giovedì 7 gennaio 2021

L’ex sindaca con la passione per le consulenze a peso d’oro. - Gianni Barbacetto

 

Se arriverà a Palazzo Lombardia come assessore alla Sanità in sostituzione di Giulio Gallera, Letizia Moratti porterà con sé un bel curriculum. Ex sindaco di Milano, ex ministro dell’Istruzione, ex presidente della Rai, ex broker assicurativo, ex presidente di Ubi banca. Ma anche condannata dalla Corte dei conti “per colpa grave” nella vicenda delle “consulenze d’oro”; e indagata per una brutta storia di soldi e petrolio, in cui fanno capolino gruppi mafiosi e perfino i terroristi dell’Isis.

Letizia Maria Brichetto Arnaboldi vedova Moratti era sindaco di Milano quando assunse a Palazzo Marino una sessantina di persone di sua fiducia. Tra queste, sei uomini d’oro entrati con “illeciti conferimenti di incarichi dirigenziali” e altri sei ingaggiati con “non consentite nomine di addetti all’Ufficio stampa comunale”, che arrivò ad avere 20 dipendenti. Tutto a spese del Comune. Peccato che la Corte dei conti le abbia poi presentato il conto: 591 mila euro di danno erariale da rimborsare, un cifra che arriva a oltre 1 milione se si considerano anche i suoi 21 coimputati.

I fatti sono del 2006. La condanna diventa definitiva, con sentenza della Corte di Cassazione, nel 2019. Le motivazioni sono pesanti: l’operato di Letizia Moratti ha avuto “il connotato della grave colpevolezza, ravvisabile in uno scriteriato agire, improntato ad assoluto disinteresse dell’interesse pubblico alla legalità e alla economicità dell’espletamento della funzione di indirizzo politico-amministrativo spettante all’organo di vertice comunale”. Nessuno dei nominati – appurano i magistrati – era in possesso delle competenze professionali richieste dalla legge.

Ancor più bruciante la vicenda che l’ha coinvolta da presidente di Ubi, ruolo che ha ricoperto fino all’ottobre 2020, quando la banca è stata conquistata da Intesa. Tre anni prima, nel 2017, un funzionario antiriciclaggio di Ubi, Roberto Peroni, denuncia che la banca ha una quarantina di clienti molto speciali, che godono di un trattamento particolare: per loro non valgono i controlli e non scattano le segnalazioni di operazioni sospette. Tra questi, la presidente Moratti: la Saras Trading, società svizzera del gruppo Moratti, ha infatti ricevuto da Ubi Factor finanziamenti milionari poi finiti all’estero, con transazioni passate nelle Isole del Canale.

Peroni viene cacciato, ma la Procura di Brescia apre un’indagine che si chiude nel 2019, con un’archiviazione: la mancata segnalazione di operazioni sospette non è più reato ma solo illecito amministrativo, comunque sanzionato dalla Banca d’Italia con una multa a Ubi di 1,2 milioni di euro. La posizione di Moratti viene però stralciata e mandata alla Procura di Cagliari. E questa fa il botto. Scopre che tra il 2015 e il 2016, Saras, la società petrolifera del gruppo Moratti, aumenta le importazioni di greggio dal Kurdistan iracheno, allora controllato dall’Isis. Niente bolle regolari e prezzi stracciati, con un ribasso “mediamente di oltre il 22 per cento, con punte del 38-42 per cento”. L’ipotesi degli investigatori è che sia lo Stato Islamico a contrabbandare il petrolio, dal porto di Bassora, in Iraq, attraverso Petraco Oil Company Llp, società inglese con una sede a Lugano, controllata da una sigla domiciliata nell’isola di Guernsey. Petraco è nel biennio 2015-2016 il maggior fornitore di petrolio di origine irachena (72 importazioni su 51) a Saras Trading. Moratti è coinvolta due volte: come azionista di Saras e come presidente di Ubi. Perché è il consiglio d’amministrazione di Ubi Factor che il 23 dicembre 2016 delibera di finanziare Saras Trading con 45 milioni di euro. Il credito viene triangolato (Ubi Factor-Saras Trading-Petraco) negli ultimi giorni dell’anno. E la banca ha “volutamente omesso” la segnalazione all’antiriciclaggio, pur “in una situazione di palese conflitto d’interessi”, visto che Letizia Moratti è presidente della banca che finanzia una sua società . I contratti di factoring, secondo la Guardia di finanza, potrebbero essere “un modus operandi” per nascondere “la provenienza delittuosa” del petrolio.

