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venerdì 7 febbraio 2020

Iowa, Sardine e Renzi: la sinistra fa autogol nell’universo mondo. - Antonio Padellaro

Iowa, Sardine e Renzi: la sinistra fa autogol nell’universo mondo

Stanco di soffrire a causa delle molteplici delusioni cagionategli dalla sinistra, l’autore di questo diario prova a lenire le pene ricorrendo all’atarassia che (trascrivo da Wikipedia) è il termine già usato da Democrito che designa “la perfetta pace dell’anima che nasce dalla liberazione dalle passioni”.
Gli autogol delle Sardine. Soltanto pochi giorni fa avevo (avevamo) gioito all’annuncio della vittoria dell’alleanza sinistra più Sardine in Emilia-Romagna (e goduto come ricci per la sconfitta di Matteo Salvini): oh giornate del nostro riscatto! Ma, tutti assorti nel novo destino, non potevamo presagire che di lì a poco ci saremmo ritrovati con le photo opportunity dai Benetton, con le successive, dolenti prese di distanza (Jasmine Cristallo), con le velenose autoespulsioni (Stephan Ogongo). E, più in generale, con una sindrome troppo banale per essere vera: il successo di quattro ragazzi che dà loro alla testa. Infatti il saggio dice: ci sono soltanto due uomini perfetti, uno è morto e l’altro non è mai nato. E dunque se le imperfezioni dei piccoli leader saranno perdonate, le prossime piazze saranno ancora piene. Altrimenti, resteranno desolatamente vuote. In tal caso ai ragazzi diremo grazie per quanto fatto. Poi, con qualche rimpianto, ce ne faremo una ragione.
Suicidi assistiti. Matteo Renzi che minaccia di affondare lo stop alla prescrizione (un tempo da lui auspicato) insieme al governo Conte è lo scorpione che nella favola di Esopo punge a morte la rana che lo sta portando in salvo (“È la mia natura!”). Pensavamo di averla fatta franca, che fallita la spallata salviniana in Emilia il governo si fosse messo al riparo, almeno per il tempo necessario a programmare qualcosa di utile per il Paese e a salvarci dall’uomo del mojito. Non è così. Ma se la “natura” renziana dovesse provocare un demenziale omicidio-suicidio (stando ai sondaggi alle successive elezioni Italia Viva partorirebbe Italia Morta) cosa mai potremmo farci noi persone di elementare buon senso? Nulla. Infatti il saggio dice: se c’è un rimedio perché te la prendi? E se non c’è un rimedio, perché te la prendi?
Disastro in Iowa. La figuraccia delle primarie dem negli Stati Uniti conferma che grande è la confusione sotto il cielo liberal dove troppi candidati si contendono la nomination, tutti però al momento troppo deboli per spuntarla su Donald Trump. Il quale prospera allegramente sugli errori dei rivali, soprattutto la sconsiderata procedura di impeachment che bocciata dal Senato accresce la fama del presidente invincibile. E amen.
Infatti dice il saggio: non sono le stelle troppo lontane, sono le scale per raggiungerle troppo corte.
E Brexit fu. Il nostro amore per l’Europa unita ci aveva fatto sperare che alla fine un rimedio sarebbe stato trovato per impedire che l’uscita della Gran Bretagna non desse un duro colpo alla solidità dell’Unione. Eravamo convinti che al momento opportuno Jeremy Corbyn avrebbe schierato il Partito laburista armi e bagagli a difesa del Remain. Purtroppo, davanti alla cinica determinazione di Boris “boria” Johnson, quella un tempo gloriosa sinistra ha dato di sé una grigia immagine di latitanza e inconcludenza. Infatti dice il saggio: colui che chiede è sciocco per cinque minuti, ma colui che non chiede rimane sciocco per sempre.
Vergogniamoci per lui. Di Oliviero Toscani abbiamo sempre apprezzato la genialità e la passione con cui ha sposato le cause dei più deboli e dei più discriminati. Ma la sua frase: “A chi interessa se casca un ponte?”, pronunciata a proposito della visita delle Sardine da Benetton, fa ribollire il sangue. Per i 43 morti di Genova e per la disumanità, speriamo involontaria, che esprime. In questo caso un rimedio esiste: chiedere scusa.
Con questi sommari esempi, il diario ha cercato di rendere il senso di inadeguatezza che troppo spesso promana da quella bandiera politica convinta di rappresentare, per definizione, la parte buona e giusta dell’universo mondo. Esauriti, tuttavia, fatalismo e rassegnazione per chi alle virtù della sinistra ci ha creduto e ci crede ancora, non resterebbe che il “metodo Ninetta”. Quella barzelletta cioè dove all’esame di casellante ferroviario si chiede al candidato cosa fare per evitare l’impatto tra due treni lanciati a folle velocità sullo stesso binario. Poiché ogni possibile rimedio viene bocciato dai commissari, il nostro chiama in causa Ninetta. E alla domanda chi sia risponde serafico: è mia moglie, la chiamo e le dico amore vieni a vedere che botto.

