Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 15 agosto 2024
Ucraina e gasdotti Nord Stream.
mercoledì 14 agosto 2024
L’Ucraina nelle mani di un vero idiota! Il professor Orsini ridicolizza Zelensky e i suoi padroni della Nato dopo l’insensato attacco in territorio russo.
I primi non possono aprire nuovi fronti; i secondi sì.
Per fare chiarezza, sottoporrò al vaglio della ragione tutte le spiegazioni elaborate dagli ambienti di Kiev nel rispetto del progetto illuministico. Con solerzia da etnografo, ne ho appuntate almeno sei.
Tutte hanno in comune una mancanza totale di senso della realtà figlia di una grave forma di megalomania sempre più radicata negli ambienti di Zelensky, Nato e Unione europea.
L’organico delle forze armate russe consta di 2.210.000 persone circa, di cui almeno 1.320.000 militari.
Allo stato attuale delle nostre conoscenze, non risulta che tutte queste persone siano braccate dalla paura perché mille ucraini sono entrati a Kursk.
Dal canto suo, Zelensky ha dichiarato che l’invasione serve per costringere Putin a trattare alle condizioni dell’Ucraina.
Il problema è che l’invasione ucraina della Russia non è paragonabile all’invasione russa dell’Ucraina.
La prima è piccolissima; la seconda è grandissima.
Infatti, Putin non ha pensato di trattare, ma di contrattaccare.
La terza spiegazione è che l’invasione ucraina serve a conquistare la centrale nucleare di Kursk per minacciare di farla esplodere nel caso in cui Putin non dichiari la resa senza condizioni.
Se una circostanza del genere si verificasse, la cosa più probabile che accada è che Putin dia 24 ore a Zelensky per dimettersi pena un attacco nucleare ad ampio spettro.
La quarta spiegazione è che l’invasione di Kursk serve a ottenere il crollo del regime di Putin.
Secondo l’ambiente di Kiev – che include anche i principali quotidiani italiani – Putin sarà isolato dai suoi generali e odiato da tutti i russi per la falla a Kursk.
In realtà, l’invasione di Kursk causerà gli stessi effetti della rivolta di Prigozhin: i consensi di Putin aumenteranno giacché i russi odiano la Nato, mica Putin.
La ragione è presto detta: i russi sentono di essere attaccati dalla Nato e difesi da Putin. Soltanto chi abbia assunto dosi massicce di oppio ideologico non riesce a cogliere una verità così elementare.
La quinta spiegazione è che l’invasione di Kursk costringerà Putin a spostare truppe dal Donbass.
In realtà, è accaduto il contrario.
Per condurre l’invasione, Zelensky ha dovuto spolpare il fronte ucraino, dove arretra di continuo; Putin, invece, sta difendendo Kursk con il ricorso a nuovi soldati per le ragioni di cui sopra: ha un esercito enorme.
Infine, e siamo a sei, Zelensky ha dichiarato di avere invaso Kursk per spirito di vendetta affinché i russi capiscano che cosa significhi essere invasi…
Come se non lo sapessero: la megalomania distrugge persino il senso storico. Nel frattempo, i russi continuano a falcidiare gli ucraini in Donbass.
Qualcuno gli spieghi che la terza guerra mondiale vedrebbe Cina, Iran e Corea del Nord schierate con la Russia. Un tale schieramento sovrasterebbe persino gli Stati Uniti. Figuriamoci l’Ucraina.
venerdì 26 luglio 2024
Maestra senza allievi di Marco Travaglio per Il Fatto quotidiano.
lunedì 31 luglio 2023
Putin: "Entro quattro mesi consegne gratis del grano ai paesi africani"
Il presidente russo, Vladimir Putin, al termine del vertice Russia-Africa, a San Pietroburgo, ha fatto il punto con la stampa. Un discorso amplio il suo, in cui ha parlato dei colloqui di pace, dell’esportazione del grano, delle perdite subite dall’esercito ucraino. “L’Ucraina ha perso 415 carri armati dal 4 giugno”, ha sentenziato il capo del Cremlino.
L’esportazione del grano
“Personaggi maligni provano a bloccare l’esportazione di grani e fertilizzanti russi, ma falliscono”, ha detto il presidente Putin, “La Russia va avanti”. Poi, ha aggiunto: “Affinché i paesi più poveri non soffrano davvero, in modo che non ci siano motivi per accusarci di essere colpevoli della difficile situazione dei paesi più poveri dell'Africa, abbiamo detto che siamo pronti a iniziare a fornire grano a questi Paesi, gratuitamente, per motivi umanitari. Inizieremo a consegnare 50.000 tonnellate entro 3-4 mesi”.
L’iniziativa di pace africana.
