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sabato 17 luglio 2021

I veri anti-italiani. - Marco Travaglio

 

Da una settimana i migliori pennivendoli del bigoncio ci accusano di essere anti-italiani e anti-patriottici perché non ci siamo uniti al coro di retorica per la vittoria della Nazionale (anzi di Draghi) agli Europei di calcio e alle notti magiche inseguendo il Covid. Il caso vuole che proprio un anno fa, il 17 luglio 2020, iniziasse il Consiglio d’Europa decisivo sul Recovery Fund. E fu chiaro a tutti chi fossero gli anti-italiani: non chi tifava contro una squadra di calcio, ma chi tifava contro il proprio Paese piegato e piagato dalla pandemia. Riavvolgiamo il nastro e facciamo un po’ di nomi e cognomi.

23 marzo 2020. Dopo 12 giorni di lockdown, il premier Giuseppe Conte convince i leader di Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Grecia, Irlanda, Lussemburgo e Slovenia a firmare una “Lettera dei Nove” al presidente del Consiglio Europeo Charles Michel per proporre un piano di ricostruzione finanziato con gli Eurobond (o “Coronabond”).

26 marzo. Renzi e Salvini, in Parlamento, invocano la caduta del governo e un’ammucchiata guidata da Draghi. I patrioti de La Verità titolano: “Conte pronto a svendere l’Italia. Vuole ricorrere al Mes, una trappola che ci consegnerà alla troika”. Uscito dalla bolgia parlamentare, Conte si collega con Bruxelles per il Consiglio Ue: non finisce a botte solo perché i leader sono in videoconferenza. Germania, Austria, frugali del Nord e fronte Visegrad pro Mes, Italia e gli altri otto pro Recovery (spalleggiati da Lagarde e Sassoli). Conte: “Se qualcuno di voi pensa ai meccanismi del passato, non si disturbi: ve li potete tenere, l’Italia non ne ha bisogno e farà da sé”. Merkel: “Giuseppe, il Mes è lo strumento che abbiamo, non capisco perché tu voglia minarlo…”. Conte: “Angela, state guardando alla realtà di oggi con gli occhiali di dieci anni fa. Il Mes è stato disegnato nella crisi dell’euro per Paesi che hanno commesso degli errori”. Macron: “Il Mes serve per gli choc asimmetrici su singoli Paesi. Questa pandemia è uno choc simmetrico: ci riguarda tutti”. Rutte: “Non siamo pronti per gli Eurobond, dobbiamo tenere in serbo delle armi in caso di scenari peggiori”. Sánchez: “Perché, cosa può esserci di peggio della strage che oggi attanaglia l’Europa?”. Qualcuno, visto lo stallo, propone un rinvio, ma Conte batte i pugni: “Le conseguenze del Covid vanno affrontate domattina, non nei prossimi mesi. Altrimenti cosa diremo ai nostri concittadini che ci chiederanno che senso ha questa casa comune? Non avremo risposte”. E blocca il summit col veto, rifiutando con Sánchez di sottoscrivere qualunque conclusione, finché non ottiene l’impegno dell’Eurogruppo a proporre il Recovery Fund entro due settimane.

27 marzo. Anziché fare fronte comune col governo, che dopo anni di parole al vento difende gli interessi dell’Italia in Europa, la destra “sovranista” e la stampa “indipendente” si scatenano. Non contro il Covid, ma contro Conte. Anche a costo di falsificare, anzi ribaltare il senso del vertice Ue e di un intervento di Draghi in favore della proposta di Conte e degli altri otto governi Ue. Stampa: “Cresce il partito di Draghi”. Repubblica: “Bellanova: ‘Serve una classe dirigente all’altezza. Draghi ha sguardo lungo e coraggio’”. Messaggero: “La spinta di Draghi”. Foglio: “Il manifesto di Draghi è un perfetto programma di governo”, “Montezemolo: alleanza trasversale per salvare l’Italia”. Giornale: “Chiamate Draghi”. Verità: “Giuseppi non è capace, chiamate subito Draghi”, “Conte finge di vincere dopo aver fallito”. Libero: “L’Ue ci prende in giro e non decide nulla. Il premier fa l’offeso”.

2 aprile. Visto che molti governi dicono no agli Eurobond per la diffidenza dei loro elettorati sul nostro debito-monstre, Conte decide di chiarire la sua proposta anzitutto alle opinioni pubbliche con una serie di interviste a tv e giornali europei (Financial Times, El País, De Telegraaf, Die Zeit, Ard, La Sexta, Süddeutsche Zeitung). E apre le prime crepe nel fronte del nord. Ma i suoi peggiori nemici sono l’establishment italiano e i suoi giornaloni, che fanno il tifo contro il governo impegnato nell’eurobattaglia mortale.

10 aprile. Salvini scatena l’inferno. Siccome tutti i ministri delle Finanze Ue hanno deciso di eliminare una serie di condizionalità dal Mes (senza che nessuno chieda il prestito), parla di “Caporetto” per l’Italia: “Non ci sono gli Eurobond di Conte, ma c’è il Mes. Sfiduciamo Gualtieri”. La Meloni accusa l’esecutivo di aver firmato il Mes, nottetempo e di nascosto, e Conte di “alto tradimento” e “spergiuro”. Le destre, sui social, aizzano a ribellarsi contro il governo che “svende l’Italia”.

11 aprile. Conte incontra la stampa e risponde a una domanda sulle accuse delle due destre: “Il Mes esiste dal 2012 (grazie al governo B. con Lega e Meloni, ndr), non è stato istituito ieri o attivato la scorsa notte, come falsamente e irresponsabilmente dichiarato – faccio nomi e cognomi – da Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Questo governo non lavora col favore delle tenebre. Non abbiamo firmato alcuna attivazione del Mes, l’Italia non ne ha bisogno e lo ritiene inadeguato. Per la prima volta abbiamo messo nero su bianco il Recovery. Abbiamo bisogno di tutti i cittadini italiani. Le menzogne ci indeboliscono nella trattativa”. E subito parte una canea assordante: non contro chi lancia le fake news, ma contro il premier che osa smentirle.
(1 – continua)

ILFQ

mercoledì 28 aprile 2021

Grandi ritorni: il Mes. - Marco Travaglio

 

Oggi userò questo spazio per solidarizzare toto corde con Luigi Marattin. Sì, non è un refuso e nemmeno arteriosclerosi: intendo proprio il deputato italovivo. Che ieri, intervenendo alla Camera sul Recovery, mi ha dato grande soddisfazione, riprendendo una campagna che il Fatto lanciò fin dalla nascita del governo Draghi: “Vogliamo il Mes”. A furia di sentirlo invocare per due anni, in tutti i dibattiti parlamentari, le prime pagine di giornale, i talk televisivi, le conferenza stampa di Conte, i vertici della fu maggioranza giallorosa, ci eravamo alla fine convinti e anche un po’ arrapati su quel meraviglioso acronimo di tre lettere (Meccanismo europeo di Stabilità o Fondo salva-Stati). Per due anni ci domandavamo perché nessuno lo chiedesse in Europa e tutti lo pretendessero in Italia (a parte i putribondi populisti): che sia una fregatura tipo Grecia? Ma alla fine, per sfinimento, ci eravamo arresi: viva il Mes. Del resto, se ne parlavano bene Calenda e Lawrenzi d’Arabia (“col Mes molti morti in meno e tanti vaccini in più”), come dubitarne? Così quando Conte, che non lo voleva, fu sostituito da Draghi, non avemmo dubbi: è il Migliore, il Mes ce lo darà. Invece, nel discorso della fiducia, non se lo filò di pezza. Anche perché nessuno glielo chiese. Anzi tutti gli chiesero di non prenderlo perché ormai c’era Lui. “Presidente Draghi, il nostro Mes è lei!”, proruppe il renziano Faraone, noto economista della Magna Grecia, con la salivazione leggermente fuori controllo.

