Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
lunedì 11 luglio 2011
Ponzio Pilato.
Fine vita: fermate questi due. di Silvia Cerami
Martedì, dopo due anni di rinvii, la Camera vota sul disegno di legge relativo al testamento biologico e lo scontro si riapre. Il testo non sarà definitivo, perché il provvedimento dovrà essere votato anche al Senato, ma la maggioranza prova la spallata decisiva.
Punto chiave l'articolo 3 del ddl con cui si stabilisce la platea della Dichiarazione Anticipata di Trattamento (DAT) e si affronta la questione dell'alimentazione e dell'idratazione assistita. Per le opposizioni si tratta di una decisione che calpesta i diritti individuali tutelati dalla Costituzione e non riconosce la sovranità della libertà di coscienza.
Ecco le voci di chi si oppone a questa legge obbrobrio.
Umberto Veronesi: «Il Parlamento sta prendendo decisioni che calpestano i diritti individuali tutelati dalla Costituzione italiana e alcuni suoi principi fondamentali , come quelli contenuti nell'articolo 31. Per questo l'alternativa più ragionevole in questo momento é fermare l'iter legislativo : l'assenza di una legge sia un male minore rispetto a una cattiva legge. Il movimento a favore del Biotestamento , che io stesso ho promosso in Italia, aveva auspicato una legge, come forma di tutela ulteriore della volontà della persona e come estensione naturale del Consenso Informato alla Cure , che è già norma in Italia. Ma paradossalmente ora il disegno di legge al voto nega il principio stesso per cui è il biotestamento è nato nelle democrazie avanzate e, unico caso in occidente , dice no all' autodeterminazione dell'individuo rispetto ai trattamenti che vuole o non vuole ricevere. La mancanza di una normativa permetterebbe a tutti , medici e cittadini, malati e famigliari , di decidere in scienza e coscienza a seconda dei casi e delle proprie convinzioni, la propria fede o l'assenza di fede, rispettando così l'unico punto fermo nel dibattito : la volontà della persona e la sua inviolabile dignità . Viviamo in un Paese civile e dovremmo credere nelle nostre capacità di scelta come individui e come comunità. Inoltre siamo aiutati in questo da strumenti condivisi anche a livello internazionale, come il nuovo codice di deontologia medica e la Convenzione di Oviedo sui diritti del malato, che il nostro Paese ha sottoscritto nel 1997».
Ignazio Marino, Pd: «La legge sul testamento biologico votata alla Camera dei Deputati è una sopraffazione giocata sulla pelle dei cittadini. E' una normativa contraddittoria che il centrodestra ha voluto esclusivamente per ragioni di basso tatticismo politico e con cui si lascia allo Stato il potere di decidere come gli italiani dovranno curarsi nel momento in cui dovessero perdere coscienza, senza alcuna ragionevole speranza di recupero dell'integrità intellettiva. In nome del principio della indisponibilità della vita, l'individuo viene privato del diritto di scegliere le terapie che ritiene di poter accettare e indicare quelle alle quali non vuole essere sottoposto. La legge dello Stato, al contrario, potrà imporre l'accanimento terapeutico sul corpo del malato, anche contro la sua volontà. La legge introduce il testamento biologico ma sarà un pezzo di carta senza valore, infatti non sarà vincolante per il medico, che potrà non tenerne conto, e inoltre troverà applicazione solo per i pazienti che si trovino in stato di "accertata assenza di attività cerebrale integrativa cortico-sottocorticale", ovvero che siano praticamente morti. Sarà possibile indicarvi le prestazioni terapeutiche cui si desideri essere sottoposto in caso di perdita di coscienza, ma non quelle che si intende rifiutare o sospendere. Non sarà possibile dire no ad una procedura medica che ritenuta sproporzionata, né ci si potrà sottrarre all'idratazione e alla nutrizione artificiali somministrate attraverso un tubo inserito nell'intestino anche avendo indicato chiaramente in precedenza di non accettarli. Ha ragione chi dice che si introduce il "sondino di Stato". Gli italiani sono sempre stati favorevoli ad una legge che lasci al singolo libertà di scegliere e che garantisca nello stesso modo sia chi decide di avvalersi di ogni tecnologia, presente e futura, sia chi, al contrario, intende rinunciare ad un inutile accanimento. Questo governo non li ha ascoltati»
Benedetto Della Vedova, Fli: «E' una legge sbagliata, massimalista sul piano ideologico e fragilissima dal punto di vista giuridico. Si prevedono le DAT e li si nega con vincoli irragionevoli. Se questa fosse la legge, dopo i primi inevitabili ricorsi, resterà il principio delle DAT e cadranno i vincoli (ci riflettano i fautori di questo testo). Meglio fermarsi e fare una "soft law" in cui riconoscersi tutti perché non è la legge di nessuno: no all'eutanasia, no all'accanimento terapeutico; decidano i medici secondo il codice di deontologia medica con i famigliari, caso per caso. L'Italia capirebbe».