Secondo il presidente Putin, “Alcuni punti dell'iniziativa di pace africana sull'Ucraina, compresi gli scambi di prigionieri di guerra, sono già in corso di attuazione. L’Africa vuole sinceramente la fine del conflitto in Ucraina". Poi, ha precisato che "complessivamente il continente africano ha un atteggiamento amichevole e positivo verso la Russia”. E ha aggiunto: “L’iniziativa africana o quella cinese per dei colloqui potrebbero essere una buona base per arrivare alla pace in Ucraina”.
I colloqui di pace Ucraina-Russia.
“La Russia non ha rifiutato i colloqui di pace al contrario dell'Ucraina, che ha emesso un decreto che li vieta. Non abbiamo mai rifiutato i negoziati di pace. Ma a Kiev c’è un decreto che vieta le trattative”. Perché il processo possa iniziare, ha aggiunto il capo del Cremlino, "è necessario che ci sia un accordo da entrambe le parti. La Russia non può rispettare un cessate il fuoco in Ucraina, perché Kiev che sta cercando di attaccare”.
E sulla Nato.
“La Russia non vuole lo scontro diretto con la Nato, ma se qualcun altro lo scatenerà, Mosca è pronta. Siamo sempre pronti per qualsiasi scenario. Ma nessuno lo vuole. E su iniziativa della parte americana, un tempo abbiamo creato un meccanismo speciale per prevenire questi conflitti”, ha dichiarato Putin. “I nostri capi di alcuni dipartimenti comunicano direttamente tra loro e hanno l’opportunità di consultarsi su qualsiasi situazione di crisi”. Poi, in conclusione, ha ribadito il concetto: "Nessuno vuole scontri, ma se qualcuno li vuole, non certo noi, siamo pronti”.
mercoledì 15 giugno 2022
Il Papa insiste: “La Nato ha abbaiato alla Russia”. Ma il dialogo è in stallo. - Francesco A. Grana
Papa Francesco non ci sta a continuare ad assistere all’invasione della Russia in Ucraina. Bergoglio è tornato a condannare con maggiore fermezza il Cremlino: “La guerra in Ucraina è venuta ad aggiungersi alle guerre regionali che in questi anni stanno mietendo morte e distruzione. Ma qui il quadro si presenta più complesso per il diretto intervento di una ‘superpotenza’, che intende imporre la sua volontà contro il principio dell’autodeterminazione dei popoli. Si ripetono scene di tragica memoria e ancora una volta i ricatti reciproci di alcuni potenti coprono la voce dell’umanità che invoca la pace”. Parole calibrate attentamente dalla Segreteria di Stato vaticana e che rispecchiano l’attuale posizione del Papa e della Santa Sede visto il prolungarsi del conflitto senza alcuna possibilità di mediazione.
Quella in Ucraina è stata definita da Francesco “una nuova sciagura” che è “destinata a imporre al mondo uno scenario diverso”. Una condanna netta: “Quanti poveri genera l’insensatezza della guerra! Dovunque si volga lo sguardo, si constata come la violenza colpisca le persone indifese e più deboli. Deportazione di migliaia di persone, soprattutto bambini e bambine, per sradicarle e imporre loro un’altra identità”. Da Casa Santa Marta, residenza di Bergoglio, fanno sapere di essere ben consapevoli che una condanna così netta della Russia non può, al momento, aprire spiragli di dialogo con la Santa Sede che pure il Papa ha cercato e auspicato fin dall’inizio della guerra. Ma da parte del Cremlino le risposte, finora, sono sempre state molto tiepide.
Quasi un mese fa, il 19 maggio scorso, ricevendo in Vaticano a porte chiuse i direttori delle riviste culturali europee dei gesuiti, Francesco è stato molto chiaro: “Qualcuno può dirmi a questo punto: ma lei è a favore di Putin! No, non lo sono. Sarebbe semplicistico ed errato affermare una cosa del genere. Sono semplicemente contrario a ridurre la complessità alla distinzione tra i buoni e i cattivi, senza ragionare su radici e interessi, che sono molto complessi. Mentre vediamo la ferocia, la crudeltà delle truppe russe, non dobbiamo dimenticare i problemi per provare a risolverli”.
Bergoglio aveva raccontato anche che “un paio di mesi prima dell’inizio della guerra ho incontrato un capo di Stato, un uomo saggio, che parla poco, davvero molto saggio. E dopo aver parlato delle cose di cui voleva parlare, mi ha detto che era molto preoccupato per come si stava muovendo la Nato. Gli ho chiesto perché, e mi ha risposto: ‘Stanno abbaiando alle porte della Russia. E non capiscono che i russi sono imperiali e non permettono a nessuna potenza straniera di avvicinarsi a loro’. Ha concluso: ‘La situazione potrebbe portare alla guerra’. Questa era la sua opinione. Il 24 febbraio è iniziata la guerra. Quel capo di Stato ha saputo leggere i segni di quel che stava avvenendo”. Parole che il Papa aveva rivelato in un colloquio, anch’esso privato, con il direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, pubblicato il 3 maggio scorso: “Forse l’abbaiare della Nato alla porta della Russia ha indotto il capo del Cremlino a reagire male e a scatenare il conflitto”. Una posizione, come rilevano nei sacri palazzi, espressa più volte dall’ex cancelliere tedesco Angela Merkel.