I giornaloni che avevano sempre il Mes in bocca spiegarono che l’“effetto Draghi”, con la sola imposizione delle mani, faceva precipitare lo spread, rendendo il Mes superfluo, forse dannoso. Strano: col Conte-2 lo spread s’era dimezzato (da 222 del 13.8.2019 a 106 del 6.1.2021) e nessuno se n’era accorto; poi la crisi innescata dall’Innominabile l’aveva fatto schizzare a 122 (lui che voleva farci risparmiare ben 360 milioni di interessi sul debito) e nessuno se n’era accorto; con Draghi lo spread scese nei primissimi giorni da 105 a 98, per poi tornare a 105. Il quale Draghi, nella conferenza stampa del 19 marzo, lo liquidò tranchant: “Oggi prendere il Mes sarebbe buttare via i soldi”. E tanto bastò a placare l’astinenza da Mes dei suoi più accaniti cultori, da Folli a Franco, da Molinari a Sallusti. Insomma, temevamo di non risentirne mai più parlare. Poi, ieri, lo sparo nel buio. Marattin ci ha strappato le parole di bocca: “Dobbiamo accedere alla linea pandemica del Mes. È trascorso un anno e noi di Iv non abbiamo cambiato idea” (in realtà l’han cambiata per la terza volta, ma fa lo stesso). Purtroppo non se l’è filato nessuno. Ma noi sì: sappia che siamo con lui.

ILFQ

mercoledì 24 febbraio 2021

Dopo il Mes, i Servizi: Renzi ammaina un’altra bandierina anti-Conte. - Lorenzo Giarelli

 

Dall’Ilva alla prescrizione e adesso gli 007, Italia Viva cambia ancora: delega al premier e tutti muti sui pieni poteri.

Mancavano giusto i Servizi segreti. Dopo il Mes, la prescrizione, l’Ilva e i vaccini, Matteo Renzi e i suoi – insieme al resto della maggioranza – si preparano ad ammainare un’altra delle bandiere con cui per un mese avevano riempito giornali e tv nel tentativo – poi riuscito – di far cadere il governo Conte.

Proprio all’ex premier era stato imputato di voler rincorrere “i pieni poteri”, di non “rispettare le regole democratiche”, e tutto perché aveva intenzione di tenere per sé la delega all’intelligence. Un orientamento condiviso adesso da Mario Draghi, che pare intenzionato a occuparsi in prima persona degli 007, senza che nessuno della sua maggioranza alzi un dito per chiedere spiegazioni.

Magari alla fine non se ne farà nulla e Draghi cambierà idea all’ultimo minuto, ma le diverse anticipazioni uscite sui giornali sarebbero dovute bastare per stanare eventuali pasdaran delle deleghe, come era stato a dicembre con Giuseppe Conte a Palazzo Chigi. Oggi invece non c’è traccia delle accuse di un tempo. E pensare che il 17 gennaio, sulla questione dei servizi, Renzi era netto: “Penso che si debbano rispettare le tradizioni democratiche. È l’ennesimo segno di un modello democratico che viene messo in discussione”. Qualche giorno prima, il leader di Iv si era lamentato della deriva autoritaria dell’ex premier: “I pieni poteri non vanno dati a nessuno, nemmeno a Conte. Per questo ho chiesto spiegazioni sulla gestione dei servizi segreti”.

Parole a cui facevano sponda diversi esponenti del Pd, tra cui il capogruppo alla Camera, Graziano Delrio: “Quello dei Servizi è uno dei temi su cui anche noi abbiamo stimolato una riflessione. È una questione che va posta: è chiaro che è in capo al presidente del Consiglio, ma diverse volte è stata delegata ad altri”. Per non dire di Pier Ferdinando Casini, che definiva “incomprensibile” la scelta di Conte, figlia di “un accanimento” che “non dovrebbe esistere”.

Fiumi di parole che ora fanno posto a un ossequioso silenzio, proprio come già successo su alcuni dei temi per i quali – a suo dire – Renzi aveva aperto la crisi. Primo su tutti, quel fantomatico Mes che per mesi era stato descritto come “indispensabile” e per il quale era persino nato un intergruppo parlamentare a cui avevano aderito più di 100 tra deputati e senatori. Tutto finito in soffitta per ammissione degli stessi renziani e dei forzisti, che qualche giorno fa hanno chiarito come il tema “non sia più all’ordine del giorno” e come “non si debba creare problemi al governo Draghi”.

Un cambio di rotta niente male, che fa il paio con quanto successo sulla giustizia. Quasi tutti i partiti di maggioranza, ad esclusione dei 5 Stelle, avevano presentato emendamenti per eliminare il congelamento della prescrizione voluto dall’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede, di cui Renzi aveva chiesto la testa. Al momento, però, il governo ha rinviato tutto a data da destinarsi: troppo divisivo il tema della giustizia per incartarsi al primo mese di esecutivo. Nel frattempo, la legge Bonafede rimane in vigore.

Che dire poi del commissario Domenico Arcuri, a cui Renzi e compagni hanno imputato i presunti disastri di una campagna vaccinale che invece, non più tardi di due settimane fa, è stata elogiata dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Arcuri è ancora al suo posto e nel frattempo ha visto pure il nuovo governo confermare l’impianto del precedente esecutivo sulla questione Ilva. Il commissario all’emergenza Covid guida infatti anche Invitalia, l’agenzia pubblica che si farà carico di entrare nel capitale dell’acciaieria con pesanti investimenti statali, in modo da risolvere un contenzioso con Arcelor Mittal che dura da anni. Questa strategia, portata avanti dal Conte-2, è stata benedetta tre giorni fa dal nuovo titolare del Mise, il leghista Giancarlo Giorgetti, che ha incontrato i sindacati auspicando che “Invitalia prosegua nel percorso dell’accordo”. Con tanti saluti, anche in questo caso, a Italia Viva e alle sue rumorose proteste anti-Conte.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/23/dopo-il-mes-i-servizi-renzi-ammaina-unaltra-bandierina-anti-conte/6110369/#

giovedì 11 febbraio 2021

Poche balle, dateci il Mes. - Marco Travaglio

 

Passi per l’idea geniale del competente Draghi di tenere le scuole aperte fino a luglio, che quando la lanciò l’incompetente Azzolina fu spernacchiata da tutti. Passi per i banchi a rotelle, monumenti allo spreco e dannosi alla salute quando li comprarono gl’incompetenti Conte, Azzolina e Arcuri, e ora orgoglio e vanto delle scuole dei gesuiti che fecero di SuperMario il competente che sappiamo. Passi per i famosi “ritardi sui vaccini” degl’incompetenti Conte, Speranza e Arcuri che han portato l’Italia al primo posto in Europa e agli elogi della competente Ursula. Però, sul Mes, spiacenti ma non possiamo transigere. Per un anno chiunque passasse per strada, fosse Nina Moric o Scalfarotto, Tina Cipollari o la Boschi, ci ha frantumato i santissimi con il grazioso omaggio da 36-37 miliardi che l’Europa voleva donarci e che noi, masochisti, non passavamo mai a ritirare per darla vinta agli scappati di casa grillini, all’incompetente Conte e ai brubru fasciolegameloniani. Tant’è che, a furia di insistere, alla fine ci eravamo quasi convinti.

