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sabato 1 marzo 2025

MARCO TRAVAGLIO - Voleva essere un duro - IFQ - 1 MARZO 2025

 

A Zelensky era già accaduto di beccarsi le lavate di capo di un presidente Usa: era Biden che lo cazziava ora per la pretesa di miliardi e armi a getto continuo senza mai ringraziare, anzi rimproverando l’alleato di fare sempre troppo poco; ora per le bugie sul missile ucraino caduto in Polonia e spacciato per russo per trascinare gli Usa e il mondo nella terza guerra mondiale. Ma una scena come il match Trump-Zelensky nello studio ovale a favore di telecamere è un unicum nella storia, figlio dell’Èra Donald che sconvolge non solo la sostanza, ma anche le forme della diplomazia mondiale.
Zelensky era stato avvertito: o vieni e firmi l’accordo sulle terre rare, prologo della tregua, o stai a casa. Lui è andato senza firmare nulla. Ha anteposto la sua immagine agli interessi del suo Paese, sfidando Trump perché gli ucraini intendessero.
Voleva essere un duro, o almeno sembrarlo agli occhi del popolo che lo ama sempre meno, ricordando di essere il leader coraggioso che tre anni fa rifiutò un comodo esilio e restò a Kiev (anche perché Putin gli aveva garantito l’incolumità via Bennett). Forse s’è rafforzato con i nazionalisti che non vogliono sentir parlare di pace e compromessi. Ma non certo con la maggioranza non ideologizzata degli ucraini che non vede l’ora di chiudere la guerra e ci penserà bene prima di rivotare un nemico degli Usa chiamato “stupido” da Trump e cacciato dalla Casa Bianca.
Così Zelensky ha, se possibile, ancor più indebolito il suo Paese, sconfitto in guerra, spopolato da morti, profughi, disertori e renitenti alla leva, economicamente fallito e ora anche platealmente scaricato dal primo alleato. Che, se non è diventato nemico, poco ci manca.
Trump gli ha sbattuto in faccia le verità scomode che tutti conoscono benissimo, ma che lui si era illuso (perché era stato illuso da Biden e continua a essere illuso dall’Ue) di poter continuare a ignorare all’infinito: Ucraina e Nato hanno perso la guerra; Kiev senza gli Usa non si regge in piedi e ora che dice di no agli Usa non ha più carte in mano; Trump non si pone nel negoziato come alleato di Kiev, ma come “arbitro” fra Ucraina e Russia, neppur troppo equidistante visti i rapporti di forza.
E ora, giocandosi il rapporto con gli Usa, Zelensky si è conficcato in un vicolo cieco: o torna alla Casa Bianca, anzi a Canossa, col capo cosparso di cenere, sottoponendosi a forche caudine ancor più umilianti di quelle subìte finora e firmando qualsiasi cosa Trump gli metta sotto il naso; oppure resta solo, in balia delle truppe russe che avanzano e senza più aiuti dagli Usa, mentre Trump si accorderà con Putin.
La classica alternativa del diavolo: o un disastro o un disastro. Dopo aver perso la guerra, Zelensky rischia di aver perso anche la pace.

venerdì 28 febbraio 2025

VADIM PAPURA ERA UN GIOVANISSIMO COMUNISTA UCRAINO, DI 17 ANNI, CHE MORÌ ARSO VIVO NEL ROGO DELLA CASA DEI SINDACATI DI ODESSA,

 

appiccato da milizie neonaziste ucraine. Orde utilizzate per realizzare e consolidare il colpo di stato del 2014.
Un colpo di stato che rovesciò il governo eletto, colpevole di essere troppo "filorusso", cioè troppo poco "filostatunitense".
Ricordate l'assalto alla CGIL dello scorso anno da parte di Forza Nuova. Immaginate che quell' assalto si fosse concluso con un rogo e la morte di decine di persone innocenti. Immaginate che quel manipolo fosse parte di un'orda utilizzata per un colpo di Stato violento in Italia.
Che cosa avreste detto? E perché non un solo ricordo di quel tragico evento di 8 anni fa in queste ore?
Perché da noi se ne parlò pochissimo, come pochissimo si riflette sulla "denazificazione" citata da Putin. Forse perché nella "nuova" Ucraina i nazisti hanno potuto fare il bello e cattivo tempo per 8 anni.
Già, perché pochissimo si è parlato del fatto che la guerra in Ucraina dura da 8 anni. Non è iniziata nella giornata di oggi. Nulla si è detto sul fatto che a morire e ad essere minacciati fossero, continuamente, i civili dei territori del Donbass.
Tutto in funzione dell'ingresso di quel Paese nella NATO. Al fine di dispiegare bombe, arsenale nucleare e truppe atlantiche comodamente ai confini russi.
Non mi soffermo molto sul fatto che il nuovo regime ucraino, tra i primi atti, adottò la messa al bando del partito comunista (un partito rappresentativo di circa il 15% dell'elettorato) ed iniziò a perseguitare i suoi militanti e a colpire le sue sedi.
Non c'è stato un solo Tg o Talk che ne abbia parlato in questi 8 lunghi anni da noi.
Spegnete TV e lasciate perdere siti mainstream. La guerra è una cosa terribilmente seria. Non nascondiamoci nemmeno dietro l'equa distribuzione delle responsabilità "tra tutte le parti" in guerra. Blocchiamo questo accanimento contro la verità. Leggete questo post saprete cose che non sono state mai scritte....

mercoledì 19 febbraio 2025

Il piano di Trump per il futuro dell’Ucraina? Non solo terre rare: dal petrolio al gas, cosa dovrebbe cedere Kiev in cambio della pace.

 

Una colonizzazione economica. O, in termini meno tecnici, una svendita totale. Se accettasse le condizioni proposte e il contratto venisse effettivamente firmato, Kiev potrebbe dover letteralmente consegnare a Washington le chiavi del proprio comparto estrattivo. E non solo di quello. Perché non ci sono solo le terre rare nell’accordo che Donald Trump ha proposto all’Ucraina per continuare a garantirle il sostegno militare degli Stati Uniti: i “500 miliardi di dollari” che il tycoon ha chiesto a Volodymyr Zelensky comprendono altri importanti asset strategici come porti e infrastrutture di petrolio e gas. Tutto nero su bianco in una bozza del contratto preliminare pubblicata dal Telegraph.