Un ampio estratto del colloquio del Papa con i gesuiti è stato pubblicato sulla Stampa suscitando la protesta del direttore della Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, che ne ha curato la trascrizione riportata integralmente sul sito della sua rivista. Su Twitter, infatti, il sacerdote ha rivelato di aver protestato con il quotidiano per il titolo: “Il Papa, preghiera per la pace. ‘Ma la Nato ha provocato Putin’”. “Purtroppo quel titolo virgolettato è fasullo. Ho protestato con La Stampa. Nella conversazione non c’è infatti”. Trascrizione, precisano tra le sacre mura, che è sfuggita ai normali controlli della diplomazia vaticana che si è sempre mossa su binari ben diversi, cercando di tenere aperti i canali con la Russia e l’Ucraina. Francesco auspica, inoltre, un nuovo faccia a faccia con il Patriarca di Mosca Kirill: “Spero di incontrarlo in occasione di un’assemblea generale in Kazakistan, a settembre. Spero di poterlo salutare e parlare un po’ con lui”.
martedì 26 aprile 2022
Il conflitto in Ucraina è il fallimento (di parte) della classe dirigente italiana. - Alessandro Orsini
martedì 12 aprile 2022
Colpa di Putin o errore della Nato? Il ruolo americano nella guerra in Ucraina. - Ugo Tramballi
Mettiamo a confronto due testi opposti, entrambi interessanti, di due esperti americani molto autorevoli: John Mearsheimer, scienziato della politica all’Università di Chicago e Robert Kagan, storico della diplomazia ed esperto alla Brookings Institution di Washington.
Se sia tutta colpa degli Stati Uniti; se Vladimir Putin sia una vittima della Nato o invece in preda a incontrollabili ambizioni imperiali da XIX secolo – dibattito che in Italia ha assunto la forma di un derby calcistico – è un confronto che esiste da anni, da molto prima della guerra.
L’aggressione russa e le distruzioni in Ucraina lo hanno solo accelerato: il comportamento Usa è stato una provocazione, forse una trappola, oppure Putin ha sbagliato tutto da solo?
Nel tentativo di dare un contributo alla conversazione metto a confronto due testi opposti, entrambi interessanti, di due esperti americani molto autorevoli: John Mearsheimer, scienziato della politica all’Università di Chicago e Robert Kagan, storico della diplomazia ed esperto alla Brookings Institution di Washington.
La tesi di Mearsheimer.
Mearsheimer è sempre stato molto critico riguardo alla Nato; Kagan può essere considerato un atlantista. I due testi che prendo in esame insieme perché credo siano di grande importanza per comprendere il ruolo dell’America, non sono uno la risposta all’altro: quello di Mearsheimer è apparso su The Economist il 19 marzo ; il testo di Kagan uscirà sul numero di maggio di Foreign Affairs. «L’Occidente, e specialmente l’America, è principalmente responsabile della crisi incominciata nel febbraio 2014», afferma il professore di Chicago, riferendosi alla rivoluzione di Maidan, a Kyiv, «sostenuta dall’America». Crisi «diventata ora una guerra che non solo minaccia di distruggere l’Ucraina ma ha il potenziale di degenerare in una guerra nucleare fra Russia e Nato». Allora la strategia Usa era di «portare l’Ucraina più vicina alla Ue e farne una democrazia pro-americana», ignorando le linee rosse di Mosca.
Anche se è dal 2008, vertice di Bucharest, che l’Occidente non parla di ammissione nell’Alleanza Atlantica, Mearsheimer sostiene che l’«Ucraina stava diventando di fatto un membro della Nato». E quando l’amministrazione Trump vendette «armi difensive» a Kyiv, a fine 2017, quella decisione «sembrò certamente offensiva per Mosca e i suoi alleati nel Donbas». Dopo avere inutilmente richiesto una garanzia scritta che l’Ucraina non sarebbe mai entrata nella Nato, «Putin ha lanciato un’invasione per eliminare la minaccia che vedeva».
Perché “«la questione non è cosa dicono i leader occidentali sui propositi o le intenzioni della Nato: è come Mosca vede le azioni della Nato». La conclusione di Mearsheimer è che «la politica occidentale stia esacerbando» i rischi di un conflitto allargato. Per i russi l’Ucraina non è tanto importante perché ostacola le loro ambizioni imperiali: un suo distacco dalla sfera d’influenza di Mosca è «una minaccia diretta al futuro della Russia».
