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giovedì 7 gennaio 2021

L’ex sindaca con la passione per le consulenze a peso d’oro. - Gianni Barbacetto

 

Se arriverà a Palazzo Lombardia come assessore alla Sanità in sostituzione di Giulio Gallera, Letizia Moratti porterà con sé un bel curriculum. Ex sindaco di Milano, ex ministro dell’Istruzione, ex presidente della Rai, ex broker assicurativo, ex presidente di Ubi banca. Ma anche condannata dalla Corte dei conti “per colpa grave” nella vicenda delle “consulenze d’oro”; e indagata per una brutta storia di soldi e petrolio, in cui fanno capolino gruppi mafiosi e perfino i terroristi dell’Isis.

Letizia Maria Brichetto Arnaboldi vedova Moratti era sindaco di Milano quando assunse a Palazzo Marino una sessantina di persone di sua fiducia. Tra queste, sei uomini d’oro entrati con “illeciti conferimenti di incarichi dirigenziali” e altri sei ingaggiati con “non consentite nomine di addetti all’Ufficio stampa comunale”, che arrivò ad avere 20 dipendenti. Tutto a spese del Comune. Peccato che la Corte dei conti le abbia poi presentato il conto: 591 mila euro di danno erariale da rimborsare, un cifra che arriva a oltre 1 milione se si considerano anche i suoi 21 coimputati.

I fatti sono del 2006. La condanna diventa definitiva, con sentenza della Corte di Cassazione, nel 2019. Le motivazioni sono pesanti: l’operato di Letizia Moratti ha avuto “il connotato della grave colpevolezza, ravvisabile in uno scriteriato agire, improntato ad assoluto disinteresse dell’interesse pubblico alla legalità e alla economicità dell’espletamento della funzione di indirizzo politico-amministrativo spettante all’organo di vertice comunale”. Nessuno dei nominati – appurano i magistrati – era in possesso delle competenze professionali richieste dalla legge.

Ancor più bruciante la vicenda che l’ha coinvolta da presidente di Ubi, ruolo che ha ricoperto fino all’ottobre 2020, quando la banca è stata conquistata da Intesa. Tre anni prima, nel 2017, un funzionario antiriciclaggio di Ubi, Roberto Peroni, denuncia che la banca ha una quarantina di clienti molto speciali, che godono di un trattamento particolare: per loro non valgono i controlli e non scattano le segnalazioni di operazioni sospette. Tra questi, la presidente Moratti: la Saras Trading, società svizzera del gruppo Moratti, ha infatti ricevuto da Ubi Factor finanziamenti milionari poi finiti all’estero, con transazioni passate nelle Isole del Canale.

Peroni viene cacciato, ma la Procura di Brescia apre un’indagine che si chiude nel 2019, con un’archiviazione: la mancata segnalazione di operazioni sospette non è più reato ma solo illecito amministrativo, comunque sanzionato dalla Banca d’Italia con una multa a Ubi di 1,2 milioni di euro. La posizione di Moratti viene però stralciata e mandata alla Procura di Cagliari. E questa fa il botto. Scopre che tra il 2015 e il 2016, Saras, la società petrolifera del gruppo Moratti, aumenta le importazioni di greggio dal Kurdistan iracheno, allora controllato dall’Isis. Niente bolle regolari e prezzi stracciati, con un ribasso “mediamente di oltre il 22 per cento, con punte del 38-42 per cento”. L’ipotesi degli investigatori è che sia lo Stato Islamico a contrabbandare il petrolio, dal porto di Bassora, in Iraq, attraverso Petraco Oil Company Llp, società inglese con una sede a Lugano, controllata da una sigla domiciliata nell’isola di Guernsey. Petraco è nel biennio 2015-2016 il maggior fornitore di petrolio di origine irachena (72 importazioni su 51) a Saras Trading. Moratti è coinvolta due volte: come azionista di Saras e come presidente di Ubi. Perché è il consiglio d’amministrazione di Ubi Factor che il 23 dicembre 2016 delibera di finanziare Saras Trading con 45 milioni di euro. Il credito viene triangolato (Ubi Factor-Saras Trading-Petraco) negli ultimi giorni dell’anno. E la banca ha “volutamente omesso” la segnalazione all’antiriciclaggio, pur “in una situazione di palese conflitto d’interessi”, visto che Letizia Moratti è presidente della banca che finanzia una sua società . I contratti di factoring, secondo la Guardia di finanza, potrebbero essere “un modus operandi” per nascondere “la provenienza delittuosa” del petrolio.

Ma non basta l’Isis. Il gruppo Moratti è indiziato anche “di relazioni commerciali con società contigue ad ambienti della criminalità organizzata o ad alto rischio di condizionamento”. Gli investigatori citano la Kb Petrols, società anch’essa in rapporti con Ubi Banca e anch’essa non segnalata all’antiriciclaggio. Il suo rappresentante legale è Claudio La Rosa, che risulta in contatto con “Giuseppe Arena, considerato organico della famiglia di Cosa nostra Santapaola-Ercolano, essendo una delle persone più vicine (autista e guardaspalle) a Vincenzo Aiello, rappresentante provinciale di Cosa nostra catanese”. La Rosa è rappresentante legale anche di un’altra azienda, in rapporti d’affari con ditte collegate a Luigi Brusciano, “riconducibile al clan dei casalesi” e contiguo agli ambienti di Malta citati in alcune inchieste giornalistiche sulla morte della giornalista Daphne Caruana Galizia, uccisa nel 2017 con una autobomba. Con questo curriculum, Letizia Brichetto Moratti arriva in Regione con l’impegno a non farci rimpiangere Gallera.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/07/lex-sindaca-con-la-passione-per-le-consulenze-a-peso-doro/6057454/

giovedì 24 dicembre 2020

Turchia: scoperta maxi-miniera d'oro nel nord-ovest.

