sabato 27 giugno 2020

Wirecard, lo schianto tedesco con il suo gioiello tecnologico. - Uski Audino

Wirecard, lo schianto tedesco con il suo gioiello tecnologico

La società dei pagamenti che sfidava i colossi del web imbarazza la Germania, tra coperture politiche ed errori della vigilanza.
“Tutte le strade portano al successo”, era scritto fino a ieri sul sito di Wirecard, la società di servizi finanziari e pagamenti elettronici finita al centro del più grande scandalo finanziario tedesco dalla Riunificazione. Ma tanto ottimismo non gli ha portato bene. Le strade ieri hanno portato il gioiello della finanza tecnologica a presentare richiesta di insolvenza al Tribunale di Monaco e l’ex ceo dell’azienda, Markus Braun, in una cella della procura con l’accusa di falso in bilancio e manipolazione di mercato. Dalle stelle del Dax alle stalle della bancarotta. Una prima assoluta nella storia tedesca. Braun è uscito dalla custodia cautelare grazie al pagamento di una cauzione da 5 milioni di euro, ma sulla sua testa pende un’accusa molto grave: truffa. Dal bilancio della società mancano all’appello 1,9 miliardi di euro (il 255 del totale) depositati in due banche delle Filippine. Sono scritti in bilancio, ma non ci sono estratti conto che ne confermino l’esistenza. Le somme sui conti fiduciari a favore di Wirecard per un totale di 1,9 miliardi di euro molto probabilmente non esistono”, ha detto la portavoce delle autorità inquirenti.
L’ipotesi è che Braun volesse “far apparire l’azienda finanziariamente più forte e più attraente per gli investitori e i clienti”, dicono dalla Procura. La scelta della società di presentare ieri “un procedimento di insolvenza per il rischio di incapacità di pagamento e sovraindebitamento” fa mormorare. Che l’ammanco sia maggiore? Due terzi delle vendite, dicono fonti vicine ai creditori, potrebbero essere state falsificate. I 15 istituti bancari che hanno prestato a Wirecard 1,85 miliardi fanno sapere di “non aver staccato la spina”. Quanto duri, non si sa. Intanto il titolo ha perso l’80% del valore in pochi giorni. Per avere un’idea del tonfo basti pensare che all’ingresso in Borsa nel settembre 2018 l’azienda valeva 24,6 miliardi e ora ne vale circa 3, mentre le azioni vendute a 190 euro, ieri erano scambiate a 9,96. Con buona pace dei piccoli azionisti.
Tutto comincia a inizio 2019 quando l’azienda, fondata nel 1999 nella periferia di Monaco dall’allora 30enne austriaco Braun, subisce una perquisizione nella sede di Singapore. In quell’occasione il Financial Times scrive che i conti sul mercato asiatico potrebbero essere stati “abbelliti”. Il risultato è che le azioni sprofondano da 160 a 99 euro. Braun grida al complotto. L’autorità di vigilanza bancaria tedesca, il Bafin, per tutta risposta vieta di scommettere contro le azioni di Wirecard per due mesi e, invece di aprire le indagini, querela i giornalisti. Nell’ottobre 2019 FT torna a scrivere dell’azienda e la scena si ripete. Questa volta la stampa finanziaria tedesca si allarma, aspetta che il Bafin intervenga, ma lo dice sottovoce per non turbare la sensibilità di chi vuole continuare ad andar fiero di quel gioiello tecnologico made in Germany in competizione con i colossi del web. Per allontanare le critiche Wirecard incarica come revisori la società Kpmg. In aprile il responso: “L’azienda non ha fornito tutti i documenti richiesti” e “non è stato possibile verificare in modo sufficientemente approfondito l’esistenza dei volumi delle transazioni nel periodo dal 2016 al 2018”. In parallelo Ernst & Young, che lavorano alla certificazione del bilancio 2019, giovedì non lo certificano. Le due banche filippine dicono di non avere tra i loro clienti Wirecard e che i documenti sono stati falsificati.
Il ministro tedesco dell’Economia, Peter Altmaier, si dice scioccato: “Ci saremmo aspettati una situazione del genere ovunque, ma non in Germania”. Il danno di immagine per il Paese è serio. Più mirata è la reazione del ministro delle Finanze, Olaf Scholz, che punta il dito contro la Vigilanza: “Dobbiamo chiarire rapidamente come modificare i nostri requisiti normativi per monitorare in modo completo, tempestivo e veloce anche le reti aziendali complesse”, “revisori e autorità di vigilanza non sono stati efficaci”. Felix Hufeld, presidente del Bafin, ammette “il completo disastro”. Ci vorrà più di un mea culpa nell’audizione in commissione Finanze il primo luglio.
La stampa tedesca ora si chiede come l’illusione Wirecard sia potuta durare tanto. “Per troppo è stata vista come una piantina fragile cresciuta in casa che doveva essere protetta”, ha detto il deputato tedesco Fabio De Masi. Era il sogno che la Germania voleva sognare: guardare i giganti Usa del web “all’altezza degli occhi”.