Il documento, contrassegnato come “Privileged & Confidential” e datato “7 febbraio 2025”, afferma che gli Stati Uniti e l’Ucraina dovrebbero creare un fondo di investimento congiunto per garantire che “le parti ostili al conflitto non traggano vantaggio dalla ricostruzione dell’Ucraina”. Ma a restare fuori dal gioco non sarebbero solo quelle ostili: il fondo, si legge, “avrà il diritto esclusivo di stabilire il metodo, i criteri di selezione, i termini e le condizioni” di tutte le licenze e i progetti futuri. Washington, quindi, potrà decidere con quali paesi Kiev potrà o non potrà fare affari in futuro. L’accordo copre il “valore economico associato alle risorse dell’Ucraina”, tra cui “risorse minerariepetrolio e gas, porti, altre infrastrutture (come concordato)” e “sarà regolato dalla legislazione di New York“. Feudo politico e finanziaro del tycoon.

Washington avrà diritto al 50% delle entrate che l’Ucraina ricaverà dall’estrazione di risorse e al 50% del valore finanziario di “tutte le nuove licenze rilasciate a terze parti”. Agli Stati Uniti sarà garantito “un privilegio su tali entrate“. “Una clausola che significa ‘pagateci prima e poi date da mangiare ai vostri figli'”, ha commentato una fonte vicina alle trattative con il quotidiano britannico. Per tutte le future licenze, inoltre, “gli Stati Uniti avranno un diritto di prelazione sull’acquisto di minerali esportabili”. Condizioni che al vertice sulla sicurezza tenuto nel fine settimana a Monaco hanno costretto i funzionari ucraini, già a conoscenza della bozza, a opporre buon viso a cattivo gioco, ufficialmente facendo professione di fiducia in vista un accordo, ma allo stesso tempo sostenendo a mezza bocca che l’intesa proposta da Washington è economicamente insostenibile e necessita di modifiche.

Era stato Zelensky a proporre agli Stati Uniti “condizioni favorevoli” per una partecipazione diretta nell’estrazione di minerali pregiati sul territorio ucraino durante una visita alla Trump Tower a settembre, con l’obiettivo di garantirsi la fornitura di armamenti anche dopo la vittoria del tycoon. L’idea del leader ucraino era di portare aziende statunitensi a stabilirsi sul territorio, creando un legame politico-economico con la prima potenza mondiale in grado di dissuadere Vladimir Putin dall’attaccare di nuovo il paese. Con la metà dei bacini minerari più preziosi che si trovano vicino al fronte di guerra nell’est o nelle aree occupate dai russi, il calcolo non dichiarato di Zelensky era quello di evitare che le riserve strategiche di titanio, tungsteno, uranio, grafite e terre rare finiscano nelle mani di Mosca. Difficilmente, tuttavia, avrebbe pensato di trovarsi di fronte a condizioni così dure, simili a quelle imposte agli stati aggressori sconfitti in guerra.

Trump aveva detto chiaramente di puntare alle ricchezze ucraine. Dall’inizio della guerra, aveva premesso, gli Stati Uniti hanno dato a Kiev tra i 300 e i 350 miliardi di dollari i aiuti. “Ho detto loro (agli ucraini, ndr) che voglio l’equivalente di 500 miliardi di dollari di terre rare – aveva detto il 10 febbraio a Fox News -, e hanno sostanzialmente accettato”. “Hanno terreni di enorme valore in termini di terre rare, in termini di petrolio e gas, in termini di altre cose”, aveva spiegato. Ora il pre-contratto quantifica la richiesta. Se la bozza venisse accettata, calcola il Telegraph, “le richieste di Trump ammonterebbero a una quota maggiore del Pil ucraino rispetto alle riparazioni imposte alla Germania dal Trattato di Versailles” che il 7 maggio 1919 pose ufficialmente fino alla Prima guerra mondiale, “in seguito ridotte alla Conferenza di Londra nel 1921 e dal Piano Dawes nel 1924”. Le condizioni “sono peggiori delle sanzioni finanziarie imposte a Germania e Giappone dopo la loro sconfitta nel 1945. Entrambi i paesi erano in definitiva beneficiari netti di fondi dagli alleati vittoriosi”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/02/18/il-piano-di-trump-per-colonizzare-ucraina-in-cambio-della-pace/7882320/?fbclid=IwY2xjawIimNpleHRuA2FlbQIxMQABHXXgNU4xfeBJXs7aBzyH4TksPSAsrDaV-xqeW8cJXlU-9q2-TrE-u9L1zQ_aem_Xtz02h2BPL5VyTRSPITUTw


Terrificante! Gli USA producono guerre per appropriarsi di tutto ciò che produce denaro... Visto che non sono riusciti ad ottenere ciò che volevano con la guerra provocata, usano altri sistemi per appropriarsi di ciò che interessa loro: terre rare, petrolio, gas... E non smetteranno mai, perchè la loro voglia di primeggiare in tutto e diventare padroni del mondo non cesserà mai!

cetta.

sabato 15 febbraio 2025

Ucraina, Blinken ammette: ''Stati Uniti hanno fornito armi prima dell'invasione russa'' - Giuseppe Cirillo

 

Diplomazia o strategia? Le parole del segretario di Stato che lasciano perplessi: “Non si è mai trattato solo dell’Ucraina”

L’invasione della Russia in Ucraina inizia il 24 febbraio 2022, ma l’invio di armi da parte degli Stati Uniti comincia mesi prima, a settembre del 2021. Soprattutto, inizia “silenziosamente”. A rivelarlo ai microfoni del New York Times non è di certo un complottista, ma il segretario di Stato americano Antony Blinken. Durante l’intervista, il “diplomatico di lunga data” - come lo definisce la giornalista statunitense Lulu Garcia-Navarro - ha insistito sul fatto che le decisioni prese insieme al presidente Joe Biden sono state “quelle giuste”. Tra queste, figura anche quella di aver messo “l’Ucraina sulla strada dell'adesione alla NATO”. Blinken ha rivendicato queste scelte come determinanti per salvaguardare la sovranità ucraina e contrastare le ambizioni territoriali di Vladimir Putin. Tuttavia, come lo stesso segretario di Stato ha ammesso, in gioco c’è ben altro. “Non si tratta solo dell'Ucraina - ha sottolineato Blinken -. Non si è mai trattato solo dell'Ucraina”. Soffermandosi sui rischi futuri che potrebbero minare gli Stati Uniti, Blinken ha precisato: “In assenza della diplomazia americana, ci sarà la diplomazia di molti altri Paesi che modelleranno il mondo in modi che potrebbero non essere così amichevoli verso i nostri interessi e i nostri valori”. Insomma, Blinken parla di scelte dettate dalla necessità di salvaguardare la sovranità e gli interessi dell’Ucraina, ma queste sembrano finire sempre per favorire gli Stati Uniti.