 

Conterrebbe 99 tonnellate per un valore di 5 miliardi di euro.

(ANSA) - ISTANBUL, 22 DIC - Un'importante miniera d'oro dal valore stimato di quasi 5 miliardi di euro è stata scoperta nel nord-ovest della Turchia. Il sito, che rientra nella proprietà dell'azienda per la produzione di fertilizzanti Gubretas, si trova nella località di Sogut, circa 250 km a sud di Istanbul, e conterrebbe 99 tonnellate del metallo prezioso.

A rendere nota la scoperta è stato il proprietario della compagnia e responsabile delle Cooperative di credito agricolo del Paese, Fahrettin Poyraz, citato da Anadolu.
"Entro due anni saremo in grado di estrarre le prime quantità d'oro", ha sostenuto Poyraz. La sua società ha acquisito il controllo dell'area interessata lo scorso anno a seguito di una controversia giudiziaria. Le azioni della compagnia hanno fatto segnare oggi un aumento di circa il 10% alla Borsa di Istanbul.
Secondo il ministro dell'Energia Fatih Donmez, nel 2019 la Turchia ha registrato il record nell'estrazione e produzione d'oro, per un totale di 38 tonnellate. (ANSA).

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2020/12/22/turchia-scoperta-maxi-miniera-doro-nel-nord-ovest_fd1c7d90-d954-419b-92f1-63e2e30a088f.html?fbclid=IwAR0e7fjMBeBbLgK1d6gcpDhdXH31mg53t5AYUQPWoJMTPbaCXbxzO8cK8T0

mercoledì 19 novembre 2014

E' UFFICIALE : GLI USA HANNO RUBATO L'ORO DELL'UCRAINA. - traduzione Bosque Primario

gold


FONTE CLUBORLOV (BLOG)
E’ ufficiale: Gli USA hanno rubato l'oro dell' Ucraina

Solo questosi scopre che le voci che giravano alla fine avevano ragioneAlmeno una parte della ragione per cui il  Dipartimento di Stato e la CIA hanno organizzato un colpo di stato in Ucraina - che ha rovesciato il suo governo democraticamente eletto per installare un regime neo-nazista fantoccio -per rubare l'oro dell'Ucraina.



 
Si diceva che poco dopo il colpo di stato l'oro fosse stato tranquillamente caricato su un aereo per portarlo negli Stati UnitiOra arriva la rivelazione ufficiale:l'Ucraina non ha più riserve auree. 
L'oro è stato venduto per pagare una fallimentare campagna militare in Ucraina orientale e per sostenere ancora per un qualche tempo  il prezzo dell'oro nel mercato fasullo dell'oro-di-carta. A questo punto c'è solo da aspettarsi che una volta che il risultato di questa "correzione" si esauriràil prezzo dell'oro schizzerà alle stelleil dollaro crollerà come un sasso e gli americani dovranno  aggiungere  anche la parola"iperinflazione" alla lunga lista dei loro guai.

giovedì 6 novembre 2014

Vittoria del m5s. - Giancarlo Cancelleri



Stampatelo e mettetelo dappertutto! 
Nei bar, nei panifici, dal parrucchiere, dal gommista, al cinema, a casa di lei, sotto il banco dello studente di fronte, nel portone del vostro comune, nel parabrezza di un'utilitaria, all'entrata di una villa qualsiasi, nei cessi della metro, accanto al manifesto dell'ypsigrock, dentro ogni bucalettere, sotto l'ombrellone, sopra il frigo, nella vostra bacheca... TUTTI DEVONO SAPERE cosa siamo riusciti a fare!

Vittoria storica del MoVimento 5 Stelle Sicilia!


https://www.facebook.com/cancellerigiancarlo/photos/a.266670593448319.60930.265320453583333/611521765629865/?type=1&theater

mercoledì 17 settembre 2014

L'oro e le piramidi mesoamericane. - Marcello Soave.



Tutti sanno che l’interesse degli Spagnoli nelle Americhe risiedeva nell’oro che volevano “estrarre” da questo territorio e dalle sue genti (per fini di conio monetario). Ma pochi sanno che i popoli precolombiani glielo diedero perché pensavano che gli Spagnoli fossero gli “dèi” ritornati dopo una lunga assenza.
Gli studiosi concordano sul fatto che tanto gli Incas quanto gli Atzechi non usavano l’oro per scopi monetari, né gli attribuivano un valore commerciale. Il commercio era senz’altro sviluppato, ma si trattava più che altro una forma di baratto; le tasse consistevano in prestazioni e servizi occasionali, dal momento che l’uso del denaro era assolutamente sconosciuto. Per quanto riguarda gli utensili e le armi, gli Aztechi si trovavano ancora all’età della pietra, eppure sapevano lavorare perfettamente l’oro.

