di Pino Maniaci - 3 giugno 2010
Pubblichiamo di seguito la lettera che Pino Maniaci, giornalista d'inchiesta e direttore di TeleJato, ha inviato al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. La lettera, decisamente accusatoria, è stata letta dallo stesso Maniaci durante l'ultimo incontro del Festival delle Radio Universitarie 2010 a Perugia.
"Gentilissimo Presidente,
le scrivo in rappresentanza delle centinaia di testate locali che ogni giorno, nel nostro Paese, si battono per la libertà di espressione. Piccoli "nidi di ragno" innestati in territori spesso difficili o come, nel nostro caso, in terra di mafia, clientelismo e corruzione.
Gentilissimo Presidente, ogni giorno "giornalisti per amore" vengono pestati, minacciati, intimiditi per l'unica colpa di volere raccontare la verità, di tentare di rendere onore ai padri costituenti che ci regalarono l'articolo 21 della Costituzioni ed, insieme ad esso, la democrazia e la libertà col costo di migliaia di vite umane.
Siamo carne da macello, signor Presidente, alla mercè di mafiosi, politici corrotti e battaglie, nelle denunce da Trento a Trapani. Siamo anche quelli che conoscono meglio il territorio, perchè lo viviamo ogni giorno. Perchè col mafioso e col politico corrotto che denunciamo spesso ci tocca dividere il bancone dello stesso bar. Siamo anticorpi democratici di un Paese che, anche grazie al suo Governo, sta andando in cancrena. Abbiamo mille volti e mille mezzi. Siamo blogger, speaker, redattori, scriviamo via web, parliamo via etere, raccontiamo su carta. Non siamo giornalisti ma veniamo perseguitati come tali. Abbiamo i nostri eroi, alcuni scolpiti nella storia come Peppino Impastato, altri fortunatamente ancora liberi di esperimere il proprio pensiero come Carlo Ruta o Riccardo Orioles. Soprattutto gentilissimo Presidente abbiamo fatto la nostra scelta: la nostra libertà vale molto di più della nostra vita.
Dove non hanno potuto i bossoli, le lettere intimidatorie, le minacce, le denunce, le querele mirate, dove non ha potuto la più potente ed influente famiglia politico/mafiosa della Sicilia, non potrà una legge canaglia come quella sulle intercettazioni.
Lei e il suo fido Alfano v'illudete che una norma moralmente illegale possa diventare prassi solo perchè vergata su crismi di burocratica legalità.
Signor Presidente noi continueremo a fare il nostro lavoro, raccontando quello che avviene, anticipando la notizia, veicolando le news e se il caso, scrivendo quello che (secondo voi) non si deve raccontare.
"Disonorare i mascalzoni è cosa giusta, perchè, a ben vedere, è onorare gli onesti". Sa perchè gentilissimo Presidente non potrà mai batterci? Perchè giochiamo su un terreno a lei sconosciuto. Quello della libertà individuale che diventa patrimonio collettivo. Non siamo in vendita e sappiamo "resistere" a tutto.
Siamo liberi e quello che facciamo lo facciamo di tasca nostra, rischiando di nostro. Perchè è facile dire per una grande testata "noi resisteremo" dall'alto d'avvocati ben pagati e gruppi editoriali forti ma è ben più difficile farlo quando quel poco che hai in soldi di carta e rabbia ti serve anche per mangiare ogni giorno.
Ma lo facciamo in tutta Italia, da classici signor Nessuno, senza enfasi o protagonisti. Perchè amiamo il bello del nostro Paese e ogni muro amico che ci ha visto piangere o sognare. Perchè diciamo ogni giorno di voler mollare ed ogni giorno troviamo la forza di andare avanti. Perchè amiamo le nostre donne e ci perdiamo negli occhi dei nostri figli a cui vorremmo consegnare qualcosa di più bello del Paese attuale.
Ed abbiamo riferimenti etici alti: Pietro Ingrao, Vittoria Giunti, Luigi Ciotti, Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e quel Pietro Calamandrei che dei partigiani italiani diceva così: "Essi sono morti senza retorica, senza grandi frasi, con semplicità, come se si trattasse di un lavoro quotidiano da compiere: il grande lavoro che occorreva per restituire all'Italia libertà e dignità. Di questo lavoro si sono riservata la parte più dura e più difficile: quella di morire, di testimoniare con la fede e la morte la fede nella giustizia. A noi è rimasto un compito cento volte più agevole: quello di tradurre in leggi chiare, stabili e oneste il loro sogno di una società più giusta e più umana, di una solidarietà a tutti gli uomini alleati a debellare il dolore. Assai poco, in verità, chiedono ai nostri morti. Non dobbiamo tradirli".
Non li tradiremo signor Presidente.
"Se ci volete silenti dovrete spararci" dicemmo, ad uno scagnozzo mafioso che ci intimava di tacere.
Lo ripetiamo a lei che con l'aureola della legalità vuole imporci lo stesso mafioso silenzio.
Non taceremo e non molleremo neppure un centrimetro. Quindi signor Presidente non ha altra scelta: ritiri la legge o prepari tanti proiettili, perchè siamo in molti. Indietro non torniamo... neanche per prendere la rincorsa.
Tratto da: radiophonica.com
@magic lenin
Antonio Di pietro
Il simbolo della Legalità!!!!!!
Insomma, quali sono veramente i rapporti tra l’ex ministro delle Infra strutture Antonio Di Pietro e l’ex pre sidente del Consiglio dei lavori pub blici Angelo Balducci? Tonino si è sempre chiamato fuori, dicendo di «averlo spostato due volte» quando era ministro. Il suo fedelissimo Stefa no Pedica, però, deputato Idv e consi gliere dell’ex ministro, ha abitato in un alloggio di Propaganda Fide, nel periodo in cui gli immobili della con gregazione erano gestiti proprio da Balducci, alloggio poi ristrutturato da una società di Anemone, altro esponente della «cricca». Sembra che quell’appartamento in un primo tempo fosse destinato proprio a Di Pietro, una circostanza che - se con fermata - risalterebbe ancora di più alla luce di un altro, nuovo fatto.
An che la tesoriera dell’Idv Silvana Mu ra, storico braccio destro di Tonino, soprattutto sulle questioni che inve stono la gestione economica del par tito, ha abitato dal 2006 e abita tuttora in una casa di Propaganda Fide. Un appartamento non grande (un bi locale, 4,5 vani, come si legge nella vi sura catastale) ma in una zona di grande pregio, in via delle Quattro fontane 29, nel cuore di Roma, come risulterebbe anche dai verbali di Zampolini. Il particolare non irrile vante (scoperto dal sito Iltribuno. com ) è che l’appartamento, prima che subentrasse la Mura, era nelle di sponibilità di Anna Di Pietro, la figlia di Tonino, che poi lo lasciò per stabi lirsi a Milano e studiare alla Bocconi. Quell’alloggio,a quanto risulta,fu tro vato sempre grazie alle entrature ec clesiali di Pedica, anch’egli «inquili no » della congregazione, da cui nel 2007 ebbe in assegnazione una casa a Prati, elegante quartiere a due passi dalla Santa Sede.
Leggilo bene stronzo!!!!!!
E' tutto vero!!!!!!!!!!
Una buonissima giornata!!