"Signore e signori, ho ascoltato attentamente le parole del Presidente Emmanuel Macron, che ha sottolineato la fine dell’egemonia occidentale e l’emergere di un mondo multipolare. Ha ragione su un punto essenziale: il mondo sta cambiando profondamente, ma dimentica di spiegare perché e, soprattutto, dimentica di riconoscere che la Francia e l’Occidente stanno combattendo la Russia oggi proprio perché si rifiutano di accettare questa realtà.
Oggi, la Russia è bersaglio di sanzioni, attacchi diplomatici, economici, informativi e persino militari, come in Ucraina.
Perché? Perché l’Occidente si rifiuta di accettare che la sua era di egemonia incontrastata sia finita. Perché l’Occidente si rifiuta di vedere altre nazioni difendere i propri interessi, i propri valori e la propria sovranità.
L’Occidente parla di libertà e democrazia, ma cosa ha fatto per secoli? Francia, Inghilterra, Spagna, Portogallo, Belgio, Paesi Bassi: hanno tutti colonizzato quasi tutto il pianeta. Dimmi dove, in quale parte del mondo, l’Occidente non ha messo piede e imposto la sua legge?
In Africa, la Francia ha tracciato confini arbitrari, sfruttato risorse e costretto milioni di persone a spostarsi. In Asia, gli inglesi hanno ridotto in schiavitù intere popolazioni, dall’India alla Cina. In America, le potenze europee hanno massacrato intere civiltà. E ancora oggi, attraverso la NATO, vogliono imporre il loro modello ovunque.
Il signor Marcon parla dell’ispirazione politica dell’Europa. Ma dov’è questa ispirazione?
L’Europa segue gli Stati Uniti in tutte le sue guerre, senza esitazione: Iraq, Libia, Siria. Ogni volta, causa centinaia di migliaia di morti. È questa l’ispirazione?
E non ditemi che la Russia è un pericolo per il mondo. Per oltre duecento anni, l’Occidente ha cercato di distruggere la Russia: Napoleone venne a Mosca, convinto di poter sottomettere il nostro Paese. Se ne andò sconfitto nella neve.
La Germania lanciò la più grande guerra d’invasione contro di noi. Fu spezzata a Stalingrado, a Kursk e persino nelle strade di Berlino. Durante la Guerra Fredda, gli Stati Uniti cercarono di soffocare la nostra economia, di accerchiarci, di provocare colpi di stato tra i nostri vicini, eppure siamo ancora qui.
La Russia ha attraversato prove difficili, ma nessuno è riuscito a sconfiggerci. Perché stiamo combattendo non solo per la nostra terra, ma anche per la nostra civiltà, i nostri valori e la nostra dignità.
Oggi non è più solo la Russia a rifiutare l’egemonia occidentale; la Cina si sta facendo avanti; l’India sta affermando la sua visione del mondo; l’Africa si sta gradualmente liberando dalla tutela straniera; anche l’America Latina sta cercando la propria voce. Non è più un mondo dominato da una singola potenza o da un singolo blocco: siamo entrati in un’era multipolare.
E nessuno potrà fermarla. Ecco perché Francia, Europa e Occidente sostengono l’Ucraina contro la Russia. Non per amore del popolo ucraino, ma perché vogliono usare questo Paese come pedina per cercare di indebolire la Russia, per contenere il nostro sviluppo e impedire che questo mondo multipolare prenda forma.
Voglio dire al Presidente Macron e ai suoi colleghi europei: non potete andare controcorrente per sempre, parlate di valori ma rifiutate di rispettare le scelte dei popoli, parlate di diritto internazionale ma lo violate non appena non serve più ai vostri interessi, parlate di pace ma seminate guerra ovunque interveniate.
La Russia non è nemica di nessuno, ma non permetteremo mai a nessuno di decidere il nostro futuro.
Vogliamo cooperazione, ma una cooperazione su un piano di parità. Vogliamo la pace, ma non a scapito della nostra libertà, della nostra identità. E sia chiaro: nessuno sconfiggerà mai la Russia. Abbiamo sopportato secoli di difficoltà, abbiamo visto imperi nascere e cadere, e siamo ancora qui. E saremo lì domani, in questo nuovo mondo multipolare che sta già nascendo".