I cronisti del tempo, come pure i ricercatori contemporanei, concordano nell’affermare che quei popoli utilizzavano l’oro solo per adornare i templi degli dèi e i re (che li governavano in nome degli dèi) e come offerta funebre (da seppellire nella tomba). Gli Aztechi riversarono letteralmente tutto l’oro che avevano ai piedi degli Spagnoli, credendoli i loro dèi. Un testimone oculare, Bernal Dìaz del Castillo (Historia verdadera de la conquista de la Nueva España), narra che  Hernando Cortès nel 1519 partì da Cuba e, raggiunto il continente, allestì il campo sul confine tra il territorio Maya e quello azteco e lo chiamò Veracruz. Fu lì che si presentarono degli incaricati del sovrano azteco a dare il benvenuto e a offrire doni. Come spiegarono gli incaricati, quei doni li mandava il loro sovrano Montezuma al divino Quetzalcoatl, il “serpente piumato” che era il dio della sapienza degli Aztechi. Egli era stato un grande benefattore che molto tempo prima, per colpa del dio della guerra, era stato costretto ad andarsene e a lasciare la terra agli Aztechi. Con un gruppo di seguaci se ne era andato nello Yucatan, per poi spostarsi ancora più a oriente; aveva promesso, però, che sarebbe tornato nel giorno dell’anniversario della sua nascita, nel cosiddetto “anno del ritorno” (che secondo il calendario ciclico azteco si ripete ogni 52 anni). Per il calendario cristiano gli anni possibili erano il 1363, il 1415, il 1467 e il 1519, proprio l’anno in cui Cortès era apparso da est ai confini del territorio azteco. Munito di barba ed elmetto come Quetzalcoatl (secondo alcuni anche il dio era di pelle chiara), sembrava proprio che Cortès fosse il compimento delle loro profezie.

Anche gli Aztechi credevano in un Creatore di tutte le cose, un Dio che “dà la vita e la morte, la sorte propizia e quella avversa”. Il cronista Antonio de Herrera y Tordesillas (Historia general) scrisse che gli Indiani “lo invocavano quando soffrivano, alzando gli occhi al cielo, laddove ritenevano che egli si trovasse”. Questo Dio creò dapprima il cielo e la terra; poi, con dell’argilla, diede forma a un uomo e una donna, ma questi non durarono a lungo. Dopo molti tentativi, una coppia di esseri umani venne creata con cenere e metallo, e da essa ebbe inizio il popolamento del mondo. 

A un certo punto, però, tutto venne distrutto da un immane diluvio, che travolse per un anno e un giorno tutto e tutti a eccezione di un sacerdote (Nene) e di sua moglie (Tata), i quali, portando con sé semi di piante e animali, trovarono scampo a bordo di un’imbarcazione. Come non trovare in queste tradizioni precolombiane un parallelo con l’Antico Testamento e i miti sumerici?

Gli annali aztechi registravano il tempo passato dalla creazione in quattro ètà o “Soli”. Quindi la loro epoca corrispondeva alla quinta (in corso): l’Era del quinto Sole. Ciascuna delle precedenti ere era finita con un evento catastrofico, alcune volte di origine naturale (il diluvio), altre volte causato da guerre tra gli dèi. La prima epoca, l’Era del primo Sole durò (tradizionalmente) 4008 anni e fu un’età in cui il Creatore di tutte le cose, del cielo e della terra, regnava con la sua consorte: questa era finì col diluvio. Nella sua Historia de las cosas de la Nueva España, il frate Bernardino de Sahagùn attribuisce l’origine di questa credenza ai Toltechi (predecessori degli Aztechi in Messico):

E i Toltechi sapevano che molti sono i Cieli.
Dicevano che essi erano divisi in dodici settori,
uno al di sopra dell’altro;
là sta il vero dio e la sua consorte.
Egli è il Dio Celeste, Signore della Dualità;
La sua consorte è Signora della Dualità, Signora Celeste.
Ecco ciò che questo significa:
Egli è il Signore, al di sopra dei dodici Cieli.

Questa storia sembra una sintesi del pensiero religioso-astronomico mesopotamico, secondo il quale il capo del pantheon si chiamava Anu (“Signore del Cielo”) e, con la sua consorte Antu (“Signora del Cielo”), abitava nel pianeta più lontano, Nibiru, il dodicesimo membro del nostro sistema solare secondo la cosmogonia sumera (il Sole, Mercurio, Venere, Terra, Luna, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone, Nibiru). 

L’Era del secondo Sole fu l’Età dell’oro e durò 4010 anni. 
L’Era del terzo Sole fu l’era del Popolo dai capelli rossi e durò 4081 anni. 
L’Era del quarto Sole fu l’era del Popolo dalla testa nera (notare che i Sumeri chimavano sé stessi “popolo dalla testa nera”). Durante quest’epoca venne costruita Tollan (l’odierna Tula), la capitale tolteca. Verso la fine gli dèi cominciarono a farsi guerra l’uno con l’altro, portando morte e distruzione in tutta la regione, gli animali selvatici sopraffecero il genere umano, Quetzalcoatl se ne andò e Tollan fu abbandonata. Cinque anni dopo arrivarono le tribù Chichimec, ovvero gli Aztechi, e cominciò l’Era del quinto sole. La cronaca del Codex Vaticano-Latino 3738 tramanda che il quarto Sole “ebbe inizio 5042 anni” prima della prima redazione del testo: quindi gli annali aztechi andavano a ritroso per 17.141 anni.

