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giovedì 7 ottobre 2021

Recovery, il flop della Sicilia: 31 progetti bocciati su 31 per i sistemi di irrigazione. Dalla Regione accuse a Patuanelli, che risponde: “Requisiti non rispettati”. Ecco tutti gli errori. - Luisiana Gaita e Manuela Modica

 

Date di verifica mancanti, durate di intervento superiori al consentito, assenza di valori fondamentali. Quella siciliana è l'unica regione che si è vista rispedire tutti i piani per ottimizzare l'irrigazione dei campi agricoli. Musumeci ne fa una questione territoriale: "Favorito il Nord". Eppure la Calabria ha avuto 20 approvazioni. Tantissimi buchi su 23 criteri stringenti, costruiti in accordo con le Regioni e su cui il ministero dell'Agricoltura aveva creato un help desk. Le opposizioni in regione attaccano: "Inadeguati, siamo già i peggiori in assoluto". Ma non tutto è perduto.

Sono le primissime battute del Recovery plan, e la Sicilia incassa già il suo primo flop. Perfino con clamore: su 31 progetti ammessi, 31 progetti sono stati bocciati dal ministero dell’Agricoltura. Si tratta di una prima tranche di investimenti per ammodernare o mettere in sicurezza i sistemi di irrigazione dei campi agricoli. E la Sicilia, che aveva chiesto più di 400 milioni di euro, non avrà neanche un centesimo. L’unica regione d’Italia ad ottenere solo bocciature e a restare all’asciutto, anche in senso letterale, è il caso di dire. Inanellando invece un lungo elenco di veri e propri strafalcioni che però non ha frenato le prime, infuocate, reazioni del governo regionale andato subito all’attacco diretto del ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli: “Con quale criterio e come si è proceduto alla selezione?” si chiedeva immediatamente dopo avere appreso la notizia della bocciatura, lo scorso lunedì, l’assessore siciliano all’agricoltura, Toni Scilla. E si rispondeva: “È chiaro che qualcosa non quadra. Il ministro Patuanelli scade in valutazioni sommarie a tutto svantaggio della Sicilia, e non è la prima volta che lo fa”. Ma il resoconto nel dettaglio mostra errori come quello di non avere indicato la data di progettazione in ben 12 progetti, mentre per altri 12 non è stata inserita la data di durata dei lavori. Per 27 progetti, invece, non è stata neanche inserita la data di verifica. Lo stesso ministro Patuanelli, rispondendo durante il question time a un’interrogazione sui progetti per l’ammodernamento delle reti irrigue nell’ambito del Pnnr, con particolare riferimento al Mezzogiorno, ha spiegato che nessuno dei progetti presentati dalla Sicilia è risultato ammissibile “per motivi meramente tecnici” specificando, ad esempio, che “17 progetti presentavano una durata di intervento e realizzazione delle opere superiore ai 30 mesi. Abbiamo delle scadenze – ha commentato Patuanelli – che non sono derogabili, come è noto”. Ma è solo la punta dell’iceberg. Basti pensare che nella lista ci sono anche due progetti (ente attuatore è il Consorzio di Bonifica di Siracusa) da 4,3 e 4,8 milioni di euro che non rispettano 16 criteri su 23. In pratica si fa prima a dire quali sono stati rispettati (sette). Il progetto di Gela, da 31 milioni, per la rete irrigua dell’invaso Gibbesi, non risponde a 13 criteri. A 12 criteri non rispondono altri due progetti che riguardano Gela (da 19 e 15 milioni di euro) e altrettanti in provincia di Catania (per 4,8 e 4,3 milioni). Poi ci sono altri 5 progetti a Trapani (quasi 8 miliardi, 8,2, 4,3 e 5,2 miliardi) e ancora a Siracusa (4,6 miliardi) che non rispondono a 11 criteri. E poi ci sono altri 19 progetti che non rispondono a un numero di criteri che varia dall’uno agli 8.

E questo solo per citare alcuni dei problemi che hanno consegnato il record di bocciature alla Sicilia. Record che ha scatenato le prime reazioni al vetriolo, con l’assessore Scilla che nonostante questi dati ha continuato ad attaccare il ministro: “Ricordiamo il tentativo di scippare fondi del Programma di sviluppo rurale. Un atteggiamento ostile, che registriamo per l’ennesima volta, e che ci porterà ad effettuare le dovute verifiche e valutazioni”. Ancora più duro il presidente siciliano, Nello Musumeci che addirittura scomoda un conflitto territoriale: “È una vergogna nel Pnrr continuare a guardare a progetti del Centro-Nord e non a quelli del Sud e della Sicilia. Non è un problema di risorse, ma di progettualità. E la Regione Siciliana ha priorità davanti alle quali il governo nazionale si gira dall’altra parte”. Reazioni a caldo, a inizio settimana, poi riviste. Fino a chiedere, ieri, un incontro al ministro. Mentre Scilla ha passato tutto il pomeriggio rinchiuso in una riunione fiume con i suoi dirigenti per capire dove risiedano le responsabilità di un tale flop, in vista dell’appuntamento di questa mattina in commissione Attività produttive all’Assemblea regionale siciliana, dov’è stato convocato per riferire sulle bocciature. D’altronde a poco serviva appellarsi a un ipotetico sbilanciamento a favore del Nord, considerando che la Calabria ha avuto sì 16 progetti bocciati ma ha potuto incassare anche 20 approvazioni. Ma nell’attesa che si scovino le responsabilità, anche Gaetano Armao, assessore all’Economia, ha puntato il dito contro i criteri di valutazione, perché non erano stati discussi con le Regioni: “Non c’è mai stato alcun confronto in conferenza stato-regioni, e il problema è più generale: o si incardina tutto secondo legge o il ministero va avanti coi suoi parametri e con una gestione del tutto autonoma al di fuori dei normali iter”. Tutta colpa dei criteri, dunque. Erano 23 in tutto e secondo Patuanelli erano “gli stessi adottati nell’ambito del programma nazionale di sviluppo rurale 2014-2020 e concordati con le Regioni e province autonome nel 2015″.