La tesi di Kagan.
Neanche Robert Kagan nega le responsabilità americane: «Per quanto sia osceno incolpare gli Stati Uniti per il disumano attacco di Putin, insistere che l’invasione non fosse del tutto provocata, è ingannevole». La ragione è che gli eventi di oggi «stanno accadendo in un contesto storico e geopolitico nel quale gli Usa hanno giocato e continuano a giocare il ruolo principale». Come l’attacco giapponese a Pearl Harbour del 1941 e l’11 Settembre: non ci sarebbero stati se l’America non fosse stata la potenza dominante allora in Asia e poi in Medio Oriente.
Dopo la fine della Guerra Fredda, sostiene Kagan, Washington non aspirava ad essere potenza dominante nell’Europa ex sovietica. George H.W. Bush aveva denunciato come «nazionalismi suicidi» lo smembramento dell’Urss; successivamente Bill Clinton creò una “Partnership for Peace” come alternativa all’allargamento della Nato. Tuttavia «gli europei dell’Est cercavano di fuggire da decenni – secoli, in qualche caso – d’imperialismo russo e sovietico, e di avvicinarsi a Washington in un momento di debolezza russa». Negli anni ’90 credevamo che anche la Russia e la Cina stessero marciando verso la democrazia e che la Nato non avesse più ragion d’essere.
Ma i paesi dell’Est «vedevano la fine della Guerra Fredda semplicemente come l’ultima fase della loro lotta centenaria. Per loro la Nato non era obsoleta». Ma il punto centrale della tesi di Kagan riguarda le strutture del potere internazionale e il futuro. Molti, sostiene, «tendono a equiparare egemonia e imperialismo». In realtà imperialismo è una nazione che ne forza altre a entrare nella sua sfera, «egemonia è più una condizione che un proposito». Il problema di Putin e di coloro che sostengono l’esistenza di sfere d’influenza russa e cinese è che «tali sfere non sono ereditate né sono create dalla geografia, dalla storia o dalla “tradizione”. Sono acquisite dal potere economico, politico e militare» che gli Stati Uniti possiedono più della Cina e che la Russia non ha. Anche se avessero sbarrato le porte della Nato, «i polacchi e gli altri avrebbero continuato a bussare».
Perché diversamente dall’offerta americana, la Russia è debole «in tutte le forme rilevanti del potere, compreso il potere di attrazione». In conclusione, la sfida che la Russia sta ponendo a se stessa e al mondo «non è inusuale né irrazionale. L’ascesa e la caduta delle nazioni è l’ordito e la trama delle relazioni internazionali».
La deriva social.
Personalmente non mi sento completamente d’accordo con il professor Mearsheimer: ignora il libero arbitrio degli stati minori che invece vede come pedine del confronto fra grandi potenze. Come per esempio avallare in nome della pace nel mondo la pretesa russa di ottenere dall’America la garanzia che un terzo paese, l’Ucraina, non entrerà mai nella Nato. È una logica da XIX secolo decidere del futuro degli altri. Detto questo, non mi passa per l’anticamera del cervello che un’autorità come il professor Mearsheimer sia al soldo di Putin. Il clima sui cosiddetti “social” invece è molto diverso. Infine, vale la pena sottolineare che un confronto d’idee come questo nella Mosca di Vladimir Putin non sarebbe consentito. Qualcuno finirebbe in galera. Non è una differenza di poco conto.
https://24plus.ilsole24ore.com/art/colpa-putin-o-errore-nato-ruolo-americano-guerra-ucraina-AEbDvJQB
mercoledì 6 aprile 2022
Morte presunta. - Marco Travaglio
La guerra continua fra una strage e l’altra. Ma per fortuna sta per finire: oltre ad aver già perso la guerra, a essere solo al mondo e abbandonato da tutti, alla vigilia di un golpe e del default, Putin ha le ore, anzi i minuti contati. Così assicurano i bollettini medici che affiancano quelli militari sui giornaloni, della cui credibilità non abbiamo motivo di dubitare, specie quando scambiano i loro desideri per notizie. Dacché ha invaso l’Ucraina, gli hanno affibbiato una collezione di patologie da Guinness dei primati. Altro che il diabete di Mussolini, che illuse gl’italiani per ben 23 anni. Anzitutto Putin è “folle: nella sua mente una realtà parallela” (Valentino, Corriere). “Impazzito, gli resta un anno o forse tre” (Khodorkovsky, dissidente, Cnn). “Folle come Stranamore” (Fabbri, Giornale). “Mente instabile” (ibidem). “Da manicomio” (Ulickaya, Libero). “In delirio”, “staccato dalla realtà” (Zafesova, Stampa). “Stanco, vecchio e paranoico. E se Putin fosse malato? Ha qualcosa che non va”, “non è più lui”, è “terrorizzato dal Covid” (Casadio, Domani). “Malato? Invecchiato? Sofferente? Fatalmente intaccato dalla morte”, “uccide i suoi figli due volte” (Recalcati, Stampa, qualunque cosa voglia dire). “Ossessionato e paranoico” (Littell, Corriere), forse perché era “un bambino povero e ribelle” (Valentino, Sette-Corriere), “un piccolo selvaggio, randagio e affamato” (Merlo, Rep) nonché “tassista abusivo” (Losito, Domani). “Un grande infelice” (Onfray, Stampa). “La sua arroganza serve a nascondere una paura profonda” (Ammaniti, Corriere). “Ossessionato dal video dell’uccisione di Gheddafi: ha passato ore e ore a guardarlo e riguardarlo” (intervista di Fubini a un politologo bulgaro, Corriere).
