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mercoledì 15 giugno 2022

“ Un ritrovamento straordinario e di grande tenerezza quello della ragazza Inca rimasta ibernata per 500 anni “. Giuseppe Moscatelli

 

“Gli Inca avevano queste usanze, sacrificavano i bambini perché considerati più puri”.

E’ quanto riferisce l’archeologo statunitense e membro della spedizione Johan Reinhard.
“Ho sentito un brivido lungo la schiena quando per la prima volta osservai le sue mani, perché sembrano quelle di una persona viva”.

The Maiden, questo è il nome che gli è stato dato, è stata trovata sul Monte Llullaillaco, in Cile, a circa 6.000 metri di altezza, vicino un vulcano.
Si è conservata così bene perché è stata congelata durante il sonno e tenuta in una condizione di freddo secco. 

https://www.facebook.com/photo?fbid=7576484445726737&set=gm.1124215321494852

giovedì 27 febbraio 2020

Recuperato un manoscritto del 1838 con le memorie degli Inca: "Valore incalcolabile".

A conservation technician at the Peruvian National Library displays an invaluable manuscript with the...
CRIS BOURONCLE VIA GETTY IMAGES
A conservation technician at the Peruvian National Library displays an invaluable manuscript with the memories of the ancient Inca rulers in Lima, on February 20, 2020, which was recovered from collectors in Brazil after disappearing from the library's archives during the occupation of Lima by Chilean troops in the Pacific War (1879-1884). - The manuscript was written in the 1830s by Justo Apu Sahuaraura Inca (1775-1853), descendant by the maternal line of the Inca emperor Huayna Capac (1493-1525) and of Prince Christopher Paullo Inca (1518-1549). It was always considered an extremely rare documentary jewel, said Gerardo Trillo, director of Collections Protection of the National Library to AFP when presenting the manuscript to the public. (Photo by Cris BOURONCLE / AFP) (Photo by CRIS BOURONCLE/AFP via Getty Images)
l Perù ha annunciato di avere recuperato un prezioso manoscritto del XIX secolo, contenente le memorie di antichi governanti Inca, che era scomparso durante l’occupazione di Lima da parte di truppe cilene nella Guerra del Pacifico (1879-1884). Lo riferisce il ‘Canal N’ della tv peruviana.
Il documento, intitolato ‘Ricordi della monarchia peruviana o ritratto della storia degli Inca’, era stato scritto nel decennio del 1830 da Justo Apu Sahuaraura Inca (1775-1853), discendente per linea materna dall’imperatore Inca, Huayna Cßpac (1493-1525) e dal principe Cristóbal Paullo Inca (1518-1549).
A conservation technician at the Peruvian National Library displays an invaluable manuscript with the...
CRIS BOURONCLE VIA GETTY IMAGES
A conservation technician at the Peruvian National Library displays an invaluable manuscript with the memories of the ancient Inca rulers in Lima, on February 20, 2020, which was recovered from collectors in Brazil after disappearing from the library's archives during the occupation of Lima by Chilean troops in the Pacific War (1879-1884). - The manuscript was written in the 1830s by Justo Apu Sahuaraura Inca (1775-1853), descendant by the maternal line of the Inca emperor Huayna Capac (1493-1525) and of Prince Christopher Paullo Inca (1518-1549). It was always considered an extremely rare documentary jewel, said Gerardo Trillo, director of Collections Protection of the National Library to AFP when presenting the manuscript to the public. (Photo by Cris BOURONCLE / AFP) (Photo by CRIS BOURONCLE/AFP via Getty Images)
“Il valore di questo manoscritto datato 1838 è incalcolabile”, ha assicurato Gerardo Trillo, direttore del dipartimento Protezione delle collezioni della Biblioteca nazionale, presentando il prezioso documento ritrovato in Brasile.
Per la sua redazione Sahuaraura, che si definiva “ultimo discendente della stirpe imperiale degli Inca”, aveva potuto consultare documenti - oggi perduti - con cui aveva ricostruito il periodo Inca fino all’arrivo degli spagnoli nel XVI secolo.
Il testo contiene informazioni sull’Inca Garcilaso de la Vega, il primo intellettuale meticcio d’America (1539-1616), oltre a racconti dell’ingresso degli spagnoli a Cusco, capitale dell’Impero Inca, nel sud-est del Perù. Inoltre include una cronologia incaica e altre informazioni storiche dell’epoca.
CRIS BOURONCLE VIA GETTY IMAGES
A conservation technician at the Peruvian National Library displays an invaluable manuscript with the memories of the ancient Inca rulers in Lima, on February 20, 2020, which was recovered from collectors in Brazil after disappearing from the library's archives during the occupation of Lima by Chilean troops in the Pacific War (1879-1884). - The manuscript was written in the 1830s by Justo Apu Sahuaraura Inca (1775-1853), descendant by the maternal line of the Inca emperor Huayna Capac (1493-1525) and of Prince Christopher Paullo Inca (1518-1549). It was always considered an extremely rare documentary jewel, said Gerardo Trillo, director of Collections Protection of the National Library to AFP when presenting the manuscript to the public. (Photo by Cris BOURONCLE / AFP) (Photo by CRIS BOURONCLE/AFP via Getty Images)

