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mercoledì 13 novembre 2024

Trump, il populismo e nuovi movimenti. - Tommaso Merlo


Il vento populista che ancora soffia potrebbe tornare presto anche da noi e le vecchie caste politiche e giornalistiche tremano. Pensavano che la loro vittoria restauratrice fosse definitiva e di essersi tolti per sempre dai piedi quei bifolchi populisti. Ed invece no. Stravince Trump mentre in Europa imperversa il voto di protesta e l’astensione. Anche da noi, dove le vecchie caste erano convinte che passata la sbornia populista gli elettori sarebbero tornati all’ovile ed invece non vota più nessuno e ancora meno leggono i loro giornali. Il popolo preferisce farsi gli affari propri che sostenere un sistema in cui non si riconosce e detesta. Ne ha tutto il diritto e in una democrazia sana non deve essere il popolo a cambiare, ma la politica. Una democrazia sana comprende il malcontento e cerca di rappresentarlo, non di sopprimerlo come successo da noi. In Italia il popolo ha votato cambiamento radicale e si è ritrovato la restaurazione. Ed ecco i risultati. Il fossato tra popolo e classi dirigenti ha raggiunto proporzioni spaventose. Siamo una democrazia senza popolo e quindi spenta e ammosciata. Un paese politicamente inconsistente. Senza rotta, senza idee, senza slancio. In mano a vecchie caste politiche e giornalistiche che se la cantano e se la suonano tra loro mentre procediamo a rimorchio di un’America che ci ripudia e di un Europa che non esiste. Davvero una bella vittoria per i restauratori. Con la ciliegina della guerra tornata di moda. In Italia i populisti erano i vituperati gialloverdi che al governo hanno riacceso la luce dopo decenni di buio pesto. Il problema è che quella luce si è rispenta solo un anno dopo. Un po' colpa loro, un po' degli altri, sta di fatto che oggi di quella stagione rimane poco o nulla, ma l’astensionismo di massa e la stracciante vittoria di Trump confermano che i populisti nostrani hanno tirato i remi in barca troppo presto. È mesta cronaca. Quando la verde bolla salviniana esplose, gonfiò quella grigiastra della Meloni, ma da quando i fratelli d’Italia sono al potere, di populismo se n’è visto ben poco. Tipico. In campagna elettorale leoni, nei palazzi pecoroni. Già, imperversa l’era del pensiero unico neoliberista e quindi del conformismo di natura egoistica un po' ovunque. Anche i gialli del Movimento si sono dati una calmata e da anni fanno la corte al Pd per essere accettati al camposanto della fu sinistra, per aderire cioè ad un establishment che un tempo volevano cacciare. Una inspiegabile strategia suicida ma pare che le ennesime emorragie di voti abbiano fatto sorgere qualche dubbio ai reggenti. Meglio tardi che mai. Del resto il messaggio che giunge dall’America è chiaro. I populisti devono rimettere i remi in acqua e ricominciare a remare contro un establishment e un modo di fare politica che ha fatto il suo tempo. Già, ma gialli e verdi hanno un grosso problema di credibilità dato che la loro occasione storica l’hanno sprecata. Non gli basterà togliersi le cravatte e rimettersi le magliette, non gli basterà tornare a parlare come mangiano o un nuovo logo. Perfino una totale rifondazione potrebbe non bastare. L’uomo brand Trump ce l’ha fatta a tornare in sella, ma lui non ha mai rinnegato il suo populismo e un sistema bipartitico lo ha favorito. Da noi vedremo, di certo vi sono praterie politiche immense per nuovi movimenti che dalla società civile abbiano l’ambizione populista di rimettere il popolo al centro della democrazia e concretizzare politicamente le loro nuove consapevolezze. Una battaglia sacrosanta. La politica deve rappresentare il popolo non i politicanti e i loro amichetti delle lobby. La democrazia deve esprimere in maniera genuina la volontà popolare che piaccia o meno a Lorsignori. Già, i restauratori si sono illusi e gli ex populisti si sono arresi troppo in fretta, ma i popoli non tornano mai indietro perché sono espressione della storia e quindi evolvono con essa. Lorsignori possono ostacolare il cambiamento ma non fermarlo. E il salutare vento populista che ancora soffia potrebbe presto tornare anche da noi.

Tommaso Merlo

lunedì 11 novembre 2024

La pace in Ucraina. - Tommaso Merlo

 

Mentre Biden sta scegliendo il suo epitaffio, Trump ha afferrato la cornetta per parlare di pace in Ucraina. Ha chiamato anche Putin che si è detto disponibile a discuterne. Wow. Fino a ieri Putin veniva descritto come un mostro sanguinario con cui era impossibile trattare. E chiunque proponeva di negoziare veniva apostrofato come un ingenuo o addirittura un traditore della patria continentale. Con gli statisti europei che strillavano in coro di principi inderogabili e promettevano nuove armi fino alla vittoria. Contrordine! Il nuovo padrone americano e quindi della Nato non ha più intenzione di buttar via neanche un dollaro in Ucraina e con la Russia punta ad avere buoni rapporti. Nessuna ragione ideologica, Trump non è un pacifista, ma da uomo d’affari non va oltre le guerre commerciali e da narcisista patologico non va oltre le guerre personali. Meglio di niente. Sta di fatto che l’inversione a u di Trump sta generando il panico nei palazzi europei. I funzionari della Nato nascondono i mitragliatori sotto le scrivanie, politicanti e tecnocrati rispolverano la bandiera arcobaleno e promettono fiori nei cannoni mentre la stampa al guinzaglio fa i salti mortali per aggiornare la propaganda. Devono riuscire a rimangiarsi tutto senza perdere la faccia in modo da salvare la carriera. Un bel casino. Anche perché Trump non solo vuole la pace in Ucraina ma pare sia intenzionato a levare pure le tende dall’Europa. Alla notizia le lobby delle armi hanno stappato le bottiglie migliori e fatto il trenino, finisce la cuccagna in Ucraina e ne inizia un’altra ancora più ricca. Quella del riamo, prima la scusa era la Russia, adesso che i marines non ci fanno più da balia. Va riarmata l’Europa fino ai denti. Perché come hanno insegnato gli Stati Uniti al mondo, più siamo armati, più siamo sicuri e più viviamo in pace noi e gli altri. Già, come no. Quanto alla lezione dell’Europa che si è massacrata a vicenda per secoli per poi trovare la pace unendosi, chissenefrega. Non rende ed è passata di moda. Ma come prima cosa va chiusa la pratica Ucraina siglando la pace con la Russia e passando a fare soldi con la ricostruzione, passaggio complesso. Putin sta vincendo e quindi anche giustamente le condizioni le vorrà dettare lui. Non certo Zelensky e i tecnocrati europei dalle ossa rotte. Putin ha speso una fortuna per una guerra che non voleva e molti russi ci hanno lasciato le penne tra le trincee di fango ucraine, non può chiedere sacrifici, prevalere e poi cedere come se nulla fosse. Più realistico che raggiunga i suoi noti obiettivi nel Donbass, cacci gli ucraini dal Kursk e poi negozi la resa. Alla fine è una guerra tra loro, noi siamo solo i fornitori di benzina da buttare sul fuoco. L’intervento di Trump può essere molto utile a lasciare Zelensky a secco costringendolo a mollare l’osso, e a livello Nato stoppare le mire espansionistiche verso est, vera ragione del conflitto. Trump ha proposto di rimandare l’adesione dell’Ucraina di 20 anni e visto che molti protagonisti nel frattempo ci lasceranno, non è una cattiva idea. Cambiando i galli, cambia il pollaio. E nel frattempo Mosca potrebbe tornare ad essere magicamente amica. Trump ha detto a Zelensky che la Crimea la rivedrà giusto in cartolina e alla fine sarà già tanto se l’Ucraina manterrà uno sbocco sul Mar Nero per fare il bagnetto d’estate. Davvero una notevole inversione a u. A Washington e quindi in Europa. Dopo anni di autolesionismo energico e quindi economico, dopo anni di propaganda bellicista antirussa, dopo anni di immensi sprechi di risorse pubbliche, dopo anni di morti e distruzione, si ritornerà presto attorno ad un tavolo. Con l’unica differenza che nel frattempo l’Ucraina ma anche l’Europa sono in ginocchio mentre Putin sta vivendo una nuova primavera. I responsabili di tale disastro cercheranno di riciclarsi anche spingendo per il riarmo così magari la prossima guerra la combattiamo in prima persona invece che per procura. Armi sempre più devastanti, nuove generazioni da cannone, esercito continentale. In modo da vivere sicuri senza renderci conto che siamo noi i peggiori nemici di noi stessi. In modo da vivere in pace, facendo la guerra.

