giovedì 18 ottobre 2012

Il sonno della Regione. - di Marco Travaglio - Il F.Q. 18/10/2012



Gli italiani, si sa, sono nati per soffrire.
Uno su tre chiede aiuto alla Caritas, uno
su cinque non arriva a fine mese, tre giovani

su tre sono disoccupati, 4 milioni sono precari.
E ora devono pure attendere fino a chissà
quando per sapere se il Pd chiederà o no a
Massimo D’Alema, la Volpe del Tavoliere, di
sacrificarsi ancora una volta per noi e abbassarsi
a tornare in Parlamento. Ma si può
vivere così, senza un minimo di certezza? Per
fortuna, in tanta precarietà, qualche punto
fermo rimane. Beppe Pisanu, deputato dal
lontano 1972, annuncia che si ricandida (non
dice con chi, ma qualcuno che lo mette in lista
si trova) perché “una famiglia sarda detiene il
record della longevità in Italia e io, politico
sardo, voglio battere quello della longevità
politica”. A spese nostre, s’intende. La lieta
novella è stata comunicata alla presentazione
del libro di Ciriaco De Mita (che, fra Italia ed
Europa, è parlamentare dal 1963), dal titolo
decisamente minaccioso: La storia non è finita.
E le minacce dilagano, se è vero che Formigoni,
che salta da una poltrona all’altra dal
1984, si ripresenterà alle regionali lombarde
magari con una lista Forza Forchettoni, con
l’aggiunta di una lista Sgarbi, altro nome di
cui si sentiva la mancanza. Un genio. Del resto,
nel 1993, intervistato dal sottoscritto per il
Giornale di Montanelli al Meeting di Rimini, il
capo romano di Cl, monsignor Giacomo Tantardini,
ebbe a definire il Celeste “l’uomo politico
più stupido del mondo” (aveva appena
presentato una nuova corrente Dc in società
con Vittorio Sbardella, in arte Squalo, noto
per i sigari alla Al Capone ma soprattutto per
la collezione di avvisi di garanzia). Infatti, nella
Prima Repubblica, Robertino era solo uno
dei 14 vicepresidenti del Parlamento europeo,
mentre nella Seconda è stato governatore di
Lombardia per 17 anni. Il sonno della Regione
genera mostri. È questa la principale
differenza fra Prima e Seconda Repubblica:
non tanto il livello di corruzione, visto che si
ruba anche più di prima, quanto il livello di
demenza, un’epidemia.
L’on. Antonio Mazzocchi del Pdl, questore
della Camera firmatario dei bilanci della medesima,
patrocina uno stanziamento di
5.656.000 euro per costruire un nuovo parcheggio
per i deputati davanti a Montecitorio
in quanto – dichiara al Messaggero – trovare
un posto auto in piazza del Parlamento “è
davvero un problema”, si rischiano persino le
multe anche se “i vigili della zona sono molto
cortesi e prima di fare la multa ti chiamano e
ti dicono di spostare la macchina” e di prendere
l’autobus o la metro non se ne parla
perché “non prendiamoci in giro: i mezzi
pubblici non funzionano” e lorsignori ne sanno
qualcosa, visto che allo sfascio del Comune
si dedicano con passione da decenni. Ogni
volta che aprono bocca, si nota distintamente
sullo sfondo una transumanza di 50-100 mila
elettori in fuga verso Grillo, o verso l’a s t e nsionismo.
In piena Tangentopoli i politici di
allora, a parte lui e pochi altri del suo livello,
s’arrabattavano come meglio potevano per
recuperare un minimo di credibilità. Abolirono
l’autorizzazione a procedere per indagare
i parlamentari. E alzarono dal 50% più
uno ai due terzi la maggioranza necessaria per
amnistie e indulti, per impedirsi di cancellare
Tangentopoli col solito colpo di spugna. E
assecondarono i referendum per abolire il finanziamento
pubblico dei partiti e cambiare
la legge elettorale. Oggi, in piena Ladropoli,
non riescono nemmeno a cambiare il Porcellum
e bisogna costringerli con la fiducia
per votare una legge anticorruzione notoriamente
finta, inutile, addirittura favorevole ai
concussori. È proprio una questione di principio,
anzi di etichetta: se passa il concetto che
si deve combattere la corruzione, si crea un
pericoloso precedente.