sabato 26 gennaio 2019

I Bambini di Llullaillaco vennero a lungo Drogati prima del loro Sacrificio Rituale. - Annalisa Lo Monaco


Il Vulcano Llullaillaco


Nel 1999, tra le fredde e ventose vette della Cordigliera delle Ande che segnano il confine tra Cile e Argentina, in cima al Vulcano Llullaillaco, furono trovati i resti mummificati di tre bambini, morti circa 500 anni fa, in ottimo stato di conservazione.
La spedizione, guidata dal Professor Johan Reinhard, era partita proprio alla ricerca dei luoghi dove gli Inca sacrificavano i bambini durante cerimonie rituali. L’impresa non era certo agevole: il team fu costretto a trascorrere circa un mese a bassa quota sulla montagna, per acclimatarsi, salendo verso la cima a tappe, e affrontando condizioni climatiche estreme, con temperature anche di 40 gradi sotto zero, e venti impetuosi. Arrivati a 6.600 metri di altezza, dopo una tempesta durata quattro giorni, Reinhard e la sua squadra avevano quasi deciso di rinunciare, quando trovarono un sentiero dove c’erano tracce di un passaggio umano, il percorso verso il luogo di sepoltura dei tre bambini:
La doncella, la niña del rayo ed el niño
La “doncella”aveva 13/15 anni quando andò incontrò alla morte, mentre i suoi compagni “el niño”, e la “niña del rayo” (la bambina del fulmine) avevano tra i 4 e i 5 anni di età.
Analisi radiologiche e del DNA, effettuate nel 2012, hanno rivelato alcuni dettagli sorprendenti: i bambini erano stati drogati e avevano consumato alcool durante l’anno precedente al sacrificio, nel corso delle fasi rituali che lo precedevano.

Frammenti di foglie di coca fra i denti della “Doncella”

Le tre vittime avevano masticato foglie di coca e bevuto birra di mais, secondo le analisi di campioni dei loro capelli. I ricercatori hanno anche scoperto che i bambini provenivano probabilmente da famiglie contadine, perché risulta che abbiano consumato soprattutto verdure comuni fino a quando non furono scelti per il sacrificio. In seguito, e fino alla morte, seguirono una dieta solitamente riservata alle classi privilegiate, nella quale erano presenti mais e carne di lama. Questa pratica è confermata anche dai resoconti storici, secondo i quali i bambini erano accuratamente selezionati in tutto il vasto territorio dell’impero, anche in base alla loro perfezione fisica, e poi seguiti attraverso un percorso di purificazione durante il quale partecipavano a una serie di cerimonie sacre, prima di essere sacrificati.
Le analisi hanno rivelato che i bambini furono trattati in maniera diversa: la “doncella” aveva seguito una dieta elitaria e consumato coca e alcool nei 21 mesi precedenti la sua morte, mentre i bambini più piccoli avevano cambiato abitudini alimentari soltanto nove mesi prima del loro sacrificio.
La coca era usata comunemente per tollerare gli effetti dell’altitudine dalle persone che frequentavano queste vette
La ragazza più grande si distingue anche per il modo in cui era vestita e pettinata: aveva un copricapo di piume e i capelli elaboratamente intrecciati, oltre che numerosi manufatti di seta posti su un drappo appoggiato sulle sue ginocchia.