Ma non basta l’Isis. Il gruppo Moratti è indiziato anche “di relazioni commerciali con società contigue ad ambienti della criminalità organizzata o ad alto rischio di condizionamento”. Gli investigatori citano la Kb Petrols, società anch’essa in rapporti con Ubi Banca e anch’essa non segnalata all’antiriciclaggio. Il suo rappresentante legale è Claudio La Rosa, che risulta in contatto con “Giuseppe Arena, considerato organico della famiglia di Cosa nostra Santapaola-Ercolano, essendo una delle persone più vicine (autista e guardaspalle) a Vincenzo Aiello, rappresentante provinciale di Cosa nostra catanese”. La Rosa è rappresentante legale anche di un’altra azienda, in rapporti d’affari con ditte collegate a Luigi Brusciano, “riconducibile al clan dei casalesi” e contiguo agli ambienti di Malta citati in alcune inchieste giornalistiche sulla morte della giornalista Daphne Caruana Galizia, uccisa nel 2017 con una autobomba. Con questo curriculum, Letizia Brichetto Moratti arriva in Regione con l’impegno a non farci rimpiangere Gallera.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/07/lex-sindaca-con-la-passione-per-le-consulenze-a-peso-doro/6057454/

La pazienza è la virtù dei forti...

 

Aspettando la rottamazione...

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Dall'Accademia dei Lincei il punto sui farmaci anti Covid.

 

Sì ai corticosteroidi come il desametasone, no agli antimalarici come idrossiclorochina e clorochina; bene l'eparina ai ricoverati, attesa per i risultati sull'aspirina a basse dosi; e ancora anticorpi neutralizzanti, Ace-inibitori, antinfiammatori. Sono gli esperti della Commissione Covid-19 dell'Accademia Nazionale dei Lincei a fare il punto sui farmaci in sperimentazione contro il coronavirus, in un documento che passa in rassegna le evidenze scientifiche disponibili sulla loro efficacia e sicurezza.

Secondo i Lincei è "necessario condurre studi clinici rigorosi sui farmaci candidati alla cura di Covid-19: solo questi possono fornire dati scientifici sufficienti e valutabili in modo preciso, che permettano di distinguere tra episodi aneddotici e prove scientifiche. In assenza di questi studi e in circostanze di alta pressione come le attuali, subentra il rischio di seminare confusione tra i medici".

Questo nuovo documento dei Lincei "non intende raccomandare alcun farmaco sperimentale, ma esaminare le evidenze a sostegno dell'efficacia e della sicurezza dei trattamenti farmacologici, evidenziare la posizione ufficiale delle autorità sanitarie e dei comitati di esperti in relazione a ciascun farmaco o classe di farmaci considerati, e menzionare brevemente gli studi in corso registrati su clinicaltrials.gov o sul registro dell'Oms".

https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/biotech/2021/01/05/dallaccademia-dei-lincei-il-punto-sui-farmaci-anti-covid-_99381745-98f0-4508-bf7d-e839cc67f434.html

Conte apre al rimpasto: “Ma poi basta”. Renzi, solito doppio gioco. - Luca De Carolis

 

Il presidente tende la mano al nemico che vuole la sua gola. Gli offre dritto il rimpasto, assicurando “il rafforzamento della squadra di governo”. Rivendica le robuste modifiche al Recovery Plan e ne ventila altre. E promette: “Non è mai venuta meno e mai verrà meno da me l’apertura al confronto e all’ascolto delle forze che sostengono il governo”. Il segnale di Giuseppe Conte a Matteo Renzi arriva ieri pomeriggio tramite post, dopo giorni di tattico silenzio. E pare il limite massimo a cui l’avvocato può spingersi. “Più di questo oggettivamente non si può, così abbiamo tolto a Renzi ogni pretesto per andare alla crisi” riassume una fonte di governo molto vicina al presidente del Consiglio.

Il fu rottamatore vede la mossa. E parlando al Tg3 alterna bastone e carota. “Se Conte è in grado di lavorare faccia, altrimenti toccherà ad altri” avverte, per poi scandire che “non esistono governi di scopo” e che “non esiste alcun rischio di voto anticipato”, tanto per calmare i suoi di Italia Viva, per cui le urne sarebbero il baratro. Ma Renzi lascia aperto anche qualche spiraglio: “Sul Recovery lo abbiamo detto: più investimenti e meno bonus. E da quello che si legge, il governo sembra aver cambiato idea, segno che forse le idee di Iv non erano così male”. Certo, “poi dalle parole bisognerà passare ai fatti”. Ma qualcosa forse si muove. E lo conferma la prima, rapidissima reazione di Iv al post di Conte: “La politica parla con atti e non su Facebook, ma il post sembra andare in una direzione che pare raccolga una serie di nostre richieste”.

