Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
mercoledì 12 ottobre 2011
Tg3 e Tg1, le due Italie alla Rai. Nessun rispetto per il servizio pubblico. Il canone non ha colore politico. Meno male che Sky c’è.
Se non vi è mai capitato, fate in modo che avvenga, almeno una volta: seguite il telegiornale delle 14,30 circa sulla terza rete, il Tg3, e la sera, alle venti, il Tg1 di Augusto Minzolini. Meglio se invece di farlo voi, direttamente, avete la fortuna di suggerire a qualcuno che sa poco e niente dell’Italia. Non è facile, ci rendiamo conto, ma se aveste un congiunto o un amico che rientra in Italia dopo una lunga permanenza all’estero, sarebbe perfetto.
Dopo avere visto i due telegiornali, direttamente o meno, la sensazione immediata è che vi abbiano raccontato due Paesi diversi. Non è possibile che il TG3 e il TG1 si siano occupati dello stesso Paese. Sono due Italie: l’una, quella del Tg3, in piena crisi, le rivolte sociali, la disoccupazione, le proteste, le difficoltà del governo, i suoi”incidenti” raccontati per filo e per segno. E i giovani, i lavoratori delle fabbriche in primo piano. Manifestazioni di piazza, cortei, denunce del sindacato, di persone comuni ed altro.
Alle venti dello stesso giorno tutto questo sembra svanire di colpo. C’è uno sguardo sull’agenda del governo, le dichiarazioni dei portavoce, l’agenda politica per la prima metà del telegiornale; nella seconda parte, c’è l’arte, gli appuntamenti culturali, il costume, le curiosità, i piccoli problemi della gente comune. E’ una quotidianità. Non è una quotidianità marginale, ma lo scenario minore di vezzi, abitudini, mode che attraversano il Paese e ne segnalano la “normalità”.
L’una e l’altra Italia possono stare insieme? Sicuramente sì, ma a scapito dell’informazione, della notizia, della conoscenza dei fatti.
Il Tg1 della sera indugia sulle piccole cose a discapito delle grandi. Ospita una cronaca giudiziaria su cui il Tg3 non si sofferma. Un esempio? Il caso Penati non manca mai, anche quando manca la notizia. E poi, abbastanza frequentemente, c’è l’editoriale dell’editore che spiega le ragioni del presidente del Consiglio e i torti delle opposizioni. Una consuetudine che non ha precedenti. Non che i predecessori di Minzolini non si avventurassero negli editoriali – lo facevano, ma sforzandosi di stare in equilibrio fra il bisogno di dire come stavano le cose e quella di non prendere parte al conflitto e evitare la partigianeria – invece il direttore del Tg1 non ha remore, entra nell’argomento come un bulldozer, una ginocchiata a destra ed una a manca.
Silvio Berlusconi ha sempre ragione, l’opposizione e la magistratura sempre torto.
Il Tg1 ha un “allegato”, una coda, affidata a Giuliano Ferrara, con Radio Londra: un editoriale serale che ribadisce le ragioni di Augusto Minzolini, riferendole un poco meglio.
Per farsi un’idea di come va il mondo, direte, basta guardarli entrambi. Non è agevole per chi ha impegni di lavoro. E poi, perché mai non si può avere un telegiornale equilibrato, che ci racconti l’Italia che protesta, fatica, denuncia, pretende servizi dignitosi? Non è necessario fare parlare sempre e comunque i soliti noti, maggioranza ed opposizione che sia, basta dare spazio agli italiani che vivono sulla loro pelle i problemi di ogni giorno.
Sì, abbiamo perfino nostalgia della Rai “papalina” e democristiana della prima Repubblica, che lottizzava i telegiornali e copriva le gambe delle ballerine, ma non nascondeva le notizie e non si arrotolava attorno a quelle per rappresentare come peggio è possibile il nemico. Nessun rispetto per il servizio pubblico. Solo per la concorrenza di Mediaset.
http://www.italiainformazioni.it/giornale/politica/133818/italie-alla-nessun-rispetto-servizio-pubblico-canone-colore-politico-meno-male.htm
Governo battuto sul rendiconto, Berlusconi chiederà la fiducia.