“Il gonfiore del viso, il problema a un gamba, la fatica a muovere un braccio e il lungo isolamento fisico” (Mastrolilli, Rep). “Sta morendo di cancro all’intestino” (Daily Star e Daily Telegraph). “Gonfiore e scatti d’ira. Sono i farmaci e gli steroidi per il tumore” (Sabadin, Messaggero). Senza dimenticare “la demenza o il Parkinson”, a piacere (Martinelli, Stampa). E i “problemi alla colonna vertebrale per pregressi traumi sportivi, o una neoplasia al midollo spinale compatibile con difficoltà deambulatorie e irrequietezze posturali”, senza contare “down depressivo ed esaltazione maniacale” (Modeo, Corriere). “Cancro alla tiroide, visitato 135 volte da un oncologo” (Castelletti, Rep). “Cancro che cura con i clisteri” (Libero). Ma “può anche essere il diabete” (Gazzaruso, endocrinologo, Giornale). Gli mancano: l’alopecia, sennò lo invitavano agli Oscar; l’uveite, per non ingelosire Silvio; la filossera e l’allergia all’ossigeno, perché non ama Woody Allen. Ma siamo poi sicuri che non sia già morto?
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/06/morte-presunta/6550064/
mercoledì 30 marzo 2022
Draghi l’amerikano: promesse a Zelensky e resta zitto su Biden. - Wanda Marra
IN PRIMA FILA - La telefonata con l’ucraino e l’impegno a intervenire in caso di nuove aggressioni. Silenzio sugli insulti Usa.
Si aspettava una telefonata tra Mario Draghi e Vladimir Putin. E invece ieri il premier italiano ha sentito Volodymyr Zelensky. L’Italia sarà tra gli Stati garanti della sicurezza dell’Ucraina, quelli che dovranno assicurare una reazione militare immediata nel caso di nuove aggressioni da parte della Russia. Almeno a quanto dice ufficialmente Zelensky. L’ambasciatore ucraino a Roma, Yaroslav Melnik, ha parlato ieri mattina dell’iniziativa U24, United for Peace, per creare questo gruppo di Paesi. Di cui farebbero parte i membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, più la Germania, il Canada, la Turchia e anche l’Italia. Poi è arrivata la telefonata Draghi-Zelensky. E nel frattempo, nessuna presa di distanza c’è stata da parte di Draghi dopo le parole di Joe Biden che da Varsavia si lasciava andare così: “Putin non può restare alla guida della Russia”. Una precisa dichiarazione o una gaffe rivelatrice, con il Segretario di Stato Usa, Antony Blinken impegnato a gettare acqua sul fuoco. E lo stesso presidente degli States costretto a negare ieri con evidente poca convinzione.
Domenica a intervenire per dire che non si punta a un cambio di regime in Russia sono stati sia il presidente francese Emmanuel Macron, sia il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Ammettere l’obiettivo dichiarato dal presidente degli States rischia di favorire l’escalation. Draghi però non parla. Dopo settimane ai margini, il premier è riuscito nell’ultima settimana a essere riammesso nei formati che contano. Con tanto di ribadita fede atlantista. L’unico bilaterale a Bruxelles con un leader europeo di cui ha dato conto la Casa Bianca su Twitter è stato quello con lui. Il premier aveva comunque annunciato venerdì che avrebbe sentito Putin. Mentre Macron e Scholz non hanno mai smesso di parlarci, con un tempismo ferale, Draghi aveva annunciato un incontro proprio nei giorni precedenti all’attacco all’Ucraina. Ovviamente cancellato. Il tempismo non è stato dei migliori neanche in questo caso, con l’“Amico americano” che a Putin ha dato anche del “macellaio”. La telefonata resta in agenda, ma intanto ieri Draghi ha parlato con Zelensky. Dialogo che ormai è costante, raccontano da Palazzo Chigi.