lunedì 8 aprile 2019

Brexit, perché Macron è così intransigente con Londra. - Riccardo Sorrentino



Su Brexit è il più rigido, insieme agli spagnoli e ai belgi. Il presidente francese Emmanuel Macron si è contraddistinto, in questa fase, per la severità con cui risponde alle continue, e spesso confuse, richieste di rinvio da parte britannica. Al punto da mostrare di non temere una Brexit dura. I media d’oltremanica – il Financial Time in testa – lo hanno addirittura paragonato a Charles De Gaulle, che nel 1963 pose il veto all'ingresso del Regno Unito nella Cee, rievocando la storica – ma in realtà relativa, soprattutto nell'ultimo secolo – rivalità tra Parigi e Londra. Perché tutta questa intransigenza?
Calais collo di bottiglia.La risposta non è semplice. La Francia, insieme all’Irlanda, rischia di essere una delle economie più colpite dall'uscita del Regno Unito dall’Unione europea. I rapporti sono molto stretti, Parigi gode con il partner di un surplus commerciale che non può vantare con molti altri paesi (l’economia è cronicamente in deficit). La transizione da un regime di libera circolazione a uno ‘doganale’ rischia inoltre – soprattutto in caso di Brexit senza accordo – di bloccare temporaneamente l’intero nord del Paese: Calais, e pochi altri porti sulla Manica, potrebbero diventare uno strettissimo collo di bottiglia. Malgrado tutti i preparativi e tutte le precauzioni che il governo ha preso da tempo alla luce di simulazioni catastrofiche.
Brexit «troppo» a ridosso del voto europeo.Un primo motivo dell’intransigenza è proprio qui, nel caos, probabilmente inevitabile in ogni caso, della transizione. Macron ha tutto l’interesse di evitare che accada a ridosso delle elezioni europee, previste il 26 maggio. Non è nei suoi interessi – e forse non lo è nell’interesse di una sana formazione del consenso popolare, libera da elementi emotivi transitori – far votare i francesi mentre la situazione del traffico diventa temporaneamente insostenibile in una regione meno fortunata di altre e molto vicina alla destra del Rassemblement (ex Front) national. Come dimenticare che la protesta dei Gilets gialli è scoppiata attorno al tema dell’auto: caro benzina, costi delle revisioni, nuovi limiti di velocità?...
Il consenso di Macron.Ecco perché Macron ha insistito molto, il 22 marzo, sulla data del 7 maggio per l'uscita con accordo, mentre il Consiglio Ue ha optato per quella del 22 maggio, molto vicina al giorno delle elezioni (previste in Francia per il 26). Se il parlamento di Londra avesse approvato l’intesa firmata con Michel Barnier, Macron avrebbe sicuramente avuto problemi di consenso, di fronte agli inevitabili intoppi doganali dei primi giorni. Al momento, il suo partito gode nei sondaggi del 23% – piuttosto stabile – delle intenzioni di voto (in forte calo dal 32% delle politiche), contro il 21-22% – più volatile – della destra di Fn (in flessione dal 24,9% delle ultime europee ma in rialzo dal 13,2% delle politiche).
Un no anche al rinvio lungo.La questione elettorale, però, è anche più complessa. Macron ha anche respinto l’ipotesi del presidente del consiglio Ue, Donal Tusk, di un’estensione flessibile di Brexit di un anno. Eppure questa soluzione avrebbe consentito al presidente francese di affrontare le ricadute del nuovo regime dopo il voto europeo. Non si può però pensare che il presidente voglia usare le difficoltà della Gran Bretagna – che emergeranno in realtà nel medio periodo – per la sua campagna elettorale, tutta europeista. Qualcos’altro è in gioco.
La redistribuzione dei seggi.Un’estensione lunga imporrebbe alla Gran Bretagna di partecipare alle elezioni. I 73 seggi destinati a Londra non verrebbero redistribuiti. In caso di Brexit, invece, la Francia otterrebbe cinque seggi in più (79 in totale) come la Spagna contro i tre in più di Italia e Olanda, i due dell’Irlanda e l’uno in più di Polonia, Romania, Svezia, Austria, Danimarca, Finlandia, Slovacchia, Croazia ed Estonia (gli altri, Germania compresa, resterebbero al livello del 2014). La redistribuzione è una ’leva’ importante per i voti francesi (e spagnoli)
Macron come ago della bilancia.Anche se il sistema elettorale è proporzionale – per le legislative in Francia è invece previsto l’uninominale a doppio turno – il partito di Macron, La République en Marche (Lrem) punta ad avere una presenza importante nel parlamento europeo: forse più dei 24 deputati ottenuti da Fn nel 2014 con il 24% dei voti. In un momento in cui le forze tradizionali, socialisti e popolari, sono previsti in flessione – anche se probabilmente non ci sarà la valanga populista che gli euroscettici si aspettano – il ruolo di Lrem come "ago della bilancia" potrebbe diventare decisivo, sia pure nel limitato ambito delle competenze del Parlamento europeo.
Le ambizioni europee dei francesi.La Francia, nel mosaico delle istituzioni e degli incarichi europei, è molto ambiziosa. Da attribuire c’è la presidenza della Commissione e quella della Bce e non è un mistero che Parigi punti soprattutto alla prima (col candidato ‘naturale' Michel Barnier, il negoziatore di Brexit).
La Francia e l’export energetico.È dunque una strategia di breve periodo, quella di Macron. Parigi, in un orizzonte temporale più lungo, ha poco da temere da Brexit. I rapporti con Londra sono solidi e, nei limiti (ristrettissimi) in cui è possibile adottare una logica mercantilista, la Gran Bretagna ha più bisogno della Francia di quanto la Francia abbia bisogno della Gran Bretagna. Il Regno Unito – per fare un solo esempio – ha bisogno delle importazioni di energia della Francia, soprattutto d’inverno. Al punto che i ritardi nella transizione energetica dal nucleare e dai combustibili fossili – che pure hanno pesato sul consenso di Macron – sono legati anche alla necessità di mantenere stabile l’offerta di elettricità da esportare oltre Manica.
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lunedì 25 febbraio 2019

BBC – L’occupazione britannica tocca un altro record. - Rododak

Risultati immagini per lavoro occupazione britannica

Un articolo della BBC riporta – con una certa qual cautela – i nuovi, ottimi dati sul record di occupati nel Regno Unito, che hanno toccato il livello più alto dal 1971, con un effetto particolarmente favorevole sulla disoccupazione femminile. Naturalmente, i commenti – in casi come questo – sottolineano che gli effetti della Brexit non si fanno ancora sentire (fossero dati negativi, però, sarebbero stati attribuiti alla Brexit senza fallo) e non demordono dal lanciare fosche previsioni per i prossimi mesi. Ma continuare a discutere di ipotesi è ormai diventato perfino noioso: limitiamoci ai fatti, che oggi dicono che la disoccupazione nel Regno Unito è calata e – soprattutto – che i salari di conseguenza crescono al di sopra del livello dell’inflazione, più di quanto è avvenuto negli anni scorsi. Il potere d’acquisto dei lavoratori quindi aumenta, i salari reali hanno raggiunto il livello più alto da marzo 2011: non è interessante? 

Il numero di persone che lavorano nel Regno Unito ha continuato a salire, con un record di 32,6 milioni di occupati tra ottobre e dicembre, come mostrano le ultime cifre dell’Ufficio per le statistiche nazionali.

La disoccupazione è variata di poco nel trimestre, attestandosi a 1,36 milioni.

Il tasso di disoccupazione, fermo al 4%, è al livello minimo dall’inizio del 1975.