Sole 24 Ore: “Gualtieri: senza Mes, tensioni di cassa”, “Lettera-appello dei sindaci: ‘Il governo chieda il Mes’”. Patuelli (Abi): “È indispensabile attivare il Mes”. Corriere: “Le Regioni spingono sul Mes”. Fontana (Corriere): “Mes, governo paralizzato da ideologia e illusioni”. Panebianco (Corriere): “Perché il Mes è scomparso dai radar politici?”. Mieli: “Alla fine Conte e M5S chiederanno il Mes”. Repubblica: “Pd e Renzi sul Mes: ‘Se l’avessimo chiesto oggi avremmo i soldi’”, “Il Mes non è una trappola”, “Ue in pressing su Roma per il Mes. Gentiloni: ‘Il bazooka serve tutto’”, “Il Tesoro spinge sul Mes”, “Il governo punta al Mes”, Bonanni (Rep): “L’Italia non può dire no al Mes”. Folli (Rep): “Il Mes è l’asso nella manica del Pd”, “Prorogare lo stato d’emergenza sanitario connesso al ritorno del Covid mal si concilia col rifiuto del Mes”, “Quei 37 miliardi diventano urgenti, le casse pubbliche languono, i 5S dovranno rivedere la loro posizione”, “Nel Mes la chiave dei nuovi scenari”.

Stampa: “Mes, ecco il piano Speranza”, “Pronto il piano per il Mes”, “Mes, l’ira di Zingaretti contro Conte”, “Conte si prepara a dire di sì al Mes”, “Di Maio apre: sul Mes si può trattare”. Giannini (Stampa): “Langue penosamente la trattativa tra Pd e M5S sui 36 miliardi del Mes… L’Uomo della Provvidenza direbbe che è l’ora delle scelte irrevocabili”. Veronica De Romanis (Stampa): “Col Mes più credibili”, “La Sanità rischia, ora il Mes”, “Quell’assurdo rifiuto del Mes”.

Messaggero: “Visco sferza Conte: ‘Sul Mes troppi pregiudizi, ci sono soltanto vantaggi’”, “L’Italia adesso punta al Mes”.

Giornale: “Il governo: niente Mes. Berlusconi: serve subito”, “Allarme Mes: senza il prestito il Paese è fallito”.

Claudia Fusani (Riformista): “I 5Stelle cedono al Pd che porta a casa il Mes”.

Foglio: “Perché sì Mes”, “La fase 3 non può funzionare senza i fondi del Mes subito”.

Domani: “Avremmo dovuto prendere i soldi del Mes”.

Sassoli: “L’Italia non rinuncia al Mes. È garanzia contro le crisi bancarie” (sic), “Il Mes è un’opportunità. Tasso insuperabile” (ma non era il tonno?). Gentiloni: “Cara Italia, è tempo di Mes”, “L’Italia prenda il Mes, conviene”. Zingaretti: “Il governo non può più tergiversare sul Mes, sul tavolo risorse mai viste”. Francesco Forte, detto Mezzolitro: “Servizi sanitari scolastici e liquidità per lo Stato: perché il Mes è decisivo”, “La Caporetto dei conti viene da lontano. E serve il Mes”. Juncker, l’Altro Mezzo: “Il Mes può aiutare l’Italia”. Delrio: “Conte decida sul Mes”. Enrico Letta: “Adesso prendiamo il Mes”, “Mes e piano green: è l’ora della svolta o vincerà l’egoismo”. Monti: “La via possibile per il Mes”. Toti: “Sul Mes i governatori di destra ci sono”. Speranza: “Soldi subito col Mes”. Bonaccini: “Rischiamo uno scontro sociale, nessuno si opponga ai miliardi del Mes”, “Lunare dire no a 36 miliardi”. Bonino: “È solo un tabù ideologico, follia non usare il Mes”, “Conte ha bloccato il Mes per pagare il pizzo al M5S”. Cottarelli: “L’Italia prenda i fondi del Mes”. Marattin: “Ragioni per cui l’Italia non potrà che dire sì al Mes”. Bellanova: “Sì al Mes, anche coi voti azzurri”. Scalfarotto: “Alla Puglia serve il sì al Mes” (sic). Tria: “I fondi del Mes vanno usati subito”.

A levarci i dubbi residui provvidero i nostri spiriti guida Matteo e Maria Elena nei giorni caldi della crisi. Lui: “Qual è il punto decisivo per la rottura? Tanti. Ma su tutti il Mes” (15.1), “Non voterò mai un governo che di fronte a 80mila morti non prende il Mes” (17.1). Lei: “Iv ha chiesto al governo di prendere il Mes, non di prendere Meb” (12.1). Ora si scopre che Draghi il Mes non lo vuole. E i giornaloni preparano la ritirata: il Mes – dicono restando seri – non serve più. E Meb fa la gnorri: “Abbiamo sempre detto che il Mes non era per noi imprescindibile. Se si possono ottenere più soldi per la Sanità a un tasso migliore, non siamo innamorati del Mes. Prima di Draghi, era lo strumento più conveniente”. Ah ecco, avanti Mario e dopo Mario. Ma è tardi. Ci avete messo l’acquolina in bocca e adesso aspettiamo il bocconcino servito in tavola. Sennò potremmo sospettare che quelli di prima non fossero incompetenti o quelli di adesso non siano competenti. Quindi poche balle: ce l’avete promesso e ora ce lo date. Punto. E Mes.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/11/poche-balle-dateci-il-mes/6097423/

giovedì 7 gennaio 2021

Boom di richieste e rendimenti in calo per il Btp a 15 anni collocato oggi. Con questi numeri il Mes è completamente inutile.

 

Nel 2020 la spesa italiana per interessi sul debito è scesa di 1,4 miliardi di euro. Ormai negativi o vicino allo zero le cedole per titoli con scadenza fino a 5 anni.

E’ andato letteralmente a ruba il Btp a 15 anni collocato questa mattina dal Tesoro italiano. A fronte di un’offerta di titoli per 10 miliardi di euro, la domanda è stata di 105 miliardi. Il boom della domanda ha consentito di tenere basso il rendimento offerto ai sottoscrittori che riceveranno interessi lordi dello 0,95% da qui al 2037, pagati in due cedole semestrali. Il 2021 non avrebbe potuto iniziare meglio per il Tesoro italiano che beneficia, come tutti i paesi dell’area euro, dei massicci programmi di acquisto di titoli (Quantitative easing) implementati dalla Banca centrale europea.

