martedì 30 agosto 2022

Il nucleare serve all’Italia?


Nonostante sia una tecnologia per molti versi obsoleta, poco competitiva, e bandita dal nostro paese da ben due referendum, anche in questa campagna elettorale si parla di nucleare, “soluzione” proposta da diverse forze in campo.

Avendo già approfondito in molti articoli le criticità di questo modo di produrre energia, proponiamo questo intervento sotto forma di Q&A di ECCO, think tank italiano specializzato in analisi sulla questione clima-energia:

Il nucleare emette CO2 per la produzione di elettricità?  

No. Infatti, così come per le fonti rinnovabili, in Europa e in altri paesi per il nucleare non si pagano i permessi per emettere CO2. 

È vero che nel ciclo di vita il nucleare emette meno CO2 delle energie rinnovabili? 

No. Secondo i dati dell’Agenzia tedesca per l’ambiente, l’energia nucleare rilascia, sull’intero ciclo di vita, 3,5 volte più CO2 per chilowattora rispetto al solare fotovoltaico e 13 volte in più rispetto all’energia eolica. Secondo i dati dell’ultimo rapporto della comunità scientifica internazionale delle Nazioni Unite (IPCC), il potenziale di riduzione di emissioni nette entro il 2030 di solare ed eolico è 4 volte maggiore rispetto al nucleare

Il nucleare è una fonte rinnovabile? 

No. L’attuale tecnologia e quelle future (che si possono immaginare disponibili commercialmente nell’arco di una ventina d’anni) utilizzano un elemento non rinnovabile, l’uranio. Inoltre, la gestione in completa sicurezza di lungo termine dei rifiuti radioattivi richiederebbe trattamenti e confinamenti secolari in impianti che al momento ancora non esistono. Non solo non è rinnovabile l’input, ma viene scaricata sulle prossime generazioni una delle maggiori criticità della tecnologia.

Qual è il contributo del nucleare oggi e nei principali scenari di decarbonizzazione al 2050? 

A livello globale, la quota di elettricità prodotta da nucleare si attesta oggi sul 10% e sul 5% rispetto ai consumi energetici primari di tutti i settori. Nello scenario Net-Zero Emission 2050, la IEA (l’Agenzia Internazionale dell’Energia) stima a livello globale una quota di nucleare (anche nuovo) presente in un mix ottimale di energia elettrica decarbonizzata in calo all’8% 

A livello europeo, il nucleare rappresenta oggi il 25% della generazione elettrica e il 14% dei consumi energetici primari. Secondo la strategia 2050 di decarbonizzazione della Commissione UE, la quota di generazione elettrica nucleare nel 2050 scende al 15%. Questa strategia non implica l’aumento di capacità in Europa, ma richiede la sostituzione di una parte della notevole quota di impianti oggi esistenti che si approssima a fine vita, soprattutto in Francia. Il nucleare dell’attuale tecnologia avrà un ruolo al 2050 solo nei paesi che già ne dispongono o che hanno impianti in costruzione, soprattutto in Cina.  

Il nucleare non può essere visto come un’alternativa alla sostituzione progressiva ed integrale dei combustibili fossili con le fonti rinnovabili. A livello globale, le rinnovabili andranno a coprire il 90% della generazione elettrica nei prossimi decenni secondo lo scenario Net-Zero Emissions 2050 della IEA. In Europa la generazione di rinnovabili è attesa fino all’85% al 2050.   

Cosa mostra l’esperienza recente sui tempi e i costi di realizzazione delle centrali nucleari? 

L’esperienza recente di sviluppo di centrali nucleari, soprattutto quella europea, mostra tempi lunghi e costi di realizzazione proibitivi. 

L’ultimo impianto entrato in servizio in Finlandia nel gennaio 2022 (Olkiluoto 3) è un’unità di 1600 MW la cui realizzazione è costata 11 miliardi di euro (circa 10 volte più di centrali a gas per pari potenza e 5 volte di più di parchi eolici terrestri per pari potenza in Italia) e ha richiesto 17 anni di lavori dall’inizio della costruzione, senza includere i tempi di progettazione e autorizzazione. 

Il terzo reattore dell’impianto di Flamanville, in Normandia, non è ancora completo dopo oltre 14 anni dall’inizio dei lavori, con un budget che si è quasi quadruplicato nel corso degli anni (salito da 3,3 a 12,4 miliardi di sterline). In passato partecipato da Enel, ora mira a iniziare le operazioni commerciali nel 2023. 

Il sito in costruzione a Hinkley Point nel Regno Unito – costo iniziale stimato di 18 miliardi di sterline, già lievitato a 26  è stato finanziato grazie all’impegno del Governo (e quindi dei suoi contribuenti) a comprare la fornitura per 35 anni a un prezzo di 92,50 sterline per MWh (a prezzi del 2012, oggi vale 110 sterline), ossia più del doppio del prezzo che esprimeva il mercato locale dell’elettricità alla firma dell’accordo nel 2016. All’epoca si stimava che il progetto avrebbe prodotto un costo per i contribuenti di 37 miliardi di sterline.

Se è vero che lo shock 2021-22 ha alzato i prezzi, il mercato si aspetta un trend futuro discendente, come dimostrano le ultime aste rinnovabili in Regno Unito in cui 93 progetti per 10,8 gigawatt sono stati assegnati a un prezzo medio di 41 sterline per MWh (in prezzi del 2012), meno della metà del prezzo che i contribuenti britannici pagheranno per 35 anni per Hinkley. 

L’energia nucleare costa meno di altre fonti e consente di abbassare le bollette? 

No, anche se generalmente una parte cospicua dei suoi costi viene socializzata con le tasse. 

In termini di costi medi, il nucleare non è, salvo casi particolari, tra le fonti più economiche disponibili. Secondo i dati di IEA e NEA (agenzie per l’energia e per l’energia nucleare dell’OCSE) la fonte più economica è generalmente il fotovoltaico.

È del tutto fuorviante riferirsi al nucleare come una fonte economica solo in relazione ai bassi i costi variabili della sua produzione, riferiti perlopiù all’approvvigionamento di uranio come materiale fossile. Se si applicasse lo stesso ragionamento alle rinnovabili, queste dovrebbero considerarsi gratuite. 

Il fatto che i costi del nucleare siano perlopiù fissi, la grande portata degli investimenti necessari e delle risorse necessarie per la gestione dei rischi (statisticamente ridotti ma di dimensione unitaria troppo grande per essere assicurabili dai privati), fa sì che il nucleare sia tipicamente pagato attraverso le tasse, anche nei paesi con economie di mercato come la Francia, dove da anni una legge prevede che parte della produzione debba essere ceduta da EDF (Électricité de France) sul mercato a prezzo politico. Malgrado questo, è bene precisare che la Francia oggi – inizio agosto 2022 – esprime i prezzi all’ingrosso dell’energia tra i più alti d’Europa proprio a causa dell’insicurezza che il suo sistema elettrico subisce dall’obsolescenza e dalla scarsa modulabilità delle centrali nucleari in servizio. 

Il nucleare ha costi spostati avanti nel tempo più alti di quelli di altre fonti? 

Sì. Di gran lunga. 

Oltre alla complessa gestione delle scorie, la dismissione di impianti di generazione elettrica nucleare è resa complessa e onerosa dalla gestione del materiale radioattivo, che include, oltre al combustibile, le parti delle macchine che vengono irraggiate durante il funzionamento. Sforzi tecnici e organizzativi enormi e caratterizzati da criticità e di conseguenza anche nelle economie di mercato finiscono per essere socializzati. 

In Italia lo smaltimento delle quattro centrali, perlopiù piccole, in servizio al momento del referendum del 1987 sta risultando lento e oneroso. Il costo si attesta a circa 20 miliardi e a 35 anni dal referendum è lontano dall’essere concluso. Questi costi di smaltimento sono a carico delle bollette elettriche attraverso una componente specifica (A2RIM). Dal 2010 al 2021 il costo derivante da questa componenteè stato di 3,9 miliardi di euro (nell’ambito delle ultime misure di contenimento delle bollette attualmente in vigore questo onere è stato trasferito temporaneamente sulla fiscalità generale).