Insomma, qualcosa si muove. Innanzitutto per la carta messa sul tavolo da Conte, dopo una mattinata di cattivi pensieri, con ambienti di Palazzo Chigi a ruminare preoccupazione: “Ogni giorno Renzi chiede una cosa in più”. Ma anche il capo di Iv sa che, senza Conte premier, la maggioranza non terrebbe. Esploderebbe il Movimento, innanzitutto. E anche il Pd avrebbe i suoi problemi. Ergo, quelle elezioni anticipate che nessuno vuole, e per primo Renzi, diventerebbero più di un residuale rischio. Però per arrivare a un punto di caduta bisogna fare ancora moltissima strada. Il primo a saperlo è Conte, che fa sapere: “A breve ci ritroveremo con tutte le forze di maggioranza per operare una sintesi complessiva sui progetti del Recovery”. Tra oggi e domani dovrà arrivare una riunione dei capi delegazione per fare il punto (ma ieri sera non era stata ancora convocato nulla). Tappa fondamentale per capire se e come si potrà arrivare al Consiglio dei ministri dove andrà approvato il piano. “Poi riattiveremo il confronto con il Parlamento e le opposizioni” ricorda il premier. Ossia, dalle Camere bisognerà comunque passare. Ma Conte per ora non vuole sfidare alla conta definitiva Renzi, che pure ieri sera l’ha evocata (“Conte ha detto che verrà in Senato e lo aspettiamo lì”). I famosi Responsabili latitano, prima di tutto perché il premier non li ha chiamati offrendo garanzie. Anche se una fonte di governo sostiene: “I responsabili per reggere ci sono, già oggi ne mancherebbero solo tre o quattro. Ma Conte non vuole ancora esporsi, perché la via maestra per lui è ricomporre questa maggioranza”. Certo, “se poi Renzi insistesse, allora sì che ci conteremmo”. Ma ora proveranno ancora a rimettere assieme i cocci. Conte, come il Pd, vorrebbe un rimpasto leggero, con qualche ministro e sottosegretario dimissionario da sostituire, schivando il pericoloso passaggio delle dimissioni preventive del premier: quasi un invito a colpire per Renzi. Ma il capo di Iv insiste per un Conte ter, con il premier dimissionario al Colle. A margine, i sussulti nel M5S. Luigi Di Maio ha teorizzato che se, del caso, si possono perdere anche uno o due ministeri, ma l’importante sarà avere ruoli di peso. Mentre in una riunione dei Direttivi, il reggente Vito Crimi ha evocato il voto anticipato. E poi c’è Beppe Grillo, che tifa per una resa dei conti con Renzi. Ieri lo ha chiarito con un post in cui cita un famoso discorso di Cicerone: “Fino a quando Catilina abuserai della nostra pazienza?”.

Ma molti hanno notato anche la pubblicazione sul blog di un post di Alessandro Di Battista, con cui mesi fa aveva litigato sul tema del capo politico. Un riavvicinamento che pare un altro segnale a Renzi. Tradotto, il Garante è pronto anche alle urne. Con Conte, e con Di Battista.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/07/conte-apre-al-rimpasto-ma-poi-basta-renzi-solito-doppio-gioco/6057448/

Boom di richieste e rendimenti in calo per il Btp a 15 anni collocato oggi. Con questi numeri il Mes è completamente inutile.

 

Nel 2020 la spesa italiana per interessi sul debito è scesa di 1,4 miliardi di euro. Ormai negativi o vicino allo zero le cedole per titoli con scadenza fino a 5 anni.

E’ andato letteralmente a ruba il Btp a 15 anni collocato questa mattina dal Tesoro italiano. A fronte di un’offerta di titoli per 10 miliardi di euro, la domanda è stata di 105 miliardi. Il boom della domanda ha consentito di tenere basso il rendimento offerto ai sottoscrittori che riceveranno interessi lordi dello 0,95% da qui al 2037, pagati in due cedole semestrali. Il 2021 non avrebbe potuto iniziare meglio per il Tesoro italiano che beneficia, come tutti i paesi dell’area euro, dei massicci programmi di acquisto di titoli (Quantitative easing) implementati dalla Banca centrale europea.

I rendimenti italiani rimangono tra i più alti della zona euro ma sono comunque ormai negativi o prossimi allo zero per scadenze fino ai 5 anni. Di conseguenza continua a scendere quello che ogni anno lo Stato paga in interessi sul suo debito. Lo scorso anno il Tesoro ha emesso titoli per un valore complessivo di 550 miliardi di euro, che per lo più sono andati a rimpiazzare Bot e Btp che arrivavano a scadenza. La spesa per interessi è diminuita di 1,4 miliardi di euro rispetto al 2019. Oggi l’Italia paga così circa 50 miliardi di euro in interessi, solo un paio di anni fa l’esborso superava i 70 miliardi. Il collocamento di oggi dimostra una volta di più come al momento non ci siano difficoltà a reperire fondi sui mercati. Una situazione che esclude la necessità di ricorrere ad altre linee di finanziamento come quelle offerte dal Mes, esplicitamente concepite per far fronte a situazioni di difficoltà di accesso al mercato.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/05/boom-di-richieste-e-rendimenti-in-calo-per-il-btp-a-15-anni-collocato-oggi-con-questi-numeri-il-mes-e-completamente-inutile/6056225/