Pietro Ichino, Pd: «La libertà di coscienza del cittadino deve essere sovrana. Il governo e il parlamento dovrebbero riconoscere e proteggere, come impone la Costituzione, nella zona tra i due confini - della certezza di vita umana da una parte, della certezza di morte dall'altra -, quella band of reasonableness delle opzioni possibili, all'interno della quale ogni cittadino, cristiano o no, deve poter decidere e agire secondo la propria coscienza. Penso inoltre che la testimonianza di una Chiesa cristiana non debba mai consistere nell'indicare la soluzione giuridico-legislativa specifica da preferire, né tanto meno le concrete modalità dell'impegno politico; penso che essa invece debba educare i cristiani all'esercizio responsabile della propria coscienza, lasciando che proprio quest'ultima resti il punto di riferimento fondamentale per ciascuno di loro nelle scelte politiche, giuridiche, tecniche. Personalmente in una situazione nella quale, come nel caso di Eluana Englaro, fosse ragionevole ritenere irreversibile la mia totale perdita di coscienza, sentirei gravemente lesa la dignità della mia persona se quel corpo venisse mantenuto in vita per lungo tempo».
Ivan Scalfarotto, Pd: «Considero questa legge di una gravità inaudita, perché fa diventare etica di Stato quelli che sono i valori di una parte del Paese. Si privano i cittadini malati del diritto alla propria autodeterminazione e si consegna alla maggioranza una sfera delicatissima che appartiene alla parte più intima di ognuno di noi».
Enzo Raisi, Fli: «E' incomprensibile. Si parla di Stato di diritto e qui i diritti vengono violati. E lo dico da uomo di destra. Una legge così è anticostituzionale. Piuttosto che una situazione del genere avrei preferito un vuoto legislativo. Nei momenti finali della propria vita una persona deve essere libera di decidere, io personalmente non accetterei l'alimentazione forzata perché lascerei la natura al suo corso e questo non significa eutanasia». Gianni Cuperlo, Pd: «La Camera licenzierà una legge ideologica, incostituzionale e lesiva della dignità della persona. Una norma che sottrae al malato la responsabilità di decidere. Il testo prevede una soluzione irrazionale e in aperto contrasto col principio del rispetto della persona umana sancito dall'articolo 32 della Costituzione. E' necessario garantire il diritto di ognuno a essere rispettato se in discussione è la vita e la decisione su di sé. In tanti, nei mesi passati, hanno denunciato i rischi di una legge impietosa e hanno spiegato che a fronte di una brutta legge sarebbe preferibile non legiferare. Ci batteremo per questo ed è bene che le voci si levino alte. Sarebbe un errore grave se la politica, per ragioni di convenienze, chinasse gli occhi di fronte a uno sbrego di civiltà».
Marco Cappato, Radicali: «E' una legge contro la Costituzione e ci organizzeremo per cercare di smontarla attraverso i ricorsi individuali, come per la legge 40. Se fossimo in democrazia, un testo del genere non potrebbe passare. E' una legge che va contro l'opinione pubblica, visto che tutti i sondaggi dicono che l'80 per cento degli italiani è a favore del fatto che uno possa scegliere per sé della propria vita. Se passa è solo perché nessuna trasmissione di approfondimento politico ha dato spazio alla questione e nemmeno le opposizioni si sono mobilitate».