venerdì 11 ottobre 2024

La guerra in Iran, il cane e la coda. - Tommaso Merlo

 

Ormai a Biden gli raccontano le filastrocche tra un pisolino e l’altro mentre alle sue spalle si decidono i destini del mondo. Sul tavolo c’è la reazione alla sventagliata di missili iraniani che potrebbe far detonare una guerra su larga scala. Se fosse per i falchi della lobby pro Israele sgancerebbero subito l’atomica su Teheran così tagliano la testa al toro, ma a Washington c’è chi frena. Una situazione complicata perché Biden non riesce più a decidere nemmeno se andare in bagno o meno mentre la Harris è l’unica cosa che riesce a decidere. Pare che i soli adulti della situazione si trovino al Pentagono dove sono stanchi di guerre a vanvera e avvertono che prendersela con l’Iran non è uno scherzo soprattutto oggi che vola di tutto. Le vulnerabili basi americane sparse nel Golfo finirebbero nel mirino missilistico dei pasdaran in un baleno. A suggerire cautela è proprio l’esito dell’ultima sventagliata, checché ne dicano i giullari di corte, i sistemi antimissili Made in Occidente hanno intercettato qualche missile giusto per sbaglio mentre quelli atterrati han fatto danni eccome. E in cantina gli iraniani conservano suppostone ancora più deleterie. Ed è questo che conta nel mondo della guerra, avere un elmetto per ogni clava. L’Iran sembra poi fare sul serio, ne hanno abbastanza d’ingoiare rospi e quello di Nasrallah non va giù. Ma c’è oltre. Iran e Russia hanno un ottimo rapporto e la passione comune per le armi. Si scambiano i pezzi preziosi delle rispettive collezioni e Putin gli sta installando un sistema antimissile nuovo di pacca. Quanto all’annosa questione del nucleare iraniano, pare che l’Ayatollah in passato abbia espresso qualche perplessità in merito ma gli sia passata di recente. L’atomica è la clava per cui non esiste nessun elmetto. Al pericoloso Iran è sempre stata negata mentre quel mite statista di Netanyahu ne possiede un centinaio. Rinomata coerenza occidentale. Ma una guerra con l’Iran seccherebbe anche la Cina, il suo immenso motore produttivo gira soprattutto grazie al petrolio iraniano e se vengono colpiti i pozzi anche il prezzo del greggio schizzerebbe alle stelle e potrebbe causare una recessione globale. E questo in un momento già delicato. L’Occidente non accetta il sorpasso tecnologico cinese e sta ricorrendo ad una meschina guerra di dazi. Falli di frustrazione che potrebbero alimentare un conflitto commerciale. A breve si riunisce poi il Brics, per la prima volta nella storia potrebbe nascere una alternativa al dollaro, vero pilastro del decrepito impero americano. Cose grosse, l’Occidente sul viale del tramonto. E se non bastasse siamo pure a tre settimane dalle elezioni statunitensi. e una guerra con l’Iran potrebbero essere la pietra tombale per una Kamala Harris già inguaiata di suo. I sondaggi la danno incredibilmente alla pari col vecchio Trump. Annunciata come una Obama in gonnella, la Harris si è rivelata una ventriloqua dell’establishment. E non c’è di peggio coi tempi che corrono. Ha ricevuto palate di endorsement di lusso, ha tutti i media a favore, ha raccolto una valanga di soldi eppure niente, anche negli Stati Uniti i cittadini vogliono cambiamento radicale e non ipocrita perbenismo lobbistico. Per dirla all’americana, la guerra all’Iran dipenderà da chi è il cane e chi la coda. Se sono cioè gli Stati Uniti a guidare la loro politica estera oppure la lobby pro Israele. Una guerra non è negli interessi americani né occidentali e servirebbe solo a coronare i deliri sionisti di Netanyahu ma il potere ha le sue dinamiche. Nell’ultimo anno Biden non ha fatto che firmare assegni in bianco e passerà ai posteri come lo sponsor del genocidio del secolo. Uno scandalo a metà tra crisi democratica e circonvenzione d’incapace, ma davanti ad una guerra di tale entità ed impatto, gli adulti del Pentagono ma anche le rare menti libere sopravvissute in quel di Washington, potrebbero trovare un compromesso intelligente o almeno pare ci stiano provando. Del resto nel mondo della guerra contano anche le tempistiche e le conseguenze strategiche e non solo chi ha la clava più letale. Quanto al mondo della pace, rimane tutto da fare.