Inoltre, ad oggi l’Italia non ha ancora individuato un sito di deposito delle scorie. Lo scorso 15 marzo 2022 Sogin, la società pubblica che si occupa della dismissione degli impianti e della gestione dei rifiuti radioattivi, ha consegnato la mappa aggiornata dei luoghi idonei a ospitare il deposito (CNAI – Carta Nazionale delle Aree Idonee) al MiTE, che dovrà valutarla e approvarla. Una volta pubblicata si apriranno le candidature e inizierà la fase di negoziazione per trovare l’indirizzo finale del deposito nazionale, che difficilmente si concluderà in tempi brevi. I rappresentati dei siti considerati idonei si sono infatti espressi contrari e vorrebbero essere esclusi dalla possibile rosa di scelta. 

Il nucleare è adatto a complementare le fonti rinnovabili? 

No. Gli impianti termonucleari non sono adatti a modulare la produzione elettrica, cioè a modificarla rapidamente sulla base del fabbisogno di consumo al netto della produzione da fonti rinnovabili. 

I reattori a fissione, anche se la reazione primaria viene interrotta, continuano a produrre calore a lungo e tale calore dev’essere smaltito con dispendio di energia per non danneggiare il nocciolo. Inoltre, le procedure di transizione tra diversi livelli di potenza sono generalmente più complesse rispetto a quelle di altre fonti programmabili di generazione elettrica.

Infine, i costi fissi altissimi di un impianto termonucleare rendono ulteriormente improponibile, anche sul piano meramente economico, pagare una centrale per farla funzionare in modo discontinuo. 

In alcuni casi, come in Regno Unito con il reattore di Sizwell B, il gestore della rete ha pagato – socializzando tali costi – per ridurre la produzione complessiva dell’impianto, evitando una sovrapproduzione in periodo di bassa domanda, a causa della bassa flessibilità della produzione. 

Di conseguenza, in un contesto in cui servono impianti in grado di modulare la produzione variabile delle rinnovabili, la rigidità del nucleare è un problema e non un sollievo per il sistema elettrico, e aumenta la necessità di accumuli. Se è vero che varie forme di accumulo saranno necessarie per la decarbonizzazione dei sistemi elettrici (idrogeno, idroelettrico, sistemi di gestione della domanda, batterie – si veda il caso di successo della California), è altrettanto vero che una fonte di energia rigida come il nucleare renderebbe ancora più critico il ricorso alla modulazione, anziché semplificare la gestione della rete e razionalizzare i costi di sistema. 

Sta arrivando il nucleare “pulito”? 

Purtroppo non a breve, se mai si realizzerà. Secondo una vecchia battuta, il nucleare a fusione è quella cosa che da cinquant’anni si ritiene arrivi entro trent’anni. 

Con il nucleare a fusione si risolverebbe il problema delle scorie legate al combustibile, ma verosimilmente non quello legato alla radioattività di altri materiali irraggiati.  

La ricerca sta da tempo cercando soluzioni tecnologiche per reattori a fusione, anche attraverso il programma internazionale di ricerca ITER, a cui partecipa anche l’Italia, con un sito di sperimentazione a Frascati. Entro la fine del 2025 si dovrebbe creare il primo plasma, che dovrebbe raggiungere la piena potenza entro il 2035.

Il primo reattore dimostrativo, il progetto DEMO, se tutto procede secondo i piani e in forte discontinuità rispetto ai ritardi del passato, potrebbe essere pronto non prima del 2050. Opzioni più a breve termine di un nucleare senza scorie sono state tentate, per ora senza successo in termini di applicazioni commerciali, con gli impianti a fissione autofertilizzanti, tra i quali quello sperimentale di dimensioni industriali “Superphoenix” in Francia, partecipato da Enel, poi chiuso nel 1996.  

Anche se i tempi venissero rispettati, l’impianto DEMO è un prototipo ancora sperimentale necessario a predisporre il successivo sviluppo delle filiere di reattori commerciali capaci di trasformare l’energia della fusione nucleare in energia elettrica nella seconda metà del secolo. Una prospettiva non congruente con le tempistiche necessarie ad affrontare il cambiamento climatico.

Il coinvolgimento in prima fila dell’Italia nella ricerca mondiale in materia dimostra come i referendum sul nucleare e le decisioni post-Fukushima non limitino la ricerca in materia nel nostro Paese. Ma sarebbe una strategia altamente inefficacie e rischiosa dedicare tutte le risorse per rispettare o addirittura cercare di anticipare la scadenza di una tecnologia incongrua con i tempi della decarbonizzazione e che finora non ha mai dato risultati positivi.

Cosa sono il nucleare di “quarta generazione” e i reattori modulari? 

Con “quarta generazione” ci si riferisce a reattori SMR (small modular reactor) di taglia ridotta, più compatti e quindi assemblabili direttamente negli stabilimenti del costruttore con maggiore standardizzazione ed economicità. Per ora non ci sono impianti commerciali ma esistono produttori, anche in Europa, che ne stanno iniziando lo sviluppo. 

Gli SMR con la tecnologia più prossima allo sviluppo commerciale non risolverebbero il problema delle scorie. Inoltre, se distribuiti sul territorio richiederebbero una moltiplicazione dei presidi di sicurezza (nonché maggiori difficoltà di autorizzazione) che potrebbero annullarne i vantaggi attesi di economicità costruttiva, a meno di essere accorpati in pochi siti. 

Il nucleare progettato oggi è un’opzione per contribuire agli obiettivi di decarbonizzazione dell’Italia? 

No. Il contributo del nucleare arriverebbe troppo tardi per essere rilevante. Nel percorso di decarbonizzazione, come da impegni europei e G7, il settore elettrico italiano dovrà raggiugere la quasi completa decarbonizzazione entro il 2035.

Questo passaggio costituisce il pilastro portante del processo di decarbonizzazione degli altri settori – civile, industriale e trasporti – che avverrà nel decennio successivo e per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. I tempi di realizzazione del nucleare in Italia non sono compatibili con queste tempistiche.       

In generale il nucleare è un tema rilevante per le politiche della prossima legislatura? 

No.  

Da un lato perché non è in discussione il proseguimento dell’impegno italiano nella ricerca in materia (in particolare con Enea). 

Dall’altro perché non esistono decisioni nell’arco della legislatura che possano rendere il nucleare, di attuale generazione o a fusione, disponibile entro il 2030 o 2035, in un paese come l’Italia che non è dotato oggi di impianti né del contesto istituzionale per gestirlo, non avendo ancora risolto nemmeno il tema del deposito delle scorie.  

Parlare di nucleare oggi in Italia significa parlare di una tecnologia che non è compatibile con i costi e i tempi della decarbonizzazione. Anche chi parla di nucleare non può esimersi da indicare quale sarà il sistema elettrico italiano nel 2030, 2035 e 2050 e quale sarà il contributo delle rinnovabili. Secondo Elettricità Futura, il contributo delle fonti rinnovabili nel settore elettrico al 2030 può raggiungere l’84%, con l’installazione di 85 GW di nuovi impianti rinnovabili. La conseguente occupazione di suolo è comunque minima, solo lo 0,3% del territorio nazionale. Al 2035 il settore elettrico sarà quasi interamente decarbonizzato, come da obiettivo e impegno G7. 

Quindi, se la discussione in Italia sul nucleare è una distrazione rispetto alle politiche del clima, ai costi per famiglie e imprese e alla sicurezza energetica del paese, metterci capitali pubblici sarebbe anche una distrazione di risorse economiche rispetto alle priorità di penetrazione delle rinnovabili e delle loro tecnologie abilitanti.   

La tassonomia europea considera il nucleare una tecnologia verde?

Sì. L’atto delegato approvato dalla Commissione europea il 2 febbraio 2022 include i progetti di generazione elettrica nucleare e a gas che possono ricevere, a determinate condizioni, l’etichetta “verde” ed essere presentati agli investitori come “allineati con la transizione”. 