Una risposta che smentisce il governo siciliano che all’esordio sul recovery plan è già nella bufera. “Siamo alle prime battute e siamo già i peggiori in assoluto”, commenta Luigi Sunseri consigliere regionale del M5s. E continua: “Se il governo non è in grado di rispettare criteri, peraltro già stabiliti in conferenza stato-regione, non lo deve dire ora, doveva saperlo e dirlo prima, dal dettaglio emergono non solo errori ma gravi illiceità”. “Se questa è la prima, non voglio vedere le altre. Ed è inutile buttarla in caciara menzionando un conflitto col Nord”, interviene, invece, Valentina Zafarana, membro per i Cinquestelle in commissione Attività produttive, dove stamattina Scilla dovrà riferire. “Strafalcioni terrificanti e per l’ennesima volta registriamo come non ci sia nessun membro di questo governo in grado di ammettere le proprie responsabilità e scusarsi con i cittadini”, commenta anche Claudio Fava. “La responsabilità per questo clamoroso flop è evidentemente ascrivibile alla inadeguatezza degli apparati regionali e al mancato coordinamento da parte del governo”, sottolinea Cleo Li Calzi, responsabile del dipartimento regionale Pnrr del Pd. Ma d’accordo con Li Calzi c’è lo stesso Armao che dai banchi del governo lancia l’allarme: “Abbiamo senza dubbia urgenza di reclutare personale di alto livello, dopo che negli anni passati si è spinto per i pensionamenti, siamo in grande difficoltà: la mia proposta, a questo punto, è di attingere agli ultimi concorsi lanciati da Brunetta con il quale sto dialogando”. “Armao dice una cosa vera – ribatte Sunseri – la Regione non è in grado e andrebbe commissariata”.

In effetti, in molti casi si tratta di errori e lacune banali. La nota ufficiale del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) spiega che per l’87% dei progetti candidati (27 progetti) non è stata inserita la data della verifica. E questo vale anche per il progetto con l’importo maggiore, quello da 63 milioni di euro per la sostituzione delle condotte in amianto a Dittaino, in provincia di Catania. Per venticinque progetti (l’80,6%) il valore inserito nel campo ‘Superficie totale dell’area attrezzata sottesa all’intervento (ha)’ è pari a zero. Tra questi il progetto da 39,1 milioni ad Agrigento per utilizzare le acque delle dighe Prizzi e Gammauta con l’alimentazione a cascata della vasca Alta Martusa di Cartabellotta e potenziare il sistema di irrigazione dell’area di Ribera. Per 24 progetti, alla voce ‘Verifica progetto’ è stato scritto no, contrariamente a quanto indicato. Per 23 progetti è stato inserito il valore ‘0’ nel campo ‘Misuratori al Prelievo Installati a titolo dell’investimento’. Per 19 progetti non è ammissibile il valore inserito sullo stato delle autorizzazioni (le opzioni erano ‘da acquisire o da rinnovare entro 6 mesi’ e ‘acquisite e in corso di validità). Tra questi, per 14 progetti non è stato inserito alcun valore. Per altri 14 non è stato rispettato il criterio che riguarda la data di progettazione che, in 12 casi, non è stata proprio inserita, mentre in altri due casi è antecedente al 2016. Diciassette progetti, invece, non rispettano il criterio della durata dei lavori. Tra questi, per 12 progetti non è stato inserito alcun valore, per altri 5 la durata contrattuale dei lavori è superiore a 30 mesi.

Insomma un disastro. A maggior ragione alla luce di quanto ha dichiarato il ministro durante il question time: “Ricordo che dopo aver condiviso con le regioni i criteri di ammissibilità, abbiamo attivato un help desk con 118 faq di risposta e un dialogo costante con chi stava inserendo i progetti per aiutare ed evitare la commissione di errori”. Già. E allora potrà la Regione Sicilia porre rimedio al pasticcio? “Su questo ovviamente siamo disponibili a far rimediare – ha spiegato il ministro – per esempio a chi ha barrato un numero sbagliato. E sempre nel rispetto di chi ha già fatto le cose in modo corretto”. Ma ci sono altri due aspetti che il ministro affronta nel suo intervento. Intanto le risorse nazionali a disposizione per il sistema irriguo. Come a dire: c’è un altro treno, per chi perderà questo. “Ci sono 440 milioni di finanza messi sulle leggi di Bilancio dei prossimi anni – ha spiegato – che non sono soggette ai tempi del Pnrr”. E c’è un’altra questione su cui riflettere: “Alcuni consorzi e alcuni enti che sono vigilati dalle Regioni non hanno avuto la capacità tecnica di presentare i progetti. Potremo aiutarli con le risorse nazionali”.

ILFQ

domenica 15 agosto 2021

Recovery, all'Italia i primi 24,9 miliardi. Draghi: 'E' responsabilità verso il nostro futuro e verso l'Europa'.

 

Come anticipo del 13% sui 191,5 miliardi dell'ammontare totale. Gentiloni: 'occasione irripetibile'. Hahn: 'esborso in tempi record'. Von der Leyen: con primi fondi parte la ripresa'.

La Commissione europea ha versato 24,9 miliardi all'Italia, come anticipo del 13% sui 191,5 miliardi dell'ammontare totale del Recovery per il Paese, fino al 2026. I 24,9 miliardi sono composti per 8,957 mld da aiuti a fondo perduto (pari al 13% dei 68,9mld di sovvenzioni previste) e 15,937mld di prestiti (il 13% di 122,6mld). I pagamenti del rimanente 87% affluiranno in base al completamento dei target fissati.

Il 37% del piano per la ripresa e la resilienza italiano va in riforme ed investimenti per garantire la transizione verde, mentre il 25% della dotazione complessiva sosterrà gli obiettivi per la digitalizzazione. In particolare la Commissione europea nella sua nota ricorda che a garanzia della transizione verde, con 32,1 miliardi di euro, più regioni saranno integrate nella rete ferroviaria ad alta velocità e saranno completati i corridoi ferroviari merci.