I rendimenti italiani rimangono tra i più alti della zona euro ma sono comunque ormai negativi o prossimi allo zero per scadenze fino ai 5 anni. Di conseguenza continua a scendere quello che ogni anno lo Stato paga in interessi sul suo debito. Lo scorso anno il Tesoro ha emesso titoli per un valore complessivo di 550 miliardi di euro, che per lo più sono andati a rimpiazzare Bot e Btp che arrivavano a scadenza. La spesa per interessi è diminuita di 1,4 miliardi di euro rispetto al 2019. Oggi l’Italia paga così circa 50 miliardi di euro in interessi, solo un paio di anni fa l’esborso superava i 70 miliardi. Il collocamento di oggi dimostra una volta di più come al momento non ci siano difficoltà a reperire fondi sui mercati. Una situazione che esclude la necessità di ricorrere ad altre linee di finanziamento come quelle offerte dal Mes, esplicitamente concepite per far fronte a situazioni di difficoltà di accesso al mercato.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/05/boom-di-richieste-e-rendimenti-in-calo-per-il-btp-a-15-anni-collocato-oggi-con-questi-numeri-il-mes-e-completamente-inutile/6056225/

sabato 26 dicembre 2020

Renzi ricomincia con le minacce. Ma Conte resiste su Mes e Servizi. - Luca De Carolis

 

Giuseppe Conte ha proposto, aperto, in parte concesso. Ma oltre un certo limite non andrà. Non ha voglia di farsi cuocere a fuoco lento, e il voto è una soluzione che non disdegna. È la lettura che va data alle frasi seminate come paletti dal presidente del Consiglio ieri, a Porta a Porta: “A me interessa trovare soluzioni nell’interesse del Paese, perciò dico che qualsiasi altra proposta o modifica che non sia nell’interesse del Paese non mi riguarda. Dopodiché la crisi non è nelle mie mani. Ma si va avanti se c’è una fiducia non astratta da parte di ciascuna forza che sin qui ha sostenuto la maggioranza. Cioè di tutte le forze”. Traduzione: i segnali pretesi da Matteo Renzi sono sul tavolo.

Ma se Iv continuerà a giocare ancora alla crisi, se ne dovrà assumere il peso. E avere il coraggio di far cadere Conte e la sua maggioranza, in Parlamento. Così confermano fonti di governo, nel giorno in cui Renzi torna a fare se stesso in tv a L’aria che tira, in una sfida a distanza con il premier. “Tutto è ancora sul tavolo” assicura, compreso il ritiro delle sue ministre dal governo. “Noi – continua – abbiamo posto un problema di metodo e merito. Sul metodo ci hanno dato ragione, un passo in avanti. Sul merito dipende se siamo d’accordo o no”. Ergo, l’ex premier vuole ancora tirare la corda.

Così torna a invocare il Mes, la mina per far saltare tutto, visto che i 5Stelle non potranno mai deglutirlo. Ma soprattutto insiste: “Sul tema dei servizi serve un esperto tecnico, che non è il premier. Tutti abbiamo sempre delegato, perché Conte accentra? Anche su questo servono novità”. Dopo i segnali di tregua di martedì, Renzi rialza volentieri la tensione, che per lui fa rima con visibilità. D’altronde non ha molto da perdere. “Io ora ho il 2 per cento, che mi importa?” gli hanno sentito dire. Per questo in un tweet dice no a quelle urne che pure a lui e Iv ad occhio costerebbero carissimo: “Non credo che si andrà a votare, perché in Parlamento una maggioranza c’è”.

E sempre in quest’ottica azzanna Dario Franceschini, capo delegazione dem che ha evocato proprio il voto: “Sta bluffando, il presidente della Repubblica non è Franceschini ma Sergio Mattarella”. Però poi c’è Conte, che nel salotto di Bruno Vespa rivendica di “aver parlato poco in questi giorni, lasciando parlare altri sulle tv”, ed è già una botta ai renziani.

Ma il punto è un altro: “Sulla delega sui Servizi non vorrei ci fossero equivoci: il presidente del Consiglio non si è appropriato di questi poteri, glieli attribuisce la legge e io non posso sottrarmi a questa responsabilità”. Niente passo indietro dunque, anche se l’hanno chiesto anche altri (il vicesegretario dem Andrea Orlando, per esempio). “Sono disposto a discutere di tutto ma per l’interesse generale e non di singole parti delle forze di maggioranza” ribadisce. Ovvero, non pensa ad abiure. Ed ecco perché recapita un’altra risposta a Iv, che martedì aveva celebrato la scomparsa della task force per il Recovery Fund: “La task force, come struttura centralizzata che avrebbe sopravanzato e prevaricato i ministeri, è stata superata perché non è mai esistita. Ma una struttura di monitoraggio ce la chiede l’Europa”. E il Mes? Vira ancora verso il no: “Attivarlo o meno è prerogativa del Parlamento ma i 36 miliardi del fondo ci farebbero accumulare deficit e lasceremmo alle generazioni future un fardello”. Piuttosto, avverte Conte, “non possiamo disperdere le risorse del Recovery Plan, e se non riusciremo in questo intento il governo dovrà andare a casa con ignominia”. Quindi bisogna andare di corsa: “L’obiettivo è chiudere entro l’anno il documento di aggiornamento sullo stato dell’arte (del Recovery, ndr). Dobbiamo mandarlo al Parlamento e avviare un passaggio importante con la società civile e le parti sociali”.

Per questo , “ho chiesto ai partiti di ritrovarci tra Santo Stefano e Capodanno per trovare la necessaria sintesi”. Fuori si riparla di rimpasto, ma a gennaio inoltrato. Dall’esecutivo raccontano che il Quirinale avrebbe fatto sapere che tre ministeri sono intoccabili: Interni, Esteri e Difesa. Mentre l’Economia tornerebbe in gioco se Roberto Gualtiere si convincesse a correre come sindaco di Roma. Più che un’idea, per il Pd.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/24/renzi-ricomincia-con-le-minacce-ma-conte-resiste-su-mes-e-servizi/6047071/

giovedì 17 dicembre 2020

Lettera Renzi a Conte, no task force,sì a Mes, ora progetti.

 

Renzi a Conte,non parlo rimpasto,ministre Iv pronte lasciare.

Non si organizzano task force con poteri sostitutivi al governo, non si chiede al cdm di approvare un documento all'ultimo momento, il Mes va utilizzato e serve un piano ambientale serio anche sfidando i sindaci sui progetti di trasformazione urbana. Sono alcuni dei punti prioritari indicati da Matteo Renzi a Giuseppe Conte in una lunga missiva resa pubblica su Facebook in cui si definisce il piano per il Recovery come un collage di buone intenzioni senz'anima.

Renzi si chiede inoltre che fine abbia fatto il documento Colao e attacca sul piano shock infrastrutturale approvato solo a parole e sulla questione dei servizi segreti. 