El niño

I risultati dello studio suggeriscono che il bambino di Llullaillaco non ebbe una morte pacifica: sui suoi vestiti fu trovato sangue e vomito, segno che forse morì soffocato, mentre era strettamente avvolto in un panno, cioè legato, l’unica vittima a ricevere un trattamento apparentemente violento.
La niña del rayo, chiamata così perché fu probabilmente colpita da un fulmine, dopo la sepoltura, aveva la testa e una parte del corpo avvolti in una coperta di lana spessa, cui era sovrapposta un’altra coperta colorata.
Andrew Wilson, archeologo dell’Università di Bradford nel Regno Unito, spiega perché la doncella fu trattata in modo diverso rispetto ai suoi compagni più giovani: “La doncella era forse una donna scelta per vivere in modo totalmente diverso dalla sua vita precedente, tra l’élite e sotto la cura delle sacerdotesse”.
Sotto, la replica della giovane ragazza al “Museo Nacional de Historia Natural” di Santiago in Cile:
Questo tipo di pratica sacrificale era probabilmente usata come una forma di controllo sociale: essere scelti per i riti sacrificali doveva essere visto come un grande onore, ma probabilmente era anche fonte di paura, con i genitori che non dovevano mostrare timore o rabbia se i loro figli venivano scelti. Forse ulteriori studi delle tre mummie congelate di Llullaillaco forniranno una maggiore comprensione del sacrificio rituale.
Dal 2007 le tre mummie sono esposte al Museo de Arqueología de Alta Montaña, a Salta, in Argentina, in un territorio che faceva parte dell’impero Inca, fino a che non crollò sotto la conquista degli spagnoli, nel 1530. I discendenti del fiero popolo degli Inca vedono nella riesumazione e nell’esposizione delle mummie un affronto alle loro tradizioni religiose e culturali: il vulcano Llullaillaco è ancora una montagna sacra per loro, che non andrebbe profanata.


mercoledì 17 settembre 2014

L'oro e le piramidi mesoamericane. - Marcello Soave.



Tutti sanno che l’interesse degli Spagnoli nelle Americhe risiedeva nell’oro che volevano “estrarre” da questo territorio e dalle sue genti (per fini di conio monetario). Ma pochi sanno che i popoli precolombiani glielo diedero perché pensavano che gli Spagnoli fossero gli “dèi” ritornati dopo una lunga assenza.
Gli studiosi concordano sul fatto che tanto gli Incas quanto gli Atzechi non usavano l’oro per scopi monetari, né gli attribuivano un valore commerciale. Il commercio era senz’altro sviluppato, ma si trattava più che altro una forma di baratto; le tasse consistevano in prestazioni e servizi occasionali, dal momento che l’uso del denaro era assolutamente sconosciuto. Per quanto riguarda gli utensili e le armi, gli Aztechi si trovavano ancora all’età della pietra, eppure sapevano lavorare perfettamente l’oro.