Sarà potenziato il trasporto locale sostenibile attraverso l'estensione di piste ciclabili, metropolitane, tram e autobus a emissioni zero, compresa la costruzione di stazioni di ricarica elettrica in tutto il Paese e punti di rifornimento di idrogeno per il trasporto stradale e ferroviario.

A sostegno della trasformazione digitale, 13,4 miliardi di euro saranno investiti, tra l'altro, nella promozione delle tecnologie digitali per le imprese, con un regime di credito d'imposta volto a sostenere e accelerare la loro trasformazione. Quanto al rafforzamento della resilienza economica e sociale: 26 miliardi di euro andranno anche ad aumentare l'offerta di strutture per l'infanzia, a riformare la professione degli insegnanti, migliorare le politiche attive del mercato del lavoro e la partecipazione delle donne e dei giovani al mercato del lavoro, rafforzando la formazione professionale.

Altri 3,7 miliardi di euro verranno destinati a riformare e modernizzare il pubblico impiego, a rafforzare la capacità amministrativa e riformare e digitalizzare i tribunali civili e penali per ridurre la durata dei procedimenti giudiziari. Ulteriori investimenti e riforme rafforzeranno il contesto imprenditoriale migliorando gli appalti pubblici ei servizi pubblici locali, riducendo i ritardi di pagamento ed eliminando gli ostacoli alla concorrenza.

"L'Italia beneficia maggiormente dei fondi del programma Next Generation Eu. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è stato approvato dalla Commissione europea il 22 giugno e oggi arrivano le prime risorse, corrispondenti a una tranche iniziale di 24,9 miliardi di euro. L'Italia è uno dei primi Paesi a ricevere tale prefinanziamento". Lo dichiara il premier Mario Draghi. "L'assegnazione di queste ingenti risorse richiama tutti noi al senso di responsabilità nei confronti degli impegni presi verso noi stessi, verso il nostro futuro e verso l'Europa", sottolinea il premier.

"Vogliamo una ripresa duratura, equa e sostenibile: dobbiamo perciò spendere in maniera efficiente e onesta", dice il presidente del Consiglio Mario Draghi. "L'Italia è uno dei primi Paesi a ricevere tale prefinanziamento" del Recovery. "Questo deve incoraggiarci a proseguire sul percorso di riforme tracciato e approvato dal Parlamento quattro mesi fa a larga maggioranza. Nei primi sei mesi di governo, il Parlamento ha approvato la governance del Piano, le riforme della Pubblica amministrazione e degli appalti e importanti semplificazioni normative. Il Governo presenterà, in coerenza con il Piano, la riforma della concorrenza e la delega per la riforma del fisco".  

"NextGenerationEU è un'opportunità storica per investire sulla forza dell'Italia", ha commentato il commissario europeo, Paolo Gentiloni, in occasione dell'esborso della prima rata del Recovery all'Italia. "Il prefinanziamento odierno è un primo, concreto e tangibile passo per avviare gli investimenti e le riforme che l'Italia si è impegnata a portare avanti. È un'occasione irripetibile per l'Italia per rilanciare l'economia e costruire un futuro sostenibile per le prossime generazioni", afferma in una nota.

"L'intensa collaborazione con l'Italia e la solida preparazione all'interno della Commissione europea ci hanno permesso di erogare i fondi in tempi record", ha detto il commissario europeo al Bilancio, Johannes Hahn. "Ciò dimostra - prosegue il commissario - che con le risorse raccolte saremo in grado di soddisfare rapidamente le esigenze di prefinanziamento di tutti gli Stati membri, dando loro la spinta iniziale nell'attuazione dei numerosi progetti verdi e digitali inclusi nei loro piani nazionali".

"La prima erogazione di fondi nell'ambito di NextGenerationEU all'Italia avvia una ripresa duratura del Paese", secondo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. "L'Ue è stata pienamente solidale con voi durante tutta la crisi. Resteremo al vostro fianco fino all'arrivo di giorni più luminosi. Il vostro piano di rilancio, Italia Domani, mostra il livello di ambizione necessario per fare del Paese un motore di crescita per l'intera Europa. Perché un'Europa forte ha bisogno di un'Italia forte", aggiunge.

Il PNRR "rappresenta una grande opportunità per l'Italia, per i suoi cittadini e le sue imprese. Tutte le istituzioni devono cooperare per il proficuo utilizzo delle risorse del Piano, a beneficio delle generazioni future. Lasciare in eredità un Paese migliore: questo è l'impegno che il Governo intende portare avanti attraverso la collaborazione e il confronto con tutte le parti interessate", scrive il Mef. "Il Ministero è in prima linea, accanto alle amministrazioni, per affrontare al meglio questa sfida; adotterà tutte le misure necessarie per assicurare il raggiungimento degli obiettivi nei tempi previsti".

ANSA

Non ho ancora capito se Draghi è ingenuo o ci fa...
Fidarsi delle persone delle quali si è circondato non lo porterà a raggiungere l'obiettivo di spendere "onestamente" i soldi del recovery...
c.

sabato 14 agosto 2021

Recovery, al via 106 progetti: la mappa completa dalla scuola ai trasporti. - Giorgio Santilli

 

Arrivato il primo bonifico europeo al governo dal 24,9 miliardi: tra le priorità gli interventi per scuole, asili nido, ospedali e ferrovie.

Con il trasferimento del bonifico da 24,9 miliardi dell’anticipo Ue (arrivato il 13 agosto), il Pnrr muoverà i suoi primi passi concreti. In un baleno l’attesa messianica per un progetto chiamato a trasformare l’Italia diventerà attenzione scrupolosa per il rispetto dei tempi di attuazione.
I primi a fare i conti con il cronometro saranno i 106 progetti che lo stesso Pnrr indica come il motore della fase uno: dovranno già rendicontare spese concrete entro la fine del 2021. Per questi progetti - elencati tutti nell’infografica sottostante con la spesa 2021 prevista per ciascuno - gli esami cominciano subito. E non sono esami facili: sono stati scelti per spingere il carro del Pnrr nelle prime battute.