Basta torture a chi sta morendo. - di Umberto Veronesi
"Io penso che sia necessaria una nuova definizione del termine "eutanasia". Non c'è una vera differenza tra "lasciar morire" (interrompendo l'accanimento terapeutico), "aiutare a morire" (sedando il male e il dolore con dosi sempre più elevate di oppiacei) e "provocare il morire" (somministrando un farmaco o un'iniezione letali). Tutti e tre questi percorsi sfociano, infatti, nella morte. Chiesta o cercata; solo perché la sofferenza ha toccato limiti insopportabili, che sviliscono ogni dignità umana.
E' diritto dell'uomo chiedere la morte, se è stato colpito da una malattia inguaribile e irreversibile? La risposta non può essere che affermativa, perché la vita è un diritto, e non un dovere. Scegliere la morte per evitare sofferenze intollerabili fa parte dei diritti inalienabili della persona, e non si può affermare che la vita è un bene "non disponibile" da parte dell'individuo senza negare il concetto stesso di libertà, sottoponendolo a categorie morali che non possono che essere collettive, e che quindi, di fatto, cancellano l'individuo e negano la sua libera autodeterminazione.
Forse è addirittura giusto e opportuno che scompaia la parola "eutanasia", troppo carica di significati ideologici, che non possono che confondere il discorso. E' ora di porre fine agli schieramenti. Non si tratta di essere "pro vita" oppure di sostenere l'eutanasia. Si tratta di considerare lecita l'anticipazione della morte, se questa è la libera decisione di un essere umano gravemente sofferente.
__img__Non occorre una legge che permetta l'eutanasia, come in Olanda, in Belgio e in Lussemburgo. E' necessario, invece, che l'azione pietosa di anticipare la fine della vita su richiesta del malato inguaribile venga considerata una cura dovuta, e non un atto omicida da depenalizzare. Ovviamente, alla libertà di morire corrisponde specularmente la libertà di vivere. Nessuno può decidere al posto di un altro se una vita è degna di essere vissuta, e il concetto di "qualita' della vita" non può che restare strettamente soggettivo. Questo è vero se si vuole vivere, ed è vero se si vuole morire. In entrambi i casi, tutte le risorse della scienza devono essere messe a disposizione della volontà del malato, che va considerata sovrana e intangibile.
Nel primo caso, quello dell'uomo che vuol vivere nonostante le sofferenze, non deve essere lasciato nulla d'intentato per prolungargli la vita, fosse pure di un'ora soltanto. Nel secondo caso, la scienza deve trovare il coraggio di anticipare la morte decisa e desiderata, e la società civile deve abbandonare il ruolo di guardiana (per conto di chi? Di che cosa?) di una vita torturata e non più voluta. Se diciamo basta alla concezione di eutanasia così com'è stata tramandata nei secoli, diciamo basta a tutta una galassia di vicende oscure, dalle eutanasie clandestine alle interminabili sofferenze dei malati che non ottengono il "permesso" di morire.
Non esiste un'Amnesty International per queste storie di tortura e di negazione dei diritti umani. E per i casi che emergono grazie alla disperata volontà dei tormentati protagonisti, oggi non c'è una risposta di rispetto, ma solo la violenza ideologica dei pareri contrari. Ora bisogna dire: "Basta, silenzio. Diamo la pace a un uomo che ha chiesto di morire. Restituiamo quest'uomo a se stesso".
Stato, mafia e classe politica. di Nicola Tranfaglia
Basta guardare cosa sta succedendo in questi giorni nelle aule giudiziarie e nei palazzi del potere per rendersi conto che quella è stata una verità storica, di cui purtroppo troppi italiani non riescono a prender coscienza.
Non abbiamo soltanto un ministro, il siciliano Saverio Romano, imputato per associazione esterna a Cosa Nostra, dopo che il sette volte presidente del Consiglio Giulio Andreotti è sfuggito al carcere soltanto grazie alla prescrizione giudiziaria dopo i processi degli anni novanta.
Ne abbiamo altri due ministri, prima Scaiola e oggi Tremonti, interrogati dalle procure perché hanno acquistato o abitano case pagate da altri. E abbiamo un consigliere politico, l’onorevole Milanese, vicino al superministro dell’Economia,che si fa ristrutturare gratuitamente una casa nel centro di Roma da un’impresa edile amica dello stesso Milanese o di chi altri non sappiamo.