I salari medi settimanali sono aumentati del 3,4% toccando le 494,50 sterline, calcolando fino a dicembre, – tenuto conto dell’aggiustamento per l’inflazione, è il livello più alto dal mese di marzo 2011.

I salari reali più alti da marzo 2011. Salario medio settimanale, aggiustato per l’inflazione. Fonte: Office for National Statistics, UK.

Il numero delle persone occupate tra ottobre e dicembre è aumentato di 167.000 unità rispetto al trimestre precedente, e di 444.000 unità rispetto allo stesso periodo del 2017.

Il tasso di occupazione – definito come la percentuale di persone di età compresa tra 16 e 64 anni che hanno un lavoro – è stato stimato pari al 75,8%, superiore al tasso del 75,2% registrato l’anno precedente e a pari livello con il tasso più alto mai toccato da quando si è iniziato a confrontare i livelli di occupazione in modo comparabile, nel 1971.

Il ministro per l’Occupazione Alok Sharma ha dichiarato: “Mentre l’economia globale sta affrontando diverse sfide, in particolare nei settori come il manifatturiero, queste cifre mostrano la resilienza di fondo del nostro mercato del lavoro – che ancora una volta offre livelli record di occupazione”.

Matt Hughes, vice capo del settore che si occupa del mercato del lavoro dell’ONS (Office for National Statistics, l’istituto nazionale di statistica britannico, ndt) ha dichiarato: “Il mercato del lavoro rimane solido, con il tasso di occupazione rimasto ai massimi livelli e le posizioni vacanti che raggiungono un nuovo livello record. Anche il tasso di disoccupazione è diminuito, e per le donne è sceso sotto il 4% per la prima volta in assoluto.”

Tasso di occupazione massimo dal 1971. Percentuale della popolazione UK tra 16-64 anni con un lavoro. Fonte: Office for National Statistics, UK. Margine di errore: +/- 0.4%

Tuttavia, Andrew Wishart, economista britannico di Capital Economics, ha avvertito che i dati del mese prossimo potrebbero non essere così vivaci:

“I dati sul mercato del lavoro, con l’occupazione in aumento, non rispecchiano lo scivolone registrato nelle inchieste sulle assunzioni a dicembre “, ha affermato.

“Tuttavia, i risultati delle indagini sono peggiorati in modo più marcato a gennaio, quindi un effetto Brexit potrebbe iniziare a indebolire la crescita dell’occupazione nella prossima serie di dati ufficiali”.

Analisi. 

di Dharshini David, giornalista economico della BBC. 
Il mercato del lavoro rimane in forma robusta nonostante la perdita di slancio dell’economia verso la fine dello scorso anno – tuttavia l'”effetto nebbia” della Brexit potrebbe non essere ancora stato registrato.

Proseguendo le recenti tendenze, la maggior parte di coloro che sono entrati nel mercato del lavoro erano precedentemente inattivi (studenti, persone a casa per accudire familiari, malati a lungo termine ecc.).

La domanda di lavoro continua a sostenere la crescita dei salari. I salari reali sono aumentati di oltre l’1% all’anno, complessivamente meglio rispetto agli ultimi anni, sebbene ancora circa la metà rispetto all’era pre-crisi.

Finora quindi non ci sono grandi tracce del fatto che l’incertezza sulla Brexit ostacoli le assunzioni – ma va detto anche che la domanda nel mercato del lavoro ha una marcata tendenza a non tenere il passo con le variazioni della produzione.

Indagini più recenti sull’occupazione mostrano un deciso deterioramento a gennaio, quindi l’effetto Brexit potrebbe iniziare a indebolire la crescita dell’occupazione nella prossima serie di dati ufficiali.

E la produttività – produzione oraria – è diminuita dello 0,2% nel quarto trimestre del 2018 rispetto a un anno prima, poiché la produzione è aumentata più lentamente dell’occupazione. La mancanza di progressi in questo settore potrebbe pesare sulla crescita dei salari nel lungo periodo.

Carenza di specializzazione. 

Guardando le cifre medie dei guadagni, Samuel Tombs, capo economista britannico di Pantheon Macroeconomics, ha dichiarato: “Con un surplus di lavoro estremamente scarso e le offerte di lavoro che toccano un nuovo massimo storico, i lavoratori hanno più successo nell’ottenere aumenti salariali al di sopra dell’inflazione. Guardando al futuro, dubitiamo che la crescita dei salari scivolerà al di sotto del 3% quest’anno”.

Nonostante gli aumenti salariali e il basso tasso di disoccupazione, Suren Thiru, capo del settore economico delle Camere di commercio britanniche, non ritiene che una High Streets in difficoltà ne trarrà benefici.

Ha affermato: “L’aumento della spesa dei consumatori derivante dal recente miglioramento della crescita dei salari reali sarà probabilmente limitato dalla scarsa fiducia dei consumatori e dagli elevati livelli di debito delle famiglie. L’aumento del numero di posti vacanti a un nuovo massimo storico conferma che la carenza di manodopera e di competenze specializzate è destinata a rimanere un significativo ostacolo per le attività economiche per un certo tempo a venire, impedendo la crescita e la produttività del Regno Unito”.

martedì 6 giugno 2017

Attentato di Manchester: quello che non sappiamo. - Graham Vanbergen



Il 22 maggio alle 22:30 circa una bomba è stata fatta detonare al concerto di Ariana Grande alla Manchester Arena, a Manchester, Regno Unito. Molto è emerso sulla stampa nazionale e sulla TV in merito all'attentato. Ma ci sono alcune cose che non sappiamo.

Nelle prime ore della mattina del 23 maggio - circa alle 2:35 ora locale - la NDTV attraverso il Washington Post ha dichiarato in modo abbastanza categorico che: "funzionari USA, parlando in modo anonimo, hanno identificato l'assaltatore come Salman Abedi. Non hanno fornito informazioni sulla sua età o nazionalità, e i funzionari britannici hanno rifiutato di fornire commenti sull'identità del sospettato".
Ciò è stato reso pubblico in un momento in cui la Polizia britannica e i servizi di sicurezza stavano rifiutando di rilasciare qualsiasi dichiarazione su chi fossero secondo loro gli attentatori, perché al momento stavano affrontando le conseguenze del disastro.
Ci si domanda come dei "funzionari USA" che richiedevano di restare anonimi potessero correttamente identificare l'individuo quattro ore dopo il disastro da una distanza di 3500 miglia, in particolare quando la Polizia britannica e i servizi di sicurezza continuavano a non fornire alcuna dichiarazione.