Progetti già avviati

Per facilitare l’avvio si è fatto ricorso, in alcuni casi, a progetti già avviati, e non da oggi. Si è utilizzata, cioè, la possibilità data da Bruxelles di usare le risorse Ue per spese già contabilizzate nel 2020.
Vale soprattutto per grandi progetti infrastrutturali come il Terzo valico (398 milioni nel 2020, 532 milioni nel 2021) e la Brescia-Verona-Padova (rispettivamente 152 e 341) o per le spese per il rafforzamento del territorio e l’efficienza energetica dei comuni (450 e 1.150). Partire con la spintarella di progetti che già macinano cassa da anni rassicura rispetto al momento della rendicontazione.

Il rispetto dei tempi.

Qualche preoccupazione nel governo c’è, per questo avvio. Palazzo Chigi, con una lettera del sottosegretario Garofoli ai ministri, ha ricordato piuttosto la necessità di rispettare gli impegni assunti con Bruxelles sull’altro capitolo del piano, quello delle riforme. Sarà il Mef, che da oggi ripartisce ai ministeri le risorse arrivate da Bruxelles, a spingere perché le spese di investimento rispettino i tempi della rendicontazione. Fermo restando i poteri sostitutivi del premier se qualcosa dovesse rallentare.

Dalla scuola alla cybersecurity: le principali priorità.

A leggere i 106 progetti della fase uno si può trovare un ventaglio molto articolato di interventi. Ci sono cose molto concrete per gli italiani come la messa in sicurezza e la riqualificazione delle scuole (700 milioni), la realizzazione di palestre scolastiche (60 milioni) e il progetto di inclusione sportiva e sociale (60 milioni), il piano per gli asili nido (650 milioni).

Ci sono progetti prioritari per il sistema Paese, come la cybesecurity (170 milioni) e il rafforzamento dell’ufficio del processo che accompagna la riforma Cartabia sulla giustizia (402,4 milioni). O i molti stanziamenti per il sistema scolastico e per quello sanitario.
Ci sono progetti fondamentali per la competitività dell’economia e delle imprese nel momento in cui il Paese riparte: gli investimenti di Transizione 4.0 (1.713,5 milioni), il fondo per la competitività delle imprese turistiche (247 milioni), il rifinanziamento del fondo Simest per l’internazionalizzazione delle Pmi (1,2 miliardi).
Non bisogna dimenticare che si tratta di fondi che in alcuni casi sono aggiuntivi, in altri integrano o sostituiscono risorse nazionali già stanziate ma su cui comunque si scommette, considerando la necessità di rispettare i traguardi temporali fissati.

Micro-iniziative.

C’è anche un pulviscolo di iniziative più limitate, di tipo settoriale, della cui strategicità ci si dovrà convincere strada facendo. Agli occhi di Bruxelles, la missione 2, transizione ecologica, che apre con i 250 milioni al Parco agrisolare e dà 5 milioni alla «cultura e consapevolezza delle sfide ambientali», è apparsa la più fragile e in alcune voci generica, ma il ministro Cingolani sta lavorando per raccordarla alle sfide fondamentali della transizione ecologica.
Tra le grandi scommesse che hanno avuto invece il merito di convincere Bruxelles della bontà del piano il grande investimento in mobilità sostenibile e, in particolare, in ferrovie che già nel 2020-21 incassano 2.261 milioni.

Illustrazione di Giorgio De Marinis

IlSole24Ore

sabato 17 luglio 2021

I veri anti-italiani. - Marco Travaglio

 

Da una settimana i migliori pennivendoli del bigoncio ci accusano di essere anti-italiani e anti-patriottici perché non ci siamo uniti al coro di retorica per la vittoria della Nazionale (anzi di Draghi) agli Europei di calcio e alle notti magiche inseguendo il Covid. Il caso vuole che proprio un anno fa, il 17 luglio 2020, iniziasse il Consiglio d’Europa decisivo sul Recovery Fund. E fu chiaro a tutti chi fossero gli anti-italiani: non chi tifava contro una squadra di calcio, ma chi tifava contro il proprio Paese piegato e piagato dalla pandemia. Riavvolgiamo il nastro e facciamo un po’ di nomi e cognomi.

23 marzo 2020. Dopo 12 giorni di lockdown, il premier Giuseppe Conte convince i leader di Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Grecia, Irlanda, Lussemburgo e Slovenia a firmare una “Lettera dei Nove” al presidente del Consiglio Europeo Charles Michel per proporre un piano di ricostruzione finanziato con gli Eurobond (o “Coronabond”).

26 marzo. Renzi e Salvini, in Parlamento, invocano la caduta del governo e un’ammucchiata guidata da Draghi. I patrioti de La Verità titolano: “Conte pronto a svendere l’Italia. Vuole ricorrere al Mes, una trappola che ci consegnerà alla troika”. Uscito dalla bolgia parlamentare, Conte si collega con Bruxelles per il Consiglio Ue: non finisce a botte solo perché i leader sono in videoconferenza. Germania, Austria, frugali del Nord e fronte Visegrad pro Mes, Italia e gli altri otto pro Recovery (spalleggiati da Lagarde e Sassoli). Conte: “Se qualcuno di voi pensa ai meccanismi del passato, non si disturbi: ve li potete tenere, l’Italia non ne ha bisogno e farà da sé”. Merkel: “Giuseppe, il Mes è lo strumento che abbiamo, non capisco perché tu voglia minarlo…”. Conte: “Angela, state guardando alla realtà di oggi con gli occhiali di dieci anni fa. Il Mes è stato disegnato nella crisi dell’euro per Paesi che hanno commesso degli errori”. Macron: “Il Mes serve per gli choc asimmetrici su singoli Paesi. Questa pandemia è uno choc simmetrico: ci riguarda tutti”. Rutte: “Non siamo pronti per gli Eurobond, dobbiamo tenere in serbo delle armi in caso di scenari peggiori”. Sánchez: “Perché, cosa può esserci di peggio della strage che oggi attanaglia l’Europa?”. Qualcuno, visto lo stallo, propone un rinvio, ma Conte batte i pugni: “Le conseguenze del Covid vanno affrontate domattina, non nei prossimi mesi. Altrimenti cosa diremo ai nostri concittadini che ci chiederanno che senso ha questa casa comune? Non avremo risposte”. E blocca il summit col veto, rifiutando con Sánchez di sottoscrivere qualunque conclusione, finché non ottiene l’impegno dell’Eurogruppo a proporre il Recovery Fund entro due settimane.