I cronisti del tempo, come pure i ricercatori contemporanei, concordano nell’affermare che quei popoli utilizzavano l’oro solo per adornare i templi degli dèi e i re (che li governavano in nome degli dèi) e come offerta funebre (da seppellire nella tomba). Gli Aztechi riversarono letteralmente tutto l’oro che avevano ai piedi degli Spagnoli, credendoli i loro dèi. Un testimone oculare, Bernal Dìaz del Castillo (Historia verdadera de la conquista de la Nueva España), narra che  Hernando Cortès nel 1519 partì da Cuba e, raggiunto il continente, allestì il campo sul confine tra il territorio Maya e quello azteco e lo chiamò Veracruz. Fu lì che si presentarono degli incaricati del sovrano azteco a dare il benvenuto e a offrire doni. Come spiegarono gli incaricati, quei doni li mandava il loro sovrano Montezuma al divino Quetzalcoatl, il “serpente piumato” che era il dio della sapienza degli Aztechi. Egli era stato un grande benefattore che molto tempo prima, per colpa del dio della guerra, era stato costretto ad andarsene e a lasciare la terra agli Aztechi. Con un gruppo di seguaci se ne era andato nello Yucatan, per poi spostarsi ancora più a oriente; aveva promesso, però, che sarebbe tornato nel giorno dell’anniversario della sua nascita, nel cosiddetto “anno del ritorno” (che secondo il calendario ciclico azteco si ripete ogni 52 anni). Per il calendario cristiano gli anni possibili erano il 1363, il 1415, il 1467 e il 1519, proprio l’anno in cui Cortès era apparso da est ai confini del territorio azteco. Munito di barba ed elmetto come Quetzalcoatl (secondo alcuni anche il dio era di pelle chiara), sembrava proprio che Cortès fosse il compimento delle loro profezie.

Anche gli Aztechi credevano in un Creatore di tutte le cose, un Dio che “dà la vita e la morte, la sorte propizia e quella avversa”. Il cronista Antonio de Herrera y Tordesillas (Historia general) scrisse che gli Indiani “lo invocavano quando soffrivano, alzando gli occhi al cielo, laddove ritenevano che egli si trovasse”. Questo Dio creò dapprima il cielo e la terra; poi, con dell’argilla, diede forma a un uomo e una donna, ma questi non durarono a lungo. Dopo molti tentativi, una coppia di esseri umani venne creata con cenere e metallo, e da essa ebbe inizio il popolamento del mondo. 

A un certo punto, però, tutto venne distrutto da un immane diluvio, che travolse per un anno e un giorno tutto e tutti a eccezione di un sacerdote (Nene) e di sua moglie (Tata), i quali, portando con sé semi di piante e animali, trovarono scampo a bordo di un’imbarcazione. Come non trovare in queste tradizioni precolombiane un parallelo con l’Antico Testamento e i miti sumerici?

Gli annali aztechi registravano il tempo passato dalla creazione in quattro ètà o “Soli”. Quindi la loro epoca corrispondeva alla quinta (in corso): l’Era del quinto Sole. Ciascuna delle precedenti ere era finita con un evento catastrofico, alcune volte di origine naturale (il diluvio), altre volte causato da guerre tra gli dèi. La prima epoca, l’Era del primo Sole durò (tradizionalmente) 4008 anni e fu un’età in cui il Creatore di tutte le cose, del cielo e della terra, regnava con la sua consorte: questa era finì col diluvio. Nella sua Historia de las cosas de la Nueva España, il frate Bernardino de Sahagùn attribuisce l’origine di questa credenza ai Toltechi (predecessori degli Aztechi in Messico):

E i Toltechi sapevano che molti sono i Cieli.
Dicevano che essi erano divisi in dodici settori,
uno al di sopra dell’altro;
là sta il vero dio e la sua consorte.
Egli è il Dio Celeste, Signore della Dualità;
La sua consorte è Signora della Dualità, Signora Celeste.
Ecco ciò che questo significa:
Egli è il Signore, al di sopra dei dodici Cieli.

Questa storia sembra una sintesi del pensiero religioso-astronomico mesopotamico, secondo il quale il capo del pantheon si chiamava Anu (“Signore del Cielo”) e, con la sua consorte Antu (“Signora del Cielo”), abitava nel pianeta più lontano, Nibiru, il dodicesimo membro del nostro sistema solare secondo la cosmogonia sumera (il Sole, Mercurio, Venere, Terra, Luna, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno, Plutone, Nibiru). 