"Per trasparenza totale incollo qui la lettera che ho inviato ieri al Presidente del Consiglio. Molto lunga, lo so. Ma almeno si capisce che parliamo di cose serie, non di rimpasti. Buona giornata". Lo scrive su Facebook il leader di Italia viva pubblicando la lettera inviata al premier. "Caro presidente, in questi giorni il racconto fatto dal Palazzo dice che "quelli di Italia Viva" vogliono le poltrone. È il populismo applicato alla comunicazione. Ma è soprattutto una grande bugia", si legge nella lettera. "Noi, Presidente, vogliamo dare una mano sui contenuti. Perché in discussione sono le idee, non gli incarichi di governo. Teresa, Elena, Ivan - che hanno lavorato bene su agricoltura, famiglie e politiche di genere, export - sono pronti a dimettersi domani, se serve. Noi infatti non concepiamo la politica come occupazione di posti. Non tiriamo a campare, vogliamo cambiare. Non ci basta uno strapuntino, vogliamo la politica". 

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2020/12/17/lettera-renzi-a-conte-no-task-forcesi-a-mes-ora-progetti_9a9a3fed-77bf-42a4-b5cc-1651366453bf.html


Non ha mantenuto la promessa fatta quando propose il referendum - quella delle dimissioni se avesse vinto il no, - sa benissimo di non avere un seguito; è la prosopopea personificata, il nulla che si auto definisce intellettuale e si permette di incitare gli altri a studiare... e tiene in scacco il governo ed il paese per imporre le sue regole discutibili sotto ogni punto di vista.
A lui interessa solo autoincensarsi, adularsi mostrando il suo cinismo, il suo menefreghismo nei nostri confronti.
La sua è la vendetta diretta a noi perchè non abbiamo avallato il suo referendum; infatti, rivestendo proprio la carica di senatore, carica che avrebbe voluto abolire, ci tiene in pugno, dimostrandoci la sua forza, la sua tenacia, il suo potere.
Perchè a lui non la si fa, lui non accetta un no, e, quando succede, fa partire la sua vendetta.
Mi domando con quale criterio Napolitano lo nominò Presidente del Consiglio.
Forse non lo conosceva bene, o forse aveva puntato sulla sua propensione a genuflettersi al potere economico ed alla sete di potere.

Un essere pericoloso per sé e per gli altri.
Cetta

giovedì 10 dicembre 2020

Ok Mes sul filo, Renzi attacca Conte sul recovery.

 

Superare l'ostacolo del voto sulla riforma del Mes non basta al premier Giuseppe Conte per sancire una nuova tregua all'interno delle forze che sostengono il suo governo. Nel giorno in cui le Aule di Camera e Senato approvano, dopo molti tormenti all'interno del M5s, le risoluzioni in favore della posizione italiana sulla riforma del Meccanismo di stabilità resta alta la tensione sulla governance del Recovery plan e sul governo.

Il voto corre però sul filo, con solo 156 sì a Palazzo Madama. Cinque voti in meno della maggioranza assoluta, che pure in questo caso non era richiesta. Il premier, che a sera si dice "tranquillo", si appella ai deputati e senatori e chiede "massima coesione": i distinguo fisiologici - dice - non devono pregiudicare il raggiungimento "degli obiettivi che ci stanno a cuore" e che "giustificano la nostra presenza qui". Ma dal Pd a Italia Viva, i partiti che lo sostengono chiedono maggiore coinvolgimento, anche del Parlamento. Per dirla con Matteo Renzi è arrivato il momento "di dipiciemmizzare la politica". Nicola Zingaretti usa ben altri toni, ma torna a incalzare il governo: "Ora per andare avanti è importante trovare soluzioni ai tanti nodi aperti". Il segretario Pd, parlando al premier ma anche agli alleati, aggiunge un concetto caro a tanti tra i Dem, che nelle scorse settimane lamentavano un'azione del governo poco coordinata con i gruppi e scarso dialogo con le parti sociali: "Le priorità da scegliere si devono basare su chiarezza e pazienza unitaria, collegialità e condivisione, rispetto dei ruoli e un adeguato coinvolgimento nei processi delle decisioni determinanti. Se questa volontà non si afferma tutto diventa difficile".

La struttura del Recovery plan "servirà per garantire la realizzazione degli interventi ed evitare che si sprechino risorse ma la responsabilità rimane sempre nel governo perché servirà l'autorizzazione del Cdm", ha detto Conte parlando con i giornalisti e assicurando che ci sarà il coinvolgimento del Parlamento. "C'è stato un colossale fraintendimento sulla struttura di missione" per il Recovery plan, "che deve avere compiti di monitoraggio e non sottrarrà potere e competenze ai ministeri". "Dovrebbe solo essere prevista una clausola di salvaguardia nel caso in cui le amministrazioni centrali non possano intervenire a esercitare i poteri sostitutivi", aggiunge. "Non c'è scritto da nessuna parte quanti manager ci dovranno essere, comunque serve una struttura per assicurare il monitoraggio dei cantieri e il rispetto dei tempi, è una cosa assolutamente necessaria".  "Tutto ciò ha carattere ordinamentale e quindi non andrà in manovra ma in un apposito decreto legge, torneremo su questo a confrontarci nella sede propria che è quella del governo e il Consiglio dei ministri, lì troveremo la formula giusta", aggiunge parlando con i giornalisti. 

LA GIORNATA

L'aula del Senato ha approvato la risoluzione presentata dalla maggioranza sulla riforma del Mes e sulle comunicazioni del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in vista del prossimo Consiglio europeo. Il documento ha avuto 156 voti favorevoli, 129 contrari e 4 astensioni. Il premier Conte si dice "tranquillo" dopo le parole di Renzi al Senato. 

Nove senatori M5S non hanno partecipato al voto mentre due (Mattia Crucioli e Bianca Laura Granato) sono stati, nel Movimento, i voti contrari. Dei nove assenti in 4 erano "giustificati" secondo quanto spiegato nel pomeriggio da fonti parlamentari M5S. A questi vanno aggiunti Nicola Morra, Laura Angrisani, Rosa Abate, Margherita Corrado, Fabrizio Trentacoste.

"Vi anticipo, doverosamente ma con la massima cautela, che nelle ultimissime ore sembrerebbe che si intraveda uno spiraglio positivo nel negoziato" con Polonia e Ungheria sul Recovery fund. Lo dice il premier Giuseppe Conte nel suo intervento in Aula al Senato in vista del Consiglio europeo. "Vi invito alla cautela" sull'ipotesi di superare il veto sul Recovery fund "perché fino alla fine aspettiamo di leggere la proposta di una dichiarazione interpretativa, condivisa dai due Paesi, per quanto riguarda la condizionalità dello stato di diritto: non possiamo assolutamente rinunciare a quanto già riconosciuto e affermato sul tema, sarebbe assolutamente compatibile con gli obiettivi e i principi già affermati". Lo dice il premier Giuseppe Conte nel suo intervento in Aula al Senato in vista del Consiglio europeo, parlando del negoziato con Polonia e Ungheria sul Recovery fund. "Ai temi all'esame di questo Consiglio europeo si potrebbe aggiungere quello della relazione futura tra Unione Europea e Regno Unito, a seguito degli ultimi sviluppi negoziali tra Bruxelles e Londra. Questa sera ci dovrebbe essere un ulteriore aggiornamento sul punto e vedremo quale prospettiva concreta si verrà a delineare nelle prossime ore". Lo dice il premier Giuseppe Conte nel suo intervento in Aula al Senato in vista del Consiglio europeo.