27 marzo. Anziché fare fronte comune col governo, che dopo anni di parole al vento difende gli interessi dell’Italia in Europa, la destra “sovranista” e la stampa “indipendente” si scatenano. Non contro il Covid, ma contro Conte. Anche a costo di falsificare, anzi ribaltare il senso del vertice Ue e di un intervento di Draghi in favore della proposta di Conte e degli altri otto governi Ue. Stampa: “Cresce il partito di Draghi”. Repubblica: “Bellanova: ‘Serve una classe dirigente all’altezza. Draghi ha sguardo lungo e coraggio’”. Messaggero: “La spinta di Draghi”. Foglio: “Il manifesto di Draghi è un perfetto programma di governo”, “Montezemolo: alleanza trasversale per salvare l’Italia”. Giornale: “Chiamate Draghi”. Verità: “Giuseppi non è capace, chiamate subito Draghi”, “Conte finge di vincere dopo aver fallito”. Libero: “L’Ue ci prende in giro e non decide nulla. Il premier fa l’offeso”.

2 aprile. Visto che molti governi dicono no agli Eurobond per la diffidenza dei loro elettorati sul nostro debito-monstre, Conte decide di chiarire la sua proposta anzitutto alle opinioni pubbliche con una serie di interviste a tv e giornali europei (Financial Times, El País, De Telegraaf, Die Zeit, Ard, La Sexta, Süddeutsche Zeitung). E apre le prime crepe nel fronte del nord. Ma i suoi peggiori nemici sono l’establishment italiano e i suoi giornaloni, che fanno il tifo contro il governo impegnato nell’eurobattaglia mortale.

10 aprile. Salvini scatena l’inferno. Siccome tutti i ministri delle Finanze Ue hanno deciso di eliminare una serie di condizionalità dal Mes (senza che nessuno chieda il prestito), parla di “Caporetto” per l’Italia: “Non ci sono gli Eurobond di Conte, ma c’è il Mes. Sfiduciamo Gualtieri”. La Meloni accusa l’esecutivo di aver firmato il Mes, nottetempo e di nascosto, e Conte di “alto tradimento” e “spergiuro”. Le destre, sui social, aizzano a ribellarsi contro il governo che “svende l’Italia”.

11 aprile. Conte incontra la stampa e risponde a una domanda sulle accuse delle due destre: “Il Mes esiste dal 2012 (grazie al governo B. con Lega e Meloni, ndr), non è stato istituito ieri o attivato la scorsa notte, come falsamente e irresponsabilmente dichiarato – faccio nomi e cognomi – da Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Questo governo non lavora col favore delle tenebre. Non abbiamo firmato alcuna attivazione del Mes, l’Italia non ne ha bisogno e lo ritiene inadeguato. Per la prima volta abbiamo messo nero su bianco il Recovery. Abbiamo bisogno di tutti i cittadini italiani. Le menzogne ci indeboliscono nella trattativa”. E subito parte una canea assordante: non contro chi lancia le fake news, ma contro il premier che osa smentirle.
(1 – continua)

ILFQ

martedì 27 aprile 2021

Recovery: Draghi in Parlamento: 'Disponiamo di 248 miliardi. Prepariamo l'Italia di domani'.

L'intervento alla camera.

Presentato il piano alla Camera, oggi la replica.


"Sbaglieremmo tutti a pensare che il Pnrr pur nella sua storica importanza sia solo un insieme di progetti, di numeri, scadenze, obiettivi. Nell'insieme dei programmi c'è anche e soprattutto il destino del Paese".

Lo dice il presidente del Consiglio Mario Draghi nelle comunicazioni in Aula alla Camera sul Recovery.  

Nel Pnrr c'è "la misura di quello che sarà il suo ruolo nella comunità internazionale, la sua credibilità e reputazione come fondatore Ue e protagonista del mondo occidentale. E' questione non solo di reddito e benessere, ma di valori civili e sentimenti che nessun numero e nessuna tabella potrà mai rappresentare", aggiunge  il presidente del Consiglio

IL RECOVERY TRASMESSO IN PARLAMENTO, 'UN PIANO EPOCALE'.

Secondo il premier, "nel realizzare progetti, ritardi, inefficienze e miopi visioni di parte peseranno sulle nostre vite soprattuto su quelle dei più deboli, i figli e nipoti e forse non ci sarà piu tempo per porvi rimedio".

"Il Recovery ha 3 obiettivi - spiega ancora Draghi -: il primo con un orizzonte ravvicinato è riparare i danni della pandemia, che ci ha colpito più dei nostri vicini europei, il pil caduto è dell' 8,7, i giovani e le donne hanno sofferto di più il calo dell'occupazione. Le misure di sostegno hanno attutito l'impatto sociale ma questo si è sentito sulle fasce più deboli", ha detto ancora Draghi.

Cgil, Cisl, Uil valutano "l'importanza strategica" del Piano di ripresa e resilienza quale "strumento fondamentale per la ripresa del Paese, per aumentare l'occupazione in particolare giovanile e femminile e per ridurre i divari territoriali. Per queste ragioni "considerano inadeguato il confronto finora avuto con il Governo in ordine alla definizione delle priorità strategiche, degli obiettivi e delle risorse del Piano stesso". Così i segretari generali Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri in una nota con le prime valutazioni sul Recovery.

Ecco i punti principali dell'intevento di Draghi.

248 MILIARDI A DISPOSIZIONE.

"Oltre al Pnrr da 191,5 miliardi e al Piano complementare da 30,6 miliardi "sono stati stanziati, inoltre, entro il 2032, ulteriori 26 miliardi da destinare alla realizzazione di opere specifiche". "È poi previsto il reintegro delle risorse del Fondo Sviluppo e Coesione, utilizzate nell'ambito del dispositivo europeo per il potenziamento dei progetti ivi previsti per 15,5 miliardi. Nel complesso potremo disporre di circa 248 miliardi di euro". A tali risorse, si aggiungono poi quelle rese disponibili dal programma REACT-EU che vengono spese negli anni 2021-2023. Fondi per ulteriori 13 mld".