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Nuova sferzata di Beppe Grillo: "In Sicilia treni da Terzo mondo".


sicilia-grillo-messina_10102012
Beppe Grillo continua il suo tour siciliano per sostenere il candidato del Movimento Cinque Stelle, Giancarlo Cancelleri. Oggi, come previsto, il ‘Comizio Train-Ante’ da un convoglio ferroviario partito da Scordia, in provincia di Catania.
“Rivedere in toto il sistema dei trasporti in Sicilia. È assurdo che la Regione abbia finanziato il trasporto su gomma dimenticando letteralmente il sistema ferroviario che al momento è da terzo mondo. Ventidue ore per andare da Ragusa a Palermo è oggi improponibile”, ha detto il leader di M5S
Scordia è la città che aveva fatto delle arance il traino della sua economia, ed oggi così non è più per via di scelte sconsiderate dei governi nazionali e locali – ha sottolineato invece Giancarlo Cancelleri- le arance adesso vanno al macero e l’economia muore. Scordia- conclude  - è il simbolo di una Sicilia stroncata dal capitalismo dilagante e dalla mancata assunzione di responsabilità della politica che sino ad oggi ha governato l’Isola”.
Tornando ai trasporti, questi, sono stati spunto per un altro intervento del candidato per il Movimento 5 Stelle Cancelleri: “Puntiamo sul progressivo miglioramento delle tratte ferroviarie con recupero delle linee ferrate attraverso un preciso piano regionale dei trasporti che prevede lo spostamento del trasporto dalla gomma alla rotaia, piano che prevede inoltre severe procedure di verifica da parte della Regione in tema di erogazione di contributi ed ancora l’implementazione di piste ciclabili e di mezzi ad energia pulita sfruttando il car o il bike sharing come avviene già in molti paesi europei”.
Il Comizio Train-ante si è concluso alla stazione di Vizzini alle ore 15.00, sempre sulla tratta Catania, Caltagirone.

Reggio Emilia, Gruppo Marcegaglia in crisi. 260 operai rischiano il posto. - Annalisa Dall'Oca


Reggio Emilia, Gruppo Marcegaglia in crisi. 260 operai rischiano il posto


Problemi di liquidità, bilanci in perdita, riduzione dei turni di lavoro: l’azienda siderurgica valuta la dismissione delle emiliano romagnole Oto Mills e Oto Lift Trucks, della mantovana Oto Steel e della vicentina Oto Automation. La Fiom: "C'è preoccupazione, non ci raccontano tutta la verità e ci offrono solo la fregatura del salario d'ingresso".