Inferno Rosso
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Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
domenica 19 ottobre 2025
𝗨𝗟𝗧𝗜𝗠𝗢 𝗔𝗩𝗩𝗘𝗥𝗧𝗜𝗠𝗘𝗡𝗧𝗢 𝗗I 𝗣𝗨𝗧𝗜𝗡 𝗔𝗟 𝗣𝗥𝗘𝗦𝗜𝗗𝗘𝗡𝗧𝗘 𝗙𝗥𝗔𝗡𝗖𝗘𝗦𝗘 𝗠𝗔𝗖𝗥𝗢𝗡:
martedì 7 ottobre 2025
Les Cornus - Marco Travaglio
E niente, dopo soli 836 minuti anche Lecornu è venuto prematuramente a mancare, anche se lo tengono attaccato alle macchine per altri due giorni. Strano, perché per fare un’ottima riuscita aveva proprio tutto: è un “moderato riformista” e, com’è noto, “si vince al centro”; l’ha scelto Macron, il liderino amato dalla la gente che piace (soprattutto in Italia) e odiato dal suo popolo (notoriamente “populista”); non lo voterebbero manco i parenti stretti e questo fa curriculum nell’Occidente che, a furia di esportare la democrazia, l’ha quasi finita; pretendeva, come i predecessori, di governare la Francia contro i 9/10 dei francesi con un governo quasi uguale a quello appena sfiduciato, per salvare la poltrona al mini-Napoleone dell’Eliseo, il genio incompreso che programma il futuro di Russia, Ucraina, Ue e Nato senza sapere se arriva a Natale.
Cosa poteva mai andargli storto? Purtroppo quegli estremisti, populisti, sovranisti e ovviamente putiniani della destra e della sinistra che fanno sempre il pieno di voti non lo hanno capito e, anziché perdere milioni di elettori per portargli l’acqua con le orecchie, l’han bocciato. Ma non disperiamo. Prima di ammettere che forse il problema è lui e tornarsene a casa da Brigitte a suon di sberle, Micron ha ancora parecchie frecce al suo arco: gli basterà attingere al vasto catalogo di opzioni della democrazia 2.0 regnante da 15 anni in Europa.
Modello Italia. Si prende un banchiere o un prof che lavora per qualche banca d’affari, lo si promuove “tecnico super partes” per un “governo dei migliori” che trasformi l’esigua minoranza delle élite in maggioranza oceanica.
Modello Romania. Si va alle Presidenziali e, se vince il candidato sbagliato, si annulla tutto e si arresta il vincitore perché “ha stato Putin”. Poi si rivota a oltranza finché non vince quello giusto.
Modello Georgia. Se vince quello sbagliato grazie al solito Putin, si foraggiano cortei “spontanei” della minoranza democratica contro la maggioranza anti-democratica che pretende di governare solo perché ha vinto.
Modello Moldova. Si mettono fuorilegge i partiti sbagliati, dunque antidemocratici perché telecomandati dalla guerra ibrida russa, così vincono i democratici.
Modello Ucraina. Se vince il candidato sbagliato tipo Yanukovich nel 2004 e nel ‘10, si finanzia una “rivoluzione arancione” per cacciarlo. E, se rivince, si assoldano cecchini per una “rivoluzione rossa” (di sangue) che lo ri-cacci.
Modello baltico-polacco-tedesco-danese-israeliano. Si nomina primo ministro un altro Carneade, tipo Bayrou o Lecornu. Poi si fa volteggiare qualche drone non identificabile su un paio di aeroporti e si dichiara guerra alla Russia fingendo che sia stata la Russia a dichiarare guerra alla Francia.
di Marco Travaglio
Il Fatto Quotidiano
7 ottobre 2025
https://www.facebook.com/photo/?fbid=749400448086444&set=a.117463224613506
lunedì 15 settembre 2025
~ Sapendo di mentire ~ Marco Travaglio - Il Fatto Quotidiano 15 settembre 2025
Abbiamo ascoltato molte idee interessanti, anche diverse dalle nostre, e sfornato un bel po’ di notizie.