26 MILIARDI ALLE OPERE.

"Sono stati stanziati entro il 2032, ulteriori 26 miliardi da destinare alla realizzazione di opere specifiche. Queste includono la linea ferroviaria ad Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria - che diventerà una vera alta velocità - e l'attraversamento di Vicenza relativo alla linea ad Alta Velocità Milano-Venezia".

22 MILIARDI SUL LAVORO, FOCUS AL GAP DI GENERE.

"La quinta Missione è destinata alle politiche attive del lavoro e della formazione, all'inclusione sociale e alla coesione territoriale. I fondi destinati a questi obiettivi superano nel complesso i 22 miliardi. Ulteriori 7,3 miliardi di interventi beneficeranno delle risorse di React-Eu. Sono introdotte misure a sostegno dell'imprenditorialità femminile e un sistema di certificazione della parità di genere che accompagni e incentivi le imprese ad adottare politiche adeguate a ridurre il gap di genere"

IMPEGNO PER LA PROROGA AL 2023 DEL SUPERBONUS.

"Per il Superbonus al 110% sono previsti, tra PNRR e Fondo complementare, oltre 18 miliardi, le stesse risorse stanziate dal precedente governo. Non c'è alcun taglio. La misura è finanziata fino alla fine del 2022, con estensione al giugno 2023 solo per le case popolari (Iacp). È un provvedimento importante per il settore delle costruzioni e per l'ambiente. Per il futuro, il governo si impegna a inserire nel disegno di legge di bilancio per il 2022 una proroga dell'ecobonus per il 2023, tenendo conto dei dati relativi alla sua applicazione nel 2021".

ASSEGNO UNICO STRUMENTO PER IL SOSTEGNO ALLE FAMIGLIE.

"Grazie all'azione di questo Parlamento, l'assegno unico diventerà lo strumento centrale e onnicomprensivo per il sostegno alle famiglie con figli, in sostituzione delle misure frammentarie fino ad oggi vigenti. È una riforma che rappresenta un cambio di paradigma nelle politiche per la famiglia e a sostegno della natalità".

GARANZIA DI STATO AI GIOVANI CHE COMPRANO CASA.

"Oltre al piano agli asili nido, di cui ho già parlato, i giovani beneficiano dalle misure per le infrastrutture sociali e le case popolari. E in un prossimo decreto, di imminente approvazione, sono previsti altre risorse per aiutare i giovani a contrarre un mutuo per acquistare una casa. Sarà possibile non pagare un anticipo, grazie all'introduzione di una garanzia statale".

ASSISTENZA A CASA AL 10% DEGLI OVER 65 NON AUTOSUFFICIENTI. 

Nel Pnrr "è previsto un significativo incremento delle prestazioni un'assistenza domiciliare. Fino a prendere in carico entro il 2026 il 10% delle persone sopra i 65 anni che necessitano di assistenza oltre alle persone affette da patologia cronica". Lo dice il presidente del Consiglio Mario Draghi nelle comunicazioni in Aula alla Camera sul Recovery. "Introduciamo un'importante riforma per la non autosufficienza, con l'obiettivo primario di offrire risposte ai problemi degli anziani", spiega Draghi che sottolinea: "Dopo le sofferenze e le paure di questi mesi di pandemia, non possiamo dimenticarci di loro" 

I GIOVANI TRA I MAGGIORI BENEFICIARI DEL PIANO.

"I giovani saranno tra i principali beneficiari di tutto il Piano. Gli investimenti e le riforme sulla transizione ecologica creeranno principalmente occupazione giovanile. La creazione di opportunità per i giovani nel mondo del lavoro sarà anche l'effetto naturale degli interventi sulla digitalizzazione che, tra l'altro, consentiranno di completare la connettività delle scuole". 

LA CRESCITA DEL  MEZZOGIORNO UNA PRIORITA.'

"La crescita del Mezzogiorno rappresenta l'altro aspetto prioritario trasversale al Piano. Il potenziale del sud in termini di sviluppo, competitività e occupazione è tanto ampio quanto è grande il suo divario dal resto del Paese. Non è una questione di campanili: se cresce il sud, cresce anche l'Italia. Più del 50 per cento del totale degli investimenti in infrastrutture - soprattutto l'alta velocità ferroviaria e il sistema portuale - è diretto al sud"

 GIU' I TEMPI DEL PROCESSO CIVILE.

"Il Governo intende ridurre l'inaccettabile arretrato presente nelle aule dei tribunali, e creare i presupposti per evitare che se ne formi di nuovo. Questo è uno degli impegni più importanti ed espliciti che abbiamo preso verso l'Unione europea. L'obiettivo finale che ci proponiamo è ambizioso, ridurre i tempi dei processi del 40 per cento per il settore civile e almeno del 25 per cento per il penale" 

ENTRO MAGGIO IL DECRETO PER L'ATTUAZIONE DEL PNRR.

"Entro maggio presentiamo un decreto che interviene con misure di carattere prevalentemente strutturale volte a favorire l'attuazione del PNRR e del Piano complementare. Oltre a importanti semplificazioni negli iter di attuazione e di valutazione degli investimenti in infrastrutture, si procede a una semplificazione delle norme in materia di appalti pubblici e concessioni".

HO FIDUCIA NEGLI ITALIANI, ATTUEREMO AL RECOVERY.

"Sono certo che riusciremo ad attuare questo Piano. Sono certo che l'onestà, l'intelligenza, il gusto del futuro prevarranno sulla corruzione, la stupidità, gli interessi costituiti. Questa certezza non è sconsiderato ottimismo, ma fiducia negli Italiani, nel mio popolo, nella nostra capacità di lavorare insieme quando l'emergenza ci chiama alla solidarietà, alla responsabilità"

ANSA

sabato 24 aprile 2021

Draghi presenta il Recovery. Stop a quota 100 dal 2022.

