giovedì 10 ottobre 2024

L’uragano, il rutto e la sconfitta ucraina. - Tommaso Merlo

 

Quando arriva un uragano è come in guerra. Ti avvisano di evacuare, parti coi tuoi stracci e poi attendi la distruzione nella speranza di poter ricominciare una vita tra le macerie. Nella ricca Florida come nel martoriato Medioriente, con l’unica eccezione di Gaza dove si viene sterminati anche nei rifugi. Ma ormai il genocidio è talmente sanguinario da non fare più notizia mentre la parola pace non esce più nemmeno per sbaglio dalla bocca dei reggenti. È tornata di moda la guerra e le mandrie si accodano sonnolente verso il burrone. Al bar come nei palazzi del potere dove si è appena insediato il nuovo segretario della Nato, l’olandese Mark Rutte. Nomen omen. Non ha fatto in tempo ad accomodarsi sulla poltrona che ha subito ruttato che servono 150.000 soldati in più alla Nato. Carne fresca in vista del terzo macello mondiale e da selezionare con cura tra gli allevamenti di poveri cristi. Rutto ha anche tuonato che i paesi membri dovrebbero spendere più del 2 percento del loro Pil in armamenti, perché sarebbe questa la vera priorità dei poveri cristi. Missili, bombe e contraerea per difenderci dall’efferata Russia che brama di fagocitarci. Già, come no. Ma del resto se la pensava diversamente o meglio se pensava, la poltrona se la scordava. Oggi come oggi conformismo ed arrivismo sono sinonimi e se va di moda la guerra, tutti in mimetica. Tra i primi incontri in agenda del neo segretario Nato quello con un altro protagonista assoluto della nostra epoca, la volpe della steppa Zelensky impegnato nell’ennesimo giro delle sette chiese. Cosa elemosini non è certo una novità, armi per proseguire la cavalcata e soldi per mantenere quello che resta dello stato ucraino. Zelenskyy ha in tasca un piano di pace che prevede la guerra e un paio di chicche. Pare che sia disposto a trattare con la Russia se si ritira da tutto il territorio ucraino. Davvero geniale, chiedere ai vincitori di perdere. Zelenskyy vuole poi che Putin paghi per i crimini di guerra commessi come se l’Ucraina sparasse fiori coi nostri cannoni. Qualcuno dovrebbe spiegare a Zelenskyy che in guerra le condizioni le dettano i vincitori, agli sconfitti spettano giusto le modalità della resa. Ed è questo il dilemma ucraino ma anche occidentale: continuare a buttare benzina sul fuoco per ragioni di principio o presunte tali, oppure smetterla di litigare come bambini dell’asilo e tornare a ragionare da persone adulte e negoziare. Del resto dalle scarse informazioni che filtrano dalle trincee, la situazione appare drammatica. I politicanti aprono bocca e gli danno fiato ma secondo gli analisti militari l’esercito ucraino potrebbe cedere per mancanza di uomini. Molti persi nelle quotidiane carneficine altri fuggiti a gambe levate. E anche i tanto conclamati missili a lungo raggio non sarebbero decisivi. L’unico modo per cambiare le sorti del conflitto sarebbe l’ingresso della Nato ma questo vorrebbe dire guerra mondiale e pure atomica e sembra che nemmeno gli Stati Uniti la vogliano al momento. Anche perché sono divisi internamente, la Harris gira con pistola e tanica in mano mentre quel marpione di Trump si sente di nascosto con Putin da anni e in caso di bis ha preannunciato che manderà Zelensky a quel paese. Siamo a quasi tre anni dall’escalation, l’Ucraina è in cenere eppure non c’è un leader europeo in grado di lanciare una valida iniziativa diplomatica. Non c’è nessuno che ha il coraggio di proporre una alternativa differenziandosi dalle mandrie che procedono sonnolente verso il burrone. Passiamo da un uragano di guerra all’altro e la parola pace non esce più nemmeno per sbaglio dalla bocca dei reggenti. Come se non capissero che il vero ed unico piano per la vittoria dell’Ucraina come di tutti noi, sia quello di far tornare di moda la pace.

Tommaso Merlo

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