Questo però non significa che una tassonomia con nucleare e gas sia conveniente per l’Italia (per i motivi di cui sopra e si veda un approfondimento dedicato qui) e che sia allineata con la scienza e le raccomandazioni degli esperti. Infatti, la scelta di includere nucleare e gas va contro il parere scientifico della Piattaforma sulla Finanza Sostenibile, il gruppo tecnico di esperti nominato dalla Commissione stessa per una valutazione indipendente. Inoltre, il rapporto a favore del nucleare del Joint Research Centre (JRC) della Commissione è stato criticato da molte fonti autorevoli, tra cui il Comitato scientifico sulla salute, ambiente e rischi emergenti della Commissione (SCHEER), a cui la Commissione stessa aveva chiesto un parere, l’Ufficio federale tedesco per la sicurezza delle scorie nuclearil’Istituto austriaco di ecologia e la Fondazione Heinrich Böll.  

https://www.qualenergia.it/articoli/nucleare-serve-italia/?fbclid=IwAR3XQ5yJA3IPTOLIIqN_aMNDQYmTQoUQC0VhKpP4Uabh3vUPguxHrv1NKxU

venerdì 26 agosto 2022

Cucina medievale con stoviglie appena lucidate scoperta dagli archeologi. - Angelo Petrone

 

Per gli archeologi è possibile che gli abitanti fuggirono di
 corsa da un’invasione del 1426.

Un team di archeologi ha realizzato una scoperta sensazionale, mentre scavavano tra i resti di una casa medievale a Nový Jičín nella Moravia-Slesia, in Repubblica Ceca. Si tratta di una cucina in perfetto stato di conservazione, risalente forse all’inizio del XV secolo. Nel vano di servizio, gli archeologi hanno scoperto un forno realizzato in mattoni, un focolare, alcuni piatti in ceramica e un cucchiaio da cucina in legno. La scoperta è stata realizzata, togliendo i detriti e i vari stati di terreno, durante lo scavo nei sotterranei della struttura in pietra, che oggi si trova a pochi metri dalle mura della città. La struttura si trovava su fondamenta composte in pietra e tronchi. La casa era abitata da una famiglia della classe media. A colpire gli esperti è lo stato di conservazione degli utensili da cucina medievali trovati all’interno della casa, con i vasi di ceramica intatti e all’interno ancora i coperchi originali. Sembra che gli oggetti fossero stati appena lavati e lasciati ad asciugare sul focolare.

La nostra ipotesi – spiegano gli esperti – è che la struttura sia stata distrutta con la conquista della città da parte degli hussiti nel 1427, nell’ambito dell’invasione della Moravia e della Slesia”. Sono tante le fonti storiche che descrivono l’assedio e la distruzione della città. Una coincidenza senza dubbio curiosa.

https://www.scienzenotizie.it/2022/08/18/cucina-medievale-con-stoviglie-appena-lucidate-scoperta-dagli-archeologi-2959226?utm_source=dlvr.it&utm_medium=facebook

lunedì 22 agosto 2022

Il costo del lavoro.

 

"Lo sapevate che in Italia il costo del lavoro è di 2.2? Cosa significa?
Se tu dipendente guadagni 1600,00 lordi
Il tuo datore di lavoro ne versa altri 1920,00
Tu poi al netto percepisci 1200
In poche parole tu generi un costo di 3520,00 ma ne percepisci solo 1200 e lo stato se ne trattiene 2320,00, quasi il doppio.
In passato queste trattenute potevano essere considerate oneste perché in cambio lo stato garantiva servizi al cittadino come:
- sanità pubblica
- istruzione
- smaltimento rifiuti
- approvvigionamento energia elettrica e gas
- strade percorribili
- autostrade
- acqua
A oggi mi sembra doveroso ragionarci su un attimo
- sanità = se devo fare un esame in tempi ragionevolmente brevi è meglio andare da privato e pago
- istruzione = stendiamo un velo pietoso
- smaltimento rifiuti = privatizzato quindi lo pago 2 volte
- energia elettrica e gas = privati quindi pago 2 volte con l'aggiunta della recente estorsione
- strade = rotte e pervenuta privatizzati i parcheggi quindi pago per la manutenzione, le posso percorrere ma non posso sostare senza pagare
- autostrade= privatizzate quindi le pago 2 volte
- acqua= non sono ancora riusciti a privatizzarla ma manca poco.
Non dimentichiamoci che poi con l'illusione dei tuoi 1200,00 oltre che pagare i servizi sopra elencati abbiamo ancora
- canone RAI
- bollo auto
- imu casa
- 22% di iva sugli acquisti
MA SIETE VERAMENTE SICURI CHE IL PROBLEMA IN ITALIA SIA LA BENZINA A €2,10?
E soprattutto
SIAMO SICURI DI ESSERE VERAMENTE INDIVIDUI LIBERI?"

giovedì 18 agosto 2022

Esplorando la Città Sotterranea che ospitava 20.000 Persone: Derinkuyu

DERINKUYU: UNA CITTÀ A OLTRE 280 METRI DI PROFONDITÀ. - Ivan

 

Cosa hanno in comune un tempio dei morti nella penisola messicana dello Yucatan e una città sotterranea in Turchia con una grotta sudamericana che secondo alcuni contiene un tesoro che va oltre le stelle?

Beh, apparentemente niente, giusto? Tutti questi luoghi sono stati nascosti per secoli e ora che l’archeologia sta spingendo in avanti più che mai questi luoghi misteriosi stanno tornando alla vita. La Turchia è stato al centro dell’attenzione a causa delle molte scoperte che sono state fatte negli ultimi anni, ma una di quelle scoperte è forse più importante di quanto immaginassimo.

In Cappadocia, nella Turchia centrale, troviamo una delle scoperte più importanti che abbiamo fatto in migliaia di anni. Nel 1963 quello che doveva essere solo un altro un semplice rinnovamento della casa nella città di Derinkuyu in realtà portò a una delle scoperte più importanti della storia della Turchia.

Quando è stato aperto un muro della grotta, ha rivelato un passaggio per una città sotterranea che ha migliaia di anni, oltre 280 metri di profondità. Qual era lo scopo di questa incredibile città sotterranea? E come hanno fatto i costruttori di Derinkuyu a realizzare queste incredibili caratteristiche tecniche? oltre 15.000 pozzi di ventilazione si sono diffusi in tutta la città portando l’aria dalla superficie. Questa antica città sotterranea era un progetto di costruzione sconcertante, è qualcosa che oggi, con la nostra tecnologia, sarebbe difficile ricreare.

Derinkuyu è solo un risultato incredibile ed è davvero sconvolgente come l’uomo antico sia riuscito a costruire una città sotterranea, questo complesso migliaia di anni fa.

Le caratteristiche geologiche della pietra di Derinkuyu sono qualcosa che è molto importante; è molto morbido Quindi, gli antichi costruttori di Derinkuyu dovevano stare molto attenti quando costruivano queste camere sotterranee fornendo abbastanza forza del pilastro per sostenere i piani sopra; se questo non fosse stato raggiunto, la città sarebbe crollata, ma finora gli archeologi non hanno trovato prove di alcun “crollo” a Derinkuyu.

Ma quale era lo scopo di questa incredibile antica città sotterranea che era in grado di fornire riparo a 20.000-30.000 persone?

Gli storici credono che lo scopo della città fosse quello di proteggere i loro abitanti dall’invasione intorno all’800 a.C., ma molti storici non sono d’accordo con questa teoria, affermando che sarebbe stata un’incredibile impresa ingegneristica, troppo complessa, solo per essere stata utilizzata per proteggere persone dall’invasione. Eppure il “sistema di sicurezza” dell’antico Derinkuyu era semplicemente incredibile; mille porte rotabili, che avrebbero potuto essere gestite da una sola persona e che potevano essere aperte solo dall’interno. Ogni piano o livello di Derinkuyu avrebbe potuto essere bloccato separatamente.

Ci sono così tante domande riguardo Derinkuyu e la maggior parte di queste domande rimane un mistero. Chi ha costruito questa gigantesca città sotterranea? Cosa avrebbe potuto spingere oltre 20.000 persone a vivere sottoterra? Per quanto riguarda chi, alcuni storici e archeologi credono che questa città sotterranea sia stata costruita dai Frigi; altri teorici affermano che Derinkuyu è stato probabilmente costruito dagli Ittiti; e altri suggeriscono che Derinkuyu è molto più antico di quello che credono gli storici e gli archeologi.

 

La ragione per cui migliaia di persone si sono precipitate sottoterra potrebbero essere collegate ai cambiamenti climatici secondo alcuni teorici che hanno studiato la città sotterranea di Derinkuyu. I climatologi mainstream ritengono che i loro modelli suggeriscano che l’ultima era glaciale abbia raggiunto il suo picco circa 18.000 anni fa e che si concluse attorno al 10.000 a.C.