 

La bozza del piano al Cdm. Per la supervisione politica, un comitato a palazzo Chigi con ministri competenti.


Il CdM sul Piano di Ripresa e Resilienza è stato convocato per questa mattina alle 10. L'impegno di Draghi è 'consegnare alle prossime generazioni un Paese più moderno'.

Nella bozza di 318 pagine sono tratteggiate sei missioni, quattro grandi riforme, tre priorità trasversali di sostegno a giovani, donne, Sud. Previste 30 grandi infrastrutture di ricerca e uno di eccellenza per le epidemie. La stima del suo impatto sul Pil "sarà nel 2026 di almeno 3,6% più alto". Stop a quota 100, 228mila nuovi posti per gli asili, accesso snello, semplificazione e digitale per la P.A, la laurea varrà già come esame di Stato. Più gare nei servizi pubblici, 25 miliardi per i treni veloci. Non è prevista la proroga del Superbonus fino al 2023. La supervisione politica del piano sarà a Palazzo Chigi.

Ma è forse il più complicato, l'ultimo miglio che il premier deve percorrere prima dell'invio del piano all'Europa, il 30 aprile. Perché i partiti hanno le armi affilate, la discussione promette di essere puntigliosa in Consiglio dei ministri. Il Cdm che era previsto in giornata, slitta alle 10 di sabato: nessuna ragione politica, spiegano da Palazzo Chigi, ma la necessità di completare le rifiniture del piano. Intanto però la bozza del Pnrr inizia a circolare e far emergere, agli occhi, dei partiti della maggioranza, alcune criticità. Su tutte c'è la mancata proroga al 2023 del Superbonus caro al M5s, ma chiesto anche da Confindustria. Ma dalla Rete unica alle pensioni (con la fine di quota 100), fino alla composizione della cabina di regia, la vigilia del Cdm vede ancora alcuni nodi sul tavolo. La bozza prevede che il 40% delle risorse vadano al Sud, il 38% a progetti "Verdi" e il 25% a progetti digitali. Il piano è composto da 6 missioni e 4 riforme della Pubblica amministrazione, della giustizia, per la concorrenza e le semplificazioni. Dopo l'invio del piano in Europa il governo si appresta a varare tre decreti e leggi delega come quella prevista a luglio per la concorrenza. Un decreto servirà a snellire le norme (con la nascita di un apposito ufficio a Palazzo Chigi), con misure come una speciale "VIA statale" per rendere più rapide le autorizzazioni del Pnrr. Il secondo decreto servirà per le assunzioni nella P.a. che rafforzeranno l'attuazione del Recovery. E il terzo per definire la governance del piano: la cabina di regia a Palazzo Chigi (con rafforzamento degli uffici della presidenza del Consiglio) dovrebbe coinvolgere le amministrazioni coinvolte, gli enti locali, le parti sociali.

Recovery plan, il programma da 221,5 miliardi per far ripartire l'Italia.

Il grosso del piano è definito e difficilmente cambierà. Ci sono - tra le numerose misure - 6,7 miliardi per le rinnovabili, internet veloce a 8 milioni di famiglie e 9mila scuole, 25 miliardi per la rete ferroviaria veloce, 228mila nuovi posti negli asili. Ma ci sono anche alcuni temi politicamente sensibili . Sparisce dal piano (ma resta finanziato e dunque per ora in vigore) il cashback. A fine 2021 scadrà anche quota 100, cara alla Lega, e sarà sostituita da misure pensionistiche per chi svolga lavori usuranti. Non c'è la proroga al 2023 per il Superbonus: l'agevolazione al 110% per le ristrutturazioni edilizie viene confermata com'è oggi, fino al 2022, i fondi non crescono. 

Scontro nella maggioranza - "Il super bonus è una misura importante. Per noi indispensabile con adeguati finanziamenti". E' la dura reazione di FI alla notizia della mancanza, nella bozza del Pnrr, della proroga del Superbonus fino al 2023. Questa proroga - fanno sapere fonti azzurre - era tra le proposte vincolanti fatte da Fi al governo nel piano presentato nei giorni scorsi. "Avevamo chiesto la proroga di un anno - prosegue Fi - con adeguati finanziamenti ed estensione ad altre tipologie di edifici, strutture recettive turistiche e non solo, addirittura per patrimonio immobiliare di fondi". "Il superbonus al 110% è una misura creata dal Movimento, la sua proroga è indispensabile e imprescindibile per la transizione ecologica. Si ricorda che proprio la transizione ecologica è la matrice che ha fatto nascere questo governo". Lo sottolineano fonti del M5S.

ANSA

venerdì 2 aprile 2021

Nel Recovery le armi tinte di “verde”. Dove finisce una parte dei fondi Ue. - Salvatore Cannavò

 

Il Parlamento ha votato la risoluzione al Pnrr del governo Conte chiedendo più fondi all’industria della Difesa.

Il Recovery Plan (Piano nazionale di ricostruzione e resilienza) di cui si erano perse le tracce, ha dato un colpo di vita ieri e l’altroieri con il voto del Parlamento sulle relazioni di indirizzo al governo. Voto a stragrande maggioranza (anche Fratelli d’Italia si è astenuta) come il governo Draghi esige. E voto che permette di fare il punto sulla situazione, ma anche di prendere la misura della disinvoltura delle indicazioni delle Camere.

Nei testi voluminosi approvati nei giorni scorsi, infatti, si possono trovare l’una accanto all’altra, frasi come questa: “Il Piano ricevuto dal Parlamento purtroppo non prevede nulla per la tutela della biodiversità e degli ecosistemi, né per la riparazione dei danni ambientali che si sono susseguiti nel tempo su tutto il territorio nazionale. È quindi indispensabile fare in modo che la ‘Missione Rivoluzione verde e transizione ecologica’ contenga in modo chiaro e organico il tema della biodiversità, degli ecosistemi e dei loro servizi, e del paesaggio”. Impegno di chiara matrice ecologista al di là di cosa voglia dire concretamente.