Roma, 11 ott. (Adnkronos/Ign) - Il governo è stato battuto in aula alla Camera sull'assestamento di bilancio. L'Aula ha respinto l'articolo 1 del Ddl di rendiconto 2010. Il presidente della Camera Gianfranco Fini ha rinviato a domani i lavori su richiesta del presidente della commissione Giorgetti. ''Mi sembra giusto, date anche le evidenti implicazioni di carattere politico dell'accaduto'', ha dichiarato Fini.
E' un fatto che non ha precedenti, avrebbe poi commentato nel corso della conferenza dei capigruppo, stabilendo quindi la convocazione della Giunta per il Regolamento per decidere se, dopo la bocciatura, sia possibile andare avanti.
Sono 14 (con Alfonso Papa, però) i deputati del Pdl che non hanno partecipato al voto . Tra questi, spicca il nome di Claudio Scajola, reduce da un lungo incontro con il premier Silvio Berlusconi (''E' stata una chiacchierata sincera tra amici'', ha commentato uscendo da Palazzo Grazioli). Tra gli altri, mancavano poi Antonio Martino, Piero Testoni, Giustina Destro.Sei gli assenti di Popolo e territorio, a partire da Domenico Scilipoti. Assente anche Gianfranco Miccichè. Nel Misto mancava tra gli altri Andrea Ronchi. Non c'era nemmeno Umberto Bossi, che si è fermato a parlare con i cronisti e ha mancato, di un soffio, il voto facendo scoppiare un caso. Assente anche l'altro leghista Matteo Bragantini.Andando per gruppo, sono stati tre gli assenti del Pd, tre di Fli e tre dell'Udc compreso il leader Pier Ferdinando Casini. Alla voce 'in missione', invece, figurano Roberto Maroni, Franco Frattini, Catia Polidori eGiulio Tremonti (che però a un certo punto è entrato in Aula)."Nessuna ragione politica, di nessun tipo" per l'assenza del ministro dell'Economia, spiega una nota del Tesoro. "A poche ore dalla presentazione della legge di stabilità era al ministero impegnato con gli uffici di gabinetto nella valutazione dei dossier relativi a ciascun ministero" e ''appena ricevuta la notizia dall'aula il ministro ha interrotto i lavori e si è recato a Montecitorio".Il premier, secondo fonti parlamentari della maggioranza, subito dopo il voto, ha raggiunto scuro in volto l'aula del governo di Montecitorio con in mano l'elenco degli assenti. In particolare, Berlusconi avrebbe storto il naso proprio per l'assenza al voto dei due big al voto, Tremonti e Scajola.Il voto di oggi, spiega però Ignazio La Russa, è stato determinato da ''assenze occasionali'' e dalla bocciatura di un articolo di un provvedimento non può derivare la conseguenza che il governo non ha la maggioranza in Parlamento. ''Deciderà il presidente del Consiglio - aggiunge -, per me sarebbe corretto mettere subito un voto di fiducia per vedere se il governo c'è o non c'è''. Quanto alle assenze, il coordinatore del Pdl minimizza: ''Non c'è nessuna dietrologia da fare, alcuni erano assenti perché impegnati in attività istituzionali, altri sono arrivati trafelati, un attimo in ritardo, come Tremonti...''.La Lega, con Bossi, parla di ''piccolo infortunio'' e ''niente di politico''. Quindi ''per adesso non viene giù nulla'', replica ai cronisti il Senatur anche se glissa sulla durata dell'esecutivo. ''Non sono un mago, non so quanto durerà...''Ma l'opposizione va all'attacco e chiede le dimissioni del premier. "Berlusconi si convinca ad andare al Quirinale", dice il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. "Un governo bocciato sul consuntivo non può fare l'assestamento di bilancio, un governo che non può fare l'assestamento non c'è più", prosegue. Quanto accaduto oggi aggiunge alle "ragioni politiche della crisi anche ragioni strutturali", sottolinea il segretario del Pd.Chiede un passo indietro al premier anche il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini . "Oggi le dimissioni di Berlusconi, e prima ancora quelle del ministro Tremonti, sono inevitabili per ridare credibilità al Paese", sottolinea. "Molti pensano che sia un'ossessione dell'opposizione chiedere le dimissioni di Berlusconi ma - insiste - siamo di fronte a un governo paralizzato".Per il presidente dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro , ''non si tratta di un incidente, ma di un atto politico uguale alla sfiducia del Parlamento nei confronti di questo governo, perché bocciare il bilancio dello Stato vuol dire bocciare l'atto fondamentale su cui si fonda l'attività di governo''. ''Ci auguriamo che il capo dello Stato possa autonomamente prendere atto che questo Parlamento è ormai asfittico'', insiste. ''Prima che sai troppo tardi ponga fine al governo Berlusconi e ci mandi a elezioni anticipate'', conclude Di Pietro
http://www.adnkronos.com/IGN/News/Politica/Governo-battuto-sul-rendiconto-Berlusconi-chiedera-la-fiducia_312528214567.html
210mila euro raccolti: attesa travolgente per ‘Comizi d’amore’.