Da dove trapela un certo imbarazzo, però, rispetto alle informazioni diffuse dall’ucraino sulla conversazione. Su Twitter, infatti, Zelensky ha ringraziato per “la disponibilità dell’Italia di unirsi alla creazione di un sistema per le garanzie di sicurezza a sostegno dell’Ucraina”. Questione di cui non si faceva cenno nel comunicato di Palazzo Chigi, in cui si raccontava che il presidente Zelensky ha lamentato “il blocco da parte russa dei corridoi umanitari e la prosecuzione del- l’assedio e dei bombardamenti delle città”.
Si tratta di procedere negli aiuti che stiamo dando, come spiegano fonti di governo. A cominciare, dunque, dalle armi, ma non solo. Non a caso ieri il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, era in Romania, in visita al contingente che fa air policing. E non secondario il fatto che il presidente ucraino abbia voluto dare notizia delle promesse dell’Italia, dopo aver stilato una lista dei governanti europei a lui più vicini. In testa c’è Johnson: un altro che non ha criticato le parole di Biden.
domenica 13 marzo 2022
Salvare il salvabile. - Marco Travaglio
Se l’Unione europea esistesse, i suoi ridicoli e ridanciani rappresentanti non si sarebbero riuniti a Versailles, ma da due settimane (anzi da prima, quando il peggio si poteva forse evitare) farebbero la spola fra Kiev e Mosca per trascinare Putin e Zelensky a quel tavolo che, almeno a parole, nessuno dei due esclude. E proporrebbero un negoziato sui tre punti che, almeno a parole, Putin ritiene fondamentali e Zelensky ha definito trattabili: Donbass, Crimea, Nato. E, se gli Usa non fossero d’accordo, l’Ue andrebbe avanti comunque, perché dall’Afghanistan all’Iraq, dalla Libia all’Ucraina, i loro interessi sono diametralmente opposti ai nostri. A Biden questa guerra nel cuore dell’Europa fa stracomodo: deve far dimenticare l’umiliante débâcle afghana e allevarsi il nemico ideale, il nuovo Male Assoluto, per non perdere le elezioni di mid-term, mentre la sua economia ingrassa sull’indebolimento di quella europea dissanguata dal conflitto armato, dall’instabilità politica, dalla catastrofe umanitaria dei profughi e dal boomerang economico delle sanzioni. Perciò i servi furbi dello Zio Sam, ben nascosti dietro l’eroica resistenza ucraina, soffiano sul fuoco affinché la guerra criminale di Putin duri il più possibile e faccia più morti possibili (inviando sempre più armi) e criminalizzano come quinta colonna del nuovo Hitler chiunque lavori o accenni a una via diplomatica. Che non è utopica: è pragmatica.
Le sanzioni, specie se danneggiano più il sanzionatore che il sanzionato, vanno modulate e condizionate. Se lo scopo è ricacciare Putin entro i confini russi, non c’è misura economica o invio di armi che tenga: serve la terza guerra mondiale (che però nessuno vuole). Se invece l’obiettivo è salvare il salvabile della sovranità ucraina e il maggior numero di vite, non resta che concedere alla Russia ciò che già ha – Donbass e Crimea – e rassicurarla con una nuova conferenza di Helsinki per la sicurezza europea che impegni tutti (Ue, Nato, Ucraina e Russia), parta dalla neutralità di Kiev, rimedi agli errori passati, blocchi nuove provocazioni e invasioni. Le sanzioni possono diventare un’ottima arma di ricatto se l’Ue è disposta ad attenuarle in cambio di un impegno russo a risparmiare i civili (che però, inviando armi, è molto più difficile distinguere dai militari) e a revocarle in cambio di un cessate il fuoco e di un negoziato vero. Senza chiedere il permesso a Biden, che somiglia tanto a quel personaggio del film di John Landis Ridere per ridere: il “cacciatore di pericoli” che irrompe ad Harlem, urla “Negriii!” e scappa, inseguito e menato da una gang di teppisti di colore. Con la differenza che, quando gli americani vengono a far danni in casa nostra, quelli inseguiti e menati non sono loro: siamo noi.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/13/salvare-il-salvabile/6524119/
sabato 12 marzo 2022
L’invasione e lo stupore dei “buoni”. - Antonio Padellaro
L’invasione russa dell’Ucraina era solo una questione di tempo, scrive il generale Fabio Mini su Limes, nell’articolo anticipato ieri dal Fatto. Dal momento che, a partire dal 1997, la progressiva espansione della Nato, secondo i più accreditati osservatori occidentali (compreso William Perry, ex Segretario alla Difesa durante la presidenza Clinton), sarebbe stata inevitabilmente considerata dai russi una minaccia, “e che andare avanti avrebbe avvelenato le relazioni con Mosca”.