Partiamo però dall’inizio, dal momento in cui il segretario di Stato ricorda l’incontro a Ginevra con il suo omologo russo, il ministro degli Esteri Sergey Lavrov, nel tentativo di evitare il conflitto in Ucraina. “Abbiamo esercitato una diplomazia straordinaria nel riunire e tenere insieme più di 50 Paesi, non solo in Europa, ma ben oltre, a sostegno dell'Ucraina e in difesa di quei principi che la Russia ha attaccato nel febbraio di quell'anno. Ho lavorato intensamente prima della guerra, anche con incontri con il mio omologo russo, Sergey Lavrov, a Ginevra, un paio di mesi prima del conflitto, cercando di trovare un modo per prevenirlo. Abbiamo voluto testare l’ipotesi che si trattasse davvero delle preoccupazioni della Russia per la sua sicurezza e per l'Ucraina”, ha spiegato. E prosegue: “Eravamo intensamente impegnati diplomaticamente con la Russia. Da allora, se ci fosse stata l'opportunità di impegnarsi diplomaticamente per porre fine alla guerra in modo giusto e duraturo, saremmo stati i primi a coglierla. Purtroppo, almeno fino ad ora, non abbiamo visto alcun segno che la Russia sia realmente disposta a negoziare”. Al di là dell’intensa attività diplomatica, prima che la Russia invadesse l’Ucraina, le armi per Kiev erano già pronte per essere spedite. “Ci siamo assicurati che, ben prima dell’aggressione russa, a partire da settembre e poi di nuovo a dicembre, portassimo silenziosamente molte armi all'Ucraina. Volevamo garantire che avessero ciò di cui avevano bisogno per difendersi: cose come i missili Stinger e Javelin, che si sono rivelati decisivi per impedire alla Russia di prendere Kiev, ribaltare il Paese, cancellarlo dalla mappa e, anzi, respingere i russi”.

Tuttavia, durante l’intervista con il NYT, Blinken sembra trascurare che l’esercito di Kiev, a differenza di quello di Mosca, che continua ad avanzare, non ha mai ottenuto vittorie significative, se non nella narrativa mediatica occidentale. Le perdite umane e materiali subite da Kiev sono elevatissime, sia tra la popolazione che, soprattutto, tra i soldati.

Un disastro che sembra essere stato alimentato anche dalla fornitura di armi all’Ucraina, iniziata diversi mesi prima dell’invasione russa, e che rischia quasi certamente di peggiorare nel caso in cui l’Ucraina entri nella NATO. Eppure, per Blinken, “Putin ha fallito”, mentre “l'Ucraina è ancora in piedi”. “Credo che abbia anche un potenziale straordinario non solo per sopravvivere, ma anche per prosperare in futuro. ” - prosegue -  “Per garantire che qualsiasi cessate il fuoco sia realmente duraturo, dobbiamo assicurarci che l'Ucraina abbia la capacità di scoraggiare ulteriori aggressioni. Questo - ha precisato - può avvenire in molte forme: attraverso la NATO, ad esempio, e noi abbiamo messo l'Ucraina sulla strada dell'adesione all’Alleanza. Oppure attraverso assicurazioni di sicurezza, impegni e garanzie da parte di diversi Paesi, per fare in modo che la Russia sappia che, se attaccherà di nuovo, dovrà affrontare gravi conseguenze”. Le parole pronunciate dal segretario di Stato americano Antony Blinken lasciano intendere che il conflitto in Ucraina potrebbe protrarsi ancora a lungo. Una prospettiva che stride con le dichiarazioni di impegno per una trattativa di pace, la quale, fino a oggi, si è concretizzata solo nelle parole di Blinken, senza alcun riscontro pratico. Contrariamente a quanto ci si potrebbe augurare, l’ingresso dell’Ucraina nella NATO rischierebbe di intensificare ulteriormente gli scontri tra l’esercito russo e quello ucraino. Da sempre è evidente che un’espansione della NATO verso est avrebbe portato inevitabilmente a uno scontro con la Russia. Dunque, resta da vedere quale sarà l’approccio di Donald Trump quando, con il suo probabile ritorno alla Casa Bianca, si troverà a gestire questa situazione. Blinken, infatti, durante la sua intervista al NYT, ha espresso preoccupazione per le possibili politiche di Trump in relazione alla questione ucraina. Secondo Blinken, un diverso orientamento politico da parte del tycoon americano potrebbe lasciare spazio ad altri attori internazionali, capaci di influenzare il corso degli eventi in modi contrari agli interessi e ai valori americani. Una considerazione che appare in contraddizione con le affermazioni di chi sostiene di essersi impegnato per la pace in Ucraina.