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giovedì 10 ottobre 2024

L’uragano, il rutto e la sconfitta ucraina. - Tommaso Merlo

 

Quando arriva un uragano è come in guerra. Ti avvisano di evacuare, parti coi tuoi stracci e poi attendi la distruzione nella speranza di poter ricominciare una vita tra le macerie. Nella ricca Florida come nel martoriato Medioriente, con l’unica eccezione di Gaza dove si viene sterminati anche nei rifugi. Ma ormai il genocidio è talmente sanguinario da non fare più notizia mentre la parola pace non esce più nemmeno per sbaglio dalla bocca dei reggenti. È tornata di moda la guerra e le mandrie si accodano sonnolente verso il burrone. Al bar come nei palazzi del potere dove si è appena insediato il nuovo segretario della Nato, l’olandese Mark Rutte. Nomen omen. Non ha fatto in tempo ad accomodarsi sulla poltrona che ha subito ruttato che servono 150.000 soldati in più alla Nato. Carne fresca in vista del terzo macello mondiale e da selezionare con cura tra gli allevamenti di poveri cristi. Rutto ha anche tuonato che i paesi membri dovrebbero spendere più del 2 percento del loro Pil in armamenti, perché sarebbe questa la vera priorità dei poveri cristi. Missili, bombe e contraerea per difenderci dall’efferata Russia che brama di fagocitarci. Già, come no. Ma del resto se la pensava diversamente o meglio se pensava, la poltrona se la scordava. Oggi come oggi conformismo ed arrivismo sono sinonimi e se va di moda la guerra, tutti in mimetica. Tra i primi incontri in agenda del neo segretario Nato quello con un altro protagonista assoluto della nostra epoca, la volpe della steppa Zelensky impegnato nell’ennesimo giro delle sette chiese. Cosa elemosini non è certo una novità, armi per proseguire la cavalcata e soldi per mantenere quello che resta dello stato ucraino. Zelenskyy ha in tasca un piano di pace che prevede la guerra e un paio di chicche. Pare che sia disposto a trattare con la Russia se si ritira da tutto il territorio ucraino. Davvero geniale, chiedere ai vincitori di perdere. Zelenskyy vuole poi che Putin paghi per i crimini di guerra commessi come se l’Ucraina sparasse fiori coi nostri cannoni. Qualcuno dovrebbe spiegare a Zelenskyy che in guerra le condizioni le dettano i vincitori, agli sconfitti spettano giusto le modalità della resa. Ed è questo il dilemma ucraino ma anche occidentale: continuare a buttare benzina sul fuoco per ragioni di principio o presunte tali, oppure smetterla di litigare come bambini dell’asilo e tornare a ragionare da persone adulte e negoziare. Del resto dalle scarse informazioni che filtrano dalle trincee, la situazione appare drammatica. I politicanti aprono bocca e gli danno fiato ma secondo gli analisti militari l’esercito ucraino potrebbe cedere per mancanza di uomini. Molti persi nelle quotidiane carneficine altri fuggiti a gambe levate. E anche i tanto conclamati missili a lungo raggio non sarebbero decisivi. L’unico modo per cambiare le sorti del conflitto sarebbe l’ingresso della Nato ma questo vorrebbe dire guerra mondiale e pure atomica e sembra che nemmeno gli Stati Uniti la vogliano al momento. Anche perché sono divisi internamente, la Harris gira con pistola e tanica in mano mentre quel marpione di Trump si sente di nascosto con Putin da anni e in caso di bis ha preannunciato che manderà Zelensky a quel paese. Siamo a quasi tre anni dall’escalation, l’Ucraina è in cenere eppure non c’è un leader europeo in grado di lanciare una valida iniziativa diplomatica. Non c’è nessuno che ha il coraggio di proporre una alternativa differenziandosi dalle mandrie che procedono sonnolente verso il burrone. Passiamo da un uragano di guerra all’altro e la parola pace non esce più nemmeno per sbaglio dalla bocca dei reggenti. Come se non capissero che il vero ed unico piano per la vittoria dell’Ucraina come di tutti noi, sia quello di far tornare di moda la pace.

Tommaso Merlo

giovedì 26 settembre 2024

In Europa il “cattivo” Vannacci parla di pace meglio dei “buoni” di Daniela Ranieri per Il Fatto Quotidiano.

Qualche giorno fa, al Parlamento europeo, sono risuonate parole di radicale chiarezza in merito ai “principi tesi a guadagnarci una pace prospera e duratura” sui quali è stata fondata l’Unione europea, minacciati dall’intensificarsi degli sforzi di Nato e Ue per fare la guerra alla Russia per interposta Ucraina: “A circa 2400 km da questo Parlamento, lei (Dombrovskis, in assenza dell’Alto rappresentante dell’Ue per gli Affari esteri Borrell ndrci promette una guerra a oltranza per cercare una vittoria… E visto che la vittoria non arriva, fa delle pressioni continue sull’Italia, che ha deciso giustamente di cedere le proprie armi per garantire la legittima difesa a un Paese aggredito, ma che non vuole che quelle stesse armi si trasformino in uno strumento che ci potrebbe portare al baratro della distruzione termonucleare”.

Accipicchia, e chi è che parla come Adenauer? Sicuro un vero pacifista, europeista e amante della Costituzione italiana: Zingaretti? Bonaccini? Nardella? Picierno?
Sarebbe ben strano: hanno appena votato sì, con capziosi distinguo da neurodeliri, alla risoluzione per permettere all’Ucraina di usare le nostre armi in Russia (hanno votato no solo Lega, M5S, Avs; nel Pd si sono astenuti Strada e Tarquino).
Ebbene, a parlare è stato Vannacci.
Eh, lo sappiamo. Si chiama dissonanza cognitiva, ed è quella tensione psicologica provocata dalla contraddizione sorta tra le nuove informazioni e le vecchie credenze, un fenomeno che si genera solo nelle menti inclini alla riflessione (quelle refrattarie manco avvertono la contraddizione, o la liquidano dicendo che Vannacci è putiniano, mentre gli altri, gli atlantisti pro-guerra, non possono esser detti guerrafondai e servi degli Usa perché sono buoni a prescindere).