Questa teoria potrebbe dimostrarsi accurata secondo molti che hanno avuto il tempo di studiare la storia di Derinkuyu e indicano una delle più antiche tradizioni religiose sulla faccia della Terra, che è la religione zoroastriana e secondo i testi sacri, il grande il profeta Yima fu incaricato di costruire un rifugio sotterraneo simile a Derinkuyu dal dio cielo Ahura Mazda, per proteggere la gente da un’era glaciale globale.

Quindi quale era lo scopo reale di questa fortezza sotterranea?

È stato per proteggere le persone dalla guerra, dai cambiamenti climatici? O qualcos’altro?

I teorici dell’Antico Alieno credono che Derinkuyu sia stato costruito per protezione, ma da un nemico aereo, affermando che sarebbe stata l’unica ragione logica per nascondersi sottoterra; rimanere invisibile, affermando che il complesso meccanismo di sicurezza di Derinkuyu è stato messo in atto per impedire la scoperta della città sotterranea, ed è stato nascosto nel sottosuolo, dove nessuno potrebbe sospettare che oltre 20.000 persone siano nascoste.

La questione sollevata dalla scoperta di Derinkuyu è qualcosa su cui gli storici e i ricercatori discuteranno in futuro, possiamo solo sperare che un giorno si scopriranno prove che ci forniranno ulteriori informazioni su questa antica città sotterranea.

https://www.hackthematrix.it/?p=22892&feed_id=131416&_unique_id=62f8e26938f67&fbclid=IwAR2iAtYAJ7ZyyMzcmR_G4qrEfMsKpzQ-PxkH20s3-lPP2vv5FWGFVEi-78A

mercoledì 17 agosto 2022

Votate Pier Muzio. - Marco Travaglio

 

Sto seriamente pensando di prendere la residenza a Bologna per riuscire a votare almeno una volta Pierferdinando Casini, uno dei due italiani viventi (l’altra è Emma Bonino) che hanno trascorso più anni in Parlamento che fuori: 39 su 66. E non è l’unico record che gli invidio. Dopo le epiche battaglie nella Dc contro il divorzio e le sfilate nei Family Day, ha divorziato due volte. Ha cambiato più mogli e compagne che partiti, di cui vanta peraltro una discreta collezione (Dc, Ccd, Udc, Scelta civica, Pd). E ogni volta che mette “la mano sul fuoco” sull’innocenza di un amico, quello si becca regolarmente 7 anni definitivi di galera. Lo fece con Cuffaro ad Annozero e Totò fu condannato a 7 anni per favoreggiamento a un boss mafioso. Lo fece con Dell’Utri, scrivendo tutta la sua “stima” per il deputato imputato alla vigilia della sentenza di primo grado su carta intestata di presidente della Camera, e Marcello si beccò 9 anni, poi ridotti ai soliti 7, per concorso esterno in Cosa Nostra. E dire che Casini, ai tempi di Mani Pulite, si sperticava in pompe magne per Di Pietro e lo voleva nel Ccd. La perdita (per fortuna solo simbolica) di entrambe le mani sul fuoco gli valse un nuovo soprannome dopo Pierfurby (Dagospia), carugnin de l’uratori (Bossi), Azzurro Caltagirone (Grillo), Piercasinando (nostro): Muzio Scevola.

Quella belva dorotea del suo talent scout, Tony Bisaglia, che l’aveva scoperto in tandem con Marco Follini, diceva: “Casini è bello, Follini è intelligente”. Ma, come galleggiante, Piercasinando non lo batte nessuno: è in Parlamento ininterrottamente dal 1983, quando al Quirinale c’era Pertini e a Palazzo Chigi arrivò Craxi. Dieci legislature compiute e l’undicesima già pronta, grazie al compagno Letta, che come Renzi lo ri-blinda nella Bologna rossa (di vergogna). Lì l’ultima volta trascinò il Pd al peggiore risultato di sempre. E ora potrebbe superarsi. Ai compagni bolognesi che lo imploravano di allontanare da loro l’amaro calice, Letta ha risposto che Piercasinando è fondamentale “per rendere più efficace la nostra tutela della Costituzione” sotto “assalto da parte della destra”. La stessa destra che nel 2006 tentò l’assalto con la devolution di Calderoli&C., quando ne faceva parte Casini. Il quale poi si buttò a sinistra giusto in tempo per partecipare agli assalti del Pd alla Carta: quello di Letta nel 2013 e quello di Renzi nel ’16. Ma si sa come sono questi assalti: se li fa la destra sono golpe, se li fa la sinistra benedizioni. E comunque, per non saper né leggere né scrivere, Piercasinando è sempre fra gli assaltatori. E sempre senza mani.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/08/17/votate-pier-muzio/6764788/

Angkor Wat. - Wikipedia

 

Angkor Wat (in lingua khmer Tempio della città; pronunciato: [ʔɑŋkɔː ʋɔət]) è un tempio khmer all'interno del sito archeologico di Angkor, in Cambogia, nei pressi della città di Siem Reap. Fu fatto costruire dal re Suryavarman II[1] (1113-1150), presso Yasodharapura, la capitale dell'impero. Il re ordinò che la costruzione del gigantesco edificio partisse contemporaneamente dai 4 lati, cosicché l'opera fu completata in meno di 40 anni. Oggi è il più grande monumento religioso nel mondo[2][3]. Originariamente concepito come un tempio indù, fu gradualmente trasformato in un tempio buddista verso la fine del XII secolo[4].

Rompendo il tradizionale shivaismo dei re precedenti, il complesso è stato dedicato a Visnù. Angkor Wat è il tempio meglio conservato della zona ed è l'unico a essere rimasto un importante centro religioso fin dalla sua fondazione, rappresentando uno dei punti più alti dello stile classico dell'architettura Khmer. È diventato il simbolo della Cambogia[5], tanto che appare sulla bandiera nazionale ed è oggi il luogo del paese più visitato dai turisti.

Angkor Wat riassume due principali caratteristiche dell'architettura cambogiana: il "tempio-montagna" che si erge all'interno di un fossato a simboleggiare il Monte Meru (la montagna degli dei nella religione indù) e i successivi "templi a galleria". Il tempio è a forma di rettangolo, lungo circa 1,5 km da ovest a est e 1,3 km da nord a sud; all'interno del fossato che circonda completamente il muro perimetrale di 5,6 km vi sono tre gallerie rettangolari, costruite una sopra l'altra. Al centro del tempio si trovano cinque torri.

A differenza di molti templi di Angkor, Angkor Wat è orientato a ovest; gli studiosi sono divisi sul significato di questa scelta. L'ipotesi più probabile è che si tratti di un mausoleo, un luogo dove il re potesse essere venerato dopo la morte. Infatti, l'entrata principale a ovest era una consuetudine dei templi funerari, mentre i templi indù erano orientati a est. Il complesso viene ammirato per la sua grandiosità, per l'armonia dell'architettura, per i suoi grandi bassorilievi e per i numerosi devata che adornano le pareti.

Il nome moderno, Angkor Wat, significa "Tempio della città". Angkor, che significa "città" o "capitale", è una forma volgare della parola Nokor, che deriva dalla parola sanscrita nagara (नगर)[6]. Wat è la parola khmer per "tempio" (in sanscrito: वाट Vata "recinto")[7].

Storia

Il re Suryavarman II, il costruttore di Angkor Wat.
Angkor Wat è il tempio più a sud tra i siti archeologici dell'area di Angkor.

Angkor Wat si trova a 5,5 km a nord dell'odierna città di Siem Reap e a sud-est della capitale precedente, che era a Baphuon. Secondo la leggenda, la costruzione di Angkor Wat fu ordinata da Indra che intendeva realizzare un palazzo per suo figlio Precha Ket Mealea[8]. Secondo Zhou Daguandiplomatico cinese del XIII secolo, alcuni credettero che il tempio fosse stato costruito in una sola notte da un architetto divino[9].