Pensavamo che, data l’autorevolezza della fonte, qualcuno dei media che sull’Ucraina raccolgono anche l’ultimo sospiro del più sfigato guerrapiattista la riprendesse e magari chiedesse al suo corrispondente a Parigi di interpellare l’Eliseo.
Invece, silenzio di tomba.
Del resto nel novembre 2019, mentre Macron e Merkel tentavano di convincere Zelensky a rispettare gli accordi di Minsk sull’autonomia e il cessate il fuoco per il Donbass per metter fine a cinque anni di guerra civile e i settori oltranzisti dell’Alleanza remavano contro e soffiavano sul fuoco antirusso annunciando l’ingresso dell’Ucraina e della Georgia, fu proprio il presidente francese a dichiarare la “morte cerebrale della Nato”.
E a battersi fino all’ultimo affinché Zelensky accettasse Minsk e rinunciasse alla Nato per scongiurare l’invasione russa.
Ora, nelle sue memorie appena pubblicate, la Merkel si vanta di aver detto no a Kiev nella Nato perché “sarebbe stato come dichiarare guerra a Putin”.
Anche la Meloni sa bene come e perché la guerra cominciò.
Infatti dopo l’annessione russa della Crimea e fino al 2022, si oppose alle sanzioni a Mosca e addirittura elogiò la Russia di Putin.
E il giorno dell’invasione russa (24.2.22) scrisse in chat ai suoi: “Ci sarebbero molte cose da dire su come questa vicenda è stata gestita, e fin quando abbiamo potuto le abbiamo dette. Quando tutto sarà finito la storia dirà che ancora una volta abbiamo avuto ragione: la strategia dei Democratici americani era sbagliata. I risultati parlano da soli. Ed era nostro dovere dirlo per cercare di evitare questo epilogo. Ma… ora che la guerra è iniziata non è più il momento dei distinguo: con l’Occidente e la Nato senza se e senza ma”.
Oggi solo Trump osa dire in pubblico ciò che tutti i leader europei sanno, ma dicono solo in privato.
Il guaio è che, persa la guerra, questi squilibrati cercano o fabbricano ogni giorno un casus belli per trascinarci in guerra.
Ecco perché la rivelazione di Sachs che li smaschera non deve conoscerla nessuno.
Come ha detto ieri Gustavo Zagrebelsky alla Festa del Fatto, nessun governante “fa” mai la guerra: la “fa fare” agli altri.
Cioè a noi.
Svegliamoci.
mercoledì 28 maggio 2025
E' STATA LA MANO DI PUTIN. - Marco Travaglio.
Se la situazione non fosse tragica sarebbe comica. L'editoriale di Travaglio la descrive alla perfezione:
lunedì 19 maggio 2025
martedì 13 maggio 2025
IL TAVOLO OCCULTO DEI TRE PAPEROGA DI GUERRA. - Pino Cabras
giovedì 14 aprile 2022
Ora Biden e Zelensky fanno infuriare l’Europa. - Cosimo Caridi e Luana De Micco
GUERRA IN UCRAINA - Macron zittisce Sleepy Joe che straparla di “genocidio”. Scholz: “Irritante il no al presidente tedesco”. Putin stringe su Mariupol: “Resa degli ucraini”. Che smentiscono.
Al cinquantesimo giorno di guerra, il fronte Nato si divide. Al centro delle tensioni, la parola “genocidio” che Joe Biden ha utilizzato per la prima volta per descrivere i massacri dell’esercito russo in Ucraina: “Diventa sempre più chiaro che Putin cerca di cancellare persino l’idea di essere ucraini”, ha detto il presidente Usa. Il termine è rivendicato da tempo da Kiev. Lo rifiuta invece Macron, tra i leader Ue più attivi nel tentare di mantenere un dialogo con Mosca.