L’Era del secondo Sole fu l’Età dell’oro e durò 4010 anni. 
L’Era del terzo Sole fu l’era del Popolo dai capelli rossi e durò 4081 anni. 
L’Era del quarto Sole fu l’era del Popolo dalla testa nera (notare che i Sumeri chimavano sé stessi “popolo dalla testa nera”). Durante quest’epoca venne costruita Tollan (l’odierna Tula), la capitale tolteca. Verso la fine gli dèi cominciarono a farsi guerra l’uno con l’altro, portando morte e distruzione in tutta la regione, gli animali selvatici sopraffecero il genere umano, Quetzalcoatl se ne andò e Tollan fu abbandonata. Cinque anni dopo arrivarono le tribù Chichimec, ovvero gli Aztechi, e cominciò l’Era del quinto sole. La cronaca del Codex Vaticano-Latino 3738 tramanda che il quarto Sole “ebbe inizio 5042 anni” prima della prima redazione del testo: quindi gli annali aztechi andavano a ritroso per 17.141 anni.

La cronologia Mexica-Nahuatl colloca il diluvio alla fine del primo Sole, circa 13.133 anni prima del momento in cui venne scritto il codice, ovvero intorno all’11.600 a.C. Ed è proprio nell’11.000 a.C. che Zecharia Sitchin colloca la data del diluvio basandosi sulle tavolette cuneiformi sumere (vedi l’articolo Cronologia della Terra).

Nel Manoscritto del 1558 si afferma che alla fine del quarto Sole gli dèi si riunirono a Teotihuacan (“Luogo degli dèi”, dichiarata Patrimonio dell'umanità dall'Unesco nel 1987, è il più grande sito archeologico precolombiano del Nord America, nel comune di San Juan Teotihuacán, 40 chilometri a nord-est di Città del Messico). Là Quetzalcoatl si impadronì di alcune “ossa preziose”, le portò a Tamoanchan (“Luogo della nostra origine”) e le diede alla dea. 

Essa prese le ossa
E le mise in una vasca di terracotta dai bordi sottili.
Quetzalcoatl fece sanguinare il suo organo maschile e sparse il suo sangue su di esse.

Sotto gli occhi degli altri dèi, essa mischiò le ossa fatte di terra con il sangue del dio: ne derivò una mistura simile ad argilla, con la quale fu modellato Macehuales, il primo uomo. Nei racconti sumerici erano Enki e Ninti (“Colei che dà la vita”, detta anche Ninharsag) che davano vita ad Adapa.

Particolarità delle piramidi di Teotihuacan è che sono simili per diversi aspetti alle piramidi di Giza. Sia la Piramide del Sole che la Grande Piramide sono costruite su piattaforme artificiali e la misura dei lati è quasi la stessa: 227 metri a Teotihuacan e 230 metri a Giza. Inoltre si è notato che la Seconda Piramide di Giza è più bassa della Grande Piramide, eppure le loro cime sono alla stessa altezza, perché la Seconda Piramide poggia su un terreno più alto. Analogamente a Teotihuacan la Piramide della Luna, più piccola, è costruita su un terreno più alto di quello della Piramide del Sole, in modo che le loro cime si trovano alla stessa altezza. Inoltre il viale principale su cui si affacciano le Piramidi del Sole e della Luna è un’asse nord-sud che si estende per quasi 8 km, perfettamente dritta (René Millon, 1960). 
Quest’asse però non è perfettamente orientato verso nord, ma è inclinato di 15°, in modo che corrisponda al passaggio del Sole allo zenit dell’osservatore, il che avviene due volte l’anno, quando il Sole sembra muoversi da nord a sud e ritorno (Zelia Nuttal, 1926).