Vannacci ha aggiunto: “L’Alto rappresentante Borrell vola in Medio Oriente per chiedere un cessate il fuoco a Gaza: da una parte chiede la pace senza condizioni, dall’altra ci promette guerra, missili, granate e droni. E critica Orbán, unico rappresentante europeo che cerca una soluzione negoziale”.
Purtroppo è così: mentre gli americani, i pacieri del mondo che hanno portato ovunque morte e distruzione, avanzano insieme agli zombie colonizzati d’Europa nella danza macabra che ci sta portando in guerra con la Russia, è solo Orbán col suo portavoce a denunciare “la politica bellicista sbagliata, irresponsabile e pericolosa dell’élite occidentale che sta distruggendo l’Europa”; è Trump a lanciare l’allarme su un’imminente Terza guerra mondiale (mentre la Harris su questo, come su tutto il resto, è assai spensierata); è Salvini (!) a mettere in guardia sui rischi dell’uso delle nostre armi in Russia.
Per dire come siamo ridotti.
Invece di dire ottusamente che quelli lavorano per Putin, bisognerebbe forse notare che se i sovranisti, razzisti, omofobi etc. si sono accorti che stiamo andando verso la fine del mondo, mentre per i “democratici” va tutto benone, il problema sono i “democratici”. Ovviamente i pacifisti non possono votare o augurarsi che vincano i cattivi, pena la scomunica e l’esclusione dal consesso dei democratici; devono continuare a votare la Picierno e ad adorare il santino della Von der Leyen, presidente della Commissione europea, che con la sua cotonatura contundente sponsorizza modernissimi bunker anti-aerei finlandesi e gira agghiaccianti video bellicisti in cui promette di “potenziare (“turbo-change”,ndr) la nostra capacità industriale di difesa”, cosa che peraltro noi stiamo docilmente facendo, impegnandoci con la Nato per portare al 2% le spese in armamenti e dirottando fondi del Pnrr sulla produzione di armi facendo rientrare la spesa sotto la voce-fregatura “resilienza”. I pacifisti si astengano dal votare, restino a casa a costruire rifugi anti-atomici, cosa che tutto sommato ai Buoni va anche bene.

https://www.dcnews.it/2024/09/26/guerra-in-ucraina-le-accuse-di-vannacci-alla-feccia-di-bruxelles-applaudite-clamorosamente-dal-fatto-quotidiano-un-editoriale-da-far-leggere-ai-bambini-delle-scuole-spiega-alla-perfezione-il-mondo-a/?fbclid=IwY2xjawFh8kVleHRuA2FlbQIxMAABHdbPkzjm0y-tta6dfvWDEM4RINweAc7Ddnlk4-yL52YGyT7lWmvZqZND4Q_aem_xviWs_TC55_Rsp9ADoOwug

giovedì 5 settembre 2024

Il grande ritorno del guerrafondaio. - Giuseppe Salamone

 

Mentre Bloomberg ci comunica che la Russia sbanca con le entrate derivanti dalla vendita di gas e petrolio e piazza un +21% rispetto all'anno scorso, l'Unione Europea commissiona al discepolo Mario Draghi un "rapporto sulla competitività".

Lui si presenta con un piano di guerra che sembra scritto al Pentagono: intanto dice che bisogna semplificare la vita all’industria delle armi, poi chiede che vengano rimossi i divieti per le aziende per spalancare le porte dei finanziamenti UE compresi quelli della banca centrale europea e infine mette nero su bianco che le politiche green tutto sommato vanno bene, però per le armi bisogna chiudere non solo un occhio, bensì tutti e due.

Stiamo parlando di quel personaggio che è stato l'ideatore delle sanzioni che hanno affossato l'Europa e fatto il solletico alla Russia. Nonostante tutto ce lo ritroviamo di nuovo che gironzola per le stanze di Bruxelles ovviamente senza aver mai preso mezzo voto per presentare piani di sviluppo economici. O forse istanze di fallimento dell'UE visto che tutto ciò che tocca alla fine diventa un dramma per i cittadini.

Uno come lui, e non mi stancherò mai di dirlo, dovrebbe essere preso a pesci in faccia e accusato di alto tradimento. Altro che piani e cazzate varie! A proposito, ve lo ricordate il famoso Price Cap? Ci hanno rotto le balle per oltre un anno con questa super idea del discepolo. Adesso che la Russia, grazie a una grande economista, tale Elvira Nabiullina che vale mille mila Draghi è riuscita a vanificare sanzioni e Price Cap, miracolosamente non se ne parla più.

Però in compenso abbiamo abbiamo l'argomento del mese che ha trasformato il dibattito pubblico in un programma di Barbara D'Urso...

T.me/GiuseppeSalamone
Giuseppe Salamone
Giuseppe Salamone 

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domenica 18 agosto 2024

“Sta facendo una mossa suicida” L’attacco alla Russia voluto dal burattino spiegato come sempre alla perfezione dal professor Alessandro Orsini .

 

Kiev ha perso ovunque: a Kursk può finire male

Di Alessandro Orsini per Il Fatto quotidiano

Kursk non sta funzionando. L’idea di invadere la Russia per costringere Putin a spostare truppe dal Donbass, almeno finora, non ha dato i risultati sperati. Da quando gli ucraini sono entrati a Kursk, il 6 agosto scorso, i russi non hanno fatto altro che conquistare nuovi territori in Donbass. Mentre scrivo, Zelensky ordina l’evacuazione a Pokrovsk.

La strategia di Putin a Kursk si basa su tre mosse:
1) arrestare l’avanzata degli ucraini;
2) lasciare che si accomodino;
3) falcidiarli con gli aerei. Le probabilità che la sortita di Zelensky a Kursk si concluda in un nuovo disastro sono alte giacché il record negativo del presidente ucraino è strabiliante.
Dall’inizio della controffensiva, il 5 giugno 2023, fino alla sua conclusione agli inizi di ottobre, tutto ciò che Zelensky ha ideato contro i russi è stato un fallimento.
Tant’è vero che, terminata la controffensiva, l’esercito ucraino si è ritrovato dissanguato mentre quello russo ha addirittura invaso Kharkiv.
La controffensiva ucraina, concepita da Zelensky per conquistare nuovi territori, si è conclusa con la perdita di molti altri territori e la richiesta immediata di arruolare un numero enorme di civili, 500 mila, sufficienti a costruire un nuovo esercito.
Il tutto accompagnato da un urlo disperato: “Ho terminato armi e munizioni!”. Zelensky ha avviato l’amministrazione militare dei territori occupati. La domanda sorge spontanea: come crede di poterli mantenere senza la superiorità aerea?
I cieli sono russi. Zelensky chiede agli alleati di autorizzarlo a usare i missili a lunga gittata. Per averla vinta, ricorre alla nota strategia di metterli davanti al fatto compiuto piegando la loro riluttanza con il consueto: “Non vedete che i russi stanno uccidendo tutti gli ucraini a Kursk? Autorizzatemi, altrimenti siete corresponsabili”. Oggi chiede l’autorizzazione per distruggere la Russia; domani la invocherà per non essere distrutto.
Zelensky si è giocato il tutto per tutto.
Se Putin arresta l’avanzata in Donbass per spostare i soldati a Kursk, è fatta. Se non li sposta, gli ucraini a Kursk dovranno parare le Fab-3000 con le mani.
I Patriot e i Samp-T in quella terra avrebbero vita breve. Gli ucraini controllano pochi chilometri quadrati che i russi conoscono come le loro tasche. Il primo missile lanciato da un Samp-T sarebbe quasi certamente l’ultimo.