"E' importante che ci sia la massima coesione delle forze di maggioranza, è importante parlarsi, il confronto dialettico e la varietà di posizioni, ma anche superare in una sintesi superiore in uno spirito costruttivo, questa varietà di opinioni: non dobbiamo mai disperdere le energie e sempre concentrarci sugli obiettivi che ci stanno a cuore e che giustificano la nostra presenza qui, la nostra azione. La coesione ci consente anche di continuare a batterci in Europa" dice Conte nel suo intervento in Aula al Senato in vista del Consiglio europeo. "La coesione delle forze di maggioranza ci consente anche di continuare a batterci in Europa. Vi assicuro: ci metterò la più ferma determinazione nel fornire il giusto contributo critico e il coraggio necessario a sostenere il programma di riforme in corso e il processo di rinnovamento delle istituzioni europee che si preannuncia nella conferenza sul futuro dell'Europa, nella quale dovremo misurare la nostra capacità di incidenza e la nostra capacità rinnovatrice e per questo lanceremo una sfida ambiziosa agli altri governi europei"sottolinea il premier.

Al Senato l'intervento del leader di Italia Viva, Matteo Renzi: "I duecento miliardi sono una conquista ma anche una grande responsabilità: noi non scambieremo il nostro si alla proposta di governance con uno strapuntino. Non stiamo chiedendo che nella cabina di regia ci sia uno nostro. Il 22 luglio abbiamo chiesto una cosa: di fronte ai 200 miliardi da spendere o il parlamento fa un dibattito vero, oppure perdiamo la dignità delle istituzioni". "Non va bene che ci arrivi alle 2 un emendamento alla manovra una proposta con manager al posto dei ministri: colleghi del Pd, eravamo nello stesso partito quando uno di noi firmò un ricorso alla Corte contro chi non voleva farci discutere la manovra. Allora era Salvini, ora è lo stesso. E' una discussione essenziale per le istituzioni". "La task force - ha detto ancora Renzi - non può sostituire il parlamento: dov'è il sindacato? Ma non è solo un problema di metodo, anche di merito. Come si fa a dare 9 miliardi alla Sanità". "Io al governo misi 7 miliardi alla Sanità e si parlò di tagli, per me ce ne vogliono il doppio, il triplo". "Dico una cifra: 36, quelli del Mes...". "Siamo pronti a discutere ma non a usare la manovra come veicolo di quello che abbiamo letto sui giornali, compresi i servizi. Se c'è una norma che mette la governance con i servizi votiamo no".  "Se i suoi collaboratori telefonano ai giornali per dire che vogliamo una poltrona in più, sappia che se ha bisogno di qualche poltrona ce ne sono tre, due da ministro e una da sottosegretario, nostre a sua disposizione. Se invece vuole ragionare sul serio spieghi che questo non è un talk show, non è il Grande Fratello ma la politica", ha detto ancora Renzi applaudito al termine del suo intervento anche dagli scranni della Lega.

"La Lega e tutto il centrodestra sono pronti a discutere" con il governo se al centro del confronto c'è "l'idea del futuro dell'Italia che abbiamo", ad esempio sui temi della disabilità, della sanità, del lavoro, del futuro dell'industria e delle infrastrutture, come l'ex Ilva di Taranto o il Ponte sullo Stretto, ha detto il leader della Lega Matteo Salvini in Senato durante le dichiarazioni di voto.

Il via libera era arrivato anche dall'Aula della Camera. I voti a favore sono stati 314, i contrari 239, 9 gli astenuti. I deputati M5S Andrea Colletti, Pescarese, Pino Cabras, Fabio Berardini, Alvise Maniero, Maria Lapia, Francesco Forciniti hanno votato contro. "Votare sì vuol dire votare contro Conte e contro il Paese, la nostra è una scelta di coerenza", è uno dei concetti che, ognuno di loro, sottolinea nel proprio intervento.  Tutti gli interventi in dissenso pronunciati dai deputati del MoVimento 5 stelle contro la risoluzione di maggioranza nell'Aula della Camera vengono accolti da fragorosi applausi da parte dei deputati della Lega.

Sono stati 297 i voti a favore, 256 i contrari e sette gli astenuti nell'Aula della Camera sulla parte della risoluzione di maggioranza che impegna il governo "a finalizzare l'accordo politico raggiunto all'eurogruppo e all'ordine del giorno dell'eurosummit sulla riforma del trattato del Mes. A chiedere la votazione per parti separate era stato il deputato Gianluca Rospi del gruppo Misto. In questa specifica votazione la maggioranza ha perso voti rispetto a quella che inglobava la maggior parte della risoluzione, che raccolse 314 sì e 239 no Respinta la risoluzione dell'opposizione.

"Il governo - ha detto il premier in Aula - ha bisogno anche della massima coesione delle forze di maggioranza per continuare a battersi in Ue. Il confronto dialettico è segno di vitalità e ricchezza ma è senz'altro salutare che sia fatto con spirito costruttivo e che non ci distragga dagli obiettivi". Iv, dopo aver ascoltato le comunicazioni del premier Giuseppe Conte alla Camera, ha firmato la risoluzione di maggioranza sulla riforma del Mes

"Spesso ho rivolto appello all'opposizione e in alcuni passaggi ho trovato ascolto. Il tavolo del confronto rimane sempre aperto", ha detto ancora il premier.

"I cittadini dei 27 Paesi - dice Conte - non perdonerebbero un segnale che contraddica" quella che è stata una svolta "irreversibile delle politiche dell' Ue". Il premier sottolinea la necessita di "superare i veti ungheresi e polacco" sul Recovery plan. "Sosteniamo gli sforzi della presidenza tedesca per una soluzione rapida dello stallo", aggiunge.

Sulla riforma del Mes "resta la responsabilità delle Camere sulla ratifica" del trattato. Ma "per cambiare l'Ue è decisiva ben altro percorso. L'Italia si farà promotrice di una proposta innovatrice per integrare il nuovo Mes nell'intera archietettura europea. Il modello a cui ispirarsi lo abbiamo già adottato, è il Next Geeneration Eu". "Com'è noto la riforma del Mes conteneva il backstop che è obiettivo cardine per il nostro Paese. Grazie al contributo italiano l'Eurogruppo ha trovato un'intesa per introdurlo con due anni di anticipo".

"La lotta al cambio climatico è priorità per l'Italia. E' essenziale che gli obiettivi di Cop 26, che ospiteremo l'anno prossimo, siano accompagnati da incentivi economici per la transizione verde", è un altro passaggio dell'interveno di Conte.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2020/12/08/mes-attesa-per-le-comunicazioni-di-conte-tensione-sul-recovery-diretta_8fdd52a7-9109-4f1a-86e1-1a00f7368440.html

mercoledì 9 dicembre 2020

Riforma del Mes, la Camera approva: 314 sì, 239 contrari e 9 astenuti. Conte: “Italia chiederà in Ue di rivedere la struttura del fondo, ma serve maggioranza coesa”

 

Il premier è intervenuto prima alla Camera, poi alle 16 al Senato. La votazione non riguarderà la richiesta di accedere al meccanismo per prendere i fondi da spendere per la pandemia. Sembra scongiurato l'incidente parlamentare: dopo l’intervento del capo del governo, Italia Viva annuncia il suo appoggio alla risoluzione di maggioranza. Il dissenso dei 5 stelle si riduce a 6 deputati, anche il forzista Brunetta vota in contrasto al suo partito.