La cronologia Mexica-Nahuatl colloca il diluvio alla fine del primo Sole, circa 13.133 anni prima del momento in cui venne scritto il codice, ovvero intorno all’11.600 a.C. Ed è proprio nell’11.000 a.C. che Zecharia Sitchin colloca la data del diluvio basandosi sulle tavolette cuneiformi sumere (vedi l’articolo Cronologia della Terra).

Nel Manoscritto del 1558 si afferma che alla fine del quarto Sole gli dèi si riunirono a Teotihuacan (“Luogo degli dèi”, dichiarata Patrimonio dell'umanità dall'Unesco nel 1987, è il più grande sito archeologico precolombiano del Nord America, nel comune di San Juan Teotihuacán, 40 chilometri a nord-est di Città del Messico). Là Quetzalcoatl si impadronì di alcune “ossa preziose”, le portò a Tamoanchan (“Luogo della nostra origine”) e le diede alla dea. 

Essa prese le ossa
E le mise in una vasca di terracotta dai bordi sottili.
Quetzalcoatl fece sanguinare il suo organo maschile e sparse il suo sangue su di esse.

Sotto gli occhi degli altri dèi, essa mischiò le ossa fatte di terra con il sangue del dio: ne derivò una mistura simile ad argilla, con la quale fu modellato Macehuales, il primo uomo. Nei racconti sumerici erano Enki e Ninti (“Colei che dà la vita”, detta anche Ninharsag) che davano vita ad Adapa.

Particolarità delle piramidi di Teotihuacan è che sono simili per diversi aspetti alle piramidi di Giza. Sia la Piramide del Sole che la Grande Piramide sono costruite su piattaforme artificiali e la misura dei lati è quasi la stessa: 227 metri a Teotihuacan e 230 metri a Giza. Inoltre si è notato che la Seconda Piramide di Giza è più bassa della Grande Piramide, eppure le loro cime sono alla stessa altezza, perché la Seconda Piramide poggia su un terreno più alto. Analogamente a Teotihuacan la Piramide della Luna, più piccola, è costruita su un terreno più alto di quello della Piramide del Sole, in modo che le loro cime si trovano alla stessa altezza. Inoltre il viale principale su cui si affacciano le Piramidi del Sole e della Luna è un’asse nord-sud che si estende per quasi 8 km, perfettamente dritta (René Millon, 1960). 
Quest’asse però non è perfettamente orientato verso nord, ma è inclinato di 15°, in modo che corrisponda al passaggio del Sole allo zenit dell’osservatore, il che avviene due volte l’anno, quando il Sole sembra muoversi da nord a sud e ritorno (Zelia Nuttal, 1926).

Altro mistero sono le cosìddette “teste olmeche”: finora ne sono state trovate sedici, sono scolpite nella pietra basaltica, vanno da un’altezza di un metro e mezzo a tre e


pesano fino a 25 tonnellate. Il primo a vedere una di queste teste fu J.M. Melgar y Serrano nella località di Tres Zapotes, nello stato di Veracruz (Messico).
Egli la descrisse nel 1869 all’interno del Bulletin of the Mexican Geographical and Statistical Society e ne notò i tratti negroidi. L’esame al radiocarbonio le data al più tardi a 1200 a.C. : il punto è che teoricamente fino al 1500 d.C. non ci dovevano essere che indios in America, in quanto da quel secolo iniziò la tratta degli schiavi neri!

Zecharia Sitchin, traduttore dal sumerico delle tavolette cuneiformi irakene, ipotizza che fossero effettivamente gente di colore che gli Annunaki (alieni di Nibiru) portarono dallo Zimbabwe per lavorare nelle miniere d’oro in sudamerica.

Inoltre sono veramente impressionanti le mura di Sacsayhuamán (Luogo del Falco), un sito archeologico Inca nella regione di Cusco in Perù, in una posizione dominante della collina di Carmenca, a nord della città di Cusco. 

Queste mura sono alte fino a 18 metri e sono composte da pietre megalitche (in porfido e andesite o trachite scura Andahuaylillas) di dimensioni colossali, del peso di 10-20 tonnellate. Uno dei blocchi, addirittura, è alto oltre 8 metri e pesa più di 300 tonnellate, mentre diversi altri raggiungono i quattro metri e mezzo di altezza e dai tre a quattro metri di larghezza e profondità.

Le pietre sono posate a secco e, pur essendo irregolari, combaciano perfettamente, al punto che non passa una lama o uno spillo negli interstizi. E’ accertato che le pietre provenivano da cave distanti da un minimo di 21 km (a Muyna) a un massimo di 63 km (a Yucay).
Ciò che stupisce è che gli Inca non conoscevano ferro né acciaio (necessari a intagliare la roccia). Non avevano carri, né buoi, né funi, né gru, né carrucole. Inoltre non vi erano strade piane su cui trasportare le pietre, ma piuttosto aspre montagne a ripidi strapiombi da oltrepassare.
Erich von Daniken (Reise nach Kiribati, 1980) fu il primo
a sostenere la teoria degli “antichi astronauti” per spiegare i megaliti di Sacsayhuamán. Zecharia Sitchin riprese queste teorie e indicò negli Annunaki (gli alieni di Niburu, un pianeta del nostro sistema solare) gli autori di queste mura. In particolare dovrebbero essere gli alieni della fazione di Enlil, che si trasferirono definitivamente in sudamerica dal medio oriente dopo la Grande Calamità (una guerra scoppiata nel 2024 a.C. con la fazione di Enki e suo figlio Marduk, in cui vennero usate anche armi atomiche). 

