’agenda Draghi, di tutti i madornali errori commessi da una organizzazione internazionale piegata dalle logiche di potere – ci spiega ancora una volta quale sia il bene da perseguire. Il commissario Fitto va votato anche se in questo modo si sdogana l’alleanza con la destra e si allarga il perimetro della Von der Leyen perché il vero pericolo è costituito dalla Russia imperialista e dalla politica commerciale di Trump. Naturalmente non offre alcun dato né argomento per spiegare perché la Russia sia una minaccia imperiale. Questi sono dettagli. I progressisti non hanno bisogno di ragionare. Abboccano all’amo. Hanno bisogno di nemici per compattarsi e difendere la giusta via che va dalla Meloni alla Schlein.
La Russia ha un tasso demografico discendente, territori immensi e materie prime. Non ha alcun bisogno di conquiste territoriali. La guerra in Ucraina è stata provocata dall’espansionismo aggressivo della Nato, dal colpo di Stato in piazza Maidan, dalla non applicazione degli accordi di Minsk, dalle provocazioni militari, con spedizioni punitive nel Donbass da parte dell’esercito Ucraino che include il battaglione neonazista Azov. La penetrazione militare ed economica anglosassone, divenuta nel 2014 anche politica, ha pompato il nazionalismo dei seguaci di Bandera, trasformando il Paese in una anti-Russia. Mosca ha inseguito la mediazione, come ha affermato Stoltenberg fino al dicembre 2021, e non ha avuto molte opzioni, volendo conservare la sovranità del Paese. Del resto la Russia nel marzo del 2022 aveva già raggiunto l’accordo con l’Ucraina per il cessate il fuoco e l’avvio di negoziati. Inutile sottolineare questi argomenti, basati su fatti innegabili, per contrastare lo slogan che attribuisce a Putin intenti imperiali. Sono dettagli.
Inutile ragionare. C’è la fede nel Verbo che procura prebende, status, un posto di commentatore dell’Europa che ricorda i privilegi monarchici di origine divina. In effetti, è proprio l’Europa, a cui tiene il Corrispondente eterno, la nemica degli ideali europeisti. L’Europa di “mercato e austerità”, neoliberista, filo-atlantica, in grado di distruggere la libertà di espressione creando un “ufficio contro la disinformazione”, titolo orwelliano che sta per Ufficio Censura. L’Europa che apre ai migranti e non li integra: sceglie alcuni Paesi-vittima come l’Italia, destinata a divenire un campo profughi per l’inettitudine e il privilegio di altri Stati. L’Europa bellicista, che paga gli errori dei neoconservatori statunitensi, trasformandosi in braccio armato della Nato per interessi Usa. L’Europa che rinuncia all’accordo con la Cina per imposizione statunitense e ingoia le politiche commerciali unilaterali con Biden come con Trump. L’Europa classista che toglie lo stato sociale ai deboli per incrementare i finanziamenti alla difesa. L’Europa che ha rinunciato a una reale transizione verde e ha provocato il ritorno al carbone della Germania. L’Europa club elitario. L’Europa senz’anima in cui la cultura è pompata dalla politica e i cosiddetti progressisti eseguono in brutta copia le politiche neofasciste della destra e dei neocon di Washington.
Signor eterno corrispondente da Bruxelles, è questa Europa che la fa mangiare e che lei difende a denti stretti, l’assassino dei valori e degli ideali federalisti, della speranza di un socialismo liberale in grado di coltivare i beni comuni, dall’istruzione alla sanità. Mi domando se anche lei sia andato a vedere con la classe dirigente imbellettata il bel film di Andrea Segre su Berlinguer. Quale trasformazione antropologica ha potuto rendere il potere insensibile al punto da ricordare un uomo politico e il suo slancio etico senza batter ciglio, commemorarlo mentre affossano, in ogni passo quotidiano, gli ideali dell’eurocomunismo, dello sviluppo democratico, della creazione di una società più equa e più libera? È l’Europa che lei incarna, signor eterno corrispondente, a essere la nostra nemica, l’Europa del politichese, degli intrighi, del potere, dell’asservimento a interessi stranieri, l’Europa forte con i deboli e umile con i potenti, l’Europa delle intese comuni e dei campi larghi, dove poca è la differenza tra Meloni, Von der Leyen e Borrell, l’Europa che ha massacrato una generazione di giovani ucraini per non aver voluto accettare un Paese neutrale, l’Europa complice dello sterminio del popolo palestinese, che finge di combattere Trump in nome della neoconservatrice Harris, l’Europa delle menzogne, della più beota e sfrontata propaganda. L’Europa dei lecca-lecca, dei signorsì, di persone prive di coscienza e scrupoli, l’Europa dei potenti psicopatici e dei burattini, dei vuoti opportunisti.