Primo ostacolo superato, ora tocca al Senato. Montecitorio ha dato il via libera alla riforma del Mes: l’Aula ha approvato la risoluzione di maggioranza sulle comunicazioni di Giuseppe Conte in vista del prossimo Consiglio europeo con 314 sì. I contrari sono stati 239 e nove gli astenuti. Fratelli d’Italia dopo il voto ha mostrato magliette con la scritta “M5s=Mes” e il presidente Roberto Fico ha sospeso la seduta. Tra i 5 stelle sono stati sei i deputati che hanno espresso il loro dissenso in Aula: Andrea Colletti, Pino Cabras, Fabio Berardini, Alvise Maniero, Maria Lapia, Francesco Forciniti. Altri due: Raphael Raduzzi e Andrea Vallascas hanno annunciato il loro voto contrario. Tutti gli interventi in dissenso pronunciati dai deputati del MoVimento 5 stelle contro la risoluzione sono stati accolti da fragorosi applausi da parte dei deputati della Lega.


Il voto alla Camera
 
– In totale sono state presentate quattro risoluzioni: una di maggioranza, una di Fi, una di +Eu e una di Lega e Fdi. Su richiesta del deputato del gruppo Misto Gianluca Rospi, il voto sulla risoluzione di maggioranza è stato per parti separate. Il primo voto ha raccolto appunto 314 sì. Sono stati invece 297 i voti a favore, 256 i contrari e sette gli astenuti sulla parte della risoluzione di maggioranza che impegna il governo “a finalizzare l’accordo politico raggiunto all’eurogruppo e all’ordine del giorno dell’Eurosummit sulla riforma del trattato del Mes. In entrambe le votazioni sulla risoluzione di maggioranza, identica alla bozza circolata ieri e sulla quale si è trovato l’accordo anche col M5s (il riferimento all’accesso ai fondi per la sanità è stato spostato in fondo), lo scarto è stato di 75 e 41 voti, quindi il governo non ha mai veramente rischiato di non avere i numeri sufficienti. E’ stata invece respinta la risoluzione del centrodestra: il testo era stato firmato dai deputati Molinari, Gelmini, Lollobrigida e Lupi.

Il voto in Senato – I numeri della maggioranza in Senato sono quelli che preoccupano maggiormente, anche se, soprattutto alla luce delle mediazioni delle scorse ore, i critici dentro il Movimento 5 stelle cercheranno di esprimere il loro dissenso senza arrivare al punto di non ritorno. Cosa significa in concreto? Potrebbe esserci qualcuno che esce dall’Aula o semplicemente decide di non votare. Tra gli interventi più attesi c’è anche quello di Matteo Renzi (ore 18.30): il leader di Italia viva sta sfidando il governo sulla task force e da giorni annuncia un suo discorso rivolto al premier proprio dai banchi di Palazzo Madama. “A poche ora dal voto sulla risoluzione dopo le comunicazioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte sulla riforma del Mes, in Senato si fanno i conti sui numeri. La maggioranza dovrebbe raggiungere all’incirca 158 voti. Secondo chi ha in mano il ‘pallottoliere’ i giallorossi potrebbero contare su 33 senatori Pd (due sarebbero assenti per causa di forza maggiore), 86 M5s (sottraendo ai 92 che compongono il gruppo tre assenti e tre ‘irriducibili’ no Mes), 18 di IV e 7 delle Autonomie. Poi ci sarebbero 14 o15 parlamentari del Misto che di solito votano con la maggioranza, Mario Monti e Elena Cattaneo. I 5 stelle che potrebbero far mancare il sostegno apertamente sono Mattia Crucioli, senatore spesso in dissenso con la linea della maggioranza (a gennaio scorso firmò il primo documento per la leadership collegiale), e la collega Bianca Laura Granato. 

L’intervento di Conte – “Devono essere riconsiderate in modo radicale la struttura e la funzione del Mes, affinché sia trasformato in uno strumento completamente diverso“. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è partito da qui per chiedere appoggio al Parlamento in vista del Consiglio Ue previsto per il 10 e 11 dicembre. Al centro delle sue comunicazioni c’era la riforma del Meccanismo europeo di stabilitàavviata tre anni fa dagli Stati membri, e non la sua eventuale attivazione. Il premier non ha concesso infatti alcuno spazio a chi, dentro e fuori la maggioranza, avrebbe voluto subito attingere alle risorse del fondo. Anzi, ha anticipato che l’Italia “si farà promotrice di una proposta innovatrice per superare la natura del Mes come accordo intergovernativo, per integrarlo nel quadro dell’intera architettura europea“. L’obiettivo è quello di “raccordarlo alle altre istituzioni dell’Ue, che offrono maggiori garanzie di trasparenza e democraticità“. Poi ha ricordato che sulla ratifica finale del trattato “resta la responsabilità delle Camere” che saranno chiamate a esprimersi più avanti. Un modo per sminare il voto dopo le tensioni all’interno della maggioranza: se infatti il Movimento 5 stelle ha trovato un’intesa al suo interno dopo lunghe mediazioni e discussioniItalia viva ha annunciato il suo appoggio solo in mattinata, dopo giorni di tensioni legate alla cabina di regia che dovrà gestire i fondi del Recovery. 

Non è un caso che Conte si sia rivolto direttamente ai partiti che lo sostengono, sostenendo che il governo ha bisogno della “massima coesione delle forze di maggioranza per continuare a battersi in Ue. Il confronto dialettico è segno di vitalità e ricchezza ma è senz’altro salutare che sia fatto con spirito costruttivo e che non ci distragga dagli obiettivi”. Nel corso del dibattito in Aula, però, sono emerse le prime divisioni, anche se fortemente ridimensionate rispetto ai timori della vigilia. Conte non si è limitato a parlare ai parlamentari che sostengono la sua maggioranza ma durante il suo discorso a Montecitorio si è rivolto anche alle opposizioni: “Spesso in quest’Aula ho rivolto alle forze di opposizione un appello all’unità e al dialogo. E devo riconoscere che in alcuni passaggi questi appelli hanno trovato ascolto. Ribadisco che il tavolo del confronto con le opposizioni rimane sempre aperto“. Poi ha rivendicato i risultati raggiunti dall’Italia proprio sul Mes. “Com’è noto”, la riforma del Meccanismo “contiene il backstop (una sorta di rete di sicurezza per eventuali crisi bancarie, ndr) che è obiettivo cardine per il nostro Paese. Grazie al contributo italiano l’Eurogruppo ha trovato un’intesa per introdurlo con due anni di anticipo“. Il lavoro da fare, però, è ancora molto. E non riguarda soltanto il Mes: “Il modello al quale ispirarsi per costruire a livello europeo gli strumenti di politica economica del futuro è certamente il Next generation Eu”, chiarisce il capo del governo, riferendosi ai fondi stanziati dall’Ue per contrastare la crisi dovuta alla pandemia. “Auspico fortemente, e lo ribadirò in tutte le sedi di confronto con gli altri leader, che possa diventare strutturale“.