Già un paio di settimane fa, il capo dell’Eliseo aveva preso le distanze da Biden che, da Varsavia, aveva chiamato “macellaio” l’uomo del Cremlino. Macron è convinto che l’escalation verbale non contribuisca a raggiungere l’obiettivo principale: la pace. “È accertato che l’esercito russo ha commesso crimini di guerra – ha detto su France2 –. Ciò che sta succedendo è di una brutalità senza precedenti, ma guardo ai fatti e voglio continuare a essere in grado di fermare questa guerra”. Zelensky ha considerato “dolorosa” la riluttanza di Macron, approvando invece Biden: sono “le parole di un vero leader”, ha scritto su Twitter, chiedendo un ulteriore invio di armi. Nel nuovo pacchetto di aiuti militari che gli Usa si preparano a inviare, ci sarebbero, secondo fonti della Reuters, mezzi militari per altri 700 milioni di dollari, tra cui elicotteri Mi-17 da usare contro i blindati russi. È evidente che Washington non crede a una soluzione nel negoziato. Macron che, in piene presidenziali si prepara a sfidare Marine Le Pen al ballottaggio del 24 aprile, ha già fatto sapere invece che vuole riprendere la via della diplomazia e le telefonate con Putin e Zelensky, messe da parte durante la parentesi del primo turno. Anche il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, ha usato toni ben più pacati: “La massima priorità per tutte le parti interessate è mantenere la calma e la moderazione”. Altro motivo di tensione, il rifiuto del presidente Zelensky di ricevere il suo omologo tedesco, Frank- Walter Steinmeier. Il presidente federale si sarebbe dovuto recare ieri a Kiev con i capi di Stato di Polonia e Paesi baltici. Ma dopo giorni di negoziazioni e incontri per la sicurezza, gli ucraini hanno dichiarato Steinmeier persona non gradita. L’annuncio a mezzo stampa è stato lapidario. “Non è il benvenuto” ha rivelato un diplomatico ucraino al tabloid Bild. Il cancelliere Olaf Scholz ha definito “irritante” l’atteggiamento di Kiev. Enrico Letta, segretario del Pd, ha scritto su Twitter: “Un presidente della Repubblica di un Paese dell’Ue non può essere considerato persona non grata da un Paese candidato”. Le critiche di Kiev sono legate al passato di Steinmeier. Prima di arrivare a palazzo Bellevue è stato per due volte il ministro degli Esteri di Angela Merkel. Steinmeier, socialdemocratico, è considerato un simbolo della linea morbida nei confronti della Russia.
Grande sostenitore del gasdotto Nord Stream 2, fu uno dei negoziatori a Minsk tra Kiev e Mosca sulla gestione del Donbass. Dopo l’invasione russa, Steinmeier ha fatto pubblica ammenda, definendo “un grave errore” la sua propensione al dialogo con Putin. “Per continuare a difendere eroicamente il mondo dall’aggressione russa l’Ucraina ha bisogno – ha detto Zelensky – di artiglieria, mezzi corazzati, sistemi di difesa aerea”. Nelle stesse ore, Kiev tentava di riaprire il canale diplomatico con Berlino. Oleksiy Arestovych, consigliere di Zelensky, ha detto alla tv pubblica tedesca: “Il nostro presidente sta aspettando il cancelliere, in modo che possa prendere decisioni pratiche immediate, inclusa la consegna delle armi”. Scholz da una settimana ha bloccato l’invio di tank tedeschi in Ucraina e ha risposto all’invito dicendo: “Nessuna visita a Kiev è prevista per il momento”, dove ieri invece sono stati accolti come solidi alleati i presidenti di Polonia e paesi baltici.
giovedì 1 aprile 2021
31 milioni davanti alla tv per la crisi della Quinta Repubblica. - Cesare Martinetti
Emmanuel Macron è profondamente “désolé” per la disorganizzazione con cui è partita la campagna di vaccinazione, ora bisogna procedere con “umiltà e determinazione”. Ma non riconosce altri errori, se non per prendere atto della fiammata di contagi. E dunque, dopo giorni di attesa di una sua parola che non arrivava mai (Cosa sta aspettando?, titolava martedì a piena prima pagina Libération) ha finalmente annunciato ieri sera misure mai viste prima, che stanno dando luogo a una rivolta parlamentare e non solo delle opposizioni. Più che il merito si discute del metodo: il dibattito è stato aperto in Parlamento solo dopo la parola del monarca.