Più o meno allo stesso tempo appare questo tweet dell'editorialista e inviato del New York Observer, Andre Walker. C'è probabilmente una buona ragione del perché fosse a Manchester. Egli ha chiaramente dichiarato sul suo account twitter che questa immagine è falsa. Chi scrive è stato informato in modo attendibile che l'immagine rappresenta in effetti le porte di uscita della Manchester Arena giusto appena dopo l'attentato e la devastazione è evidente. Come questo giornalista sia entrato in possesso di questa immagine così velocemente, senza essere lì presente solo due minuti dopo la Polizia di Manchester, postando un tweet dove si diceva che stavano affrontando un grave incidente è difficile da capire.

Settantacinque minuti dopo l'attentato, non un singolo giornalista di Sky News o della BBC era ancora sulla scena dell'evento. Questo può essere accaduto per una serie di valide ragioni, non ultima il fatto che la polizia aveva ben recintato l'area. Entrambi i servizi sia di Sky che della BBC erano molto brevi e confusi. Giusto due minuti dopo lo stesso attentato, un inviato di una testata americana diffondeva immagini della carneficina (che non sono state retwittate, secondo quello che emerge dal suo account).

Secondo un blogger famoso e ben informato, il datore di lavoro di Andre Walker è niente meno che il genero di Donald Trump Jared Kushner. E che dopo numerose emails e richieste di informazioni ha risposto "Andrè è andato sul posto, non ha risposto né ai tweets, né alle emails".

Solo dopo le ore 6:00 del 23 maggio, la polizia di Manchester è sicura che c'è un responsabile e che è maschio e che si è fatto esplodere in una missione suicida. Confermano che ci sono 22 vittime decedute e 59 altre ricoverate in nosocomio con ferite. Nessun nome viene fatto.


Meno di un'ora dopo, la Polizia di Manchester fa un appello per la ricerca di testimoni, telecamere fisse o mobili per aiutare l'inchiesta.

Alle 6:53 La Polizia rilascia le prime informazioni ufficiali circa un arresto eseguito, ma ancora nessun nome.
Cominciano un gran numero di ipotesi da parte dei media. L'arresto è significativo? Alcune delle congetture dei media sono abbastanza ignobili e politicamente orientate.

L'altra sera The Guardian dichiara alle 23.18 che
"La Polizia ha confermato l'identità del ventiduenne Dopo
che fonti ufficiali degli Stati Uniti l'hanno diffusa ai giornalisti, apparentemente contro i desideri della polizia britannica e dei servizi di sicurezza".


Salman Abedi è ora ufficialmente identificato ed accusato di essere l'attentatore suicida. Sky News riferisce questa mattina (24 maggio) che ci sono 14 persone ancora disperse, in gran parte teenagers, ma tra di loro diverse persone adulte. Sky riferisce anche che "nel frattempo vi sono diversi cittadini Polacchi tra i dispersi".

La polizia è soddisfatta che la posizione di tutti i bambini non accompagnati è ora conosciuta.

Circa dieci ore dopo l'attentato viene reso noto che vi sono 22 vittime confermate come decedute e 59 in ospedale. Ma 14 ancora disperse. Senza dubbio il tempo chiarirà dove sono. Speriamo che tutte quante siano rimaste illese.

Le ultime (6:01) sono che 4 dei 14 dispersi sono stati identificati e sfortunatamente deceduti.

La bomba utilizzata era chiaramente molto sofisticata e doveva avere un super potere esplodente, se più morti vengono ancora identificati ben 30 ore dopo l'attentato.

La BBC riferisce che "Il Regno Unito non aveva visto un simile attacco dinamitardo sin dalla strage di Manchester del 2005, per tre semplici ragioni:
- richiede una certa competenza, che è difficile raggiungere senza un addestramento.
- richiede molta pianificazione e preparazione, entrambe le quali aumentano le opportunità che il MI5 ed altre agenzie possano scoprire cosa si sta preparando
- singoli individui che siano sufficientemente organizzati per mettere le prime due cose insieme e abbastanza determinati a seguire il loro piano fino alla sua terribile conclusione, sono molto rari"

La BBC riferisce anche che:
- Per più di un decennio, l'unità affari interni della BBC ha monitorato ogni singolo attentato terroristico, tentato o fallito, che sia di dominio pubblico.
- Molto semplicemente, molte delle persone che abbiamo visto portare a processo non sono in grado di preparare e portare a termine questo tipo di attentato. Molti aspirano al martirio e parlano di costruire bombe.
- Ma sono, per esser franchi, troppo stupidi e disorganizzati per convertire le loro fantasie in realtà o in alternativa sono stati catturati perché non sapevano come nascondere le proprie tracce.
- Molti jihadisti scartano un attacco dinamitardo al primo esame: realizzano che è troppo difficile da portare a termine. Possono accidentalmente uccidersi mentre fabbricano il dispositivo. I loro ordini di acquisto possono destare sospetti in una farmacia locale oppure on line, consentono ai servizi centrali di avere uno sguardo ravvicinato sulla loro vita digitale. Possono rivolgersi per l'aiuto a qualcun altro che, all'insaputa di entrambi, è già nel radar dell'MI5.

Un certo numero di agenzie informative sta riferendo che Salman Abedi  potrebbe non aver agito da solo. Questo sembra plausibile, come è poco probabile che un silenzioso 23enne possa aver pianificato questa atrocità tutto da solo. Il che significa maggiori problemi se i concorrenti non vengono rapidamente bloccati. E' noto che Abedi è andato e venuto dalla Libia. Viene riferito che uno dei suoi amici è stato ucciso in Libia da un drone.

Questo è il tredicesimo grande attentato terroristico in Europa in soli due anni - che ha visto l'uccisione collettiva di più di trecento civili innocenti e migliaia di feriti. A paragone, gli Stati Uniti hanno sofferto meno di 100 morti collegati al terrorismo, dopo gli attacchi dell'11.9.2001. Questo è perché l'America, largamente responsabile per l'aggressione di un certo numero di paesi nel Medio Oriente, è piazzata in modo sicuro nell'altro lato del pianeta. L'Europa è sulla soglia di tutti questi massacri.