Ora, tutto ciò nulla toglie ai crimini contro l’umanità di cui si sta macchiando Putin, mentre ci dice qualcosa sulla cecità dei “buoni” che non avendo calcolato, per oltre un ventennio, le conseguenze dei propri atti subiscono oggi la sanguinaria ritorsione dei “cattivi”. E lo fanno chiedendosi come diavolo sia potuto accadere. Detto che i “buoni” continueranno a sentirsi infallibili (e Dio ci aiuti), sia però consentito interrogarsi sull’utilità del vecchio espediente retorico che consiste nel considerare un pazzo furioso chiunque non si comporti secondo le nostre attese, soprattutto quando sbagliatissime. Leggiamo, infatti, sulla stampa belligerante, dotte analisi sulle disastrose condizioni in cui versa l’autocrate. Con titoli del tipo: “Dal cancro alla pazzia, le intelligence occidentali s’interrogano sulla salute fisica e mentale di Putin” (Repubblica).
Secondo il Daily Star (ripreso dal Giornale), Mad Vlad “prova costante dolore e potrebbe avere problemi di non poco conto che spaziano dalla follia a un tumore all’intestino”. Si cita una fonte, naturalmente anonima, del Pentagono, secondo cui “in passato lo abbiamo visto sorridere, ma nel 2022 ci sono poche foto in cui sembra felice”. Non basta, “perché addirittura alcuni pensano che come ultima traccia da lasciare sulla Terra prima della sua morte ci sia stata l’invasione dell’Ucraina”. Tutto molto credibile: infatti, chi prima di tirare le cuoia come estremo desiderio non vorrebbe appiccare il fuoco all’appartamento del vicino o magari bombardare Kiev?
È vero che gli abbiamo piazzato qualche testata nucleare con vista Cremlino, però lui è sempre così malmostoso. Mai una bella risata, e che diamine.
giovedì 3 marzo 2022
Ora cerchiamo di non imitare Putin il censore. - Antonio Padellaro
Come tanti, quando sono in auto, tengo sempre la radio accesa per ascoltare le dirette sulla guerra e anche le opinioni degli ascoltatori che spesso fanno le domande più sensate, magari le stesse che avrei fatto io. Per esempio, ieri mattina, a Tutta la città ne parla.
(Radio3) si parlava del carico di armi pesanti che l’Italia si accinge a inviare a Kiev e qualcuno, assai pessimista sulla durata della resistenza ucraina, ha chiesto: e se poi questo gigantesco arsenale di missili, bombe, mitragliatrici dovesse finire nelle mani dei russi? Non corriamo il rischio di armare gli aggressori? Poi si è passati a considerare l’ipotesi di una possibile sollevazione popolare contro Vladimir Putin, alla luce delle proteste di piazza mostrate in tv. È stato risposto, attenzione a non confondere Mosca e San Pietroburgo – grandi metropoli europeizzate dove soprattutto i giovani sono molto simili ai loro coetanei di Berlino, Parigi o Londra – con la Russia profonda nella quale l’uomo del Cremlino gode ancora di vasta popolarità (cerco di riassumere le valutazioni del corrispondente Rai, Alessandro Cassieri). A proposito di questa idea di un Putin in difficoltà mi è venuto in mente che molto si è parlato di quella riunione del Consiglio di sicurezza russo nella quale Putin ha gelato il capo dei servizi segreti che chiedeva più tempo per i negoziati. È la prova, hanno commentato gli “esperti”, che il dissenso si allarga e che lo Zar Vlad potrebbe presto saltare. Ho pensato io (più terra terra): se qualcuno dovrà saltare sarà, se non sta attento, quel burocrate avventato. Quindi su Radio 24 sono trasecolato alla notizia che l’Università Bicocca di Milano aveva rinviato il corso dello scrittore e traduttore Paolo Nori su Dostoevskij (“evitiamo polemiche in un momento di forte tensione”). Poi, fortunatamente, la rettrice ha fatto marcia indietro, anche se questo episodio si somma alla richiesta di abiura fatta del sindaco di Milano e che ha portato Valerij Gergiev (solida fama di putiniano) a dare le dimissioni della direzione del Teatro alla Scala. Così come il soprano russo, Anna Netrebko (assai apprezzata da Putin) anche lei attesa alla Scala, ha preferito rinunciare dicendo che “non è giusto costringere gli artisti a denunciare la patria”. Chiedo sommessamente: non ci hanno insegnato che la superiorità della democrazia consiste nel non abbassarsi a discriminare chi la pensa diversamente? Come invece fanno le dittature?