Foto © Imagoeconomica

https://www.antimafiaduemila.com/home/terzo-millennio/232-crisi/103405-ucraina-blinken-ammette-stati-uniti-hanno-fornito-armi-prima-dell-invasione-russa.html

giovedì 10 ottobre 2024

L’uragano, il rutto e la sconfitta ucraina. - Tommaso Merlo

 

Quando arriva un uragano è come in guerra. Ti avvisano di evacuare, parti coi tuoi stracci e poi attendi la distruzione nella speranza di poter ricominciare una vita tra le macerie. Nella ricca Florida come nel martoriato Medioriente, con l’unica eccezione di Gaza dove si viene sterminati anche nei rifugi. Ma ormai il genocidio è talmente sanguinario da non fare più notizia mentre la parola pace non esce più nemmeno per sbaglio dalla bocca dei reggenti. È tornata di moda la guerra e le mandrie si accodano sonnolente verso il burrone. Al bar come nei palazzi del potere dove si è appena insediato il nuovo segretario della Nato, l’olandese Mark Rutte. Nomen omen. Non ha fatto in tempo ad accomodarsi sulla poltrona che ha subito ruttato che servono 150.000 soldati in più alla Nato. Carne fresca in vista del terzo macello mondiale e da selezionare con cura tra gli allevamenti di poveri cristi. Rutto ha anche tuonato che i paesi membri dovrebbero spendere più del 2 percento del loro Pil in armamenti, perché sarebbe questa la vera priorità dei poveri cristi. Missili, bombe e contraerea per difenderci dall’efferata Russia che brama di fagocitarci. Già, come no. Ma del resto se la pensava diversamente o meglio se pensava, la poltrona se la scordava. Oggi come oggi conformismo ed arrivismo sono sinonimi e se va di moda la guerra, tutti in mimetica. Tra i primi incontri in agenda del neo segretario Nato quello con un altro protagonista assoluto della nostra epoca, la volpe della steppa Zelensky impegnato nell’ennesimo giro delle sette chiese. Cosa elemosini non è certo una novità, armi per proseguire la cavalcata e soldi per mantenere quello che resta dello stato ucraino. Zelenskyy ha in tasca un piano di pace che prevede la guerra e un paio di chicche. Pare che sia disposto a trattare con la Russia se si ritira da tutto il territorio ucraino. Davvero geniale, chiedere ai vincitori di perdere. Zelenskyy vuole poi che Putin paghi per i crimini di guerra commessi come se l’Ucraina sparasse fiori coi nostri cannoni. Qualcuno dovrebbe spiegare a Zelenskyy che in guerra le condizioni le dettano i vincitori, agli sconfitti spettano giusto le modalità della resa. Ed è questo il dilemma ucraino ma anche occidentale: continuare a buttare benzina sul fuoco per ragioni di principio o presunte tali, oppure smetterla di litigare come bambini dell’asilo e tornare a ragionare da persone adulte e negoziare. Del resto dalle scarse informazioni che filtrano dalle trincee, la situazione appare drammatica. I politicanti aprono bocca e gli danno fiato ma secondo gli analisti militari l’esercito ucraino potrebbe cedere per mancanza di uomini. Molti persi nelle quotidiane carneficine altri fuggiti a gambe levate. E anche i tanto conclamati missili a lungo raggio non sarebbero decisivi. L’unico modo per cambiare le sorti del conflitto sarebbe l’ingresso della Nato ma questo vorrebbe dire guerra mondiale e pure atomica e sembra che nemmeno gli Stati Uniti la vogliano al momento. Anche perché sono divisi internamente, la Harris gira con pistola e tanica in mano mentre quel marpione di Trump si sente di nascosto con Putin da anni e in caso di bis ha preannunciato che manderà Zelensky a quel paese. Siamo a quasi tre anni dall’escalation, l’Ucraina è in cenere eppure non c’è un leader europeo in grado di lanciare una valida iniziativa diplomatica. Non c’è nessuno che ha il coraggio di proporre una alternativa differenziandosi dalle mandrie che procedono sonnolente verso il burrone. Passiamo da un uragano di guerra all’altro e la parola pace non esce più nemmeno per sbaglio dalla bocca dei reggenti. Come se non capissero che il vero ed unico piano per la vittoria dell’Ucraina come di tutti noi, sia quello di far tornare di moda la pace.

Tommaso Merlo

giovedì 5 settembre 2024

Il grande ritorno del guerrafondaio. - Giuseppe Salamone

 

Mentre Bloomberg ci comunica che la Russia sbanca con le entrate derivanti dalla vendita di gas e petrolio e piazza un +21% rispetto all'anno scorso, l'Unione Europea commissiona al discepolo Mario Draghi un "rapporto sulla competitività".

Lui si presenta con un piano di guerra che sembra scritto al Pentagono: intanto dice che bisogna semplificare la vita all’industria delle armi, poi chiede che vengano rimossi i divieti per le aziende per spalancare le porte dei finanziamenti UE compresi quelli della banca centrale europea e infine mette nero su bianco che le politiche green tutto sommato vanno bene, però per le armi bisogna chiudere non solo un occhio, bensì tutti e due.

Stiamo parlando di quel personaggio che è stato l'ideatore delle sanzioni che hanno affossato l'Europa e fatto il solletico alla Russia. Nonostante tutto ce lo ritroviamo di nuovo che gironzola per le stanze di Bruxelles ovviamente senza aver mai preso mezzo voto per presentare piani di sviluppo economici. O forse istanze di fallimento dell'UE visto che tutto ciò che tocca alla fine diventa un dramma per i cittadini.

Uno come lui, e non mi stancherò mai di dirlo, dovrebbe essere preso a pesci in faccia e accusato di alto tradimento. Altro che piani e cazzate varie! A proposito, ve lo ricordate il famoso Price Cap? Ci hanno rotto le balle per oltre un anno con questa super idea del discepolo. Adesso che la Russia, grazie a una grande economista, tale Elvira Nabiullina che vale mille mila Draghi è riuscita a vanificare sanzioni e Price Cap, miracolosamente non se ne parla più.

Però in compenso abbiamo abbiamo l'argomento del mese che ha trasformato il dibattito pubblico in un programma di Barbara D'Urso...

T.me/GiuseppeSalamone
Giuseppe Salamone
Giuseppe Salamone 

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domenica 18 agosto 2024

“Sta facendo una mossa suicida” L’attacco alla Russia voluto dal burattino spiegato come sempre alla perfezione dal professor Alessandro Orsini .

 

Kiev ha perso ovunque: a Kursk può finire male

Di Alessandro Orsini per Il Fatto quotidiano

Kursk non sta funzionando. L’idea di invadere la Russia per costringere Putin a spostare truppe dal Donbass, almeno finora, non ha dato i risultati sperati. Da quando gli ucraini sono entrati a Kursk, il 6 agosto scorso, i russi non hanno fatto altro che conquistare nuovi territori in Donbass. Mentre scrivo, Zelensky ordina l’evacuazione a Pokrovsk.