Altro mistero sono le cosìddette “teste olmeche”: finora ne sono state trovate sedici, sono scolpite nella pietra basaltica, vanno da un’altezza di un metro e mezzo a tre e


pesano fino a 25 tonnellate. Il primo a vedere una di queste teste fu J.M. Melgar y Serrano nella località di Tres Zapotes, nello stato di Veracruz (Messico).
Egli la descrisse nel 1869 all’interno del Bulletin of the Mexican Geographical and Statistical Society e ne notò i tratti negroidi. L’esame al radiocarbonio le data al più tardi a 1200 a.C. : il punto è che teoricamente fino al 1500 d.C. non ci dovevano essere che indios in America, in quanto da quel secolo iniziò la tratta degli schiavi neri!

Zecharia Sitchin, traduttore dal sumerico delle tavolette cuneiformi irakene, ipotizza che fossero effettivamente gente di colore che gli Annunaki (alieni di Nibiru) portarono dallo Zimbabwe per lavorare nelle miniere d’oro in sudamerica.

Inoltre sono veramente impressionanti le mura di Sacsayhuamán (Luogo del Falco), un sito archeologico Inca nella regione di Cusco in Perù, in una posizione dominante della collina di Carmenca, a nord della città di Cusco. 

Queste mura sono alte fino a 18 metri e sono composte da pietre megalitche (in porfido e andesite o trachite scura Andahuaylillas) di dimensioni colossali, del peso di 10-20 tonnellate. Uno dei blocchi, addirittura, è alto oltre 8 metri e pesa più di 300 tonnellate, mentre diversi altri raggiungono i quattro metri e mezzo di altezza e dai tre a quattro metri di larghezza e profondità.

Le pietre sono posate a secco e, pur essendo irregolari, combaciano perfettamente, al punto che non passa una lama o uno spillo negli interstizi. E’ accertato che le pietre provenivano da cave distanti da un minimo di 21 km (a Muyna) a un massimo di 63 km (a Yucay).
Ciò che stupisce è che gli Inca non conoscevano ferro né acciaio (necessari a intagliare la roccia). Non avevano carri, né buoi, né funi, né gru, né carrucole. Inoltre non vi erano strade piane su cui trasportare le pietre, ma piuttosto aspre montagne a ripidi strapiombi da oltrepassare.
Erich von Daniken (Reise nach Kiribati, 1980) fu il primo
a sostenere la teoria degli “antichi astronauti” per spiegare i megaliti di Sacsayhuamán. Zecharia Sitchin riprese queste teorie e indicò negli Annunaki (gli alieni di Niburu, un pianeta del nostro sistema solare) gli autori di queste mura. In particolare dovrebbero essere gli alieni della fazione di Enlil, che si trasferirono definitivamente in sudamerica dal medio oriente dopo la Grande Calamità (una guerra scoppiata nel 2024 a.C. con la fazione di Enki e suo figlio Marduk, in cui vennero usate anche armi atomiche). 

Anche gli annali Inca (Fernando Montesinos, 1628, Memorias Antiguas Historiales del Peru) registravano cinque ere o “Soli” successivi. 
La Prima Età o Primo Sole fu quella dei Viracocha, divinità bianche e barbute. 
La Seconda Età o Secondo Sole fu quella dei giganti, in cui ci furono guerre tra dèi e giganti (simili alla mitologia greca dei Titani). 
La Terza Età o Terzo Sole fu quella dell’uomo primitivo. 
La Quarta Età o Quarto Sole fu quella degli eroi o semidei. 
Vi era poi la Quinta Età o Quinto sole, l’epoca dei re umani, dei quali gli Incas erano gli ultimi in linea cronologica.
Ci sono poi altre “coincidenze” tra tradizioni sumeriche e precolombiane: sia l’astronomia Inca che quella sumera hanno 12 case dello zodiaco, con molti nomi coincidenti! Così gennaio, il mese dell’Acquario, era dedicato a Mama Cocha e Capac Cocha, ovvero Madre Acqua e Signore Acqua. Aprile, il Toro, si chiamava Tupa Taruca, Cervo al Pascolo (non vi erano tori in Sud America). La Vergine era Sara Mama (Madre Granoturco) e il suo simbolo era l’organo sessuale femminile. Poi è accertato che il simbolo della croce fosse conosciuto in Sud America già prima dell’arrivo degli Spagnoli. 
E’ nota la croce presente sulla lastra Maya (di 5 tonnellate, lunga 4 metri) del Tempio delle Iscrizioni a Palenque (situato nello stato messicano del Chiapas, non lontano dal fiume Usumacinta, circa 130 km a sud di Ciudad del Carmen) e che Erich von Daniken interpreta come l’immagine di un antico astronauta.