La prima costruzione del tempio ebbe inizio nella prima metà del XII secolo, durante il regno di Suryavarman II (regnante tra il 1113 e il 1150 circa), e fu dedicato a Visnù. Non essendo state trovate né steli né iscrizioni coeve che si riferiscano al tempio, il suo nome originale è sconosciuto, tuttavia potrebbe essere stato conosciuto come "Varah Vishnu-lok", dal nome della divinità a cui è dedicato. Sembra che i lavori siano stati completati poco dopo la morte del re, lasciando alcune delle decorazioni a bassorilievo incompiute[10]. Nel 1177, circa 27 anni dopo la morte di Suryavarman II, Angkor fu saccheggiata dai Chăm, tradizionali nemici degli Khmer[11]. L'impero fu rifondato da un nuovo re, Jayavarman VII, che stabilì la nuova capitale e il tempio dello Stato rispettivamente a Angkor Thom e a Bayon, pochi chilometri a nord.

Verso la fine del XII secolo il tempio fu convertito al Buddhismo Theravada, e tale è rimasto fino ai nostri giorni[4]. Angkor Wat si differenzia dagli altri templi di Angkor perché non è mai stato del tutto abbandonato, anche se dal XVI secolo cominciò a essere trascurato. Inoltre, il fossato esterno lo ha in un certo qual modo protetto dall'avanzare della giungla[12]. Fino al XVI secolo il tempio era conosciuto come 'Preah Pisnulok', dal nome dato a Suryavarman dopo la sua morte. In questo periodo prese il suo nome moderno, che significa "Città Tempio". 'Angkor' è la forma dialettale della parola nokor che deriva dal sanscrito नगर nagara (capitale), mentre wat è il termine Khmer per tempio.

Uno dei primi visitatori occidentali del tempio fu Antonio da Magdalena, un monaco portoghese che lo visitò nel 1586 e affermò che "è una costruzione così straordinaria che è impossibile da descrivere con una penna, poiché non c'è un edificio simile al mondo. Ha delle torri e delle decorazioni e quanto di più raffinato che il genio umano possa immaginare"[13].

Durante il XVII secolo, Angkor Wat, nonostante subisse una certa trascuratezza, era utilizzato come tempio buddista. Quattordici iscrizioni risalenti a questo periodo, scoperte nella zona di Angkor, portano la testimonianza di alcuni pellegrini buddisti giapponesi che sembra avessero stabilito piccoli insediamenti nel luogo[14]. A quel tempo, i visitatori giapponesi correlavano il tempio al famoso giardino Jetavana del Buddha che in origine si trovava nel regno Magadha in India[15]. L'iscrizione più nota riguarda il mercante e pellegrino giapponese Ukondafu Kazufusa, che festeggiò il Capodanno Khmer ad Angkor Wat nel 1632[16].

Angkor Wat divenne popolare in Occidente solo alla metà del XIX secolo grazie al naturalista ed esploratore francese Henri Mouhot che, dopo averlo visitato, pubblicò le sue note di viaggio, in cui scrisse:

«Uno di questi templi (un rivale per quello di Salomone, ed eretto da qualche antico Michelangelo) potrebbe avere un posto d'onore accanto ai nostri edifici più belli. È più grandioso di qualsiasi cosa ci abbiano lasciato i greci o i romani, e contrasta tristemente con la situazione selvaggia in cui versa ora la nazione[17]

Mouhot, come altri visitatori occidentali, non credette che gli Khmer avessero potuto costruire il tempio, e ne sbagliò la datazione giudicando che fosse contemporaneo ai romani. La vera storia di Angkor Wat fu messa insieme solo dopo lunghi studi stilistici ed epigrafici che furono portati avanti con la sistemazione e il restauro dei siti dell'intera area di Angkor. Non vi sono abitazioni ordinarie o case o altri segni di insediamenti umani, come utensili da cucina, armi o capi di abbigliamento, che in genere si trovano nei siti archeologici. Tuttavia vi è l'evidenza riscontrabile dai monumenti stessi[18].

Facciata di Angkor Wat, disegnata da Henri Mouhot, nel 1860 circa
Una fotografia di Angkor Wat del 1866 scattata da Emile Gsell.
Cartolina francese di Angkor Wat del 1911

Angkor Wat richiese un notevole lavoro di restauro durante il XX secolo, in particolare la rimozione della terra e della vegetazione[19]. I lavori furono interrotti durante la guerra civile e sotto il controllo dei Khmer rossi negli anni settanta e ottanta. Il sito subì relativamente pochi danni durante questo periodo, con l'eccezione dei furti.

Le forze degli Khmer rossi utilizzarono qualunque struttura in legno che trovarono come materiale da ardere, un padiglione fu rovinato da un proiettile vagante americano e uno scontro a fuoco tra gli Khmer Rossi e le forze vietnamite causarono un paio di fori di proiettile in un bassorilievo. Molti più danni furono fatti dopo le guerre dai ladri di arte che, dalla fine del 1980 all'inizio del 1990, compirono saccheggi e distruzioni.[20]

Fori di proiettile dovuti a uno scontro a fuoco tra gli Khmer Rossi e le forze vietnamite ad Angkor Wat.

Il tempio rappresenta un simbolo della Cambogia ed è una fonte di un grande orgoglio nazionale; esso venne preso in considerazione nelle relazioni diplomatiche della Cambogia con la Francia, con gli Stati Uniti e con la Thailandia. Una rappresentazione di Angkor Wat fa parte delle bandiere nazionali cambogiane, dopo l'introduzione della prima versione nel 1863.[21] Da una prospettiva storica più ampia e transculturale, tuttavia, il tempio di Angkor Wat non è diventato un simbolo di orgoglio nazionale grazie a sé stesso, ma fece parte di un processo politico-culturale complesso dovuto all'eredità coloniale francese in cui il sito originale venne presentato nelle esposizioni coloniali e universal francesi a Parigi e Marsiglia, tra il 1889 e il 1937[22]. L'architettura di Angkor Wat fu anche in mostra nel museo dei calchi in gesso di Louis Delaporte, chiamato musée Indo-chinois, che esisteva nel palazzo parigino del Trocadéro da circa il 1880 a metà degli anni '20[23].

La splendida eredità artistica di Angkor Wat e degli altri monumenti Khmer nella regione di Angkor, ha portato la Francia ad adottare la Cambogia come un protettorato l'11 agosto 1863 e a invadere il Siam per prendere il controllo delle rovine. Ciò portò la Cambogia a rivendicare le terre poste nell'angolo nord-occidentale del paese che erano sotto il controllo siamese (Thailandia) dal 1351, o secondo altri dal 1431[24]. La Cambogia ottenne l'indipendenza dalla Francia il 9 novembre 1953 e da quel momento ottenne il controllo di Angkor Wat. Nel 1992 il sito venne riconosciuto come patrimonio mondiale dell'UNESCO[25].

Lo stile

Devata sono elementi caratteristici dello stile Angkor Wat.

Angkor Wat è il principale esempio dello stile classico dell'architettura Khmer, da cui ha preso il nome lo "stile Angkor Wat". Durante il XII secolo gli architetti Khmer divennero più abili rispetto ai predecessori nell'uso della pietra arenaria (al posto dei mattoni) come materiale principale per la costruzione di edifici. Altri templi in questo stile sono Banteay SamréThommanonChao Say Tevoda e i primi templi di Preah Pithu ad Angkor; fuori Angkor, Beng Mealea e parte di Phanom Rung e Phimai. Lo stile Angkor Wat fu seguito dal periodo cosiddetto Bayon, in cui alla qualità si preferì la quantità[26].

Angkor Wat è stato elogiato soprattutto per l'armonia del suo progetto, che è stato paragonato all'architettura degli antichi greci e romani. Secondo Maurice Glaize, un sovrintendente di Angkor della metà del XX secolo, il tempio "raggiunge una perfezione classica mediante una moderata monumentalità dei suoi elementi più belli e la collocazione precisa delle sue proporzioni. È un'opera di potenza, unità e stile"[27].