La strategia di Putin a Kursk si basa su tre mosse:
1) arrestare l’avanzata degli ucraini;
2) lasciare che si accomodino;
3) falcidiarli con gli aerei. Le probabilità che la sortita di Zelensky a Kursk si concluda in un nuovo disastro sono alte giacché il record negativo del presidente ucraino è strabiliante.
Dall’inizio della controffensiva, il 5 giugno 2023, fino alla sua conclusione agli inizi di ottobre, tutto ciò che Zelensky ha ideato contro i russi è stato un fallimento.
Tant’è vero che, terminata la controffensiva, l’esercito ucraino si è ritrovato dissanguato mentre quello russo ha addirittura invaso Kharkiv.
La controffensiva ucraina, concepita da Zelensky per conquistare nuovi territori, si è conclusa con la perdita di molti altri territori e la richiesta immediata di arruolare un numero enorme di civili, 500 mila, sufficienti a costruire un nuovo esercito.
Il tutto accompagnato da un urlo disperato: “Ho terminato armi e munizioni!”. Zelensky ha avviato l’amministrazione militare dei territori occupati. La domanda sorge spontanea: come crede di poterli mantenere senza la superiorità aerea?
I cieli sono russi. Zelensky chiede agli alleati di autorizzarlo a usare i missili a lunga gittata. Per averla vinta, ricorre alla nota strategia di metterli davanti al fatto compiuto piegando la loro riluttanza con il consueto: “Non vedete che i russi stanno uccidendo tutti gli ucraini a Kursk? Autorizzatemi, altrimenti siete corresponsabili”. Oggi chiede l’autorizzazione per distruggere la Russia; domani la invocherà per non essere distrutto.
Zelensky si è giocato il tutto per tutto.
Se Putin arresta l’avanzata in Donbass per spostare i soldati a Kursk, è fatta. Se non li sposta, gli ucraini a Kursk dovranno parare le Fab-3000 con le mani.
I Patriot e i Samp-T in quella terra avrebbero vita breve. Gli ucraini controllano pochi chilometri quadrati che i russi conoscono come le loro tasche. Il primo missile lanciato da un Samp-T sarebbe quasi certamente l’ultimo.

Ricorriamo all’immaginazione e immaginiamo che Kursk finisca nell’ennesimo disastro. Che cosa accadrebbe a Zelensky? Secondo alcuni analisti, rischierebbe di essere rovesciato.
Ma i golpisti dovrebbero prima assicurarsi il consenso della Casa Bianca, senza i cui soldi cadrebbero in poco tempo.
Biden difenderebbe Zelensky con tutte le sue forze.
Gli ucraini devono resistere a Kursk fino al voto di novembre per la Casa Bianca. Trump è pronto ad attribuire a Kamala Harris le colpe di tutte le disfatte.
Quella di Kursk sarebbe la più grande perché costruita sui 75,1 miliardi di dollari sborsati da Biden, cui bisogna aggiungere 23,3 miliardi di dollari recentemente deliberati dal Congresso.
Dall’inizio della guerra a oggi, l’Ue e altri Paesi europei hanno dato a Zelensky 110,2 miliardi di euro.
All’ultimo vertice sul bilancio comunitario sono stati promessi ulteriori 77 miliardi. Sommando i dollari americani agli euro dell’Europa, la cifra è esorbitante. Questa cifra da capogiro rischia di essere bruciata in una mano a poker.
Il grande giocatore di poker vince senza carte in mano contro avversari carichi di punti. Ma il bluff richiede che le carte siano ignote ai giocatori. In questo caso, tutti conoscono le carte di Putin e di Zelensky.
La Russia ha i soldati per aprire nuovi fronti e l’Ucraina no. L’organico delle forze armate russe consta di 2.210.000 persone circa, di cui almeno 1.320.000 militari.
L’Ucraina sta finendo i soldati e molti Paesi dell’Unione Europea stanno finendo i soldi con la Germania in recessione. Tra non molto, le carte potrebbe darle Trump.

https://www.dcnews.it/2024/08/18/sta-facendo-una-mossa-suicida-lattacco-alla-russia-voluto-dal-burattino-spiegato-come-sempre-alla-perfezione-dal-professor-alessandro-orsini/?fbclid=IwY2xjawEujm1leHRuA2FlbQIxMAABHSwwYRassQJBCQigAYtS0sveoIdwkuRRsNIJJ-IrnkmT0dIY0pPRzTFHUg_aem_ZvQ1xY3BGQibHmHyWKL3bQ

giovedì 15 agosto 2024

Gli atlantonti di Marco Travaglio.

 

Per capire in quale trappola diabolica s’è cacciata l’Europa, basta unire i puntini delle ultime notizie, che sembrano fatte apposta per gli atlantonti che non vogliono vedere.

1) La Germania, mentre imbottisce l’Ucraina di armi e miliardi, spicca un mandato di cattura per l’incursore ucraino che due anni fa fece esplodere, su mandato di Kiev e con la copertura Nato, i gasdotti Nord Stream 1 e 2, costati 21 miliardi, che portavano il gas russo in Germania e di lì in tutta Europa e che Biden aveva già minacciato di distruggere. Risultato: ora compriamo più gas liquido e scadente dagli Usa, che ce lo vendono a prezzi quadrupli e ci tocca pure rigassificarlo; la Germania in recessione trascina nel baratro l’intera Ue, mentre l’economia americana (come quella russa) va come un treno.

2) Ora che Biden sta per diventare ex presidente, vengono desecretati gli atti sul figlio criminale Hunter che nel 2016, sotto il governo Renzi, chiese aiuto all’ambasciatore a Roma per procacciare affari nella Toscana pidina al colosso energetico ucraino Burisma, di cui era amministratore. Insomma, quello dei Biden per Kiev è un amore disinteressato: platonico.

3) Il più fanatico fra i consiglieri di Zelensky, Podolyak, spiega che l’invasione ucraina della regione russa di Kursk serve a ricattare i Paesi più prudenti della Nato per avere mano libera sull’uso delle nostre armi in Russia. Paesi tipo l’Italia, che ripudia la guerra per Costituzione, come ricorda financo Crosetto (subito linciato dai pretoriani Nato Mieli&Sallusti, che chiamano la Costituzione “ipocrisia” e “odio per l’Occidente”).