C'è molto che ancora non conosciamo a proposito di queste atrocità e chissà quanto ancora dovremo aspettare. Sembra esserci stata una qualche interferenza di Washington in questo attentato e ancora, uno può solo ipotizzare. Forse leggere questo articolo può aiutare a mettere in relazione un po' più di punti:  BREXIT: Proof That Britain's EU Referendum Was Rigged. Questo articolo conferma l'estensione delle interferenze americane oltraggiose ed illegali, avvenute di recente nella politica britannica.

Noi non sappiamo perché persone come Abedi e gli attentatori del 7/7 possono essere fuori del radar dei servizi di sicurezza, se tali atrocità sono possibili solo con molta competenza e organizzazione.

Una cosa dobbiamo sapere. Questo attacco e gli altri dodici avvenuti in Europa, è chiamato "contraccolpo" - inteso come "gli effetti negativi non voluti di un'azione politica".

Sono stati i politici che hanno trascinato la Gran Bretagna nel Medio Oriente e in Nord Africa e che hanno fatto saltare in aria prima la Libia e poi la Siria.  A quel tempo, la Libia, una delle nazioni più in salute nella regione, che aveva sanità gratuita, istruzione completa e occupazione e meno povertà della Danimarca, era considerata uno dei paesi più moderati - lo stesso poteva dirsi per la Siria. Entrambe le istituzioni e infrastrutture dei due paesi erano tutto fuorché al collasso. Entrambi questi paesi sono oggi invasi da estremisti tagliateste, assassini e psicopatici. Entrambi i leaders di questi paesi possono essere stati brutali nel raggiungere e mantenere il potere, ma entrambi vivevano in regioni dove una leadership brutale è in genere richiesta per mantenere la pace - cosa che è di chiara evidenza.

Questo è ciò che succede quando si conducono attacchi ingiustificati e illegali contro la sovranità delle nazioni e centinaia di vittime innocenti vengono uccise, mutilate o deportate. Il perché i politici britannici sembrino incapaci di afferrare questo semplice fatto, è al di là della normale e semplice umana comprensione. Essi sono colpevoli e hanno il sangue di ciascuna di queste vite innocenti sulle loro mani.

La Libia era il paese da cui veniva la famiglia di Abedi - La Siria, la Libia e anche l'Iraq sono i centri delle più grandi reti del terrore nella storia. Non è così difficile unire i punti, non è vero?

La fonte originale di questo articolo è  True Publica
Copyright © Graham VanbergenTrue Publica, 2017

Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare


http://www.vocidallastrada.org/2017/06/attentato-di-manchester-quello-che-non.html

domenica 26 marzo 2017

Attentato Londra, perché il terrore colpisce sempre le masse e mai i potenti? - Diego Fusaro.

Attentato Londra, perché il terrore colpisce sempre le masse e mai i potenti?

Quasi come se si trattasse, ormai, di una tragedia che torna a ripetersi, nei suoi moduli, sempre eguale a se stessa. Prima Parigi, poi Berlino. Adesso Londra. L’Europa è sotto attacco, si dice. Non è chiaro da parte di chi, tuttavia.
L’Islam ha dichiarato guerra all’Europa: così vorrebbe farci credere la narrazione egemonica; il cui fine conclamato è quello di delegittimare l’Islam e, in generale, ogni religione della trascendenza non ancora riassorbita nel monoteismo immanentistico dell’economia di mercato. Non è guerra di religione: è guerra alla religione. Guerra dichiarata dal capitale a ogni idea di sacro che non sia quello del mercato deregolamentato.
Come già dissi in altra occasione, io non so i nomi. Né mi accontento delle versioni ufficiali. Prevedo – e non è difficile – che, in ogni caso, questo attentato diverrà l’occasione per sostenere, da più parti, il solito mantra del “ci vuole più Europa”: e, naturalmente, per rallentare e rendere più ardua l’attuazione concreta della “Brexit”, ossia della scelta democratica del popolo inglese di prendere congedo dall’Unione Europea.
Mi limito a riscontrare che, anche nel caso di Londra, l’attentato si è abbattuto sulle masse subalterne, precarizzate, sottopagate e supersfruttate. I terroristi colpiscono sempre, immancabilmente gli sconfitti della mondializzazione, il popolole masse inermi. Strano paradosso: il terrorismo islamico – si dice – vorrebbe colpire il cuore dell’Occidente, metterne in ginocchio i centri nevralgici del potere. E poi, chissà perché, l’ira delirante dei terroristi non si abbatte mai, curiosamente, sui luoghi reali del potere occidentale: banche, centri della finanza, ecc. I signori mondialisti non vengono mai nemmeno sfiorati. Restano puntualmente intonsi. Il loro potere ne esce sempre, chissà perché, rinsaldato. Anzi, trovano sempre, immancabilmente, nei gesti nefandi e criminali dei terroristi l’occasione per potenziare il proprio ordine dominante: restringimento delle libertà, bombardamenti umanitari (il terrorismo della lotta al terrorismo), dirottamento del conflitto di classe verso il conflitto di civiltà, riadesione delle masse ormai sull’orlo della ribellione ai valori dell’Occidente mercatistico buono, ecc.
Insomma, a ragionare serenamente, verrebbe da pensare che i signori del terrore siano sprovveduti: vogliono colpire a morte l’Occidente e, invece, ne rinsaldano il potere; vogliono abbattere i potenti occidentali e, invece, li agevolano massacrando e indebolendo le masse pauperizzate occidentali. Hanno, poi, un tempismo perfetto, i signori del terrore: arrivano in Francia proprio quando le masse iniziano a mobilitarsi contro la “loi travail”; arrivano in Inghilterra quando si avvicina il momento del redde rationem con l’Unione Europea (Brexit).
Sarò anche considerata complottista, ma io la penso esattamente come lui.
E come Chomsky, che aveva previsto e teorizzato gli accadimenti attuali al punto 2 della sua lista di "Manipolazione delle masse":
2) Creare problemi e poi offrire le soluzioni.
Questo metodo è anche chiamato “problema- reazione- soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che sia il pubblico a richiedere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà. O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

sabato 28 gennaio 2017

Brexit: maxi dimostrazione contro uscita dall'Ue il 25 marzo.