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venerdì 11 ottobre 2024
La guerra in Iran, il cane e la coda. - Tommaso Merlo
Ormai a Biden gli raccontano le filastrocche tra un pisolino e l’altro mentre alle sue spalle si decidono i destini del mondo. Sul tavolo c’è la reazione alla sventagliata di missili iraniani che potrebbe far detonare una guerra su larga scala. Se fosse per i falchi della lobby pro Israele sgancerebbero subito l’atomica su Teheran così tagliano la testa al toro, ma a Washington c’è chi frena. Una situazione complicata perché Biden non riesce più a decidere nemmeno se andare in bagno o meno mentre la Harris è l’unica cosa che riesce a decidere. Pare che i soli adulti della situazione si trovino al Pentagono dove sono stanchi di guerre a vanvera e avvertono che prendersela con l’Iran non è uno scherzo soprattutto oggi che vola di tutto. Le vulnerabili basi americane sparse nel Golfo finirebbero nel mirino missilistico dei pasdaran in un baleno. A suggerire cautela è proprio l’esito dell’ultima sventagliata, checché ne dicano i giullari di corte, i sistemi antimissili Made in Occidente hanno intercettato qualche missile giusto per sbaglio mentre quelli atterrati han fatto danni eccome. E in cantina gli iraniani conservano suppostone ancora più deleterie. Ed è questo che conta nel mondo della guerra, avere un elmetto per ogni clava. L’Iran sembra poi fare sul serio, ne hanno abbastanza d’ingoiare rospi e quello di Nasrallah non va giù. Ma c’è oltre. Iran e Russia hanno un ottimo rapporto e la passione comune per le armi. Si scambiano i pezzi preziosi delle rispettive collezioni e Putin gli sta installando un sistema antimissile nuovo di pacca. Quanto all’annosa questione del nucleare iraniano, pare che l’Ayatollah in passato abbia espresso qualche perplessità in merito ma gli sia passata di recente. L’atomica è la clava per cui non esiste nessun elmetto. Al pericoloso Iran è sempre stata negata mentre quel mite statista di Netanyahu ne possiede un centinaio. Rinomata coerenza occidentale. Ma una guerra con l’Iran seccherebbe anche la Cina, il suo immenso motore produttivo gira soprattutto grazie al petrolio iraniano e se vengono colpiti i pozzi anche il prezzo del greggio schizzerebbe alle stelle e potrebbe causare una recessione globale. E questo in un momento già delicato. L’Occidente non accetta il sorpasso tecnologico cinese e sta ricorrendo ad una meschina guerra di dazi. Falli di frustrazione che potrebbero alimentare un conflitto commerciale. A breve si riunisce poi il Brics, per la prima volta nella storia potrebbe nascere una alternativa al dollaro, vero pilastro del decrepito impero americano. Cose grosse, l’Occidente sul viale del tramonto. E se non bastasse siamo pure a tre settimane dalle elezioni statunitensi. e una guerra con l’Iran potrebbero essere la pietra tombale per una Kamala Harris già inguaiata di suo. I sondaggi la danno incredibilmente alla pari col vecchio Trump. Annunciata come una Obama in gonnella, la Harris si è rivelata una ventriloqua dell’establishment. E non c’è di peggio coi tempi che corrono. Ha ricevuto palate di endorsement di lusso, ha tutti i media a favore, ha raccolto una valanga di soldi eppure niente, anche negli Stati Uniti i cittadini vogliono cambiamento radicale e non ipocrita perbenismo lobbistico. Per dirla all’americana, la guerra all’Iran dipenderà da chi è il cane e chi la coda. Se sono cioè gli Stati Uniti a guidare la loro politica estera oppure la lobby pro Israele. Una guerra non è negli interessi americani né occidentali e servirebbe solo a coronare i deliri sionisti di Netanyahu ma il potere ha le sue dinamiche. Nell’ultimo anno Biden non ha fatto che firmare assegni in bianco e passerà ai posteri come lo sponsor del genocidio del secolo. Uno scandalo a metà tra crisi democratica e circonvenzione d’incapace, ma davanti ad una guerra di tale entità ed impatto, gli adulti del Pentagono ma anche le rare menti libere sopravvissute in quel di Washington, potrebbero trovare un compromesso intelligente o almeno pare ci stiano provando. Del resto nel mondo della guerra contano anche le tempistiche e le conseguenze strategiche e non solo chi ha la clava più letale. Quanto al mondo della pace, rimane tutto da fare.