Intanto chiuse anche le scuole (per tre settimane) per la prima volta per la prima volta dall’inizio della pandemia. Coprifuoco a partire dalle 19. No agli spostamenti tra regioni, ci si può muovere dalla propria abitazione per non più di dieci chilometri salvo motivi eccezionali. Smartworking senza eccezioni per tutti quelli che lo possono fare… Lo specifico francese è una flambée, una fiammata di contagi, quasi mezzo milione nelle ultime due settimane, 60 mila solo ieri, al 90 per cento dovuti alla temuta “variante inglese”, nome particolarmente evocativo. Ventotto mila francesi ricoverati, oltre 5 mila in rianimazione. Dunque ospedali e rianimazioni letteralmente a “bout de souffle”, senza respiro. Vaccinazioni troppo lente: a oggi 2 milioni e 700 mila, solo il 4 per cento della popolazione, hanno avuto la dose completa, l’11 per cento la prima dose. Il ministro della sanità Olivier Veran spera che con queste misure si possa arrivare al picco entro fine aprirle.
“Abbiamo agito né troppo presto, né troppo tardi”, ha detto questa mattina all’Assemblée il primo ministro Jean Castex per fare da scudo all’accusa più forte indirizzata in questi giorni al governo e al presidente Macron, quella di non aver ascoltato gli scenari anticipati dagli epidemiologi e aver usato finora mezze misure. Sotto accusa anche per l’ostinazione a valor tenere le scuole aperte, a qualunque costo, negando che fossero anch’esse- com’è ovvio - bacino di contagio. (Detto tra parentesi, l’espressione usata dal presidente fin dal marzo 2020 era “quoi qu’il en coûte” e altro non era che la traduzione del “whatever it takes” di Mario Draghi divenuta proverbiale nelle élite europee).
Ieri sera Emmanuel Macron ha riconosciuto che sono stati fatti degli errori nell’organizzazione delle vaccinazioni, senza però mai ammettere di aver sbagliato nelle valutazioni generali. “Non ho nessun mea culpa da fare, né rimorsi da esprimere”, aveva detto sabato. La linea presidenziale è rimasta quella : la “flambée” non è arrivata a febbraio com’era stata prevista dagli scienziati, dunque “abbiamo guadagnato tempi di vita”. Adesso però “dobbiamo prenderci le nostre responsabilità, senza cedere la panico o alla negazione”.
Mentre i francesi si contagiano e muoiono più o meno come gli italiani (a ieri i morti erano 95 mila, in media 355 al giorno nelle ultime due settimane) sotto la tenda ad ossigeno c’è un altro malato illustre, la Quinta Repubblica. Da anni politici e costituzionalisti discutono sull’attualità del sistema istituzionale che Charles de Gaulle aveva ritagliato su sé stesso alla fine degli anni Cinquanta, in piena crisi d’Algeria e quando la seconda guerra mondiale era una memoria ancora fresca.
Da allora è praticamente rimasto intatto, la modifica più significativa è stata la riduzione da sette a cinque anni del mandato presidenziale fatta nel 2000 dalla coppia Chirac-Jospin, in un afflato destra-sinistra che aveva come obiettivo eliminare la distorsione della coabitazione e cioè la compresenza forzata di un presidente gollista e un primo ministro socialista (o viceversa) com’era avvenuto varie volte nel passato: Mitterrand-Chirac o appunto Chirac-Jospin. La coincidenza di elezioni presidenziali e legislative avrebbe dovuto risolvere il problema. È così è stato. Dal 2002 nessuna coabitazione. Ma il sistema presidenziale ne è risultato rafforzato, una vera “monarchia repubblicana” come nel disegno di De Gaulle, fino al punto che il brutale Sarkozy ha potuto derubricare il suo primo ministro Fillon in semplice “collaboratore”.
Con il più pacioso e caotico François Hollande la verticalità del sistema è parsa molto attenuata. Ma tutto si è rovesciato con Macron, fin dalla sera della sue elezioni quando il giovanissimo presidente si è presentato alla nazione in una scenografia che mescolava il “nouveau” con l’ “ancien régime”, lui solo nel cortile del Louvre sotto la piramide di Mitterrand, nell’aria le note della Marsigliese e dell’europeista Inno alla gioia. Macron è stato dunque una specie di rifondatore di una presidenzialissima Quinta Repubblica, teorizzando e praticando per se un ruolo “jupiterien” alla sommità dello Stato.