Il Big Ben © EPA


Prevista una 'marcia sul Parlamento', si punta ad almeno 750mila manifestanti.

Il gruppo anti-Brexit Unite for Europe sta organizzando per il prossimo 25 marzo a Londra quella che promette di essere una tra le più grandi proteste di piazza che il Regno Unito abbia mai visto nella sua storia: l'iniziativa prevede una 'marcia sul Parlamento' e gli organizzatori puntano a raggiungere un'affluenza di almeno 750mila persone, riporta il quotidiano britannico The Guardian.

    L'iniziativa e' prevista per l'ultimo fine settimana prima della scadenza imposta dalla premier Theresa May per avviare il processo che porterà all'uscita del Regno Unito dall'Ue. "Non ci illudiamo che la marcia possa fermare l'articolo 50 - ha detto Peter French, un esponente di Unite for Europe -. Si tratta di dimostrare la forza delle opinioni contro la Brexit".

    La dimostrazione contro la guerra in Iraq nel 2003, con 750mila persone secondo la polizia e fino a due milioni secondo gli organizzatori, e' finora la più grande tenuta nella storia recente del Paese.


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E' una nuova moda quella di manifestare contro il volere della maggior parte della popolazione? 
Mi pare che al referendum hanno votato per l'uscita dalla UE, hanno cambiato idea?
In USA dimostrano contro Trump vincitore alle elezioni;
in Italia, dopo il referendum contrario al cambiamento della Costituzione, hanno messo al governo un tizio che non è altri che un sosia del precedente e che sta continuando a fare ciò che aveva cominciato il suo predecessore. 
Non contiamo più nulla?
Se non contiamo più nulla perchè ci fanno andare a votare?
E la Consulta, un organo di stato che dovrebbe far rispettare la Costituzione, la stessa che sedicenti servi del potere costituito volevano cambiare, perchè ha dichiarato che il premio di maggioranza è legittimo se, invece, è quanto di più illegittimo si possa concepire?
Perchè si da la possibilità ai capolista di presentarsi anche in 10 circoscrizioni?
Mi rifiuto di accettare queste regole confuse, raffazzonate, che danno luogo a varie interpretazioni a seconda dei casi.
Le leggi debbono essere chiare e semplici e non debbono prestarsi alle libere interpretazioni.
Siamo seri!!!!!

Cetta.