Il copione è fisso: il regime ucraino e i retrostanti Usa ricattano l’Europa con menzogne sempre più spudorate, ma i nostri sgovernanti sono ben felici di bersele mettendo mano al (nostro) portafogli e scavalcando le linee rosse che avevano tracciato.
Ora Kiev, dopo aver finto di voler negoziare con Mosca per paura di Trump, scatena un blitz militarmente inutile, anzi suicida, che la priva dei reparti migliori condannati allo sterminio, sguarnisce il Donbass dove i russi avanzano vieppiù, al solo scopo di bruciare il tavolo dell’eventuale trattativa. E pretende di farlo coi nostri missili e il nostro permesso.
Ma, siccome l’ultima linea rossa è sempre la penultima, dobbiamo prepararci alla prossima: quando i russi completeranno la conquista del Donbass e annienteranno i reparti ucraini a Kursk, Zelensky piagnucolerà che ha finito i soldati e vuole i nostri. I giovani ucraini fuggono all’estero, affogano nel Dnepr, si spaccano le tibie a martellate pur di non arruolarsi. Ma Repubblica canta l’epopea dei “soldati ucraini ‘felici di guidare un tank in Russia’”. È così che si precipita nella Terza guerra mondiale senza neppure accorgersene.

https://www.dcnews.it/2024/08/15/se-unisci-i-puntini-ci-arrivi-anche-tu-ucraina-un-impeccabile-marco-travaglio-demolisce-definitivamente-la-stucchevole-narrazione-che-politicanti-e-pennivendoli-ci-propinano-da-due-anni/

mercoledì 14 agosto 2024

Ucraina, la sanguinosa dichiarazione di sconfitta. - Alberto Capece Minutolo

 

Ci sono molti modi di palesare la sconfitta, ma quello storicamente più utilizzato è di organizzare un’ultima offensiva per poter arrivare al tavolo della pace con qualcosa in mano. Naturalmente è una tattica che raramente riesce proprio perché non ci sono più forze sufficienti per poter ottenere un vantaggio decisivo. È stato il caso della fallita offensiva delle Ardenne alla fine del 1944 o di quella di Ludendorff sul fronte occidentale nel 1918 con l’obiettivo di arrivare a Parigi e della successiva, ma collegata battaglia del Solstizio, ovvero seconda battaglia del Piave sul fronte italiano che segnò la sconfitta definitiva dell’imperial regio esercito austroungarico oltre ad essere stata la prima battaglia terrestre della storia che vide un massiccio impiego dell’aviazione. Uno dei massimi comandanti austroungarici, il feldmaresciallo Borojević era favorevole a non impegnare l’ancora considerevole forza militare dell’impero per conservarne il più possibile l’integrità territoriale, ma i tedeschi già delusi di non essere riusciti a sfondare il fronte francese, imposero l’offensiva perché una vittoria sul fronte italiano avrebbe comunque pesato all’inevitabile tavolo della pace. Era tuttavia un sogno perché le forze che si contrapponevano erano praticamente alla pari, (però gli italiani avevano riserve maggiori) una condizione nella quale un attacco è destinato a fallire.

Mi sono dilungato su questo perché oggi ci troviamo esattamente in questa fase della guerra ucraina con l’aggravante che l’esercito di Kiev è inferiore in tutto: si è messo in piedi l’assalto suicida contro Kursk raggranellando le ultime truppe davvero valide, le ultime colonne corazzate e sguarnendo più parti del fronte per dar vita a una battaglia senza speranza che tuttavia non solo testimoniasse dell’esistenza in vita dell’Ucraina, ma che allo stesso tempo, con la conquista di un lembo di terra russa, le desse un qualche peso all’inevitabile tavolo della capitolazione. Almeno questa è la motivazione offerta da Mikhailo Podolyak, il massimo consigliere di Zelensky, vista la pratica impossibilità di successo. Infine l’idea portata avanti da qualche analista di un assalto per raggiungere la centrale nucleare di Kursk è pura idiozia: in un territorio disseminato di paludi, burroni e altri ostacoli che rendono impossibile una rapida avanzata di colonne corazzate (le quali ad ogni buon contro sono già state in gran parte distrutte) per arrivare alla centrale prima che i russi possano organizzare una controffensiva, è semplicemente folle. Così alla fine Kiev ha cercato di colpire la centrale di Zaporizhia, dicendo, con una clamorosa e assurda menzogna, che sono stati i russi a provocare l’esplosione.

Si tratta di mosse evidentemente consigliate dai sagaci strateghi della Nato, intensamente formatisi sui videogiochi, ai quali tuttavia sfugge completamente la realtà: l’attacco ucraino, senza avere alcuna altra possibilità reale se non la morte di altre migliaia di ucraini, non fa altro che convincere Mosca del fatto che non ci sarà pace senza una completa disfatta dell’Ucraina. Fino a ora la Russia ha esposto i suoi termini per la cessazione delle ostilità. Il primo di questi è la revoca di tutte le sanzioni – illegali secondo il diritto internazionale – da parte degli Stati Uniti, dell’Ue e dei loro alleati, Poi ci sono le garanzie della futura neutralità ucraina, il ritiro di tutte le forze straniere e dei mercenari, la smilitarizzazione e la denazificazione del Paese. Ultimo ma non meno importante, le nuove regioni russe di Crimea, Lugansk, Donetsk, Zaporozhye e Kherson dovranno essere riconosciute a livello internazionale come territorio russo sovrano.

Questo era prima dell’attacco nella regione di Kursk. Adesso le condizioni diventeranno più stringenti e probabilmente la Russia sfrutterà questa follia per concentrare truppe e investire direttamente Kiev. Ma secondo i giornali occidentali ci troviamo di fronte a una “schiacciante” vittoria ucraina mentre l’operazione militare suicida, di fatto già fallita, è palesemente una dichiarazione di sconfitta. Del resto cosa ci si potrebbe aspettare dalla zucca vuota di Zelensky e da quelle pentagonali di Washington? Basti pensare che la comunità di intelligence statunitense sta dicendo ai principali referenti politici che l’Iran teme di dar vita a una rappresaglia per paura di Israele e del possibile coinvolgimento degli Usa mentre è chiaro che Teheran questa volta non vuole agire in fretta, sull’onda dell’emozione: sta pianificando la sua prossima mossa con l’assistenza della Russia e della sua vasta gamma di capacità di intelligence, sorveglianza e ricognizione.