Ricordiamo che vi era una croce sullo scudo di Quetzalcoatl (fig. d); una croce era anche il simbolo del pianeta Nibiru tra i Sumeri (fig. a) e aveva una croce centrale l’onnipresente emblema egizio del Disco Alato (fig. b e c).


Gli annali Inca registrano un fatto prodigioso avvenuto nel terzo anno di regno di Titu Yupanqui Pachacuti II (nel 1433 a.C. secondo Sitchin): “non vi fu alba per 20 ore”. Ancora più notevole è che la Bibbia lo conferma: dopo che gli Israeliti, sotto la guida di Giosuè, entrarono in Palestina conquistando Gerico e Ai, vi fu una battaglia con i Cananei vicino a Beth-Horon.

Antico Testamento, Libro di Giosuè, 10, 13

                E allora il Sole si fermò, si arrestò la Luna,
                finchè il popolo non si fu vendicato dei nemici.
                In verità tutto è scritto nel Libro di Jashar:
                il Sole si fermò nel mezzo del cielo
                e non si ebbe fretta di scendere
                per quasi tutto il giorno

Quindi la Bibbia e le cronache Inca si confermano a vicenda sull’episodio dell’interruzione della rotazione della Terra per una ventina di ore un giorno del 1433 a.C (osservata contemporaneamente dagli Ebrei in Palestina e dagli Inca in Sud America, a Cusco). Vi è un’altra conferma negli scritti di Juan de Betanzos (Suma y Narracion de los Incas, 1551) sulla città di Tiahuanacu in Bolivia, vicino al lago Titicaca (a 72 km a ovest di La Paz, a 3810 m s.l.m.): “Una volta, quando il popolo di Con-Tici Viracocha si era già insediato là, la terra si oscurò. Ma Viracocha ordinò al Sole di riprendere il suo movimento nella direzione che ancora oggi esso segue; e così, da un momento all’altro, fece in modo che il Sole desse inizio al giorno”.

Ma se gli Annunaki erano arrivati in Sud America per l’oro (e di oro gli Spagnoli ne trovarono) dov’erano le antiche miniere da cui veniva estratto? Secondo Sitchin la miniera principale era proprio a Tiahuanacu, il cui nome (in sumerico!) TI.ANAKU significa “luogo di Titi e Anaku” cioè “la città dello stagno”, e Titicaca significherebbe “pietra di stagno”. Infatti nelle regioni attorno al lago Titicaca vi è abbondanza di oro e argento, rame e stagno. Inoltre il ricercatore Arthur Posnansky (Una Metropoli Prehistorica en la America del Sur, 1914), basandosi su considerazioni astronomiche, data il sito di Tiahuanacu attorno al 15.000 a.C.!