giovedì 22 settembre 2016

PERCHE’ L’ASSE PARIGI-BERLINO HA ROTTAMATO IL CRETINISMO RENZISTA ? - ROSANNA SPADINI

ventotene renzi merkel hollande vertice

Il 16 settembre i leader dei 27 paesi dell’Unione Europea, senza l’UK, si sono riuniti in Slovacchia invitati dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, per scongiurare la disintegrazione dell’UE dopo la Brexit dello scorso giugno. Diciamo la verità … lo spaccone stavolta non è stato invitato al briefing finale tenuto da Angela Merkel e Francois Hollande, conclusosi così con l’evidente affermazione dell’egemonia franco-tedesca. La scenografia da favola di Ventotene di un mese fa si è frantumata sotto la cruda realtà di un’Italia che viene esclusa dai tavoli decidenti, ed è stata bandita sempre più nelle retrovie della storia.
Però dietro lo strappo di Renzi su immigrazione e crescita con Merkel e Hollande non c’è solo l’inconcludenza del vertice di Bratislava ma motivi diversi e complessi, che naturalmente il premier tiene ben celati, per rendere visibili solo quelli che servono alla narcosi della coscienza nazionale.
Che grama figura! Ma il piazzista fiorentino sa vendere bene i suoi prodotti, dunque ha depistato immediatamente l’attenzione con il solito gioco dello straw man argument, l’omino di paglia … e utilizzando tutte le dinamiche facciali alla Mr Bean, è riuscito nell’intento di voltare la frittata, così che è sembrato che al briefing non ci fosse andato perché era rimasto insoddisfatto del vertice ed anche perché voleva sfidare l’asse … invece lo avevano semplicemente dimenticato come una cineseria inservibile.
Al che l’outsider rottamatore ha reagito subito twittando irritazione e astio «La Germania non rispetta le regole sul surplus commerciale. Senza politiche su economia e immigrazione, l’Europa rischia molto». E ancora «Non posso fare una conferenza stampa congiunta con Merkel e Hollande, se non condivido le loro conclusioni su economia e immigrazione. Non è polemica, l’Italia non la pensa allo stesso modo degli altri».
Del resto “ci trattano da servi perché siamo servi” dice Massimo Fini, perché siamo un Paese a sovranità limitata, un membro vassallo di un’Europa a due velocità, ed un protettorato degli Usa, che si serve del territorio italiano e delle sue 110 basi missilistiche, come di una piattaforma di lancio in un eventuale conflitto con l’Est, pollastro da spolpare per i rifornimenti Nato, e prossimo bacino di smercio dei prodotti americani, dopo l’avvento del TTIP (condiviso dall’Italia e fortemente osteggiato dalla Germania).
La posizione è ai limiti di rottura soprattutto per la patata bollente dell’immigrazione e dell’economia: «Non è che si può pensare che risolto il problema della Turchia si è risolto il problema. Sui migranti vogliamo vedere i fatti» … «Noi abbiamo bisogno di tornare a crescere come Paese, ma è l’Europa che deve tornare a crescere, abbandonando la politica dell’austerity».
«Accordi Italia-Africa» a proposito di immigrazione, precisa Renzi, «o l’Unione Europea fa gli accordi con i Paesi africani, o li facciamo da soli. Secondo noi sarebbe molto meglio che  fosse l’Europa a intervenire, ma se l’Ue decide che questa non è la priorità, occorre che interveniamo noi … non siamo la foglia di fico di nessuno».
Le ingerenze indebite interne ed esterne sugli interessi italiani appaiono sempre più evidenti, tranne che ai poveri di spirito affetti da inesorabile analfabetismo ideologico. L’ultima in ordine di tempo è stata quella dell’ambasciatore americano a Roma John Phillips, il quale ha ‘consigliato’ agli italiani di votare “Sì” al prossimo referendum costituzionale, condito con un vile ricatto economico e con la minaccia che le imprese yankee non avrebbero più investito in Italia.
Ma il documento finale del vertice di Bratislava ha sancito l’inconcludenza dell’UE e la frana sempre più profonda tra gli stati, anche se le intenzioni erano state quelle di affrontare problematiche comuni: stabilire il pieno controllo dei confini esterni dell’UE, garantire la sicurezza interna contro il terrorismo, potenziare la difesa comune e incrementare il mercato unico … bla bla bla.
Al che lo spaccone nazionale sembra essere stato colpito da irritazione insolita, e le ragioni si avvertono tra le righe della metanarrazione neolinguista, che cerca di celare al paese il suo destino predestinato di territorio di immigrazione selvaggia, ingessato dentro la sua conformazione peninsulare, bloccato da scelte politiche servili e dannose, mentre gli altri paesi europei si stanno blindando dietro muri eretti all’occorrenza per scaricare i profughi al bel Paese e abbandonarlo al suo declino sudamericano.
Ma Renzi ha il suo asso nella manica, bussare alla Casa Bianca il prossimo 18 ottobre per elemosinare l’appoggio di Obama nella battaglia contro l’asse Parigi-Berlino, il vero potere dell’Eurozona, che ora sembra volersi sbarazzare del sud indebitato e parassitario. Infatti Francia e Germania hanno mostrato interessi comuni e contrari a quelli dell’Italia: blocco del TTIP, appoggio all’Egitto di Tobruk contro Tripoli, potenziamento dell’Eurogendfor (per ora solo con ufficiali franco tedeschi), particolare attenzione rivolta all’immigrazione in arrivo dai Balcani (nulla invece per quella africana), progetti di riduzione delle sanzioni alla Russia (Italia favorevole alle sanzioni).
Però il rottamatore rottamato ha sottovalutato lo scontro in atto tra gli USA e le due nazioni guida dell’Europa, che stanno cercando di comune accordo di liberarsi dalla morsa atlantica, favoriti anche dagli effetti sismici della Brexit. Uno scontro frontale che ha visto rimbalzare scandali e vertenze dall’una all’altra sponda dell’Atlantico, il caso Volkswagen- Bosch, la rottura sul TTIP, l’attacco alla Apple per l’elusione fiscale e il take-over della Bayer sulla Monsanto, scandalo dei titoli tossici della Deutsche Bank:
gli Stati Uniti richiedono risarcimenti miliardari a Volkswagen per lo scandalo Dieselgate, dopo che un’agenzia indipendente, l’International Council on Clean Transportation, scopre una discrepanza fra i test condotti in laboratorio e quelli condotti su strada. Le autorità statunitensi avviano indagini approfondite e raccolgono i dati che mettono sotto accusa il colosso tedesco … poi il 18 settembre 2015 la situazione precipita, l’azienda crolla in borsa, e il governo statunitense le ordina di ritirare 482mila auto prodotte a partire dal 2009. L’azienda però ammette che le automobili compromesse potrebbero essere 11 milioni.
agosto 2016 – Nello scandalo dei motori diesel truccati che ha travolto Volkswagen viene poi coinvolta anche Bosch, il quotidiano tedesco Bild informa che Bosch avrebbe sviluppato il software delle centraline di Volkswagen che avrebbe alterato i test sulle emissioni. Intanto, anche il New York Times, avvalora questa tesi dicendo che Bosch avrebbe avuto “un ruolo chiave nello sviluppo del software che ha permesso a Volkswagen di barare sulle emissioni”. Bosch, che ha fornito i computer che controllavano motori Volkswagen diesel, era già coimputato nella class action indetta negli States contro la casa automobilistica.
agosto 2016 – TTIP, negoziati falliti, salta il trattato di libero scambio Usa-Ue – Il vicecancelliere e ministro dell’Economia tedesco Sigmar Gabriel ammette il fallimento dei negoziati sul trattato di libero scambio. «Come europei non possiamo accettare supinamente le richieste americane, non ci sarà alcun passo avanti, anche se nessuno lo vuole ammettere veramente».
agosto 2016 – Apple, a poco più di una settimana dalla presentazione dell’iPhone7, ha ricevuto una multa da 13 miliardi di euro da parte della Commissione Europea per l’accordo fiscale stretto con l’Irlanda al fine di pagare meno tasse. Cupertino avvia il ricorso contro la «nefasta» decisione, che per il Tesoro americano è una «minaccia allo spirito della partnership economica tra Usa e Ue»
settembre 2016 – Bayer-Monsanto, il gruppo tedesco compra la multinazionale Usa delle biotecnologie per 66 miliardi di dollari. L’azienda farmaceutica di Leverkusen ha ufficializzato l’accordo con il leader nel settore delle sementi e dei pesticidi, acquisito grazie a un’offerta pari a 128 dollari per azione. Nasce una superpotenza mondiale dell’agrochimica.
settembre 2016 – Il governo americano vuol far pagare 14 miliardi alla Deutsche Bank per chiudere lo scandalo dei titoli tossici legati ai mutui, i famosi “titoli subprime”, il cui crollo a Wall Street innescò nel 2007 la crisi finanziaria tuttora in atto. L’aspetto paradossale sta nel fatto che sono state alcune istituzioni finanziarie americane a sguazzarci dentro, fino ad imporre il fallimento dei due colossi immobiliari Fannie Mae e Freddie Mac, due finanziarie para-pubbliche che detenevano il grosso del mercato dei mutui subprime. Per quanto il governo tedesco abbia iniettato ben 247 miliardi di euro nel suo sistema bancario per farlo resistere alla crisi, la grande banca delle “torri gemelle” di Francoforte, un tempo sinonimo di solidità, sta ancora boccheggiando, oppressa da 85 miliardi di euro di titoli tossici che ha in pancia, pressoché uguali al totale delle sofferenze nette del sistema bancario italiano: al quale, per sommo paradosso, oggi Berlino proibisce di ricorrere agli aiuti statali. (www.ilsussidiario.net)
Nella guerra dei mondi gli Stati Uniti hanno sempre temuto un’Europa forte e autonoma, soprattutto guidata dal pangermanesimo di vecchia data, che aveva inchiodato decine di migliaia di giovani americani sui campi di battaglia della Seconda guerra mondiale. L’epopea americana invece deve essere unica, insuperabile e strapotente, celebrata da una cinematografia che sbanca il botteghino globale e propaga la leggenda eroica del popolo eletto, a partire da film-cult di Steven Spielberg, quali “Salvate il soldato Ryan”.
Inoltre, il colossale surplus commerciale accumulato dalla Germania con il protezionismo ha suscitato ostilità soprattutto da parte degli americani, perché ha favorito l’export teutonico in maniera esponenziale e danneggiato in particolare i produttori automobilistici statunitensi, i più accaniti avversari sui ricchi mercati asiatici.
Ma torniamo alla foglia di fico del premier … servo dei servi dell’imperialismo yankee. Perché cercare giustificazioni alla deriva economico sociale cui è stata condannata l’Italia, presso quel potere che ne è stato il primo responsabile? Perché non capire (o fingere) che i veri nemici sono gli Usa, che in un passato non troppo lontano hanno favorito lo sviluppo del welfare europeo in chiave antisovietica, ma ora sono determinati a smantellarlo completamente?
Per di più la Brexit ha segnato un punto di non ritorno, dimostrando che perfino i più fedeli alleati degli Usa hanno colto un’opportunità ineludibile in una rete di rapporti di forza che si è fatta sempre più multipolare, quindi la scelta dell’UK di uscire dall’UE non è stata per nulla un fulmine a ciel sereno, tutt’altro … è stata preparata accuratamente dalla finanza inglese che in questo modo si è voluta liberare del giogo atlantista, e si è voluta globalizzare … considerata un’occasione di riforma, proiettata verso il futuro, la City è decisa in questo modo ad attrarre la finanza cinese e quella islamica, che sono entrambe in forte crescita ..
La strategia finanziaria britannica è apparsa geniale solo alle élites … la promozione del renminbi a valuta d’impatto internazionale è tesa a rendere la Cina una superpotenza globale ma comunque soggetta alla direttiva britannica … per di più facendo di Londra il centro della finanza islamica, si acquistano vantaggi evidenti nell’ambito della sicurezza contro il rischio terrorismo. 
Però sulla piattaforma europea il venir meno di determinate esigenze economico politiche da parte del finanzcapitalismo ha mutato pesantemente il quadro dell’attuale geopolitica mondiale … oggi, l’ingerenza americana si è fatta ancora più invasiva, soprattutto per impedire all’Europa di tramutarsi in antagonista potente e diretto contro Washington, perché un’eventuale alleanza con la Russia rappresenterebbe un rischio abnorme per la stessa sopravvivenza dell’impero del caos.
Ma allora … perché il cretinismo renzista si ostina a coltivare amicizie così pericolose ?