Ricorriamo all’immaginazione e immaginiamo che Kursk finisca nell’ennesimo disastro. Che cosa accadrebbe a Zelensky? Secondo alcuni analisti, rischierebbe di essere rovesciato.
Ma i golpisti dovrebbero prima assicurarsi il consenso della Casa Bianca, senza i cui soldi cadrebbero in poco tempo.
Biden difenderebbe Zelensky con tutte le sue forze.
Gli ucraini devono resistere a Kursk fino al voto di novembre per la Casa Bianca. Trump è pronto ad attribuire a Kamala Harris le colpe di tutte le disfatte.
Quella di Kursk sarebbe la più grande perché costruita sui 75,1 miliardi di dollari sborsati da Biden, cui bisogna aggiungere 23,3 miliardi di dollari recentemente deliberati dal Congresso.
Dall’inizio della guerra a oggi, l’Ue e altri Paesi europei hanno dato a Zelensky 110,2 miliardi di euro.
All’ultimo vertice sul bilancio comunitario sono stati promessi ulteriori 77 miliardi. Sommando i dollari americani agli euro dell’Europa, la cifra è esorbitante. Questa cifra da capogiro rischia di essere bruciata in una mano a poker.
Il grande giocatore di poker vince senza carte in mano contro avversari carichi di punti. Ma il bluff richiede che le carte siano ignote ai giocatori. In questo caso, tutti conoscono le carte di Putin e di Zelensky.
La Russia ha i soldati per aprire nuovi fronti e l’Ucraina no. L’organico delle forze armate russe consta di 2.210.000 persone circa, di cui almeno 1.320.000 militari.
L’Ucraina sta finendo i soldati e molti Paesi dell’Unione Europea stanno finendo i soldi con la Germania in recessione. Tra non molto, le carte potrebbe darle Trump.

https://www.dcnews.it/2024/08/18/sta-facendo-una-mossa-suicida-lattacco-alla-russia-voluto-dal-burattino-spiegato-come-sempre-alla-perfezione-dal-professor-alessandro-orsini/?fbclid=IwY2xjawEujm1leHRuA2FlbQIxMAABHSwwYRassQJBCQigAYtS0sveoIdwkuRRsNIJJ-IrnkmT0dIY0pPRzTFHUg_aem_ZvQ1xY3BGQibHmHyWKL3bQ

venerdì 16 agosto 2024

Guerra Ucraina. - Giuseppe Salamone

 

Era il 14 giugno scorso quando Putin apertamente parlò, per l'ennesima volta, di negoziati mettendo come punto di partenza gli accordi di Istanbul fatti saltare da Usa e UK. Era sostenuto dal piano di pace proposto dalla Cina il quale aveva ottenuto un buon sostegno a livello internazionale soprattutto dopo il flop che si prospettava per la conferenza di pace farlocca organizzata dall'occidente in Svizzera.
In quell'occasione, seppur in modo sterile, anche in occidente si avviò un mini dibattito tornando a parlare di possibili trattative. Troppo pericoloso però per chi con la guerra ci campa assistere a un dibattito sulle proposte di Putin per due semplici motivi: il primo perché significava che le condizioni le stava dettando il Cremlino (ovviamente da sempre le condizioni le detta chi vince sul campo), secondo perché non era ancora arrivato il momento di mettere la parola fine alla guerra per procura per chi controlla le marionette della Casa Bianca.
Sostanzialmente bisognava tornare a un punto teso dove poter allontanare ogni tipo di diplomazia anche perché, lo scambio di prigionieri avvenuto sia con gli Usa sia con l'Ucraina aveva frantumato la narrazione propagandista occidentale del "con Putin non si negozia perché non vuole negoziare". Serviva qualcosa di abbastanza eclatante che mandasse all'aria ogni piccolo spiraglio di negoziato e, stranamente, eccolo arrivato. Sto parlando della sortita di Zelensky in Russia. Un'azione, come già detto, senza alcun senso sia dal punto di vista militare sia dal punto di vista strategico. Ma una sortita che, giustamente, imbarazza il Cremlino sia agli occhi del mondo sia agli occhi della stessa popolazione Russa e pertanto va spenta quanto prima.
Ed è quello che farà la Russia perché militarmente ha la forza, il tempo e la pazienza per farlo. Oggi Putin ha pronunciato parole pesanti e per la prima volta dal febbraio 2022 ha dichiarato di non essere disposto a negoziare almeno fino a quando non sistemeranno la questione nella Regione di Kursk: "È chiaro il motivo per cui il regime di Kiev ha rifiutato le nostre proposte di ritorno ad un piano di soluzione pacifica, così come le proposte dei mediatori interessati e neutrali. A quanto pare, il nemico, con l’aiuto dei padroni occidentali, sta portando avanti la loro volontà."
Ma qui arriva il punto secondo me fondamentale: "Ma di che tipo di negoziati possiamo parlare con persone che attaccano indiscriminatamente i civili, le infrastrutture civili o cercano di creare una minaccia per gli impianti di energia nucleare?". Ora, piaccia o meno, non trovo una sola contraddizione nelle parole di Putin. Ha aperto in passato ai negoziati? Si, l'ha fatto parecchie volte sia lui sia Lavrov. Quel buffone di Zelensky, forte del sostegno dei padroni occidentali, anziché accogliere le proposte diplomatiche ha preferito attaccare la Russia massacrando civili e lanciando droni sulle centrali nucleari? Si, l'ha fatto e lo abbiamo visto tutti.
Quindi di che stiamo a parlare? Stiamo a parlare di una parte che fino ad adesso si è mostrata disponibile al dialogo (a dirla tutta sono decenni che la Russia cerca di parlare con gli Usa a causa dell'espansione della Nato) e di una parte che ogni volta che sembra ci possa essere una minima soluzione, manda tutto all'aria perché deve continuare a oltranza la guerra contro la Russia. Ora datemi pure della spia del Cremlino, ma questa è la realtà. Il resto, come sempre, è pura, becera e criminale propaganda.
A proposito: credete ancora, come la propaganda di regime continua a narrare, che l'azione terroristica di Zelensky in Russia sia stata fatta a insaputa degli Usa e dei suoi vassalli? Siete sicuri che abbiano fatto una sortita con militari che parlano un inglese impeccabile ed equipaggiati con armi Nato fino ai denti all'insaputa degli Usa e dei suoi vassalli? Se la risposta è si, allora i frutti di Hollywood stanno fiorendo alla grande. Poveri noi...

giovedì 15 agosto 2024

Gli atlantonti di Marco Travaglio.