Nel corso delle varie crisi che hanno caratterizzato il suo mandato, dalla rivolta popolare e populista dei gilets gialli, a quella interclassista contro la riforma delle pensioni il presidente ha teso semmai a rafforzare il suo ruolo pantocratore, catalizzando lo scontento e gestendo in proprio le soluzioni. A metà mandato si è liberato di un primo ministro come Edouard Philippe divenuto troppo autonomo (e popolare) e ha collocato a Matignon l’attuale Jean Castex (un fedele di Sarkozy, tra l’altro) che per biografia e configurazione appare davvero come un “collaboratore” del presidente.
La crisi Covid ha enfatizzato questa situazione. Quella di ieri sera è stata la settima “allocuzione solenne” del presidente, 30,8 milioni francesi hanno ascoltato la sua parola e misurato la temperatura emotiva del palazzo rispetto alla pandemia. Una temperatura che è variata più volte nel corso dei mesi. La prima volta fu con tono bonapartista: “Siamo in guerra”. Poi via via il tono è cambiato, di volta in volta paternalista, scientifico, pedagogico. Ieri sera Macron ha voluto trasmettere un messaggio di umiltà e determinazione. Ma può un paese, un sistema, un mondo - visto che ci sono ancora “territori d’oltremare” - aspettare giorni e giorni la parola del presidente? Con governo e politica apparentemente paralizzati nell’attesa? Solo oggi all’Assemblée e domani al Senato si discuterà, ma di decisioni che sono state prese e annunciate ieri sera dal presidente. “Una Waterloo”, dice Marine Le Pen, mentre il capo degli Insoumis Jean-Luc Mélenchon parla di “pesce d’aprile”. Sono i capi delle opposizioni, estrema destra ed estrema sinistra, ma è bene ricordare che al primo turno delle presidenziali 2017 hanno preso ognuno un venti per cento dei voti, che sommati fanno quaranta che disegnano con nettezza i confini di uno stato d’animo collettivo anti sistema che non si è certo attenuato in questi quattro anni.
Il dibattito all’Assemblea è in corso, e anche i centristi dell’Udi, che sono nella maggioranza, hanno annunciato che non parteciperanno al voto: “una mascherata”. La crisi della Quinta Repubblica è aperta.
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venerdì 21 giugno 2019
Conte: «Stime Ue fuori dalla realtà. Ogni sforzo per evitare la procedura».

Ma poi, dopo i colloqui avuti a margine del Consiglio, esprime il timore sull’esito del negoziato e cerca un ultimo contatto con Merkel per cercare una via d’uscita dall’impasse.
Divergenze Italia-Ue sui conti, negoziato in salita.
Colloqui informali di Conte con i leader, Roma preoccupata.
Il premier Giuseppe Conte è a Bruxelles per il Consiglio Europeo. Ieri l'invio della lettera sui conti pubblici italiani all'Europa. "La Commissione Ue ha ricevuto la lettera del premier Conte, e la sta ora analizzando", fa sapere un portavoce della Commissione Ue.
Un "tesoretto" stimato all'incirca sui 5 miliardi, composti da maggiori entrate rispetto alle previsioni, risparmi da reddito di cittadinanza e quota 100 e i due miliardi congelati nella legge di bilancio. E' questa la cifra a cui, spiegano fonti governative, l'esecutivo giallo-verde è al lavoro in queste ore di trattativa con l'Ue e in vista del Consiglio dei ministri di mercoledì chiamato a varare l'assestamento di bilancio. Non c'è alcuna manovra correttiva, l'assestamento certifica come procedono i conti, spiegano le stesse fonti.
Ue, fumata nera su nomine commissione. Conte sulla procedura: “Situazione difficile”. E tratta con Macron e Merkel.
lunedì 8 aprile 2019
Brexit, perché Macron è così intransigente con Londra. - Riccardo Sorrentino