Anche gli annali Inca (Fernando Montesinos, 1628, Memorias Antiguas Historiales del Peru) registravano cinque ere o “Soli” successivi. 
La Prima Età o Primo Sole fu quella dei Viracocha, divinità bianche e barbute. 
La Seconda Età o Secondo Sole fu quella dei giganti, in cui ci furono guerre tra dèi e giganti (simili alla mitologia greca dei Titani). 
La Terza Età o Terzo Sole fu quella dell’uomo primitivo. 
La Quarta Età o Quarto Sole fu quella degli eroi o semidei. 
Vi era poi la Quinta Età o Quinto sole, l’epoca dei re umani, dei quali gli Incas erano gli ultimi in linea cronologica.
Ci sono poi altre “coincidenze” tra tradizioni sumeriche e precolombiane: sia l’astronomia Inca che quella sumera hanno 12 case dello zodiaco, con molti nomi coincidenti! Così gennaio, il mese dell’Acquario, era dedicato a Mama Cocha e Capac Cocha, ovvero Madre Acqua e Signore Acqua. Aprile, il Toro, si chiamava Tupa Taruca, Cervo al Pascolo (non vi erano tori in Sud America). La Vergine era Sara Mama (Madre Granoturco) e il suo simbolo era l’organo sessuale femminile. Poi è accertato che il simbolo della croce fosse conosciuto in Sud America già prima dell’arrivo degli Spagnoli. 
E’ nota la croce presente sulla lastra Maya (di 5 tonnellate, lunga 4 metri) del Tempio delle Iscrizioni a Palenque (situato nello stato messicano del Chiapas, non lontano dal fiume Usumacinta, circa 130 km a sud di Ciudad del Carmen) e che Erich von Daniken interpreta come l’immagine di un antico astronauta.


Ricordiamo che vi era una croce sullo scudo di Quetzalcoatl (fig. d); una croce era anche il simbolo del pianeta Nibiru tra i Sumeri (fig. a) e aveva una croce centrale l’onnipresente emblema egizio del Disco Alato (fig. b e c).


Gli annali Inca registrano un fatto prodigioso avvenuto nel terzo anno di regno di Titu Yupanqui Pachacuti II (nel 1433 a.C. secondo Sitchin): “non vi fu alba per 20 ore”. Ancora più notevole è che la Bibbia lo conferma: dopo che gli Israeliti, sotto la guida di Giosuè, entrarono in Palestina conquistando Gerico e Ai, vi fu una battaglia con i Cananei vicino a Beth-Horon.

Antico Testamento, Libro di Giosuè, 10, 13

                E allora il Sole si fermò, si arrestò la Luna,
                finchè il popolo non si fu vendicato dei nemici.
                In verità tutto è scritto nel Libro di Jashar:
                il Sole si fermò nel mezzo del cielo
                e non si ebbe fretta di scendere
                per quasi tutto il giorno

Quindi la Bibbia e le cronache Inca si confermano a vicenda sull’episodio dell’interruzione della rotazione della Terra per una ventina di ore un giorno del 1433 a.C (osservata contemporaneamente dagli Ebrei in Palestina e dagli Inca in Sud America, a Cusco). Vi è un’altra conferma negli scritti di Juan de Betanzos (Suma y Narracion de los Incas, 1551) sulla città di Tiahuanacu in Bolivia, vicino al lago Titicaca (a 72 km a ovest di La Paz, a 3810 m s.l.m.): “Una volta, quando il popolo di Con-Tici Viracocha si era già insediato là, la terra si oscurò. Ma Viracocha ordinò al Sole di riprendere il suo movimento nella direzione che ancora oggi esso segue; e così, da un momento all’altro, fece in modo che il Sole desse inizio al giorno”.

Ma se gli Annunaki erano arrivati in Sud America per l’oro (e di oro gli Spagnoli ne trovarono) dov’erano le antiche miniere da cui veniva estratto? Secondo Sitchin la miniera principale era proprio a Tiahuanacu, il cui nome (in sumerico!) TI.ANAKU significa “luogo di Titi e Anaku” cioè “la città dello stagno”, e Titicaca significherebbe “pietra di stagno”. Infatti nelle regioni attorno al lago Titicaca vi è abbondanza di oro e argento, rame e stagno. Inoltre il ricercatore Arthur Posnansky (Una Metropoli Prehistorica en la America del Sur, 1914), basandosi su considerazioni astronomiche, data il sito di Tiahuanacu attorno al 15.000 a.C.!