Nello stesso tempo ci sono i vertici della Guardia di Finanza, il corpo che si dedica agli accertamenti tributari dei cittadini normali, che è attraversato da lotte senza esclusioni di colpi che prevedono la diffusione di segreti di stato e altre piacevolezze necessarie a chi condivide il potere del leader populista autoritario.
Quei vertici,a quanto pare, si dividono tra una cordata che fa capo al potente Gianni Letta, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio,e l’altra che si riferisce al ministro dell’Economia.
La lotta è aspra e non sappiamo quale delle due cordate prevarrà anche se ormai i rapporti diretti tra Tremonti e Berlusconi sono così peggiorati che il ministro teme addirittura che il leader applichi a lui i noti metodi applicati qualche tempo fa al dissidente Fini e poi al malcapitato direttore dell’Avvenire Dino Boffo.
Del resto quando un ciclo di potere sta per chiudersi e un sistema complessivo di potere entra in crisi- come sta avvenendo sicuramente dopo diciassette anni per il longevo berlusconismo- non c’è da stupirsi che i tecnici servano meno e che i capri espiatori diventino utili e addirittura preziosi nella speranza di allontanare l’inevitabile esito negativo.
Perciò in questo momento è importante che le forze del centro-sinistra non si facciano saltare i nervi, utilizzino tutte le risorse culturali e politiche di cui dispongono per prepararsi ad affrontare il confronto indispensabile per mandare i populisti all’opposizione e a lavorare,con le idee chiare, per la rinascita dell’Italia. Se non ora quando,è il caso ancora di dire.
Multa Mondadori? Pagherà la Rai". - di Giuseppe Giulietti
Processo Ruby, avvocati di Fede all’attacco: “Competenza al tribunale di Messina”.
Come ha spiegato l’avvocato Alecci, infatti, “il reato più grave contestato a Fede (ed anche a Lele Mora e a Nicole Minetti, ndr) è l’induzione e il favoreggiamento della prostituzione minorile”. E, ha proseguito l’avvocato, “il primo atto secondo l’accusa che concretizza l’induzione alla prostituzione è il concorso di Letojanni”. Da qui secondo i legali la competenza del Tribunale di Messina. I pm infatti, nel capo di imputazione, spiegano che l’adescamento di Ruby da parte di Fede, Mora e Minetti si verifica nel settembre 2009 in occasione del concorso di bellezza, quando la ragazza aveva 16 anni. I pm nella scorsa udienza avevano già ribadito la richiesta di rinvio a giudizio per i tre imputati.
Anche i legali di Silvio Berlusconi, nel processo a carico del premier per il caso Ruby che riprenderà lunedì prossimo, hanno presentato una questione di incompetenza territoriale. Secondo la difesa del premier, la competenza territoriale si radica a Monza perché la Procura contesta i presunti festini a luci rosse che sarebbero avvenuti ad Arcore, che ricade sotto Monza.
Nell’udienza di oggi è previsto l’intervento dei legali di Chiara Danese e Ambra Battilana, le due ex miss piemontesi di 19 anni che si sono costituite parti civili. Gli avvocati Patrizia Bugnano e Stefano Castrale, legali di Ambra e Chiara (le due giovani non sono presenti all’udienza), hanno parlato oggi davanti al gup per chiedere i danni di immagine, morali e patrimoniali per le due ragazze, che avrebbero partecipato ad un presunto festino hard ad Arcore il 22 agosto scorso. In sostanza i due legali hanno sostenuto l’ipotesi della pubblica accusa e hanno rimarcato come dalle indagini processuali emerge “la cura con cui venivano scelte e selezionate le giovani ospiti dei presunti festini a luci rosse ad Arcore. Gli avvocati Bugnano e Castrale hanno inoltre sottolineato che “gli atti dell’inchiesta sono tali e tanti per cui si impone il rinvio a giudizio”.
All’udienza è presente anche l’avvocato Egidio Verzini, legale di Ruby, che è parte offesa nel procedimento. L’avvocato Verzini, prima di entrare in aula, ha spiegato ai cronisti che il 22 luglio, quando è fissata una conferenza stampa con lo stesso avvocato e la giovane marocchina, “parleremo anche della strategia processuale”. Il legale infatti non ha ancora deciso se Ruby sarà o meno parte civile nel processo sui presunti festini a luci rosse ad Arcore e non ha ancora sciolto la riserva su una eventuale costituzione di parte civile nel procedimento a carico di Fede, Mora e Minetti.