Arrivano le armi. Poco dopo si legge però anche che occorre “incrementare, considerata la centralità del quadrante mediterraneo, la capacità militare dando piena attuazione ai programmi di specifico interesse volti a sostenere l’ammodernamento e il rinnovamento dello strumento militare, promuovendo l’attività di ricerca e di sviluppo delle nuove tecnologie e dei materiali, anche in favore degli obiettivi che favoriscano la transizione ecologica, contribuendo al necessario sostegno dello strategico settore industriale e al mantenimento di adeguati livelli occupazionali nel comparto”.

Al di là del linguaggio involuto (di quelli che fanno inorridire il professor Cassese), il testo è molto chiaro e, come ha notato la Rete Disarmo, di fatto punta a destinare una parte dei fondi del Pnrr a rinnovare la capacità e i sistemi d’arma a disposizione dello strumento militare. “Un tentativo di greenwashing, di lavaggio verde, dell’industria delle armi che la Rete Italiana Pace e Disarmo stigmatizza e rigetta”.

Questa attenzione al settore militare finora era rimasta sottotraccia, anche perché difficilmente compatibile con i vincoli e le indicazioni che il Next Generation Eu ha previsto (Digitale, Transizione ecologica, Coesione sociale). Ma nelle discussioni delle commissioni parlamentari, da cui quel testo proviene, la fantasia non manca e a qualcuno è sembrato naturale poter inserire il potenziamento del sistema militare all’interno della direttrice ecologica. Senza però trascurare quella digitale. E infatti in un altro passaggio “malandrino” della risoluzione della Camera si trova “l’esigenza di valorizzare il contributo a favore della Difesa sviluppando le applicazioni dell’intelligenza artificiale e rafforzando la capacità della difesa cibernetica”. Al Senato si scrive, invece, che si “ritiene opportuno valorizzare il contributo della Difesa al rafforzamento della difesa cibernetica, sostenendo i programmi volti a rafforzare questo settore dello strumento militare, anche nell’ambito dei progetti in corso di svolgimento a livello dell’Unione europea”.

È il piano Conte.L’aspetto buffo della vicenda, comunque, è che il Parlamento ha discusso e votato sul vecchio progetto presentato dal governo Conte e, come ha fatto notare la sola Fratelli d’Italia, non ha potuto mai essere aggiornato su quanto sta facendo il governo Draghi. Se il Pnrr, per la gran parte della stampa italiana, era in ritardo già prima di essere ideato, oggi che alla scadenza mancano 29 giorni, nessuno se ne preoccupa più.

Sia il Senato che la Camera hanno iscritto nelle loro raccomandazioni, l’esigenza di una puntuale informazione anche con un successivo passaggio parlamentare prima della presentazione del Piano oppure tramite una relazione periodica. “Dovrebbero essere fornite maggiori informazioni in merito al modello di governance del Piano”, si legge nel documento del Senato. Entrambe le Camere, poi, hanno ribadito che occorrerà una “piattaforma digitale” per verificare l’andamento del Piano riaffermando per l’ennesima volta la necessità di semplificare le norme per l’attuazione dei progetti e di avviare le solite riforme strutturali (giustizia, Pubblica amministrazione, mercato del lavoro) che l’Unione europea richiede.

Le promesse di Franco. Tutti i gruppi si sono poi, in sede di dichiarazione di voto, detti soddisfatti delle spiegazioni proposte dal ministro dell’Economia Daniele Franco che, in verità, non è andato oltre il generico. “Ogni euro che verrà impegnato, ogni euro che verrà speso dovrà essere rendicontato”, ha garantito Franco, anche perché “i contributi a fondo perduto impongono un onere per il bilancio europeo a cui il nostro Paese è poi tenuto a contribuire”. Il ministro si è sperticato in elogi per il lavoro parlamentare assicurando che ogni indicazione verrà presa in considerazione (anche quella sulle armi?) dando poi qualche informazione su quanto si sta elaborando presso il proprio dicastero, unico centro di comando nella gestione del Piano nazionale di ricostruzione e resilienza. Franco ha ricordato che al momento la dotazione del Piano è di 191,5 miliardi di euro di cui circa “il 60 per cento dovrà essere destinato a obiettivi di modernizzazione digitale del Paese e di transizione ecologica, e che devono essere indirizzati soprattutto a giovani e imprese. Mi riferisco, qui, alle imprese di tutti i settori: innanzitutto, il settore manifatturiero; i servizi, tra i quali, ovviamente, è fondamentale il turismo; l’agricoltura, che è stata spesso ricordata questa mattina”.

La centralità è al sistema produttivo, dunque, nella solita convinzione che basti finanziare, a fondo perduto, l’offerta perché ci sia sviluppo, crescita e benessere. Fuori da questa priorità ci sarà il sostegno all’occupazione (non precisata, in genere si tratta di incentivi alle imprese), finanziamenti all’imprenditorialità femminile, per rafforzare la parità di genere, con misure che dovrebbero garantire “una parità sostanziale nei diversi ambiti, non solo lavorativo, ma anche sociale e culturale”. Alla fine, però, stringendo un po’, l’unico termine che viene fuori sono gli asili nido.

Per ridurre gli squilibri territoriali, Franco annuncia che “le risorse destinate alle aree territoriali del Mezzogiorno supereranno significativamente la quota del 34 per cento”. Qui parliamo di Alta velocità, scuola, sanità e agricoltura. Infine, alcune informazioni sulla governance: “Vi anticipo – ha detto il ministro – che la proposta finale di Piano conterrà la descrizione di un modello organizzativo basato su una struttura di coordinamento centrale, collegata a specifici presidi settoriali preso tutte le amministrazioni coinvolte, unitamente a strumenti e strutture di valutazione, sorveglianza e attuazione degli interventi”.

È poi previsto un pacchetto di “norme di semplificazione procedurale che agevoli la concreta messa in opera degli interventi, anche nel caso di interventi la cui realizzazione sarà responsabilità degli enti territoriali”, quindi con una serie di deroghe, immaginiamo, che erano state fortemente contestate al precedente governo. Sarà poi prevista “una piattaforma digitale pubblica centralizzata, con i dati relativi all’attuazione dei progetti del piano”.

IlFattoQuotidiano