   

Esiste un riferimento nella letteratura sumerica al sito di Tiahuanacu. Ne “Il libro perduto del dio Enki” di Zecharia Sitchin ci sarebbe la traduzione testuale di alcune tavolette sumeriche. Nel secondo paragrafo dell’11a tavoletta (pag. 258) si dice:

Questa è ora la storia del perché, nel paese lontano (il Sud America, in Bolivia, n.d.r.), fu costruito un nuovo luogo dei carri (uno spazioporto), e dell’amore di Dumuzi (figlio minore di Enki,delegato alla  pastorizia nel suo regno in Egitto) e di Inanna (figlia di Nannar e Ningal, gemella di Utu, signora di Uruk e di Harappa), che Marduk (primogenito di Enki e Damkina, venerato come Ra in Egitto) distrusse, causando la morte di Dumuzi. 
Accadde dopo la contesa fra Horus (dio egizio chiamato Horon nella tradizione sumera) e Seth (figlio di Marduk e Sapanit, dio egizio conosciuto come Satu nella tradizione sumera) e dopo la battaglia aerea nei cieli di Tilmun (“Terra dei missili”, la Quarta Regione nella penisola del Sinai). Enlil (figlio di Anu e Antu e capo della colonia terrestre degli Annunaki) convocò i suoi tre figli in consiglio. 
Preoccupato per quanto stava accadendo, disse loro: all’inizio creammo i Terrestri a nostra immagine e somiglianza. 
Ora, invece, i discendenti degli Annunaki sono diventati a immagine e somiglianza dei Terrestri! Prima Caino uccise suo fratello, ora un figlio di Marduk è l’assassino del proprio fratello! Per la prima volta un discendente degli Annunaki, dai Terrestri ha formato un’esercito. Nelle loro mani ha posto armi di un metallo particolare, un segreto degli Annunaki! Dai giorni in cui la nostra legittimità venne sfidata da Alalu (re deposto di Nibiru dopo la guerra nord-sud) e Anzu (pilota di navicella spaziale e primo comandante della Stazione di Passaggio su Marte), gli Igigi (i trecento Annunaki assegnati alle navicelle spaziali e alla Stazione di Passaggio su Marte) hanno continuato a creare problemi e a violare le regole. Ora le vette che fungono da faro (le piramidi di Giza, in Egitto) si trovano nella terra di Marduk, il Luogo dell’Atterraggio (lo spazioporto a Baalbek, in Libano) è controllato dagli Igigi. Ora gli Igigi avanzano verso il Luogo dei Carri. In nome di Seth rivendicheranno per loro tutte le stazioni Cielo-Terra! Questo disse Enlil ai suoi tre figli; propose dunque di adottare delle contromisure: dobbiamo creare in segreto un’installazione alternativa Cielo-Terra! Che sia creata nella terra di Ninurta (dio di Lagash, primogenito di Enlil e Ninmah, trovò altre fonti d’oro nelle Americhe), al di là degli oceani, in mezzo a Terrestri a noi leali! Fu così che la missione segreta venne affidata nelle mani di Ninurta. Nelle Terre delle Montagne (in Bolivia), al di là degli oceani, accanto al grande lago (il Titicaca), costruì un nuovo Legame Cielo-Terra, lo circondò con un recinto. Ai piedi delle montagne, dove erano disseminate le pepite d’oro, selse una pianura con terreno stabile; vi tracciò i segni per l’ascesa e per la discesa. Le stazioni sono primitive, ma serviranno bene allo scopo! Così dichiarò Ninurta al padre: da lì possono proseguire le spedizioni di oro su Nibiru, anche noi, in caso di necessità, possiamo da lì ascendere!

Quindi se diamo credito alla traduzione di Sitchin di queste tavolette sumere (traduzione che altri assirologi potranno benissimo confermare o confutare), dobbiamo dedurre che le Americhe erano un territorio assegnato definitivamente alla fazione di Enlil (vedi l’articolo sui Sumeri) dopo la guerra del 2024 a.C. e che a Tiahuanacu, in Bolivia vi erano sia le miniere d’oro principali che lo spazioporto. Ora mostro una vista da satellite del sito:


Altro sito che Sitchin indica come antica miniera d’oro è Chavin de Huantar , a 250 km da Lima, Perù (ad un’altitudine di 3150 m s.l.m.). Nella foto sono indicati i cunicoli sotterranei tipici delle miniere.

            

mercoledì 30 luglio 2014

GLI ANTICHI E MISTERIOSI MANUFATTI DI SANXINGDUI CHE RISCRIVONO LA STORIA CINESE.