Spread, Rating e short selling Le parole chiave per capire la crisi
BTP-BUND – Sono titoli di Stato pluriennali italiani (Btp, buoni del tesoro poliennali) e tedeschi (Bund). Con le loro emissioni i due stati si finanziano sui mercati. Il loro rendimento, che viene fissato con un’asta, è un indice della salute finanziaria e della credibilità dei due paesi. Questa mattina sul mercato secondario il Btp decennale ha raggiunto il massimo spread (vedi voce) con i Bund tedeschi: questo significa non solo che per l’Italia diventa più caro ripagare il debito pubblico (vicino al 120% del Pil), ma anche che le previsioni dei mercati sulla salute finanziaria del paese sono negative.
SPREAD – E’ una misura del rischio di insolvenza associato a un titolo di stato e, di conseguenza, della salute finanziaria di un Paese. Tecnicamente è il differenziale, valutato dal mercato, tra il rendimento di quel titolo e il rendimento di un titolo corrispondente di uno Stato considerato privo di rischio, come la Germania. Questa mattina lo spread tra i Btp decennali e i Bund tedeschi a 10 anni ha superato i 280 punti. E’ un record dall’introduzione dell’euro e indica un aumento del costo per l’Italia di finanziarsi sui mercati. Nuovi picchi hanno raggiunto anche gli spread di Portogallo (1.048 punti) e Irlanda (1.019 punti), ma anche la Francia (62,3 punti) è al massimo livello da marzo 2009.
RATING – Le agenzie di rating sono società private indipendenti che valutano il rischio associato a un titolo o a chi lo emette, sia un ente privato o pubblico, come uno Stato. Il loro giudizio è sintetizzato nel rating, un punteggio (espresso in lettere e cifre) che rappresenta la capacità dell’emittente di far fronte ai propri impegni e ha un enorme impatto sulle decisioni degli investitori. Le principali agenzie di rating – Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch – sono oggetto di forti critiche per il loro ruolo nella crisi. L’Unione europea e l’Fsb sono al lavoro a una riforma per limitare la loro influenza sui mercati.
SOSPENSIONE TITOLI – Per evitare turbolenze eccessive sui mercati, al variare dei prezzi di un titolo oltre una certa soglia (che per le azioni è del 10%) le negoziazioni su quel titolo vengono automaticamente sospese. La sospensione può avvenire anche su decisione discrezionale della Consob. Alla sospensione segue un’asta di volatilità per fissare un nuovo prezzo. Per esempio, questa mattina le azioni della Cir sono state sospese per eccesso di ribasso. In seguito all’asta di volatilità sono state riammesse agli scambi.
VENDITE ALLO SCOPERTO – Le vendite allo scoperto (o ‘short selling’) sono operazioni che sfruttano la possibilità, prevista sui mercati finanziari, di vendere titoli senza averne l’effettivo possesso e di acquistarli solo in seguito per consegnarli alla controparte. Di solito sono legate ad attese – o a speculazioni – su un prezzo in calo e possono rappresentare un ‘pericolo’ e una fonte di ulteriore instabilità dei mercati, se effettuate da grandi investitori come gli hedge fund. Per questo ieri la Consob ha imposto un obbligo di comunicazione per le vendite allo scoperto di dimensioni importanti. L’obbligo scatta per le operazioni che raggiungono lo 0,2% del capitale della società e, successivamente, a ogni variazione pari o superiore allo 0,1% del capitale.
CDS – I Credit default swap (Cds) sono strumenti finanziari derivati che funzionano come un’assicurazione. Chi compra un Cds, infatti, si impegna a pagare al venditore un premio in cambio del rimborso, solo in caso di default, del valore dell’obbligazione oggetto dell’insolvenza (di solito un titolo di Stato). Vengono quotati in termini di spread (vedi voce) e il loro valore è una misura dell’affidabilità dei titoli sottostanti (come il rating, vedi voce). Nascono come derivati di copertura dal rischio ma si sviluppano come strumento speculativo per scommettere sul possibile fallimento di uno Stato o di un emittente privato. Il Parlamento europeo ha approvato la scorsa settimana una relazione in cui ha chiesto maggiori regole e più trasparenza per il mercato dei Cds.