Ma meglio così: se la stupidità paga nel mondo narrativo dell’informazione, è un enorme handicap nella realtà.

https://ilsimplicissimus2.com/2024/08/12/ucraina-la-sanguinosa-dichiarazione-di-sconfitta/

venerdì 26 luglio 2024

Maestra senza allievi di Marco Travaglio per Il Fatto quotidiano.

 

Per carità, rispetto a Biden è un pischello. Ma quando parla di guerre, Sergio Mattarella non pare lucidissimo.
Esprime “grande tristezza nel vedere che il mondo getta in armamenti immani risorse finanziarie che andrebbero destinate a fini sociali” (bene, bravo, bis).Poi però, con un arabesco logico da Guinness, ricasca nella solita litania: “L’Italia e i suoi alleati sostenendo l’Ucraina difendono la pace per evitare altre aggressioni a vicini più deboli che porterebbero a una guerra globale”.È la bugia che ci affligge dal 2022, quando Mosca invase l’Ucraina e si disse che la guerra era scoppiata quel giorno perché Putin, impazzito, voleva conquistare l’Europa partendo dal Donbass. Invece è scoppiata nel 2014, col golpe bianco di Euromaidan (fomentato dagli Usa, come confessò Victoria Nuland) per cacciare il legittimo presidente Janukovich e far eleggere il fantoccio Poroshenko che cambiò la Costituzione per aderire alla Nato e prese a bombardare il Donbass russofono. Mattarella, così triste per il riarmo, domanda: “Colpa di chi difende la propria libertà e chi lo aiuta o di chi aggredisce la libertà altrui?”.Ma dimentica le responsabilità occidentali: anche nella Serbia filorussa che, quando lui era vicepremier nel 1999, fu bombardata dalla Nato per 78 giorni e smembrata con l’indipendenza del Kosovo (il diritto all’autodeterminazione vale solo per i nemici di Mosca, quindi non per il Donbass).Poi scomoda l’“historia magistra vitae” (ma priva di allievi) per un ardito paragone con la II guerra mondiale: “Hitler pretendeva di annettere i Sudeti, la parte di Cecoslovacchia con una minoranza tedesca che Hitler pretendeva di annettere. Gran Bretagna, Francia e Italia, anziché difendere il diritto internazionale, gli diedero via libera. Lui poi occupò l’intera Cecoslovacchia e quando, non incontrando ostacoli, provò con la Polonia scoppiò la guerra mondiale”.Fra le tante cose che la storia non gli ha insegnato – oltre al fatto che Putin non è Hitler, non ha la Wehrmacht ma un esercito al confronto modestissimo e, se provasse a invadere l’Europa, si ritroverebbe contro l’intera Nato – c’è che contro Hitler si mossero Usa, Uk e Russia.Contro Putin c’è il fu esercito ucraino, che ha perso la guerra.E ora Zelensky e Kuleba invocano negoziati coi russi. Ma, come già nel 2022, dopo aver ripetuto per due anni e mezzo che la pace la decide l’Ucraina, l’Europa sabota i negoziati incitandola a farsi massacrare ancora. Ecco il generale Roly Walker, capo di stato maggiore britannico, in stereo con Mattarella e con l’Ue: “Dobbiamo prepararci a combattere con la Russia entro tre anni”. Quindi o ha saputo che Putin prepara lo sbarco oltre la Manica, o anche a lui servono ripetizioni di storia.

Il Fatto Quotidiano del 25.7.2024

domenica 5 maggio 2024

“L’Occidente banchetta sul suo cadavere” Ucraina, l’impietosa analisi del generale Fabio Mini sullo schifo della feccia nostrana e il reale andamento della guerra totalmente a favore di Mosca.

 

Kiev spolpata da nemici e amici per trarre profitto dal cadavere
DÉBÂCLE SUL CAMPO – È scoccata l’ora della verità. Nonostante promesse e aiuti, la situazione sul terreno ormai è compromessa, ma i gialloblù continuano a essere illusi
di Fabio Mini per Il Fatto Quotidiano
In questo periodo di guerra ciò che si percepisce sul campo di battaglia è meno rilevante di quanto ci viene mostrato da tutte le fonti occidentali alimentate dall’Ucraina e di quanto avviene a livello strategico-politico. Sul campo gli attacchi russi sono sistematici, ma limitati. La parola è data alle artiglierie terrestri e alle fanterie diluite lungo una linea di contatto di oltre 800 chilometri, ma più concentrate nell’area di Kharkiv ormai ridotta, come tutte le cittadine e i villaggi del fronte, a cumuli di macerie.
A ridosso di tale linea, dalla parte russa sono schierate le forze di riserva, i supporti e i lanciatori di razzi e missili terrestri pronti sia a favorire l’ulteriore avanzata sia a garantire il controllo del territorio. Ancora più arretrate operano le basi di fuoco aereo e missilistico e le basi logistiche. Aerei e missili battono obiettivi in profondità in tutto il territorio ucraino, o quasi, colpendo strutture energetiche, centri di comando e controllo e altri obiettivi d’interesse militare e industriale.
I danni materiali sono ingenti e significativi, mentre quelli alle persone sono largamente sproporzionati rispetto ai primi.
Non si è mai visto un rapporto ucraino sui bombardamenti aerei subiti che abbia fatto più di 4 o 5 morti tra i civili, di cui gli immancabili uno o due bambini.
Per contro, secondo le stesse fonti ucraine, non viene colpito nemmeno un soldato.
Le perdite di combattenti sono un segreto di Stato che come tale va rispettato per la tenuta morale della nazione. Ma non convince nessuno. Da parte ucraina, a ridosso della sottile linea di contatto, peraltro molto discontinua, non c’è niente. Le poche forze disponibili sono concentrate nei punti di maggiore sforzo russo in un testa a testa che contrasterebbe con tutte le regole del combattimento se veramente i russi avessero intenzione e fretta di “sfondare” da qualche parte.
Dietro le linee ucraine più in profondità operano le artiglierie e i lanciarazzi e lanciamissili forniti dai Paesi occidentali completi di munizioni, operatori e sistemi di acquisizione di obiettivi non necessariamente schierati in Ucraina.
La difesa antiaerea russa copre le parti più sensibili, come Crimea, Zhaporizhia, Kherson e Kharkiv oltre alla difesa “di punto” delle basi aeree e logistiche.
Quella ucraina è quasi assente e carente anche nella difesa dello spazio aereo dei maggiori centri come Kiev e Dnipro.
La situazione è quindi di per sé drammatica e non avrebbe bisogno di essere ulteriormente esasperata, come invece Kiev è costretta a fare.
Dopo due anni di combattimenti a singhiozzo, l’Ucraina si è resa conto di non possedere la base né per vincere né per essere aiutata a vincere. Il tentennamento americano sui finanziamenti ha lanciato un segnale pericoloso ai dirigenti di Kiev, ha imbarazzato l’amministrazione Biden e ha costretto i vertici di Nato ed Europa a spendersi in rassicurazioni e finanziamenti oltre ogni realistica capacità di fornirli realmente e in tempo per evitare la catastrofe e di inviarli per un tempo lungo.
Le manifestazioni di appoggio incondizionato e “per tutto il tempo che ci vorrà” garantito da personaggi in perenne pellegrinaggio a Kiev sono al limite tra l’ipocrisia e la goliardia. Gli ucraini l’han notato da tempo e a ogni viaggio alzano la posta.
E neppure questo sarebbe necessario perché già per proprio conto i “ragazzi” e le “ragazze” che giocano alla guerra fanno promesse che non potranno mantenere senza aggravare ancor più la situazione ucraina e la sicurezza dell’Europa e del mondo.
Biden incassa il consenso a fornire altri 60 miliardi di aiuti militari all’Ucraina che mascherano un ingiusto profitto.