maschere-Sanxingdui
Nella primavera del 1929, un contadino del villaggio di Sanxingdui, Cina, stava scavando un pozzo, quando si è imbattuto in una grande collezione di manufatti di giada.
Quello fu solo il primo indizio della straordinaria scoperta che ha riportato alla luce una misteriosa cultura risalente a 3,5 mila anni fa e che ha costretto a riscrivere la storia della civiltà cinese.
Il sito, infatti, fu dimenticato per quasi 60 anni. Generazioni di archeologi cinesi hanno cercato la zona senza successo fino al 1986, quando accidentalmente venne trovata una scatola contenente migliaia di reperti che erano stati rotti, bruciati e poi accuratamente sepolti.
Presto gli archeologi scavarono due pozzi sacrificali giganti, nei quali sono stati rinvenuti migliaia di manufatti in oro, bronzo, giada, avorio e ceramica. I manufatti erano così insoliti e diversi da qualsiasi altra cosa mai trovata in Cina che gli archeologi subito si resero conto dell’importanza della scoperta.
Tra i manufatti vi sono incluse sculture di animali e maschere con le orecchie di drago, la bocca aperta e denti ghignati. Nella collezione, inoltre, fu trovata la più grande e meglio conservata figura umana eretta in bronzo al mondo, la quale misura 2,62 metri di altezza.
Come spiega Ancient Origins, i risultati della datazione al radiocarbonio fanno risalire i manufatti intorno al 12° secolo a.C. Essi sono stati prodotti con una tecnologia di fusione del bronzo particolarmente avanzata, capace di creare una sostanza più resistenze che permetteva la creazione di oggetti notevolmente più grandi e più pesanti.
Alcune maschere hanno dimensioni davvero impressionanti, fino a 1,32 metri di larghezza e 0,72 metri di altezza, una delle più grandi maschere in bronzo mai trovate. Certamente lo stile inedito dei manufatti ha lasciato molto sorpresi i ricercatori, i quali si sono trovati di fronte ad uno stile artistico completamente sconosciuto.
La scoperta a Sanxingdui ha trasformato la regione di Sichuan in un punto focale nello studio dell’antica Cina. Come riportato su kimbellart.org, i due pozzi risalgono al tempo della dinastia Shang, fine del 2° millennio a.C. Nessun ritrovamento simile è stato rinvenuto altrove e non esistono iscrizioni che possano far luce sulla misteriosa cultura dell’età del bronzo che ha prodotto i manufatti.
Certamente, la scoperta ha costretto ad un ripensamento fondamentale sul percorso culturale della Cina del nord, suggerendo l’esistenza di molteplici tradizioni culturali, tra cui la Cultura Sanxingdui.
“A giudicare dalle numerose immagini umane in bronzo e oggetti funerari, la cultura Sanxingdui doveva aver unificato e governato il popolo attraverso la religione primordiale. Essi adoravano la natura, i totem e i loro antenati”, spiega Ao Tianzhao del Museo Sanxingdui, il quale ritiene che il grand numero di reperti indica che il sito fosse utilizzato come meta importante di pellegrinaggi.
  
La scoperta ha attirato l’interesse di numerose istituzioni culturali e museali internazionali, come il British Museum, la National Gallery of Art di Washington, l’Art Gallery of New South Wales a Sydney e il Losanna Olympic Museum in Svizzera. Una selezione di manufatti è ora esposta al Museo Bowersa Santa Ana, in California, dove dal 19 ottobre 2014 al 15 marzo 2015 si terrà la mostra intitolata “La civiltà perduta della Cina: il Mistero di Sanxingdui”.

sabato 8 febbraio 2014

BANKITALIA/ Borghi: i 100 miliardi che gli italiani rischiano di perdere. - Intervista a Claudio Borghi Aquilini a cura di Gianluigi da Rold.


Un putiferio normativo, un vuoto legislativo, e un rischio da brividi. Nella grande complicazione e confusione del decreto legge del Governo, sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia e mini-Imu, si può notare soprattutto questo pasticcio illogico