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giovedì 10 ottobre 2024
L’uragano, il rutto e la sconfitta ucraina. - Tommaso Merlo
giovedì 26 settembre 2024
In Europa il “cattivo” Vannacci parla di pace meglio dei “buoni” di Daniela Ranieri per Il Fatto Quotidiano.
Qualche giorno fa, al Parlamento europeo, sono risuonate parole di radicale chiarezza in merito ai “principi tesi a guadagnarci una pace prospera e duratura” sui quali è stata fondata l’Unione europea, minacciati dall’intensificarsi degli sforzi di Nato e Ue per fare la guerra alla Russia per interposta Ucraina: “A circa 2400 km da questo Parlamento, lei (Dombrovskis, in assenza dell’Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri Borrell ndr) ci promette una guerra a oltranza per cercare una vittoria… E visto che la vittoria non arriva, fa delle pressioni continue sull’Italia, che ha deciso giustamente di cedere le proprie armi per garantire la legittima difesa a un Paese aggredito, ma che non vuole che quelle stesse armi si trasformino in uno strumento che ci potrebbe portare al baratro della distruzione termonucleare”.
Accipicchia, e chi è che parla come Adenauer? Sicuro un vero pacifista, europeista e amante della Costituzione italiana: Zingaretti? Bonaccini? Nardella? Picierno?
Sarebbe ben strano: hanno appena votato sì, con capziosi distinguo da neurodeliri, alla risoluzione per permettere all’Ucraina di usare le nostre armi in Russia (hanno votato no solo Lega, M5S, Avs; nel Pd si sono astenuti Strada e Tarquino).
Ebbene, a parlare è stato Vannacci.
Eh, lo sappiamo. Si chiama dissonanza cognitiva, ed è quella tensione psicologica provocata dalla contraddizione sorta tra le nuove informazioni e le vecchie credenze, un fenomeno che si genera solo nelle menti inclini alla riflessione (quelle refrattarie manco avvertono la contraddizione, o la liquidano dicendo che Vannacci è putiniano, mentre gli altri, gli atlantisti pro-guerra, non possono esser detti guerrafondai e servi degli Usa perché sono buoni a prescindere).
Vannacci ha aggiunto: “L’Alto rappresentante Borrell vola in Medio Oriente per chiedere un cessate il fuoco a Gaza: da una parte chiede la pace senza condizioni, dall’altra ci promette guerra, missili, granate e droni. E critica Orbán, unico rappresentante europeo che cerca una soluzione negoziale”.
Purtroppo è così: mentre gli americani, i pacieri del mondo che hanno portato ovunque morte e distruzione, avanzano insieme agli zombie colonizzati d’Europa nella danza macabra che ci sta portando in guerra con la Russia, è solo Orbán col suo portavoce a denunciare “la politica bellicista sbagliata, irresponsabile e pericolosa dell’élite occidentale che sta distruggendo l’Europa”; è Trump a lanciare l’allarme su un’imminente Terza guerra mondiale (mentre la Harris su questo, come su tutto il resto, è assai spensierata); è Salvini (!) a mettere in guardia sui rischi dell’uso delle nostre armi in Russia.