DEFICIT/PIL - Il rapporto deficit/pil è una misura fondamentale del rigore nei conti pubblici di uno Stato. E’ data dal rapporto tra il saldo tra le entrate (principalmente il prelievo fiscale) e le uscite (la spesa pubblica e gli interessi pagati sul debito) di uno Stato e il suo prodotto interno lordo (Pil). All’origine della manovra triennale in discussione al Parlamento c’è l’impegno assunto in sede europea ad azzerare il rapporto deficit-Pil nel 2014. Per il 2011, invece, l’Unione Europea prevede per l’Italia un rapporto del -4,0% (inferiore alla media dell’Eurozona che è del -4,3%) che convive però con un debito pubblico pregresso pari al 120,3% del Pil e secondo solo a quello della Grecia. I criteri fissati a Maastricht per essere ammessi nell’area euro prevedevano un rapporto deficit/Pil inferiore al 3% e un debito pubblico inferiore al 60% del Pil.
PAREGGIO DI BILANCIO – Il pareggio di bilancio è l’obiettivo della manovra, da raggiungere nel 2014. Equivale a un rapporto defict/Pil (vedi voce) pari a zero e la sua credibilità è una variabile fondamentale nell’attacco speculativo di questi giorni, che sfrutta la debolezza del Governo e del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, intervenuto venerdì per tranquillizzare i mercati, non a caso ha definito “credibili il pareggio del bilancio nel 2014 e l’avvio di una tendenza al calo del rapporto debito/pil”. La riduzione del rapporto deficit/Pil è considerata l’unico modo per ridurre lo stock del debito pubblico.
Fine pena: mai. - di Stefano Disegni.
Milanese e le pressioni sui testimoni «Sulle nomine dovete negare tutto». Giovanni Bianconi.
Il capo di gabinetto dell'Economia:
così il deputato distribuiva incarichi
ROMA - La conferma più diretta e autorevole che l'onorevole Marco Milanese - consigliere politico di Giulio Tremonti fino a due settimane fa, oggi destinatario di una richiesta d'arresto per corruzione, associazione a delinquere e altri reati - fosse il regista delle nomine nelle aziende a partecipazione statale, viene dal vertice stesso del ministero dell'Economia. Il capo di gabinetto di Tremonti, Vincenzo Fortunato, l'11 gennaio scorso ha parlato al pubblico ministero napoletano Piscitelli sia del ruolo dell'ex ufficiale della Guardia di finanza asceso al fianco del ministro, sia del meccanismo che conduce alla spartizione delle cariche decise dal suo dicastero.
Vincenzo Fortunato, capo di gabinetto di Giulio Tremonti |
Il capo della settima Direzione del dipartimento del Tesoro, Francesco Parlato, ha riferito al magistrato la procedura per le nomine. Dopo un appunto del suo ufficio al ministro, «si apre una fase di ricerca da parte dell'organo politico per l'individuazione e condivisione dei nominativi, all'esito della quale il ministro fa pervenire le sue indicazioni». L'incarico di comunicarle «viene svolto dal maggio 2008 dall'onorevole Marco Milanese... Tutte queste nomine sono state seguite dall'onorevole Milanese».
Anche per quelle di «secondo livello» - un migliaio di cariche nelle società controllate dagli Enti pubblici che dovrebbero avvenire "piena autonomia" -, secondo Parlato la prassi è che avvengano «contatti preventivi e informali tra gli amministratori delle società capigruppo e gli organi di governo o di riferimento politico». E siccome Milanese s'interessava delle nomine superiori, «è presumibile, ma si tratta di una mia congettura, che i capi azienda abbiano fatto riferimento anche a lui per questa evenienza».
L'unico che non conosceva questa attività del consigliere di Tremonti sembra essere il segretario di Milanese, Paolo Iannariello, indagato nella stesso procedimento che riguarda il suo capo: «Non mi risultano competenze particolari attribuite al Milanese; non mi risulta che lo stesso segua le nomine di competenza del ministro nelle società partecipate».