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di Claudio Borghi Aquilini
Claudio Borghi Aquilini, professore di Economia degli Intermediari Finanziari all’Università Cattolica, analizza il decreto e lo definisce sospetto. E non nasconde le sue preoccupazioni. Dice Borghi Aquilini: «Il Movimento 5 Stelle ha fatto una dura lotta contro il decreto che conteneva la rivalutazione delle quote di Bankitalia curiosamente “infilato” nel provvedimento legato all’Imu. Ha fatto bene. Peccato che a giudicare da quanto hanno detto i grillini, temo che non abbiano capito che cosa sia il vero rischio di questa manovra e abbiano pensato che la rivalutazione del capitale di Banca d’Italia a 7,5 miliardi veniva fatta con soldi pubblici che vengono messi in Bankitalia e regalati alle banche. Il problema non sta in questi termini».
In altre parole, per far comprendere la questione, non è che si è staccato un assegno di oltre sette miliardi a favore delle banche?
No, quella è stata una rivalutazione, un’operazione contabile. Anzi le banche ci pagheranno anche le tasse. Il punto non è la rivalutazione fatta sul capitale fissato nel 1936.
Lei ha parlato di illogicità, ha sottolineato l’illogicità del decreto su Bankitalia.
Il problema è lo stato giuridico di Bankitalia. La qualifica di Bankitalia è di ente di diritto pubblico e discende dal R.D. del 1936. Questa qualifica è stata ribadita da alcune sentenze, ma non c’è nessuna legge chiara in proposito. Qui si parla di quotisti, e non di azionisti. Infatti, anche se, sempre più spesso, si parla di azionisti, resta il fatto che non hanno i diritti che normalmente spettano all’assemblea degli azionisti. Non nominano il Governatore di Bankitalia. In definitiva ci si trova di fronte a una bizzarria, a un totale vuoto legislativo.
Nel 2005 fu approvata una legge che imponeva il passaggio allo Stato.
Legge che è rimasta lettera morta e quindi la situazione resta bizzarra. Questo accrocchio mai definitivamente sanato avrebbe dovuto risolversi mettendo Bankitalia anche formalmente come proprietà pubblica. In tutto questo, il governo alla ricerca di soldi, che cosa ti inventa? Fa rivalutare le quote di Bankitalia così fa pagare le tasse sulla plusvalenza. Poi il governo placherà le stesse banche con i dividendi. In altre parole, il governo dice: pagatemi adesso che devo tirare avanti, ma state tranquilli che vi ripago in futuro con i dividendi. E fino a questo punto siamo di fronte a fuffa, robetta.
Ma allora, professor Borghi qual è il problema vero?
Il problema grosso non è quello e (anche se non piccolo) non è nemmeno il regalo quando queste quote saranno rivendute a caro prezzo. La questione vera è se comincio a considerare le quote di Bankitalia come azioni vere, con valore reale. Se i privati ci pagano le tasse, se mettono a bilancio un valore rilevante, non ci troviamo più di fronte a una formalità. Insomma, Bankitalia diventa privata. Parliamoci chiaro: basta un tribunale “amico” che, preso atto della novità, dia ragione ai “proprietari” privati, che magari nel frattempo sono diventati stranieri.
E quindi qui arriviamo al rischio o all’incubo.
Già, stiamo arrivando, perché qui sorge quello che ho chiamato il “problemuccio” dell’oro, tanto per farci capire. L’Italia è il terzo possessore di oro nel mondo. È dato in gestione e deposito alla Banca d’Italia. È oro dello Stato, degli italiani che lo hanno messo come in una cassetta di sicurezza. Il problema è che, anche in questo caso, nel completo vuoto legislativo, non è mai stato ben chiarito a che titolo è stato dato in gestione e deposito. Qui non si tratta più di fuffa e robetta, ma di cento miliardi di euro. Al di fuori dell’oro a Bankitalia rimangono qualche riserva, un po’ di valute straniere e i debiti Target2, che tra l’altro non vuole nessuno.
Allora, professore, non ci faccia stare con il fiato sospeso.
Quindi, il punto, il nocciolo della questione, non è la rivalutazione, ma essere certi che l’oro sia confermato come patrimonio indisponibile e non privatizzato. È chiaro, il punto? C’è una questione ulteriore da sottolineare a tale proposito: il governo ha bocciato gli ordini del giorno, come quello di Fratelli d’Italia, che chiedevano solo di ribadire che l’oro non è di Bankitalia ma nostro, degli italiani.
Quindi se la Bce dovesse “bussare cassa”, se si dovesse ricorrere alla riserve come nel 1992, con una “bruciatura” che abbiamo ancora sulla pelle, ci sarebbero quei 100 miliardi di oro?
Già. Tanto ti dovevo…ci manca pure che dopo averci fregato 50 miliardi di MES ci fregano pure 100 miliardi di oro. A quel punto siamo a posto. Con il rischio privatizzazione e l’oro a disposizione.
Gianluigi Da Rold

domenica 16 settembre 2012

LA CHIESA CATTOLICA ROMANA HA LA RISERVA D'ORO PIU' RICCA DEL MONDO.

 

La Chiesa Cattolica Romana controlla approssimativamente 60.350 tonnellate d’oro, du
e volte la dimensione delle riserve ufficiali totali di oro di tutto il mondo, o approssimativamente il 30,2% di tutto l’oro mai estratto/prodotto. A prezzi correnti, è possibile stimare il valore di tali beni che costituiscono il più grande tesoro della storia dell’umanità in oltre 1.245 miliardi di dollari statunitensi ($).

Ai nostri giorni, la Chiesa Cattolica Romana è tornata a numeri che l’hanno condotta nuovamente ad una posizione dominante nel settore dell’oro di cui non si era testimoni dalla caduta del Sacro Romano Impero (intorno al 1100), fase in cui Essa controllava poco meno del 30% dell’oro complessivamente presente nel mondo.

Per la maggior parte dei trascorsi 1.000 anni, la Chiesa Cattolica ha assunto una posizione dominante che gli ha permesso di controllare i mercati dell’oro a livello mondiale, in relazione al fatto di aver posseduto oltre il 50% di tutto l’oro, ed in una posizione talmente dominante, a partire dal XIV secolo fino a giungere al XVII secolo, da controllare oltre il 60% di tutto l’oro mai estratto.

Tale tesoro nella sua totalità è stato suddiviso tra numerose riserve dichiarate ed altrettanto numerose riserve non dichiarate. Soltanto il 20% delle riserve d’oro totali è immagazzinato tramite ‘partiti terzi’ in riserve ufficiali, la maggiore riserva dichiarata è rappresentata dalla Federal Reserve Bank, seguita dalle riserve presenti in Italia, Svizzera, Germania e Francia. Le più importanti riserve private non dichiarate sono sconosciute, ma paiono essere collocate anche in paesi dell’Occidente e a quanto pare risulterebbero associabili alle più importanti riserve private delle più antiche banche private e società finanziarie d’Europa. Potrebbero inoltre esistere riserve private gestite direttamente dal Vaticano, seppure quest’ultima resti un’ipotesi poco probabile.

Mi nasce spontaneo un pensiero: con tutto l’oro che il Vaticano quindi l’Italia possiede, si riuscirebbe ad azzerare il deficit pubblico, e con gli avanzi si potrebbe sfamare intere nazoni bisognose, a cosa serve accumulare queste enormi quantità di oro?….nella parola di Dio in Luca 9 : 25 sta scritto: Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?

di: Eresia della chiesa cattolica.