Per dire come siamo ridotti.
Invece di dire ottusamente che quelli lavorano per Putin, bisognerebbe forse notare che se i sovranisti, razzisti, omofobi etc. si sono accorti che stiamo andando verso la fine del mondo, mentre per i “democratici” va tutto benone, il problema sono i “democratici”. Ovviamente i pacifisti non possono votare o augurarsi che vincano i cattivi, pena la scomunica e l’esclusione dal consesso dei democratici; devono continuare a votare la Picierno e ad adorare il santino della Von der Leyen, presidente della Commissione europea, che con la sua cotonatura contundente sponsorizza modernissimi bunker anti-aerei finlandesi e gira agghiaccianti video bellicisti in cui promette di “potenziare (“turbo-change”,ndr) la nostra capacità industriale di difesa”, cosa che peraltro noi stiamo docilmente facendo, impegnandoci con la Nato per portare al 2% le spese in armamenti e dirottando fondi del Pnrr sulla produzione di armi facendo rientrare la spesa sotto la voce-fregatura “resilienza”. I pacifisti si astengano dal votare, restino a casa a costruire rifugi anti-atomici, cosa che tutto sommato ai Buoni va anche bene.
giovedì 5 settembre 2024
Il grande ritorno del guerrafondaio. - Giuseppe Salamone
Mentre Bloomberg ci comunica che la Russia sbanca con le entrate derivanti dalla vendita di gas e petrolio e piazza un +21% rispetto all'anno scorso, l'Unione Europea commissiona al discepolo Mario Draghi un "rapporto sulla competitività".
Lui si presenta con un piano di guerra che sembra scritto al Pentagono: intanto dice che bisogna semplificare la vita all’industria delle armi, poi chiede che vengano rimossi i divieti per le aziende per spalancare le porte dei finanziamenti UE compresi quelli della banca centrale europea e infine mette nero su bianco che le politiche green tutto sommato vanno bene, però per le armi bisogna chiudere non solo un occhio, bensì tutti e due.
Stiamo parlando di quel personaggio che è stato l'ideatore delle sanzioni che hanno affossato l'Europa e fatto il solletico alla Russia. Nonostante tutto ce lo ritroviamo di nuovo che gironzola per le stanze di Bruxelles ovviamente senza aver mai preso mezzo voto per presentare piani di sviluppo economici. O forse istanze di fallimento dell'UE visto che tutto ciò che tocca alla fine diventa un dramma per i cittadini.
Uno come lui, e non mi stancherò mai di dirlo, dovrebbe essere preso a pesci in faccia e accusato di alto tradimento. Altro che piani e cazzate varie! A proposito, ve lo ricordate il famoso Price Cap? Ci hanno rotto le balle per oltre un anno con questa super idea del discepolo. Adesso che la Russia, grazie a una grande economista, tale Elvira Nabiullina che vale mille mila Draghi è riuscita a vanificare sanzioni e Price Cap, miracolosamente non se ne parla più.
Però in compenso abbiamo abbiamo l'argomento del mese che ha trasformato il dibattito pubblico in un programma di Barbara D'Urso...
T.me/GiuseppeSalamone
Giuseppe Salamone
Giuseppe Salamone
domenica 18 agosto 2024
“Sta facendo una mossa suicida” L’attacco alla Russia voluto dal burattino spiegato come sempre alla perfezione dal professor Alessandro Orsini .
Kiev ha perso ovunque: a Kursk può finire male
Di Alessandro Orsini per Il Fatto quotidiano
Kursk non sta funzionando. L’idea di invadere la Russia per costringere Putin a spostare truppe dal Donbass, almeno finora, non ha dato i risultati sperati. Da quando gli ucraini sono entrati a Kursk, il 6 agosto scorso, i russi non hanno fatto altro che conquistare nuovi territori in Donbass. Mentre scrivo, Zelensky ordina l’evacuazione a Pokrovsk.