“Il contante serve ai corrotti, agli evasori e al lavoro nero”. - Gianni Barbacetto

“Il contante serve ai corrotti, agli evasori e al lavoro nero”

Milena Gabanelli è la giornalista che da un decennio propone di ridurre il contante nelle transazioni economiche.
Come sei arrivata a questa proposta?
Parliamo di quasi dieci anni fa: l’intento era quello di offrire un suggerimento o quantomeno aprire una discussione. Nelle inchieste sulla corruzione, alla fine c’era sempre un giro di contanti; come in quelle sul lavoro nero, pagato sempre in contanti; sui professionisti, che preferivano i contanti, offrendo uno sconto del 20% senza fattura; e poi su quel gigantesco numero dell’economia sommersa (allora era sul 20% del Pil, secondo l’Fmi, sul 14% per l’Istat) che si nutre di contante e non paga le imposte dovute. Allora mi sono chiesta: se s’incentivassero i pagamenti tracciabili e si scoraggiasse l’uso del contante, non avremmo tutti da guadagnarci?
È anche un modo per ridurre l’evasione fiscale?
Credo sia difficile stabilirlo con precisione: l’economia sommersa è una stima, negli ultimi anni è un po’ calata, ma si aggira sui 190 miliardi l’anno. Però calcolando l’aliquota minima si fa presto a fare un conto.
L’uso della moneta elettronica potrebbe ridurre il lavoro nero e l’economia sommersa?
Di sicuro è più complicato sfuggire quando a monte c’è un pagamento tracciabile.
Ma come la riduzione del contante potrebbe essere un mezzo di contrasto alla corruzione e alle mafie?
I mezzi usati dal mondo dell’illegalità, purtroppo, sono sempre più sofisticati dei mezzi per combatterla, ma certamente la difficoltà a reperire contante qualche ostacolo lo mette. Anche l’ultimo episodio legato agli appalti di Atm Milano dimostra che le tangenti viaggiano sempre dentro a una busta con il cash. Che cosa ci facevano 67 mila euro in contanti in mano al dirigente Paolo Bellini?
È vero che meno contante significa più Pil?
Il Pil calcola anche la quota di sommerso, ma con meno contante in circolazione fai fatica a pagare i lavoratori in nero, per esempio, e sono circa 3 milioni, a cui non versi i contributi. Se li paghi con un assegno o un bonifico, dovrai per forza versarli, e questi soldi vanno nelle casse dell’Inps che poi paga le pensioni. Vale per tutto il settore del commercio e dei professionisti, che non pagano l’Iva e sotto-dichiarano. Sono tanti soldi, che consentirebbero di avere migliori servizi, di abbassare un po’ le tasse e creare nuovi posti di lavoro. Oltre a rendere tutto un po’ più equo, togliendo di mezzo la concorrenza sleale. Poi questo deve essere accompagnato dai mezzi necessari per combattere i grandi evasori, quelli che sfuggono completamente al fisco, o trasferiscono i profitti realizzati in Italia in un Paese a fiscalità agevolata, sfruttando però le infrastrutture italiane pagate con la fiscalità generale a cui tutti hanno contribuito, tranne loro.
Siamo uno dei Paesi occidentali più arretrati per uso di moneta elettronica.
Un po’ perché siamo ancora culturalmente analogici: ma si può recuperare incentivandola, consentendo per esempio di scaricare una percentuale di alcune spese. Occorre trovare un accordo con il sistema bancario per ridurre le commissioni. Per chi non si fida esiste sempre l’assegno. Contestualmente andrebbe scoraggiato pesantemente l’utilizzo del contante portando il tetto a un minimo mensile, o rendendone più costoso l’utilizzo. In fondo chi non può fare a meno del contante? Chi evade, chi fa il nero, gli spacciatori, i corruttori. Per tutti gli altri il problema non sussiste, nemmeno per gli anziani. Ricordo che ai tempi della social card, 12 anni fa, quasi 1 milione di indigenti e sopra i 65 anni fecero richiesta, dimostrando di non avere nessuna difficoltà a usare una carta elettronica con depositati 40 euro. Quando c’è un vantaggio, tutti imparano in fretta. Bisogna saperlo comunicare bene: “Se paghi con mezzi tracciabili, pagherai un ticket sanitario più basso, saranno meno lunghe le liste di attesa, ci saranno più asili nido, etc”. Poi le promesse vanno anche mantenute.
È pensabile, in futuro, l’abolizione della carta moneta, sostituita da una moneta elettronica di Stato?
In futuro saranno possibili tante cose, intanto guardiamo al presente.
Cosa pensi dell’eventualità di un condono in questa materia, suggerito anche dalla commissione Colao?
Se intendi l’emersione del contante depositato nelle cassette di sicurezza, che secondo il procuratore di Milano, ho letto sul vostro giornale, sarebbero 200 miliardi, i mezzi sono diversi, anche quello di proporre l’acquisto di titoli di Stato con un rendimento per esempio dell’1,5% a 3/5 anni, dedicati a realizzare infrastrutture.
Esistono monete elettroniche non tracciabili (tipo bitcoin): la guerra contro il contante non rischia di essere vana?
Chi vuole farla franca il modo lo trova sempre, però non per questo bisogna tenere la porta di casa aperta. Almeno mettiamoci una buona serratura.