Rizzo Nervo: "La Rai acquisisca i diritti della trasmissione". Freccero: "La stagione televisiva inizierà con il programma di Santoro". Intanto, in tre giorni 250mila contatti unici e 500mila visite per il sito della nuova creatura del conduttore.
Sarà pure come dice il direttore di Rai 4 Carlo Freccero che la stagione televisiva comincerà solo con la prima di Comizi d’amore, ma il “caso Santoro” continua a montare. Anche con le telecamere ancora spente, il sitoserviziopubblico.it (l’associazione che produrrà il format dell’ex conduttore di Annozero) continua a macinare contatti. Da quando è andato online, sabato 8 ottobre è stato cliccato da 245mila visitatori unici e la raccolta fondi via Internet ha toccato quota 210mila euro.
In attesa del 3 novembre, quando Santoro tornerà in onda su una rete multipiattaforma (digitale terrestre, Internet e Sky), curiosità e consensi verso l’operazione continuano a crescere. L’ultimo endorsment arriva direttamente dal consigliere d’amministrazione Rai Nino Rizzo Nervo che, in una lettera inviata al direttore generale Lorenza Lei, ha chiesto che la televisione di Stato acquisisca i diritti e trasmetta Comizi d’amore. “Se la Rai non vuole tradire il ruolo di servizio pubblico, se vuole riconquistare credibilità presso tutti coloro che pagano il canone e che si sono visti privati di una trasmissione di successo, raccolga la sfida, acquisisca i diritti e mandi in ondaComizi d’amore“, ha detto il consigliere d’opposizione. La proposta ha subito raccolto il consenso di un altro membro del cda di viale Mazzini, Rodolfo De Laurentiis, in quota Udc, che ha detto che se Santoro serve ad aumentare il pluralismo, allora “ben venga” Comizi d’amore.
Nel frattempo anche dal mondo della politica continuano a giungere adesioni. Oggi hanno sottoscritto l’iniziativa il leader di Sinistra e Libertà Nichi Vendola (“Occorre sostenere in ogni modo il giornalista”), il sindaco di Napoli Luigi De Magistris (“sono sicuro che scasserà!”), il portavoce di Articolo 21 Beppe Giulietti e tutti i 12 senatori dell’Italia dei valori che hanno versato 100 euro come sottoscrizione popolare. “Un segnale chiaro – fanno sapere dall’ufficio stampa del partito di Di Pietro – perché in Rai, a parte qualche sacca di resistenza attiva, stanno escludendo, con le buone o con le cattive, tutte le voci di dissenso agli attuali vertici, emanazione diretta di Berlusconi. Per questo l’iniziativa di Santoro merita un incoraggiamento convinto”.
Una risposta travolgente, come ha detto lo stesso Santoro in un’intervista al sito di Articolo21: “Di sicuro apriremo una crepa molto profonda nel sistema televisivo. Chiediamo a tutti 10 euro, una sorta di piccolo canone che però in questo caso si paga volentieri per vedere in onda il proprio programma preferito”. Un’opinione condivisa da un altro ‘mostro sacro’ della televisione italiana,Carlo Freccero che sottolinea come l’iniziativa di Santoro e la risposta del pubblico pronto ad autotassarsi pur di rivederlo in onda dimostra come nell’immaginario collettivo “l’informazione sia diventata un bene comune, come l’aria e l’acqua”. Il direttore di Rai 4 ha poi in mente un “punto di rottura preciso: c’è una cifra di sottoscrizioni, che non dirò per scaramanzia, raggiunta la quale la Rai non potrà che ri-inglobare Santoro. Pena il suicidio dichiarato”.
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