La Von der Leyen fa altrettanto per l’Europa e Stoltenberg assicura il supporto Nato pur sapendo di non poter garantire il consenso unanime dei Paesi membri: Ungheria, Turchia, Grecia e Italia già promettono saggiamente di non inviare truppe e di limitare gli aiuti, ma come al solito si dovrà vedere cosa faranno se messi alle strette.

Macron invece si spende in minacce d’intervento militare da parte della Francia, Cameron conferma la “licenza di uccidere” la Russia coi suoi James Bond, incursori e mercenari, i suoi carri e lanciamissili che da tempo operano in Ucraina e nei Paesi baltici, oltre a 3 miliardi di sterline all’anno “per tutto il tempo che ci vorrà”.
Numeri e promesse sono impressionanti, ma non tanto da rassicurare i dirigenti ucraini che hanno perso la fiducia e devono esasperare le percezioni per affrettare l’afflusso di armamenti e gli accrediti di denaro prima di essere costretti a capitolare non tanto nei confronti della Russia, ma dello stesso blocco occidentale sempre a rischio di frantumazione.
Zelensky e i suoi sanno che tali promesse non saranno comunque sufficienti a ribaltare le sorti della guerra.
I miliardi di aiuti, tolti quei tanti per le spese di mantenimento dell’apparato statale e quei pochissimi destinati agli scopi umanitari, vanno in armamenti forniti direttamente dai singoli Paesi.
In pratica, come già evidenziato dalla commissione armamenti del Senato americano, “nemmeno un dollaro di aiuti militari all’Ucraina uscirà dagli Stati Uniti”.
I soldi andranno alle industrie americane come un qualunque aiuto di Stato.
E così è anche per gli altri Paesi generosi sostenitori. Inoltre i materiali che vengono ceduti e tramutati in dollari sono quelli esuberanti le capacità di difesa e deterrenza.

Gli Himars, lanciamissili relativamente moderni, sono stati centellinati e ognuno di tali sistemi richiede più risorse per la propria difesa che per il lavoro che dovrebbe fare.

Abbondano invece le forniture di lanciamissili tattici Atacms con gittata di 300 chilometri, iniziate nell’autunno 2023 anche da parte inglese.
Si tratta di materiali obsoleti già radiati dal servizio o alla fine della vita tecnica per la crescente instabilità dei propulsori. E sono dirette all’esasperazione della guerra le accuse di ricorso alle armi “proibite” che periodicamente tornano alla ribalta fin dai primi giorni dell’invasione con la “scoperta” in Ucraina di siti medici dove si testavano agenti di guerra biologica.
Ora la situazione dei combattimenti non è in stallo, come qualcuno afferma, ma sta peggiorando ogni giorno per l’Ucraina.
Russia e Ucraina non hanno mostrato alcuna intenzione di negoziare ed entrambe fanno credere di poter vincere sul campo: l’Ucraina non da sola, ma con il sostegno armato di Usa ed Europa; la Russia con la deterrenza nucleare e il sostegno politico-strategico di Cina e altri Paesi del sud del mondo.
Sono due presunzioni errate, ma proprio per questo ancor più pericolose: entrambe portano direttamente a una guerra continentale con l’impiego di armi nucleari tattiche, reso altamente probabile dalle forniture di armi occidentali all’Ucraina.
In una situazione del genere sembra inutile e ipocrita chiedere ai due Paesi di rinunciare alla lotta mentre il resto del mondo spinge per continuarla, per un motivo o per l’altro, per l’interesse di qualcuno o di qualcun altro.
Pertanto i vari appelli per il negoziato che si stanno moltiplicando più per motivi elettorali che per considerazioni di sicurezza dell’intera Europa dovrebbero essere accompagnati da azioni concrete volte a rimuovere da entrambe le parti le false certezze sul sostegno di cui ancora godono.
L’Ucraina sembra avviata verso una fine ben più grave della neutralità alla quale ha rinunciato volontariamente o forzatamente. È intrisa e circondata da amici e nemici che applicano uno dei Trentasei stratagemmi dei classici cinesi della guerra: “Trarre utile proficuo anche da un cadavere”.

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https://www.dcnews.it/2024/05/05/loccidente-banchetta-sul-suo-cadavere-ucraina-limpietosa-analisi-del-generale-fabio-mini-sullo-schifo-della-feccia-nostrana-e-il-reale-andamento-della-guerra-totalmente-a-favore-di-mosca/