 

Per capire in quale trappola diabolica s’è cacciata l’Europa, basta unire i puntini delle ultime notizie, che sembrano fatte apposta per gli atlantonti che non vogliono vedere.

1) La Germania, mentre imbottisce l’Ucraina di armi e miliardi, spicca un mandato di cattura per l’incursore ucraino che due anni fa fece esplodere, su mandato di Kiev e con la copertura Nato, i gasdotti Nord Stream 1 e 2, costati 21 miliardi, che portavano il gas russo in Germania e di lì in tutta Europa e che Biden aveva già minacciato di distruggere. Risultato: ora compriamo più gas liquido e scadente dagli Usa, che ce lo vendono a prezzi quadrupli e ci tocca pure rigassificarlo; la Germania in recessione trascina nel baratro l’intera Ue, mentre l’economia americana (come quella russa) va come un treno.

2) Ora che Biden sta per diventare ex presidente, vengono desecretati gli atti sul figlio criminale Hunter che nel 2016, sotto il governo Renzi, chiese aiuto all’ambasciatore a Roma per procacciare affari nella Toscana pidina al colosso energetico ucraino Burisma, di cui era amministratore. Insomma, quello dei Biden per Kiev è un amore disinteressato: platonico.

3) Il più fanatico fra i consiglieri di Zelensky, Podolyak, spiega che l’invasione ucraina della regione russa di Kursk serve a ricattare i Paesi più prudenti della Nato per avere mano libera sull’uso delle nostre armi in Russia. Paesi tipo l’Italia, che ripudia la guerra per Costituzione, come ricorda financo Crosetto (subito linciato dai pretoriani Nato Mieli&Sallusti, che chiamano la Costituzione “ipocrisia” e “odio per l’Occidente”).

Il copione è fisso: il regime ucraino e i retrostanti Usa ricattano l’Europa con menzogne sempre più spudorate, ma i nostri sgovernanti sono ben felici di bersele mettendo mano al (nostro) portafogli e scavalcando le linee rosse che avevano tracciato.
Ora Kiev, dopo aver finto di voler negoziare con Mosca per paura di Trump, scatena un blitz militarmente inutile, anzi suicida, che la priva dei reparti migliori condannati allo sterminio, sguarnisce il Donbass dove i russi avanzano vieppiù, al solo scopo di bruciare il tavolo dell’eventuale trattativa. E pretende di farlo coi nostri missili e il nostro permesso.
Ma, siccome l’ultima linea rossa è sempre la penultima, dobbiamo prepararci alla prossima: quando i russi completeranno la conquista del Donbass e annienteranno i reparti ucraini a Kursk, Zelensky piagnucolerà che ha finito i soldati e vuole i nostri. I giovani ucraini fuggono all’estero, affogano nel Dnepr, si spaccano le tibie a martellate pur di non arruolarsi. Ma Repubblica canta l’epopea dei “soldati ucraini ‘felici di guidare un tank in Russia’”. È così che si precipita nella Terza guerra mondiale senza neppure accorgersene.

https://www.dcnews.it/2024/08/15/se-unisci-i-puntini-ci-arrivi-anche-tu-ucraina-un-impeccabile-marco-travaglio-demolisce-definitivamente-la-stucchevole-narrazione-che-politicanti-e-pennivendoli-ci-propinano-da-due-anni/

mercoledì 14 agosto 2024

L’Ucraina nelle mani di un vero idiota! Il professor Orsini ridicolizza Zelensky e i suoi padroni della Nato dopo l’insensato attacco in territorio russo.

 

NuovoAtlante
di Alessandro Orsini per Il Fatto quotidiano
“Contrattacco”. La megalomania di Zelensky e la cecità della Nato
Sebbene a corto di mezzi e uomini, l’Ucraina ha aperto un nuovo fronte a Kursk invadendo il territorio russo. In sede di analisi, la prima domanda da porsi è perché Zelensky abbia preso una decisione così controproducente: a essere in inferiorità numerica sono gli ucraini e non i russi.
I primi non possono aprire nuovi fronti; i secondi sì.
Per fare chiarezza, sottoporrò al vaglio della ragione tutte le spiegazioni elaborate dagli ambienti di Kiev nel rispetto del progetto illuministico. Con solerzia da etnografo, ne ho appuntate almeno sei.
Tutte hanno in comune una mancanza totale di senso della realtà figlia di una grave forma di megalomania sempre più radicata negli ambienti di Zelensky, Nato e Unione europea.
Mykhailo Podolyak, consigliere di Zelensky, ha dichiarato che l’invasione di Kursk è stata concepita per diffondere la paura nell’esercito russo.
L’organico delle forze armate russe consta di 2.210.000 persone circa, di cui almeno 1.320.000 militari.
Allo stato attuale delle nostre conoscenze, non risulta che tutte queste persone siano braccate dalla paura perché mille ucraini sono entrati a Kursk.
Dal canto suo, Zelensky ha dichiarato che l’invasione serve per costringere Putin a trattare alle condizioni dell’Ucraina.
Il problema è che l’invasione ucraina della Russia non è paragonabile all’invasione russa dell’Ucraina.
La prima è piccolissima; la seconda è grandissima.
Infatti, Putin non ha pensato di trattare, ma di contrattaccare.
La terza spiegazione è che l’invasione ucraina serve a conquistare la centrale nucleare di Kursk per minacciare di farla esplodere nel caso in cui Putin non dichiari la resa senza condizioni.
Se una circostanza del genere si verificasse, la cosa più probabile che accada è che Putin dia 24 ore a Zelensky per dimettersi pena un attacco nucleare ad ampio spettro.
Tolta la megalomania, balzerà agli occhi che uno Stato senza testate nucleari non può minacciare uno Stato con seimila testate nucleari.
La quarta spiegazione è che l’invasione di Kursk serve a ottenere il crollo del regime di Putin.
Secondo l’ambiente di Kiev – che include anche i principali quotidiani italiani – Putin sarà isolato dai suoi generali e odiato da tutti i russi per la falla a Kursk.
In realtà, l’invasione di Kursk causerà gli stessi effetti della rivolta di Prigozhin: i consensi di Putin aumenteranno giacché i russi odiano la Nato, mica Putin.
La ragione è presto detta: i russi sentono di essere attaccati dalla Nato e difesi da Putin. Soltanto chi abbia assunto dosi massicce di oppio ideologico non riesce a cogliere una verità così elementare.
La quinta spiegazione è che l’invasione di Kursk costringerà Putin a spostare truppe dal Donbass.
In realtà, è accaduto il contrario.
Per condurre l’invasione, Zelensky ha dovuto spolpare il fronte ucraino, dove arretra di continuo; Putin, invece, sta difendendo Kursk con il ricorso a nuovi soldati per le ragioni di cui sopra: ha un esercito enorme.
Infine, e siamo a sei, Zelensky ha dichiarato di avere invaso Kursk per spirito di vendetta affinché i russi capiscano che cosa significhi essere invasi…
Come se non lo sapessero: la megalomania distrugge persino il senso storico. Nel frattempo, i russi continuano a falcidiare gli ucraini in Donbass.
Così come Netanyahu fa di tutto per gettare l’Occidente in una guerra con l’Iran, Zelensky fa di tutto per gettarlo nella terza guerra mondiale.
Qualcuno gli spieghi che la terza guerra mondiale vedrebbe Cina, Iran e Corea del Nord schierate con la Russia. Un tale schieramento sovrasterebbe persino gli Stati Uniti. Figuriamoci l’Ucraina.