L’intesa di luglio che ha portato al Recovery fund, insiste Conte, “fino a pochi mesi fa sembrava a molti irraggiungibile“. E unita al “sostegno senza precedenti fornito dalla Bce attraverso il programma di acquisto di titoli pubblici e privati, sta cambiando la fisionomia dell’Unione europea”. Ma restano da superare “i veti di Ungheria e Polonia” per rendere operativo l’accordo. “I cittadini dei 27 Paesi non perdonerebbero un segnale che contraddica” quella che è stata una svolta “irreversibile delle politiche dell’Ue”, chiarisce il premier, ribadendo di sostenere “gli sforzi della presidenza tedesca per una soluzione rapida dello stallo“. È anche in vista di queste sfide che Conte cerca l’appoggio della maggioranza in un momento così delicato del Paese, proprio mentre Italia viva continua a minacciare la caduta del governo sul nodo della governance del Recovery

I deputati M5s che si sono espressi contro il gruppo (o che non hanno partecipato al voto) – Gli occhi erano puntati sui parlamentari M5s, il cui gruppo è stato travolto dai malumori nei giorni scorsi. Una settimana fa 58 eletti 5 stelle (42 deputati e 16 senatori) hanno scritto una lettera per chiedere che fossero rinviate le parti critiche della riforma del Mes. Ma di quei 42 dissidenti, a Montecitorio sono rimasti solo una decina di deputati. In particolare sei sono intervenuti in Aula per spiegare la loro contrarietà al documento. Si tratta di Andrea Colletti, Fabio Berardini, Francesco Forciniti, Pino Cabras, Alvise Maniero e Mara Lapia. Di questi, Colletti e Lapia sono stati da poco sospesi dal Movimento per aver votato contro la riforma per il taglio dei parlamentari. “Il problema è che autorizzando politicamente il Mes autorizziamo la Bce a ridurre i titoli del debito pubblico nel 2022″, ha detto il deputato M5s Andrea Colletti, “e allora un governo tecnico sarà obbligato a attivare il Mes. I congiurati, presidente, non sono quelli che prendono posizione ma sono i commensali. Ed è per questo che non darò voto favorevole”. Poi ha parlato Fabio Berardini, deputato eletto in Abruzzo e nei mesi scorsi considerato a rischio sospensione per problemi di rendiconto: “Non è un voto contro Conte, è totalmente falso. Crimi e Di Maio ci spieghino perché vogliono tradire il programma M5S”. Per Forciniti, deputato eletto in Calabria e anche lui tra i firmatari delle lettera contro il Mes: “Questa riforma è un errore, voterò contro la risoluzione”, ha detto. Mentre Cabras ha dichiarato: “Non si può votare sì ad una risoluzione dicendo che poi si vota no, il Mes va smantellato”. Per Lapia: “Non stiamo sfiduciando il nostro presidente, noi portiamo avanti il nostro programma elettorale”. E Maniero a sua volta ha sottolineato: “Io non indebolirò lei, presidente non voterò mai contro il mio Paese, questa riforma è una spada di Damocle”

Il deputato M5s Raphael Raduzzi, tra i primi firmatari della lettera di dissenso e colui che ha tenuto le lezioni sul Mes sulla piattaforma Rousseau, ha dichiarato: “È stata una Caporetto“, ha detto. “La risoluzione di oggi, che non ho votato, manda Conte a firmare una terribile riforma del Mes! Una riforma che potenzia il Mes come istituto per gestire le prossime crisi finanziarie (che ci saranno)”. Ha annunciato il suo voto contrario anche Andrea Vallascas: “Io voto No al Mes, strumento di compressione della sovranità nazionale e della libertà dei popoli. Qualcuno ventila la possibilità di caduta di Conte e della fine della legislatura, come se la democrazia e le scelte dei suoi rappresentanti non dovesse essere legata al destino migliore per il suo popolo, ma alla sorte di un esecutivo”.

Chi ha invece lanciato un messaggio distensivo è stato il capo politico M5s Vito Crimi: “Le parole di Giuseppe Conte sono chiare e non lasciano alibi a chi ancora sostiene che dovremmo andare in Europa a porre il veto sulla modifica del trattato sul Mes, richiesta e voluta da tutti gli altri Stati che ne fanno parte”, ha scritto su Facebook. “Ora è il momento di pensare ad investire bene, investire nel futuro dell’Italia. Basta polemiche, dunque, su chi o come gestirà le risorse. Controlleremo che ogni singolo centesimo vada nella direzione giusta”. E, ha detto: “La risoluzione appena approvata contiene due elementi rivoluzionari. Per la prima volta portiamo il Parlamento italiano ad ammettere, e votare, un impegno concreto ad una revisione radicale del Patto di Stabilità. Una battaglia, questa, che ha visto per lungo tempo il MoVimento 5 Stelle battersi da solo, e che è stata poi sposata opportunisticamente da qualche partito che si definisce ‘sovranistà'”. Quindi Crimi ha concluso: “Non temiamo il Mes, perché fino a quando ci sarà il Movimento 5 stelle vigileremo affinché non sia mai attivato per il nostro Paese”.

Chi dentro Forza Italia ha votato per la maggioranza – Tra gli azzurri, che hanno votato contro la risoluzione in linea con Fdi e Fi, almeno il deputato Renato Brunetta si è espresso in dissenso con il gruppo e ha sostenuto il governo: “Il nuovo Mes, con il salva-banche, metterà fine a quel drammatico errore di Deauville di Merkel e Sarkozy. Per questo voterò in dissenso con il mio partito. Il no alla riforma non sarà in mio nome”, ha annunciato durante il suo intervento. “Oggi – ha proseguito, riferendosi all’unanimità registrata nell’ultimo voto sullo scostamento di bilancio – mi addolora che in quest’Aula non ci sia quello stesso spirito nel dare pieno mandato al nostro presidente del Consiglio per il prossimo Eurosummit”.

Forza Italia è pronta a votare anche al Senato ‘no’ alla riforma del fondo salva-Stati, aderendo alla risoluzione unitaria del centrodestra. Resta solo il caso dell’azzurro Andrea Cangini, portavoce di ‘Voce Libera’, che potrebbe astenersi. ”Non ho mai detto che voterei sì”, assicura all’Adnkronos Cangini, che precisa: “Ho detto e scritto che su una questione così rilevante, per l’identità di un partito e la credibilità della coalizione, sarebbe opportuno non cedere alla retorica anti europeista”. Alla fine si asterrà? “E’ possibile”, replica il senatore forzista che aggiunge: “ma prima leggerò le risoluzioni di maggioranza e opposizione e poi deciderò”. Oggi, alle 14, prima delle comunicazioni in Aula del premier Giuseppe Conte, si riunirà il gruppo azzurro a palazzo Madama guidato da Annamaria Bernini, dove sarà illustrata anche la risoluzione comune di centrodestra sulla riforma del Trattato del Mes presentata in Parlamento.

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