sabato 26 febbraio 2022
Ettore Zanca - Ucraina
martedì 22 febbraio 2022
Mosca e Kiev, una battuta ci seppellirà. Antonio Padellaro
Nella premiata linea di arredamento Cremlino, dopo il lettone di Putin, furoreggia il tavolone di Putin, con l’ospite di turno fatto accomodare lontano un chilometro. Per simboleggiare l’immensa distanza tra l’autocrate padrone dei destini del mondo e i premier-fantoccio delle democrazie alla canna del gas, costretti a omaggiarlo dopo sfibranti anticamere (Macron, Scholz e forse prossimamente anche Draghi, e sarebbe una gara di ego niente male). Nella stagione televisiva del non so nulla ma discetto su tutto, dopo la virologia “secondo me” furoreggiano gli opinionisti Foreign Office. Che interpellati sulla imminente invasione russa dell’Ucraina trattano la materia con la stessa sicumera con cui disegnano gli scenari del Calenda day (che, come il birillo rosso del bar centrale di Foligno, si considera l’ombelico del pianeta). A parte Lucio Caracciolo e gli esperti dell’Istituto Affari Internazionali, che studiano la politica estera da una vita, nei talk si susseguono sussiegose rimasticature (mal digerite) degli articoli usciti il giorno prima. E ci litigano pure. Mentre sono i protagonisti a buttarla sul cazzeggio, a riprova che non esiste nulla di più tragicamente ridicolo della guerra. Dall’uomo di Kiev, Zelenski, che si aggira per le trincee in tuta mimetica e borraccia come in una gita fuori porta: non a caso un comico prestato alla politica e, purtroppo, non restituito. Allo zar Vladimir, a cui dobbiamo la migliore battuta quando dopo i ripetuti annunci americani che l’invasione sarebbe scattata mercoledì scorso, chiede con quel sorriso di traverso in stile Kgb “Gli Usa hanno detto a che ora inizia la guerra?”. Di un umorismo involontario invece non difetta Fabio Fazio (che infatti nasce imitatore) quando è stato sentito domandare al direttore del Foglio, Claudio Cerasa se mai accadrà che un giorno le guerre spariranno dalla faccia della terra, “come è accaduto con il cannibalismo”. Lo sventurato rispose. https://www.ilfattoquotidiano.it/in-dicola/articoli/2022/02/22/mosca-e-kiev-una-battuta-ci-seppellira/6502455/?fbclid=IwAR3d7_2AoQjradswlSLAtWk-7hRAW0i2hBeh7Mb8e-3nzQ6J9ZTMI3EiPuo
mercoledì 26 gennaio 2022
Putin, 'Italia tra i nostri principali partner economici'.
Vladimir Putin - Foto ansa |
Partecipano 16 imprese italiane, 3 rinunciano all'incontro.
La Russia considera l'Italia come "uno dei suoi principali partner economici".
Lo ha detto il presidente Vladimir Putin, che oggi incontra online una delegazione di grandi gruppi industriali italiani.
La Russia, ha aggiunto il presidente, è "un affidabile fornitore di risorse energetiche ai consumatori italiani".
Parlando all'incontro con gli imprenditori italiani, Putin ha sottolineato che l'Italia è il terzo Paese europeo per interscambio commerciale con la Russia. Durante il periodo della pandemia, ha aggiunto, la situazione non ha permesso di realizzare nuovi progetti e iniziative, ma "possiamo dire con soddisfazione che i nostri Paesi sono riusciti a mantenere la cooperazione economica ad un livello piuttosto alto".
Putin, gas russo all'Italia a prezzi inferiori al mercato. Le compagnie energetiche italiane stanno ricevendo gas russo a "prezzi molto più bassi di quelli di mercato" grazie ai contratti a lunga scadenza con Gazprom. Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin parlando all'incontro online con i rappresentanti di grandi imprese italiane. I prezzi di mercato, sulla base di contratti spot, sono invece "significativamente aumentati per la stagione invernale e la carenza di offerta", ha aggiunto Putin secondo quanto riporta la Tass.
Sedici rappresentanti di grandi imprese italiane partecipano oggi all'incontro online con il presidente russo Vladimir Putin. Lo ha annunciato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.
Sono invece tre i rappresentanti di gruppi industriali italiani che hanno rinunciato ad essere presenti ad un incontro online oggi con il presidente russo Vladimir Putin. Lo ha detto il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, aggiungendo che 16 saranno invece i partecipanti. Il portavoce non ha detto quali imprese saranno rappresentate. "Non voglio nominarle - ha affermato Peskov - visto che stanno circolando fake news e qualcuno sta facendo pressioni su qualcun altro".
"Gli investimenti delle imprese italiane nell'economia russa sono pari a circa 5 miliardi di dollari, mentre quelli russi in Italia sono stimati a circa 3 miliardi di dollari". Lo ha sottolineato oggi il presidente russo Vladimir Putin, citato dall'agenzia Tass, incontrando una delegazione di grandi gruppi industriali italiani. Putin ha aggiunto che la piattaforma italo-russa per gli investimenti che deve finanziare i più importanti progetti congiunti, costituita con la partecipazione del Fondo russo per gli investimenti diretti, sta operando in modo "molto efficiente".