Carlo Barbieri, sindaco di Voghera, agli arresti domiciliari (Torres) |
Ascoltato come testimone in due occasioni, al secondo interrogatorio Marchese - seduto su varie poltrone fra cui quelle dei collegi sindacali di Ansaldo Breda, Oto Melara, Ansaldo Energia, Sogin e Sace per circa centomila euro all'anno - ha ammesso l'intervento di Milanese: «Sono stato aiutato come tutti in questo genere di cose, e ho chiesto e ottenuto l'appoggio di Milanese certamente per il mio incarico in Ansaldo Breda, nella Oto Melara e certamente anche nella Sogin e anche nella Sace». Il pubblico ministero domanda come ha saputo dell'intervento di Milanese, e Marchese risponde: «Dopo le mie richieste è stato lui a dirmi di aver segnalato il mio nominativo alle diverse società controllate dal ministero, tra le quali quelle di Finmeccanica... Mi risulta che anche Barbieri abbia ottenuto un incarico nel consiglio di amministrazione di Federservizi (società controllata dalle Ferrovie dello Stato, ndr ) per intervento del Milanese».
La deposizione con le ammissioni di Marchese non è stata del tutto tranquilla, dopo che il pm Piscitelli gli ha contestato di aver taciuto, nel precedente interrogatorio, un incontro con Milanese prima di presentarsi al magistrato. «Non avevo capito la domanda, le chiedo scusa», s'è giustificato il testimone. Divenuto indagato anche in virtù delle telefonate intercettate dalla Digos di Napoli in cui s'intuiscono la preoccupazione e l'attivismo di Milanese proprio per le testimonianze di Marchesi, Barbieri e un'altra persona coinvolta nella compravendita della villa in Costa Azzurra, l'agente immobiliare Sergio Fracchia.
«DEVONO NEGARE TOTALMENTE» - Il 20 gennaio scorso, vigilia della prima convocazione di Marchese e Barbieri, la polizia ha registrato una conversazione tra Barbieri e Fracchia, il quale - dopo aver chiesto se la linea era «a posto» e «pulita», nel senso di non intercettata - si lancia: «Allora, ho sentito il mister... da specificare bene, alle domande che faranno, che sicuramente chiederanno perché avete comprato queste... E ha detto "è un amico comune che ci ha fatto prendere, perché noi avevamo già fatto delle operazioni immobiliari in Francia, c'era un affare e l'abbiamo fatto". Perché dove andranno a puntare, mi ha detto l'amico, è se avete fatto questo in cambio di qualche cosa... Di qualche nomina... negare totalmente».
Barbieri sembra acconsentire («Non è vero, non è vero») e Fracchia insiste: «Esatto, poi se picchiano sulla villa, da dire sempre per un discorso di investimento (...) Mi raccomando perché... mi ha chiamato quattrocento volte». Investigatori e inquirenti sono certi, per i riscontri con altri atti d'indagine, che «il mister» altri non sia che Marco Milanese, inquieto per l'inchiesta in corso.
Due giorni prima del secondo interrogatorio di Marchese, Milanese richiama Fracchia: «Gli dici se magari da un telefono pubblico o da una cabina, più tardi, anche domani, mi dà un colpo di telefono, così gli dico un po'. Perché tanto... loro vogliono battere sulla faccenda nomine... son matti, ragazzi...». Timoroso di essere ascoltato, il deputato avverte che Marchesi deve chiamarlo da telefoni non suoi, e i numeri controllati non registrano altri colloqui sul tema: a dimostrazione, annota la polizia, «che le successive comunicazioni sono avvenute attraverso canali per loro sicuri».
Il 4 febbraio anche Fracchia viene ascoltato dagli investigatori sulla compravendita della villa, e tre ore prima Milanese lo chiama: «Tutto a posto comunque, sì?», domanda. «Sto andando adesso», risponde Fracchia. E Milanese incalza: «Ricordati di dire che loro l'avevano comprata perché avevano il cliente. (...) Se ti dicono qualcosa, nomine non nomine, non sai un cazzo. Dici "ma che dici?", poi basta».