Prima la disputa sul salario d’ingresso e poi la possibile cessione di quattro stabilimenti, due dei quali in provincia di Reggio Emilia. C’è di nuovo aria di tempesta, oltre che di crisi, all’interno del Gruppo Marcegaglia, tra la dirigenza del colosso siderurgico e le tute blu della Fiom, che hanno appreso, “leggendo un settimanale economico, l’intenzione, da parte dell’azienda, di avviare la cessione del ramo aziendale Engineering”.
Una vendita che l’azienda sta valutando, avviando un mandato esplorativo per sondare il mercato, e che potrebbe riguardare le emiliano romagnole Oto Millse Oto Lift Trucks, la mantovana Oto Steel e la vicentina Oto Automation. Più di 260 lavoratori coinvolti, tra interni e esterni, “che devono essere tutelati, ma di cui non conosciamo la sorte – spiega Mirco Rota, segretario generale Fiom Cgil Lombardia e responsabile sindacale dei rapporti con il gruppo Marcegaglia .– L’azienda non ci ha ancora fatto sapere nulla, né tanto meno ci ha informati a giugno, durante l’ultimo incontro sulla situazione produttiva degli stabilimenti, anzi avevano annunciato 50 nuove assunzioni. A questo punto, ovviamente, siamo preoccupati per le centinaia di persone coinvolte da questo progetto”.
Preoccupazione che, tuttavia, non ha ricevuto alcun riscontro. “Alle nostre continue richieste – ricorda Rota – inoltrate non appena siamo venuti a parte di questa intenzione, la dirigenza ha risposto convocando una riunione di appena cinque minuti con i lavoratori, durante la quale non ha assolutamente smentito la notizia, limitandosi a offrire qualche rassicurazione”.
Poche parole che non hanno saputo tranquillizzare nè gli operai, nè tantomeno la Fiom, che già da un anno a questa parte segnala a gran voce la crisi che il gigante dell’acciaio sta vivendo e che, inevitabilmente, “ricade sulle spalle dei lavoratori”. Problemi di liquidità, bilanci in perdita, riduzione dei turni di lavoro per gli operai di diversi stabilimenti, da Mantova a Ravenna. “Quello che abbiamo rilevato è un sensibile indebolimento industriale – racconta Rota – ma l’unica soluzione che l’azienda ci ha fornito è l’introduzione del salario d’ingresso. Un vero e proprio ricatto che, tra l’altro, invece di portare alle assunzioni promesse, all’ampliamento di alcuni stabilimenti, ha ridotto esclusivamente i diritti dei lavoratori”.
Nello stabilimento di Contino, a Mantova, per esempio, il salario d’ingresso per i nuovi dipendenti “che l’azienda ci ha imposto – chiarisce Rota – doveva, in cambio, garantire 20 assunzioni e l’allargamento dello stabilimento”. Ma le assunzioni sono state solo sei, e nell’incontro che si è svolto oggi, l’azienda ha chiesto di porre le basi per un accordo “che metta a casa in ferie i lavoratori, perchè i magazzini sono pieni e non si può continuare a produrre a ritmo normale”. Ma non solo. “Addirittura, ai lavoratori hanno detto che se non hanno più ferie, devono rimanere a casa comunque, recupereranno quando ci sarà lavoro”. Insomma, una cassa integrazione senza il ricorso agli ammortizzatori sociali finanziati dallo Stato. “Con i soldi dei lavoratori” tuona Rota.
Per questo, sulla cessione che negli uffici del Gruppo Marcegaglia è già nell’aria, le tute blu vogliono mettere le mani avanti. “Il 29 ottobre abbiamo un incontro con l’azienda per capire quali saranno le prospettive di tutto il gruppo – spiega la Fiom – ma a fronte di questa notizia è necessario, prima ancora dell’incontro di fine mese, che Marcegaglia dia un’informazione precisa alle organizzazioni sindacali rispetto al settore Engineering, perché gli elementi di preoccupazione sono parecchi ed è necessario che sia fatta chiarezza”.
L’amara pillola della riduzione di stipendio per i nuovi assunti nel gruppo, il salario d’ingresso appunto, del resto, non è ancora stata digerita dai sindacati. Tutt’altro. “La notizia della possibile cessione conferma di fatto che l’idea di introdurre il salario di ingresso da parte dell’azienda non risolve i problemi industriali e di mercato”.
A gettare acqua sul fuoco, però, ci pensa Enrico Giuliani, direttore generale del Gruppo Oto, che sulla questione chiarisce: “la vendita non è affatto assicurata”. Anche se l’intenzione c’è. Del resto è per questo che si avvia un mandato esplorativo. Un procedimento che serve a sondare il mercato, per capire quali realtà potrebbero essere interessate all’acquisto e a quale prezzo. Solitamente, il mandato esplorativo viene attuato dalle imprese in crisi che cercano di vendere, ma su questo punto Giuliani è chiarissimo: “non siamo in difficoltà – specifica – l’azienda è solida e non abbiamo necessariamente bisogno di vendere gli stabilimenti”. Se la cessione industriale ci sarà, “avverrà per portare un valore aggiunto alla nostra produzione”. E non risparmia una stoccata alle tute blu. “Non abbiamo informato i sindacati perchè non abbiamo ancora firmato nessun contratto, dunque, siccome non è insolito che altre realtà internazionali si interessino a noi, è capitato spesso in questi anni, non c’erano novità da comunicare”.
“Io credo – conclude Giuliani, a rassicurare i 260 operai interessati dalla possibile cessione – che se siamo stati additati a livello internazionale, se tanti partner e competitor sono interessati a noi, è per perseguire il made in Italy, garanzia di qualità nell’engineering e nella produzione, e non per smantellarlo”. 
E a rimetterci sono sempre i lavoratori, quelli che mettono le loro forza lavoro per portare avanti un'azienda.
I Marcegaglia di certo non ci rimettono nulla, anzi ci guadagnano, con i loro 17 conti segreti all'estero.