venerdì 26 luglio 2024

Maestra senza allievi di Marco Travaglio per Il Fatto quotidiano.

 

Per carità, rispetto a Biden è un pischello. Ma quando parla di guerre, Sergio Mattarella non pare lucidissimo.
Esprime “grande tristezza nel vedere che il mondo getta in armamenti immani risorse finanziarie che andrebbero destinate a fini sociali” (bene, bravo, bis).Poi però, con un arabesco logico da Guinness, ricasca nella solita litania: “L’Italia e i suoi alleati sostenendo l’Ucraina difendono la pace per evitare altre aggressioni a vicini più deboli che porterebbero a una guerra globale”.È la bugia che ci affligge dal 2022, quando Mosca invase l’Ucraina e si disse che la guerra era scoppiata quel giorno perché Putin, impazzito, voleva conquistare l’Europa partendo dal Donbass. Invece è scoppiata nel 2014, col golpe bianco di Euromaidan (fomentato dagli Usa, come confessò Victoria Nuland) per cacciare il legittimo presidente Janukovich e far eleggere il fantoccio Poroshenko che cambiò la Costituzione per aderire alla Nato e prese a bombardare il Donbass russofono. Mattarella, così triste per il riarmo, domanda: “Colpa di chi difende la propria libertà e chi lo aiuta o di chi aggredisce la libertà altrui?”.Ma dimentica le responsabilità occidentali: anche nella Serbia filorussa che, quando lui era vicepremier nel 1999, fu bombardata dalla Nato per 78 giorni e smembrata con l’indipendenza del Kosovo (il diritto all’autodeterminazione vale solo per i nemici di Mosca, quindi non per il Donbass).Poi scomoda l’“historia magistra vitae” (ma priva di allievi) per un ardito paragone con la II guerra mondiale: “Hitler pretendeva di annettere i Sudeti, la parte di Cecoslovacchia con una minoranza tedesca che Hitler pretendeva di annettere. Gran Bretagna, Francia e Italia, anziché difendere il diritto internazionale, gli diedero via libera. Lui poi occupò l’intera Cecoslovacchia e quando, non incontrando ostacoli, provò con la Polonia scoppiò la guerra mondiale”.Fra le tante cose che la storia non gli ha insegnato – oltre al fatto che Putin non è Hitler, non ha la Wehrmacht ma un esercito al confronto modestissimo e, se provasse a invadere l’Europa, si ritroverebbe contro l’intera Nato – c’è che contro Hitler si mossero Usa, Uk e Russia.Contro Putin c’è il fu esercito ucraino, che ha perso la guerra.E ora Zelensky e Kuleba invocano negoziati coi russi. Ma, come già nel 2022, dopo aver ripetuto per due anni e mezzo che la pace la decide l’Ucraina, l’Europa sabota i negoziati incitandola a farsi massacrare ancora. Ecco il generale Roly Walker, capo di stato maggiore britannico, in stereo con Mattarella e con l’Ue: “Dobbiamo prepararci a combattere con la Russia entro tre anni”. Quindi o ha saputo che Putin prepara lo sbarco oltre la Manica, o anche a lui servono ripetizioni di storia.

Il Fatto Quotidiano del 25.7.2024

domenica 5 maggio 2024

“L’Occidente banchetta sul suo cadavere” Ucraina, l’impietosa analisi del generale Fabio Mini sullo schifo della feccia nostrana e il reale andamento della guerra totalmente a favore di Mosca.

 