Gli elementi architettonici che lo caratterizzano comprendono: torri ogivali a forma di bocciolo di loto, semi-gallerie per ampliare i corridoi, terrazze cruciformi che appaiono lungo l'asse principale del tempio. La maggior parte delle aree visibili sono di blocchi di pietra arenaria, mentre la laterite fu usata per il muro esterno e per le parti strutturali nascoste. Il legante usato per tenere insieme i blocchi non è stato ancora identificato, ma si pensa a delle resine naturali o alla calce spenta.[28] Altri elementi del progetto sono stati persi a causa dei saccheggi e del tempo, inclusi gli stucchi dorati sulle torri, la doratura di alcune figure nei bassorilievi, i pannelli in legno dei soffitti e le porte. I tipici elementi decorativi sono devata (o apsara), bassorilievi, e l'uso esteso di scene narrative e floreali sui frontoni. La statuaria è abbastanza statica e meno gradevole dei periodi precedenti.[29]


Il sito

Mappa di Angkor Wat
Mappa generale di Angkor Wat con la struttura centrale nel mezzo
Mappa dettagliata della struttura centrale

Angkor Wat è una combinazione unica tra il tempio-montagna, cioè il progetto standard per i templi nazionali dell'impero, e il successivo piano di gallerie concentriche. Il tempio è la rappresentazione del Monte Meru, la casa degli dei: le cinque torri centrali simboleggiano i cinque picchi della montagna, mentre le mura e il fossato simboleggiano le montagne e l'oceano che la circonda[30]. L'accesso alle zone più elevate era via via sempre più esclusivo, e le persone normali erano ammesse solo nel livello più basso[31].

Al contrario della maggior parte dei templi Khmer, Angkor Wat è orientato a ovest invece che a est. Questo ha portato molte persone (inclusi Glaize e George Coedès) a concludere che Suryavarman volesse servirsene come tempio funerario.[32] Altre testimonianze a supporto di questa tesi sono fornite da alcuni bassorilievi, che procedono in senso antiorario (detto prasavya in hindi), cioè al contrario rispetto dell'ordine normale. I riti procedono in ordine inverso durante i funerali Brahminici[33]. L'archeologo Charles Higham parla di una cassa, che potrebbe essere un'urna cineraria, scoperta nella torre centrale.[34] Freeman e Jacques fanno notare tuttavia che molti altri templi di Angkor non hanno il tipico orientamento a est, e suggeriscono che l'allineamento di Angkor Wat sia dovuto alla sua consacrazione a Visnù, che è associato con l'ovest.[30]

Un'ulteriore interpretazione è stata proposta da Eleanor Mannikka, che basandosi sull'allineamento, le dimensioni, il contenuto e la disposizione dei bassorilievi, pensa che la struttura rappresenti una nuova era di pace sotto il re Suryavarman II.[35][36] Altri studiosi, come Graham Hancock, invece considerano Angkor Wat come la rappresentazione della costellazione del Dragone.[37]

Il cortile più esterno.

Primo ingresso al tempio.
Leoni guardiani Khmer.

Il muro più esterno, lungo 1 025 metri per 802 metri di larghezza e alto 4,5 metri, è circondato da una fascia di terreno libero e da un fossato, che ha il compito di accogliere le acque monsoniche stabilizzando la falda sottostante. L'accesso al tempio da est è lungo un terrapieno, e attraverso un passaggio rialzato in pietra arenaria da ovest; quest'ultima è l'entrata principale ed è un'aggiunta successiva probabilmente al posto di un precedente ponte[38]. In ogni punto cardinale ci sono delle entrate (gopura); la più grande è quella a ovest con tre torri in rovina. Glaize fa notare che questo gopura richiama perfettamente la forma del tempio.[39] Sotto la torre più meridionale c'è una statua di Visnù, conosciuta come Ta Reach, che probabilmente occupava in precedenza il sacrario centrale del tempio[38]. Tra le torri corrono delle gallerie che arrivano fino alle due entrate ai lati del gopura, dette anche "porte degli elefanti", perché sono abbastanza grandi da permettere il loro passaggio. Queste gallerie hanno dei pilastri quadrati nella parte esterna (ovest) e sono chiuse da pareti nella parte interna (est). Il soffitto tra i pilastri è decorato con fiori di loto; la parte ovest del muro con figure danzanti e la parete a est con finestre balaustrate, con figure maschili danzanti e animali rampanti, con devata, inclusa l'unica nel tempio che mostra i propri denti (a sud dell'ingresso).

Il muro più esterno racchiude un'area di circa 820.000 metri quadrati, che originariamente oltre al tempio vero e proprio era occupata anche dalla città, e dal palazzo reale a nord del tempio. Questi edifici, come tutte le costruzioni non sacre di Angkor, erano costruiti in materiale deperibile e non in pietra, ed è per questo che oggi non ne rimane niente se non lo schema delle strade[40]. La maggior parte di quest'area è oggi invasa dalla foresta. Un viale rialzato di 350 metri unisce il gopura occidentale al tempio vero e proprio, con dei naga a balaustra e sei gruppi di scalini che su ambedue i lati conducono verso la città. Su ciascun lato c'è una biblioteca con un ingresso per ogni punto cardinale, di fronte al terzo gruppo di scale dall'entrata, e uno stagno tra la biblioteca e il tempio stesso. Gli stagni non facevano parte del progetto iniziale, così come il terrazzo a forma di croce, guardato da leoni, che connette il viale rialzato alla struttura centrale[40].

La struttura centrale.

Una veduta dell'asse principale in un modello di Angkor Wat: sullo sfondo si vede il terrazzo a pianta cruciforme che si trova in fondo alla struttura centrale.

Il tempio vero e proprio si eleva su di un terrazzamento rialzato sopra il livello della città. È composto essenzialmente da tre gallerie che si alzano verso la torre centrale; ogni livello è più alto di quello precedente. Per Mannikka le gallerie sono dedicate rispettivamente al re, a Brahmā e la luna, e a Visnù.[41] Ogni galleria ha un gopura a ogni punto cardinale, e le due gallerie interne hanno delle torri agli angoli, e formano un quincunx con la torre centrale. Poiché il tempio è orientato verso ovest, tutto l'insieme è arretrato verso est, lasciando più spazio libero in ogni cortile o galleria del lato occidentale; per lo stesso motivo a ovest gli scalini sono meno ripidi che sull'altro lato.

La galleria più esterna misura 187 per 215 metri, con agli angoli dei padiglioni invece che delle torri. La galleria è aperta verso l'esterno del tempio, con delle semi-gallerie con colonne che si allungano e che rinforzano la struttura. I muri interni contengono una estesa serie di bassorilievi con scene in grande scala, principalmente dal Rāmāyaṇa e dal Mahābhārata. Higham li definì "la più conosciuta disposizione lineare di sculture in pietra".[42] Partendo dall'angolo a nord-ovest in senso antiorario, la galleria più occidentale mostra la battaglia di Lanka (tratta dal Ramayana, dove Rāma sconfigge Rāvaṇa) e la battaglia di Kurukshetra (tratto dal Mahābhārata, che mostra l'annientamento reciproco dei clan Kaurava e Pandava). Seguono poi delle scene storiche nella galleria più meridionale, una processione di Suryavarman II, e poi i 32 inferni e i 37 paradisi della mitologia indù. Glaize scrive di

I bassorilievi del Kūrma mostrano Visnù al centro, il suo avatar di tartaruga Kūrma sotto, gli asura e i deva a destra e a sinistra, con apsara e Indra sopra.

«queste anime sfortunate che stanno per essere gettate giù all'inferno a soffrire con crudeltà così articolate che a volte sembrano del tutto sproporzionate rispetto al crimine commesso. Così succede che alle persone che hanno danneggiato l'altrui proprietà vengono rotte le ossa, gli ingordi sono spaccati in due, i ladri di riso tormentati da ventri enormi di ferro incandescente, coloro che raccolsero fiori nel giardino di Shiva hanno le teste trafitte da chiodi, e i ladri sono lasciati nel gelo più intenso[43]

Nella galleria a est c'è una delle scene più rinomate, la grande creazione del mare di latte, e mostra 92 asure e 88 deva che usano il serpente Vasuki per far ribollire il mare sotto la direzione di Vishnu (Mannikka conta solo 91 asure, e spiega l'asimmetria numerica come la rappresentazione del numero di giorni dal solstizio d'inverno all'equinozio di primavera, e dall'equinozio al solstizio d'estate).[44] La galleria a nord mostra la vittoria di Krishna su Banasura (dove secondo Glaize, "la lavorazione è la peggiore in assoluto"[45]) e una battaglia tra gli dei induisti e asure. I padiglioni agli angoli nord-ovest e sud-ovest contengono ambedue delle scene in scala ridotta, alcune non identificate, ma per lo più tratte dal Ramayana o dalla vita di Krishna.