venerdì 1 luglio 2016

Brexit: il vero smacco è che si riveli fruttuosa. - Alberto Bagnai

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Ci siamo lasciati il 16 giugno dicendoci che la Brexit, comunque andasse, sarebbe stata un insuccesso per Bruxelles. 
Minacciando di ritorsioni uno stato che intendeva avvalersi del diritto di recesso previsto dal Trattato di Lisbona, i vertici delle istituzioni europee confessavano vuoi la loro intenzione di non far rispettare un patto sottoscritto, del quale essi sono garanti, vuoi che questo patto contiene clausole inapplicabili, perché destabilizzanti, e quindi va ripensato. 
Quanto ai nostri amici tedeschi, primo fra tutti il ministro Schäuble, si sono messi come al solito in un vicolo cieco: se attuano le loro minacce danneggiano sopratutto la loro economia, la più legata a quella britannica, e fanno capire agli altri membri che l’UE più che a un club somiglia a un lager; se non le attuano diventano poco credibili. Niccolò Machiavelli, o John Nash, che in tempi diversi hanno studiato la teoria dei giochi strategici, si rivoltano nelle rispettive tombe. Ora l’evento si è verificato.
Ricordiamo intanto che quello svolto è un referendum consultivo, al qualre dovrebbe seguire una domanda formale di recesso da parte del governo britannico. Quando e se questa sarà inoltrata, si avvierà la procedura, lunga due anni, nel corso dei quali avremo tempo di tornare sui tanti dettagli tecnici. 
Intanto, però, una cosa è certa: la prima vittima della Brexit rischia di essere la credibilità degli economisti. I due mesi precedenti al referendum hanno visto un florilegio di appelli accorati da parte di colleghi che unanimi prevedevano catastrofi in caso di Brexit. 
Ma qual è la base fattuale di queste profezie?  All’ultimo seminario di Villa Mondragone, organizzato dalla Fondazione Economia Tor Vergata, Jürgen Matthes, dell’Istituto per la ricerca economica di Colonia, ha presentato uno studio sugli effetti della Brexit che considera tutte le simulazioni disponibili. 
La conclusione è che secondo i modelli economici ortodossi il costo della Brexit in media sarebbe relativamente contenuto, sull’ordine del 2% del Pil su una decina d’anni: la metà di quello che il Regno Unito perse nel solo 2009, recuperando la perdita in tre anni. 
Ma allora, perché gli economisti ortodossi sono così catastrofisti? Credo che le risposte possano essere solo due: o non credono ai loro stessi modelli (ma allora, come con i Trattati, basterebbe migliorarli), o qualcuno suggerisce loro di non crederci.
In effetti, che fra i circoli finanziari, visibilmente i più preoccupati dalla Brexit, e quelli accademici possano esistere delle “sinergie” non appare un’ipotesi astrusa, e in linea di principio non ci sarebbe nulla di male, anzi. 
Una sana interazione fra il mondo della teoria e quello della prassi può senz’altro rinvigorire entrambi. Questo purché si conservi autonomia di giudizio. 
Sul Financial Times del 15 giugno Chris Giles ha notato che se l’abbandono dell’UE si dovesse dimostrare vantaggioso, gli economisti subirebbero uno smacco in confronto al quale la loro incapacità di prevedere la crisi del 2008 sembrerebbe una quisquilia. 
Sarebbe una grave perdita, in un momento nel quale occorre prendere decisioni cruciali, su una base possibilmente razionale. Permettetemi però di non fare di ogni erba un fascio. Gli economisti eterodossi la crisi del 2008 l’avevano prevista e come! Hanno fallito, e si accingono a fallire nuovamente, gli autoproclamati ortodossi: sì, proprio quelli che non credono ai loro modelli. E almeno su questa sfiducia possiamo certamente concordare con loro.
Da Il Fatto Quotidiano, 25 giugno 2016