Kiev spolpata da nemici e amici per trarre profitto dal cadavere
DÉBÂCLE SUL CAMPO – È scoccata l’ora della verità. Nonostante promesse e aiuti, la situazione sul terreno ormai è compromessa, ma i gialloblù continuano a essere illusi
di Fabio Mini per Il Fatto Quotidiano
In questo periodo di guerra ciò che si percepisce sul campo di battaglia è meno rilevante di quanto ci viene mostrato da tutte le fonti occidentali alimentate dall’Ucraina e di quanto avviene a livello strategico-politico. Sul campo gli attacchi russi sono sistematici, ma limitati. La parola è data alle artiglierie terrestri e alle fanterie diluite lungo una linea di contatto di oltre 800 chilometri, ma più concentrate nell’area di Kharkiv ormai ridotta, come tutte le cittadine e i villaggi del fronte, a cumuli di macerie.
A ridosso di tale linea, dalla parte russa sono schierate le forze di riserva, i supporti e i lanciatori di razzi e missili terrestri pronti sia a favorire l’ulteriore avanzata sia a garantire il controllo del territorio. Ancora più arretrate operano le basi di fuoco aereo e missilistico e le basi logistiche. Aerei e missili battono obiettivi in profondità in tutto il territorio ucraino, o quasi, colpendo strutture energetiche, centri di comando e controllo e altri obiettivi d’interesse militare e industriale.
I danni materiali sono ingenti e significativi, mentre quelli alle persone sono largamente sproporzionati rispetto ai primi.
Non si è mai visto un rapporto ucraino sui bombardamenti aerei subiti che abbia fatto più di 4 o 5 morti tra i civili, di cui gli immancabili uno o due bambini.
Per contro, secondo le stesse fonti ucraine, non viene colpito nemmeno un soldato.
Le perdite di combattenti sono un segreto di Stato che come tale va rispettato per la tenuta morale della nazione. Ma non convince nessuno. Da parte ucraina, a ridosso della sottile linea di contatto, peraltro molto discontinua, non c’è niente. Le poche forze disponibili sono concentrate nei punti di maggiore sforzo russo in un testa a testa che contrasterebbe con tutte le regole del combattimento se veramente i russi avessero intenzione e fretta di “sfondare” da qualche parte.
Dietro le linee ucraine più in profondità operano le artiglierie e i lanciarazzi e lanciamissili forniti dai Paesi occidentali completi di munizioni, operatori e sistemi di acquisizione di obiettivi non necessariamente schierati in Ucraina.
La difesa antiaerea russa copre le parti più sensibili, come Crimea, Zhaporizhia, Kherson e Kharkiv oltre alla difesa “di punto” delle basi aeree e logistiche.
Quella ucraina è quasi assente e carente anche nella difesa dello spazio aereo dei maggiori centri come Kiev e Dnipro.
La situazione è quindi di per sé drammatica e non avrebbe bisogno di essere ulteriormente esasperata, come invece Kiev è costretta a fare.
Dopo due anni di combattimenti a singhiozzo, l’Ucraina si è resa conto di non possedere la base né per vincere né per essere aiutata a vincere. Il tentennamento americano sui finanziamenti ha lanciato un segnale pericoloso ai dirigenti di Kiev, ha imbarazzato l’amministrazione Biden e ha costretto i vertici di Nato ed Europa a spendersi in rassicurazioni e finanziamenti oltre ogni realistica capacità di fornirli realmente e in tempo per evitare la catastrofe e di inviarli per un tempo lungo.
Le manifestazioni di appoggio incondizionato e “per tutto il tempo che ci vorrà” garantito da personaggi in perenne pellegrinaggio a Kiev sono al limite tra l’ipocrisia e la goliardia. Gli ucraini l’han notato da tempo e a ogni viaggio alzano la posta.
E neppure questo sarebbe necessario perché già per proprio conto i “ragazzi” e le “ragazze” che giocano alla guerra fanno promesse che non potranno mantenere senza aggravare ancor più la situazione ucraina e la sicurezza dell’Europa e del mondo.
Biden incassa il consenso a fornire altri 60 miliardi di aiuti militari all’Ucraina che mascherano un ingiusto profitto.

La Von der Leyen fa altrettanto per l’Europa e Stoltenberg assicura il supporto Nato pur sapendo di non poter garantire il consenso unanime dei Paesi membri: Ungheria, Turchia, Grecia e Italia già promettono saggiamente di non inviare truppe e di limitare gli aiuti, ma come al solito si dovrà vedere cosa faranno se messi alle strette.

Macron invece si spende in minacce d’intervento militare da parte della Francia, Cameron conferma la “licenza di uccidere” la Russia coi suoi James Bond, incursori e mercenari, i suoi carri e lanciamissili che da tempo operano in Ucraina e nei Paesi baltici, oltre a 3 miliardi di sterline all’anno “per tutto il tempo che ci vorrà”.
Numeri e promesse sono impressionanti, ma non tanto da rassicurare i dirigenti ucraini che hanno perso la fiducia e devono esasperare le percezioni per affrettare l’afflusso di armamenti e gli accrediti di denaro prima di essere costretti a capitolare non tanto nei confronti della Russia, ma dello stesso blocco occidentale sempre a rischio di frantumazione.
Zelensky e i suoi sanno che tali promesse non saranno comunque sufficienti a ribaltare le sorti della guerra.
I miliardi di aiuti, tolti quei tanti per le spese di mantenimento dell’apparato statale e quei pochissimi destinati agli scopi umanitari, vanno in armamenti forniti direttamente dai singoli Paesi.
In pratica, come già evidenziato dalla commissione armamenti del Senato americano, “nemmeno un dollaro di aiuti militari all’Ucraina uscirà dagli Stati Uniti”.
I soldi andranno alle industrie americane come un qualunque aiuto di Stato.
E così è anche per gli altri Paesi generosi sostenitori. Inoltre i materiali che vengono ceduti e tramutati in dollari sono quelli esuberanti le capacità di difesa e deterrenza.

Gli Himars, lanciamissili relativamente moderni, sono stati centellinati e ognuno di tali sistemi richiede più risorse per la propria difesa che per il lavoro che dovrebbe fare.

Abbondano invece le forniture di lanciamissili tattici Atacms con gittata di 300 chilometri, iniziate nell’autunno 2023 anche da parte inglese.
Si tratta di materiali obsoleti già radiati dal servizio o alla fine della vita tecnica per la crescente instabilità dei propulsori. E sono dirette all’esasperazione della guerra le accuse di ricorso alle armi “proibite” che periodicamente tornano alla ribalta fin dai primi giorni dell’invasione con la “scoperta” in Ucraina di siti medici dove si testavano agenti di guerra biologica.
Ora la situazione dei combattimenti non è in stallo, come qualcuno afferma, ma sta peggiorando ogni giorno per l’Ucraina.
Russia e Ucraina non hanno mostrato alcuna intenzione di negoziare ed entrambe fanno credere di poter vincere sul campo: l’Ucraina non da sola, ma con il sostegno armato di Usa ed Europa; la Russia con la deterrenza nucleare e il sostegno politico-strategico di Cina e altri Paesi del sud del mondo.
Sono due presunzioni errate, ma proprio per questo ancor più pericolose: entrambe portano direttamente a una guerra continentale con l’impiego di armi nucleari tattiche, reso altamente probabile dalle forniture di armi occidentali all’Ucraina.
In una situazione del genere sembra inutile e ipocrita chiedere ai due Paesi di rinunciare alla lotta mentre il resto del mondo spinge per continuarla, per un motivo o per l’altro, per l’interesse di qualcuno o di qualcun altro.
Pertanto i vari appelli per il negoziato che si stanno moltiplicando più per motivi elettorali che per considerazioni di sicurezza dell’intera Europa dovrebbero essere accompagnati da azioni concrete volte a rimuovere da entrambe le parti le false certezze sul sostegno di cui ancora godono.
L’Ucraina sembra avviata verso una fine ben più grave della neutralità alla quale ha rinunciato volontariamente o forzatamente. È intrisa e circondata da amici e nemici che applicano uno dei Trentasei stratagemmi dei classici cinesi della guerra: “Trarre utile proficuo anche da un cadavere”.

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