L'indagine della Procura di Napoli prosegue sul fronte delle nomine gestite da Milanese ma anche sui suoi rapporti all'interno delle Fiamme gialle, di cui ha fatto parte fino al congedo di sette anni fa e nelle quali ha mantenuto saldi legami. Lo stesso giudice che ne ha chiesto l'arresto ha ricordato come l'inchiesta debba «individuare gli esponenti della Guardia di finanza che hanno comunicato al Milanese o a persone a lui vicine le notizie relative alle investigazioni», che poi il deputato «rivendeva» agli inquisiti. Come l'imprenditore Paolo Viscione, al quale Milanese comunicò che era intercettato il giorno stesso in cui erano cominciate le operazioni di ascolto. Viscione ha raccontato che un giorno il consigliere di Tremonti gli fece vedere perfino le trascrizioni delle conversazioni registrate, intimandogli di non parlare più al telefono. Da quale «talpa» siano arrivate notizie e carte, è uno dei misteri da svelare.
Panico in Borsa, la Consob corre ai ripari Stretta sulle vendite allo scoperto.
Alla vigilia della riapertura dei mercati la Commissione ha deciso: gli investitori che detengano posizioni ribassiste rilevanti sui titoli azionari negoziati sui mercati italiani devono comunicarlo.
In particolare, si legge nella nota diffusa dalla Commissione, dovranno essere rese note alla Consob le posizioni nette corte relative ai titoli azionari delle società quotate in Italia, quando superino determinate soglie quantitative. Il primo obbligo di comunicazione scatta al raggiungimento di una posizione netta corta uguale o superiore allo 0,2% del capitale dell’emittente, mentre successivamente si attiva per ogni variazione pari o superiore allo 0,1%. L’autorità spiega che così facendo “la normativa italiana viene allineata a quella in vigore nei principali Paesi europei, Germania in primis. Il provvedimento rafforza i poteri di vigilanza della Consob nell’attuale fase di mercato, caratterizzata da un elevato livello di volatilita’ nell’andamento delle quotazioni”. La Consob corre così ai ripari. Dopo lo scorso 8 luglio, ormai noto come “il venerdì nero”
Le banche italiane sono state l’oggetto principale degli attacchi, anche se il numero uno di via Nazionale, Mario Draghi, è intervenuto con parole rassicuranti per dirsi certo che gli intermediari nazionali supereranno – e “con un margine significativo” – gli stress test europei grazie alla loro adeguata capitalizzazione. Da qui la decisione la decisione della Consob. Il “consiglio” era arrivato in giornata anche da Lamberto Cardia, capo della Commissione dal 2003 al 2010: “Le vendite allo scoperto in presenza di una situazione di grave crisi andrebbero totalmente vietate per il periodo necessario o al massimo consentite nell’ambito della giornata”, ha detto oggi l’ex presidente.
La Consob già in passato era intervenuta sugli short selling dopo il panico sui mercati generato dal crac Lehman Brothers. Dopo Sec e Fsa, infatti, anche la Commissione italiana di vigilanza sui mercati avviò nell’autunno 2008 un deciso giro di vite sulle vendite allo scoperto deliberando, in quell’occasione, che la vendita di azioni di banche e imprese di assicurazioni quotate nei mercati regolamentati italiani e qui negoziate “dovesse essere assistita dalla disponibilità dei titoli da parte dell’ordinante al momento dell’ordine e fino alla data di regolamento dell’operazione”. In questo modo di fatto veniva impedita la pratica di vendita allo scoperto su quei particolari settori oggetto di attacco speculativo, che consiste appunto nella cessione di titoli che non sono materialmente in possesso del venditore.
L’intervento dell’Unione europea. Intanto il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, ha convocato una riunione di emergenza per questa mattina per discutere della crisi del debito nell’Eurozona. Smentita dallo stesso Van Rompuy, la voce che gli attacchi speculativi all’Italia siano oggetto dell’incontro, al vertice prenderanno parte il presidente della Commissione europea,Jose Manuel Barroso, il presidente della Bce Jean-Claude Trichet e quello dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker. Al centro del summit sarà la discussione sul secondo pacchetto di aiuti alla Grecia. All’incontro, proseguono le fonti, è stato invitato anche il commissario europeo agli Affari economici e monetari Olli Rehn.