Come connessione tra la galleria più esterna e il secondo cortile c'è un chiostro a forma di croce, chiamato oggi Preah Poan (il "Salone dei mille Buddha"). Per secoli immagini di Buddha sono state deposte nel chiostro dai pellegrini, sebbene oggi la maggior parte siano state rimosse. Quest'area ha molte inscrizioni legate alle buone opere dei pellegrini, la maggior parte scritte in khmer, ma alcune anche in birmano e in giapponese. Sembra che un tempo i quattro piccoli cortili delineati dal chiostro potessero essere riempiti d'acqua[46]. A nord e a sud del chiostro ci sono le biblioteche.

La torre nella galleria più interna al tramonto.

Più oltre, le gallerie più interne immediatamente seguenti sono connesse tra di loro e alle due biblioteche che le fiancheggiano da un altro terrazzamento a croce, anche questo aggiunto in seguito. Salendo dal secondo livello in poi, sulle pareti abbondano i devata, singolarmente o in gruppi di quattro. Il cortile al secondo livello è di 100 per 115 metri, e può darsi che fosse in origine riempito d'acqua a rappresentare l'oceano intorno al Monte Meru.[47] Tre gruppi di scalini su ciascun lato conducono in alto verso le torri angolari e gopure della galleria più interna. La scalinata molto ripida rappresenta la difficoltà di salire nel regno degli dei.[48] La galleria più interna, detta Bakan, è un quadrato di 60 metri di lato con gallerie che connettono i gopura con il sacrario centrale e gli altri sacrari secondari situati sotto le torri angolari. Le coperture delle gallerie sono decorate con corpi di serpente che terminano in teste di leone o di garuḍa. Dei frontoni scolpiti decorano gli ingressi delle gallerie e dei sacrari.

La torre sopra il sacrario centrale si eleva per 43 metri a un'altezza di 65 metri dal piano del terreno; diversamente dai precedenti templi-montagna, la torre centrale si eleva sopra le quattro torri che la circondano.[49] Il sacrario stesso, in origine occupato da una statua di Visnù e aperto su ogni lato, fu racchiuso da mura quando il tempio fu convertito al Buddhismo Theravada, con dei Buddha in piedi raffigurati sulle nuove pareti. Nel 1934 il sovrintendente George Trouvé scavò la cavità sotto il sacrario centrale: piena di sabbia e acqua, era già stata derubata di tutti i suoi tesori, ma trovò un deposito di foglie d'oro appena due metri sopra il livello del terreno[50].

Decorazioni

Il bassorilievo della "zangolatura dell'oceano di latte" con Visnù nel centro, il suo Avatāra Kūrma sotto, Asura e Deva a destra e a sinistra, Apsaras e Indra sopra.

Angkor Wat è famosa anche per i suoi estesi fregi a bassorilievo perfettamente integrati con l'architettura dell'edificio. Sulle pareti interne della galleria più esterna vi sono raffigurate una serie di scene di grandi dimensioni riguardanti soprattutto episodi dei due più importanti poemi epici indù: il Rāmāyaṇa e il Mahābhārata. È stato riportato che essi siano "la più lunga disposizione lineare di scultura su pietra conosciuta".[42] Dall'angolo nord-ovest in senso antiorario, la galleria occidentale mostra la battaglia di Lanka (dal Rāmāyaṇa, in cui Rāma sconfigge Rāvaṇa) e la guerra di Kurukṣetra (dal Mahābhārata, che mostra l'annientamento reciproco dei clan Kaurava e Pandava). Nella galleria meridionale vi è l'unica scena storica, una processione di Suryavarman II, seguita dalle rappresentazioni dei 32 inferni e dei 37 paradisi dell'Induismo.

Le Devata sono caratteristiche dello stile Angkor Wat.
Decorazione su di un angolo

Sulla galleria orientale vi è una delle scene più celebri, "la zangolatura nell'oceano di latte" che mostra 92[51] Asura e 88 Deva che utilizzano il serpente Vasuki per mescolare il mare sotto la direzione di Visnù (la studiosa Eleanor Mannikka conta solo 91 Asura e spiega il numeri asimmetrico attribuendogli il numero di giorni dal solstizio d'inverno per l'equinozio di primavera e dall'equinozio al solstizio d'estate).[52] Procedendo vi è Vishnu che sconfigge una Asura (un'aggiunta del XVI secolo). La galleria nord mostra la vittoria di Krishna su Banasura,[53] e una battaglia tra gli dei indù e Asura. Gli angoli nord-ovest e sud-ovest sono caratterizzati da scene su scala ridotta, alcune non identificate, ma la maggior parte ispirate dal Ramayana o dalla vita di Krishna.

Angkor Wat è decorato con raffigurazioni di apsaras e devata; si contano oltre 1.796 rappresentazioni della devata.[54] Gli architetti di Angkor Wat realizzarono immagini di apsaras di piccole dimensioni (30 cm - 40 cm), come motivi decorativi su pilastri e pareti. Inoltre costruirono grandi Devata (tutti ritratti a tutto corpo di misura tra circa 95 cm e i 110 cm) in tutti i livelli del tempio, dal padiglione di ingresso alle cime delle alte torri. Nel 1927, Saffo Marchal pubblicò uno studio in cui catalogava la notevole diversità dei loro capelli, delle acconciature, dell'abbigliamento, della posizione, dei gioielli e dei fiori decorativi. Lo studioso concluse che esse erano ispirate a pratiche reali del periodo di Angkor.[55]

Tecnica costruttiva.

Le pietre, lisce come il marmo lucido, furono collocate senza malta con giunti molto stretti che a volte sono difficili da trovare. I blocchi sono stati tenuti insieme, in alcuni casi, grazie a tenone e mortasa, mentre per altri si è ricorso alle code di rondine e alla gravità. I blocchi sono stati presumibilmente portati sul luogo per mezzo di elefanti, corde di cocco, pulegge e impalcature di bambù. Henri Mouhot ha notato che la maggior parte dei blocchi ha fori di 2,5 cm di diametro e 3 cm di profondità e sono in numero maggiore sui blocchi più grandi. Alcuni studiosi hanno suggerito che questi siano stati usati per unirli con barre di ferro, ma altri sostengono che sono stati usati per collocare bastoni temporanei per aiutare i costruttori a metterli in posizione.

Il complesso è costituito da milioni di tonnellate di pietra arenaria e ha un volume e massa simile alla piramide di Micerino in Egitto. Per la costruzione del tempio di Angkor Wat sono stati necessari 6.000.000-10.000.000 blocchi di pietra arenaria con un peso medio di 1,5 tonnellate ciascuno.[56] In realtà, l'intera città di Angkor utilizza quantità maggiori di pietra di tutte le piramidi egizie insieme e occupa una superficie significativamente maggiore della moderna Parigi. Inoltre, a differenza delle piramidi egizie che utilizzano pietre di calcare estratte ad appena 0,5 km, l'intera città di Angkor è stata costruita con pietra arenaria estratta a oltre 40 km di distanza presso il Monte Kulen. Si ritiene che il percorso fosse composto da 35 chilometri lungo un canale in direzione del lago Tonle Sap, seguiti da altri 35 chilometri attraverso il lago e infine 15 km contro corrente lungo fiume Siem Reap, con un totale di 90 chilometri di viaggio. Tuttavia, degli studiosi della Università di Tokyo, in Giappone, nel 2012 scoprirono grazie a immagini satellitari un possibile tragitto più breve lungo un canale che collega il Monte Kulen e Angkor Wat della lunghezza di circa 35 chilometri; suggerirono dunque che gli Khmer avessero utilizzato questa via.[57]

Praticamente tutte le sue superfici, le colonne, le architravi e persino i tetti, risultano scolpiti. Vi sono miglia di rilievi che illustrano scene tratte dalla letteratura indiana tra cui unicornigrifoni, draghi alati che tirano carri e eserciti di guerrieri a seguito di un comandante a dorso di un elefante e ballerine celesti con acconciature elaborate. La sola parete della galleria è decorata con quasi 1.000 metri quadrati di bassorilievi. Fori presenti su alcune delle pareti di Angkor indicano che esse possono essere state decorate con lamiere di bronzo. Questo elemento decorativo era molto apprezzato nei tempi antichi ed era un obiettivo privilegiato per i ladri. Alex Evans, uno scalpellino e scultore, provò a ricreare una scultura in pietra alta 1,2 m e ciò gli rese necessario impiegare circa 60 giorni.[58] Roger Hopkins e Mark Lehner eseguirono degli esperimenti nelle cave di calcare utilizzando 12 cavatori per 22 giorni di tempo per estrarre circa 400 tonnellate di pietra.[59] Da ciò si può dedurre che per le estrazioni nelle cave, per i trasporti, per le sculture e per la collocazione delle pietre arenarie furono necessari migliaia di lavoratori, tra cui molti artigiani altamente qualificati. Le competenze necessarie per realizzare queste sculture furono sviluppate centinaia di anni prima, come dimostrano alcuni reperti datati al VII secolo, prima che gli Khmer conquistassero il potere.[18]

Restauro e conservazione.