   

Esiste un riferimento nella letteratura sumerica al sito di Tiahuanacu. Ne “Il libro perduto del dio Enki” di Zecharia Sitchin ci sarebbe la traduzione testuale di alcune tavolette sumeriche. Nel secondo paragrafo dell’11a tavoletta (pag. 258) si dice:

Questa è ora la storia del perché, nel paese lontano (il Sud America, in Bolivia, n.d.r.), fu costruito un nuovo luogo dei carri (uno spazioporto), e dell’amore di Dumuzi (figlio minore di Enki,delegato alla  pastorizia nel suo regno in Egitto) e di Inanna (figlia di Nannar e Ningal, gemella di Utu, signora di Uruk e di Harappa), che Marduk (primogenito di Enki e Damkina, venerato come Ra in Egitto) distrusse, causando la morte di Dumuzi. 
Accadde dopo la contesa fra Horus (dio egizio chiamato Horon nella tradizione sumera) e Seth (figlio di Marduk e Sapanit, dio egizio conosciuto come Satu nella tradizione sumera) e dopo la battaglia aerea nei cieli di Tilmun (“Terra dei missili”, la Quarta Regione nella penisola del Sinai). Enlil (figlio di Anu e Antu e capo della colonia terrestre degli Annunaki) convocò i suoi tre figli in consiglio. 
Preoccupato per quanto stava accadendo, disse loro: all’inizio creammo i Terrestri a nostra immagine e somiglianza. 
Ora, invece, i discendenti degli Annunaki sono diventati a immagine e somiglianza dei Terrestri! Prima Caino uccise suo fratello, ora un figlio di Marduk è l’assassino del proprio fratello! Per la prima volta un discendente degli Annunaki, dai Terrestri ha formato un’esercito. Nelle loro mani ha posto armi di un metallo particolare, un segreto degli Annunaki! Dai giorni in cui la nostra legittimità venne sfidata da Alalu (re deposto di Nibiru dopo la guerra nord-sud) e Anzu (pilota di navicella spaziale e primo comandante della Stazione di Passaggio su Marte), gli Igigi (i trecento Annunaki assegnati alle navicelle spaziali e alla Stazione di Passaggio su Marte) hanno continuato a creare problemi e a violare le regole. Ora le vette che fungono da faro (le piramidi di Giza, in Egitto) si trovano nella terra di Marduk, il Luogo dell’Atterraggio (lo spazioporto a Baalbek, in Libano) è controllato dagli Igigi. Ora gli Igigi avanzano verso il Luogo dei Carri. In nome di Seth rivendicheranno per loro tutte le stazioni Cielo-Terra! Questo disse Enlil ai suoi tre figli; propose dunque di adottare delle contromisure: dobbiamo creare in segreto un’installazione alternativa Cielo-Terra! Che sia creata nella terra di Ninurta (dio di Lagash, primogenito di Enlil e Ninmah, trovò altre fonti d’oro nelle Americhe), al di là degli oceani, in mezzo a Terrestri a noi leali! Fu così che la missione segreta venne affidata nelle mani di Ninurta. Nelle Terre delle Montagne (in Bolivia), al di là degli oceani, accanto al grande lago (il Titicaca), costruì un nuovo Legame Cielo-Terra, lo circondò con un recinto. Ai piedi delle montagne, dove erano disseminate le pepite d’oro, selse una pianura con terreno stabile; vi tracciò i segni per l’ascesa e per la discesa. Le stazioni sono primitive, ma serviranno bene allo scopo! Così dichiarò Ninurta al padre: da lì possono proseguire le spedizioni di oro su Nibiru, anche noi, in caso di necessità, possiamo da lì ascendere!

Quindi se diamo credito alla traduzione di Sitchin di queste tavolette sumere (traduzione che altri assirologi potranno benissimo confermare o confutare), dobbiamo dedurre che le Americhe erano un territorio assegnato definitivamente alla fazione di Enlil (vedi l’articolo sui Sumeri) dopo la guerra del 2024 a.C. e che a Tiahuanacu, in Bolivia vi erano sia le miniere d’oro principali che lo spazioporto. Ora mostro una vista da satellite del sito:


Altro sito che Sitchin indica come antica miniera d’oro è Chavin de Huantar , a 250 km da Lima, Perù (ad un’altitudine di 3150 m s.l.m.). Nella foto sono indicati i cunicoli sotterranei tipici delle miniere.