La strategia di Putin a Kursk si basa su tre mosse:
1) arrestare l’avanzata degli ucraini;
2) lasciare che si accomodino;
3) falcidiarli con gli aerei. Le probabilità che la sortita di Zelensky a Kursk si concluda in un nuovo disastro sono alte giacché il record negativo del presidente ucraino è strabiliante.
Dall’inizio della controffensiva, il 5 giugno 2023, fino alla sua conclusione agli inizi di ottobre, tutto ciò che Zelensky ha ideato contro i russi è stato un fallimento.
Tant’è vero che, terminata la controffensiva, l’esercito ucraino si è ritrovato dissanguato mentre quello russo ha addirittura invaso Kharkiv.
La controffensiva ucraina, concepita da Zelensky per conquistare nuovi territori, si è conclusa con la perdita di molti altri territori e la richiesta immediata di arruolare un numero enorme di civili, 500 mila, sufficienti a costruire un nuovo esercito.
Il tutto accompagnato da un urlo disperato: “Ho terminato armi e munizioni!”. Zelensky ha avviato l’amministrazione militare dei territori occupati. La domanda sorge spontanea: come crede di poterli mantenere senza la superiorità aerea?
I cieli sono russi. Zelensky chiede agli alleati di autorizzarlo a usare i missili a lunga gittata. Per averla vinta, ricorre alla nota strategia di metterli davanti al fatto compiuto piegando la loro riluttanza con il consueto: “Non vedete che i russi stanno uccidendo tutti gli ucraini a Kursk? Autorizzatemi, altrimenti siete corresponsabili”. Oggi chiede l’autorizzazione per distruggere la Russia; domani la invocherà per non essere distrutto.
Zelensky si è giocato il tutto per tutto.
Se Putin arresta l’avanzata in Donbass per spostare i soldati a Kursk, è fatta. Se non li sposta, gli ucraini a Kursk dovranno parare le Fab-3000 con le mani.
I Patriot e i Samp-T in quella terra avrebbero vita breve. Gli ucraini controllano pochi chilometri quadrati che i russi conoscono come le loro tasche. Il primo missile lanciato da un Samp-T sarebbe quasi certamente l’ultimo.
Ricorriamo all’immaginazione e immaginiamo che Kursk finisca nell’ennesimo disastro. Che cosa accadrebbe a Zelensky? Secondo alcuni analisti, rischierebbe di essere rovesciato.
Ma i golpisti dovrebbero prima assicurarsi il consenso della Casa Bianca, senza i cui soldi cadrebbero in poco tempo.
Biden difenderebbe Zelensky con tutte le sue forze.
Gli ucraini devono resistere a Kursk fino al voto di novembre per la Casa Bianca. Trump è pronto ad attribuire a Kamala Harris le colpe di tutte le disfatte.
Quella di Kursk sarebbe la più grande perché costruita sui 75,1 miliardi di dollari sborsati da Biden, cui bisogna aggiungere 23,3 miliardi di dollari recentemente deliberati dal Congresso.
Dall’inizio della guerra a oggi, l’Ue e altri Paesi europei hanno dato a Zelensky 110,2 miliardi di euro.
All’ultimo vertice sul bilancio comunitario sono stati promessi ulteriori 77 miliardi. Sommando i dollari americani agli euro dell’Europa, la cifra è esorbitante. Questa cifra da capogiro rischia di essere bruciata in una mano a poker.
Il grande giocatore di poker vince senza carte in mano contro avversari carichi di punti. Ma il bluff richiede che le carte siano ignote ai giocatori. In questo caso, tutti conoscono le carte di Putin e di Zelensky.
La Russia ha i soldati per aprire nuovi fronti e l’Ucraina no. L’organico delle forze armate russe consta di 2.210.000 persone circa, di cui almeno 1.320.000 militari.
L’Ucraina sta finendo i soldati e molti Paesi dell’Unione Europea stanno finendo i soldi con la Germania in recessione. Tra non molto, le carte potrebbe darle Trump.