Il tempio visto dall'angolo nordoccidentale del muro esterno.

Come la maggior parte degli altri antichi templi cambogiani, anche Angkor Wat ha subito ingenti danni e deterioramento causati dalla crescita eccessiva delle piante, da funghi, dai movimenti del suolo, da guerre e furti. Tuttavia, i danni dovute alle guerre sono stati considerevolmente limitati rispetto al resto dei templi della nazione.[20]

In epoca moderna, il restauro di Angkor Wat ha avuto inizio grazie all'interessamento, a partire dal 1908, da parte del École française d'Extrême-Orient (EFEO) che istituì il "Conservation d'Angkor"; precedentemente le attività svolte nel sito riguardavano principalmente l'esplorazione.[60][61] Il Conservation d'Angkor si è occupato della ricerca, della conservazione e delle attività di restauro effettuate ad Angkor fino ai primi anni 1970,[62] compreso un importante restauro intrapreso nel 1960.[63] Tuttavia, il lavoro su Angkor è stato abbandonato durante l'era dei Khmer rossi e il Conservation d'Angkor è stato sciolto nel 1975.[64] Tra il 1986 e il 1992, la Archaeological Survey of India effettuò lavori di restauro del tempio,[65] in quanto la Francia non riconosceva il governo cambogiano del tempo. Sono state sollevata delle critiche, sia sui primi tentativi di restauro francesi, sia sui lavori indiani seguenti.[20][66][67]

Nel 1992, a seguito di una richiesta di aiuto da parte di Norodom Sihanouk, Angkor Wat è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dell'UNESCO, come bene in pericolo (la specifica "in pericolo" è stata poi rimossa nel 2004) insieme con un appello alla comunità internazionale per salvare Angkor.[68][69] Nel 1994 è stata realizzata una zonizzazione della zona al fine di proteggere il sito,[70] mentre nell'anno successivo è stata istituita l'APSARA per gestire l'area e, nel 1996, è stata approvata una legge per proteggere il patrimonio della Cambogia.[71][72] Un certo numero di paesi come la Francia, il Giappone e la Cina sono coinvolti in progetti di conservazione di Angkor Wat. Il progetto tedesco per la conservazione di Apsara (GAPC) sta lavorando per proteggere i devata e altri bassorilievi che decorano il tempio. I rilievi dell'organizzazione hanno trovato che circa il 20% dei devata erano in pessime condizioni, principalmente a causa della erosione naturale e del deterioramento della pietra, ma anche in parte a causa di precedenti interventi di restauro.[73] Altri lavori includono la riparazione delle strutture crollate e di prevenzione contro crolli futuri: la facciata ovest del livello superiore, per esempio, è stata rinforzata dal 2002 con impalcature,[74] mentre un team giapponese ha completato nel 2005 il restauro della biblioteca nord del cortile più esterno.[75] Il World Monuments Fund ha cominciato a lavorare alla conservazione della galleria della "zangolatura del mare di latte" nel 2008 dopo diversi anni di studi. Venne ripristinato il tradizionale sistema khmer di copertura ed è stato rimosso il cemento utilizzato nei precedenti tentativi di restauro che aveva provocato la penetrazione di sali nella struttura posteriore del bassorilievo, scolorendolo e danneggiando le superfici scolpite. La fase principale del lavoro è finita nel 2012

La testa restaurata di un naga all'inizio della strada rialzata che conduce all'ingresso di Angkor Wat. La strada fu restaurata dai francesi nel 1960.

Biofilm microbici sono stati trovati nelle pietre arenarie degradate ad Angkor Wat, a Preah Khan e al Bayon. La disidratazione e l'esposizione alle radiazioni dei cianobatteri filamentosi può produrre acidi organici che degradano la pietra. Un fungo filamentoso scuro è stato trovato in alcuni campioni di interni ed esterni a Preah Khan, mentre l'alga Trentepohlia è stata riscontrata solo in campioni prelevati da pietre all'esterno di Preah Khan.[76] Sono state realizzate delle repliche per sostituire alcune sculture perse o gravemente danneggiate.[77]

Turismo

A partire dagli anni 1990, Angkor Wat è diventata una delle maggiori destinazioni turistiche: se nel 1993 vi erano stati, secondo i dati governativi, solo 7.650 visitatori,[78] gli stranieri arrivati nella provincia di Siem Reap nel 2004 e nel 2005 sono stati rispettivamente 561.000 e 677.000, cioè circa il 50% di tutti i turisti stranieri che hanno visitato il paese nei due anni.[79] Il numero di ingressi nel sito ha superato il milione nel 2007[80] e i due milioni nel 2012[81]. Angkor Wat è il tempio più visitato di Angkor, con oltre due milioni di turisti stranieri registrati nel 2013.[80] Dal 1990, il sito è gestito dal gruppo privato Sokimex che lo ha in affitto dal governo cambogiano. L'afflusso di turismo ha finora causato relativamente pochi danni, tranne alcuni graffiti; sono stati messi dei corrimano e degli scalini in legno per proteggere i bassorilievi e i pavimenti. Il turismo ha anche fornito dei fondi aggiuntivi per la manutenzione (circa il 28% dei guadagni dai biglietti d'ingresso di tutto il sito di Angkor viene speso nel tempio), ma la maggior parte del lavoro proviene da gruppi supportati da governi stranieri e non dalle autorità cambogiane.[82]

Da quando Angkor Wat ha registrato una significativa crescita del turismo, l'UNESCO e il suo "Comitato internazionale di coordinamento per la salvaguardia e lo sviluppo del sito storico di Angkor" (ICC), in collaborazione con i rappresentanti del Governo Reale e di APSARA, hanno organizzato seminari per discutere il concetto di "turismo culturale"[83]. Volendo evitare un turismo commerciale e di massa, questi seminari hanno sottolineato l'importanza di fornire alloggi e servizi di alta qualità in modo che il governo cambogiano ne potesse beneficiare economicamente promuovendo, nello stesso tempo, anche la ricchezza della cultura cambogiana[83]. Questa idea si è concretizzata nel 2001 con la nascita del concetto di "Città turistica di Angkor", che nel corso degli anni ha sviluppato l'architettura tradizionale Khmer, creando strutture ricreative e turistiche e alberghi di lusso in grado di ospitare grandi quantità di turisti[83].

Tuttavia, la prospettiva di sviluppo di tali grandi strutture ricettive ha riscontrato alcune critiche, sia da parte dell'APSARA sia da parte della Corte penale internazionale. In particolare si è posta l'attenzione sul rapido sviluppo del turismo che ha portato a trascurare alcune regole urbanistiche danneggiando elementi caratteristici del paesaggio[83]. Inoltre, la costruzione di queste grandi strutture turistiche minaccia la qualità dei sistemi idrici, delle fognature e della distribuzione di energia elettrica della vicina città[83]. È stato osservato che l'alta affluenza turistica, la crescente domanda di alloggi di qualità, la costruzione di una grande autostrada, hanno avuto un effetto diretto sulla falda acquifera sotterranea, arrivando a mettere in pericolo la stabilità strutturale dei templi di Angkor Wat[83]. I cittadini di Siem Reap hanno anche espresso la preoccupazione che il fascino e l'atmosfera della loro città possa essere compromessa dalla crescente offerta turistica[83]. Pertanto, i funzionari locali continuano a discutere di come integrare con successo il turismo senza sacrificare i valori e la cultura locale[83].

Al forum per il turismo organizzato dalla Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico nel 2012, è stato deciso il gemellaggio tra Borobudur e Angkor Wat[84].


https://it.wikipedia.org/wiki/Angkor_Wat?fbclid=IwAR1cdtLqzi8vrwWtqwHZU9fGiiyvUTC6IGoZ0AnLOZTClE7IwKJG3v89E1o