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domenica 26 marzo 2017

Attentato Londra, perché il terrore colpisce sempre le masse e mai i potenti? - Diego Fusaro.

Attentato Londra, perché il terrore colpisce sempre le masse e mai i potenti?

Quasi come se si trattasse, ormai, di una tragedia che torna a ripetersi, nei suoi moduli, sempre eguale a se stessa. Prima Parigi, poi Berlino. Adesso Londra. L’Europa è sotto attacco, si dice. Non è chiaro da parte di chi, tuttavia.
L’Islam ha dichiarato guerra all’Europa: così vorrebbe farci credere la narrazione egemonica; il cui fine conclamato è quello di delegittimare l’Islam e, in generale, ogni religione della trascendenza non ancora riassorbita nel monoteismo immanentistico dell’economia di mercato. Non è guerra di religione: è guerra alla religione. Guerra dichiarata dal capitale a ogni idea di sacro che non sia quello del mercato deregolamentato.
Come già dissi in altra occasione, io non so i nomi. Né mi accontento delle versioni ufficiali. Prevedo – e non è difficile – che, in ogni caso, questo attentato diverrà l’occasione per sostenere, da più parti, il solito mantra del “ci vuole più Europa”: e, naturalmente, per rallentare e rendere più ardua l’attuazione concreta della “Brexit”, ossia della scelta democratica del popolo inglese di prendere congedo dall’Unione Europea.
Mi limito a riscontrare che, anche nel caso di Londra, l’attentato si è abbattuto sulle masse subalterne, precarizzate, sottopagate e supersfruttate. I terroristi colpiscono sempre, immancabilmente gli sconfitti della mondializzazione, il popolole masse inermi. Strano paradosso: il terrorismo islamico – si dice – vorrebbe colpire il cuore dell’Occidente, metterne in ginocchio i centri nevralgici del potere. E poi, chissà perché, l’ira delirante dei terroristi non si abbatte mai, curiosamente, sui luoghi reali del potere occidentale: banche, centri della finanza, ecc. I signori mondialisti non vengono mai nemmeno sfiorati. Restano puntualmente intonsi. Il loro potere ne esce sempre, chissà perché, rinsaldato. Anzi, trovano sempre, immancabilmente, nei gesti nefandi e criminali dei terroristi l’occasione per potenziare il proprio ordine dominante: restringimento delle libertà, bombardamenti umanitari (il terrorismo della lotta al terrorismo), dirottamento del conflitto di classe verso il conflitto di civiltà, riadesione delle masse ormai sull’orlo della ribellione ai valori dell’Occidente mercatistico buono, ecc.
Insomma, a ragionare serenamente, verrebbe da pensare che i signori del terrore siano sprovveduti: vogliono colpire a morte l’Occidente e, invece, ne rinsaldano il potere; vogliono abbattere i potenti occidentali e, invece, li agevolano massacrando e indebolendo le masse pauperizzate occidentali. Hanno, poi, un tempismo perfetto, i signori del terrore: arrivano in Francia proprio quando le masse iniziano a mobilitarsi contro la “loi travail”; arrivano in Inghilterra quando si avvicina il momento del redde rationem con l’Unione Europea (Brexit).
Sarò anche considerata complottista, ma io la penso esattamente come lui.
E come Chomsky, che aveva previsto e teorizzato gli accadimenti attuali al punto 2 della sua lista di "Manipolazione delle masse":
2) Creare problemi e poi offrire le soluzioni.
Questo metodo è anche chiamato “problema- reazione- soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” prevista per causare una certa reazione da parte del pubblico, con lo scopo che sia questo il mandante delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che si dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, o organizzare attentati sanguinosi, con lo scopo che sia il pubblico a richiedere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito della libertà. O anche: creare una crisi economica per far accettare come un male necessario la retrocessione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.

venerdì 14 settembre 2012

Film Maometto, islamici in rivolta. Assalto alle ambasciate in Sudan e Tunisia: 6 morti.


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Una vittima anche in Libano dove il Papa è in visita ufficiale. Scontri e spari in Tunisia, anche contro la scuola americana. A Khartoum assaltate le sedi diplomatiche di Usa, Gran Bretagna Germania. Proteste e scontri anche in Egitto. Manifestazioni in Bangladesh, con 10mila persone in piazza a Dacca, in Malaysia e in Indonesia.

Proteste e manifestazioni in tutti paesi islamici contro la pellicola sulla vita di Maometto considerata blasfema. Il venerdì, giorno santo per i musulmani, si è trasformato in una nuova giornata di violenza e rabbia dopo le manifestazioni e gli scontri di ieri
SUDAN - Migliaia di manifestanti hanno raggiunto l’ambasciata Usa a Khartoum e sono riusciti a entrare all’interno da dove si sono uditi spari. La polizia ha fatto uso di gas lacrimogeni per tenerli a distanza e secondo l’agenzia Adnkronos i morti sono quattro. Lo staff dell’ambasciata sarebbe al sicuro, secondo l’agenzia Bloomberg che cita il portavoce dell’ambasciata americana a Khartoum, Ron Hawkins. In precedenza, oltre 5 mila persone si erano riunite davanti alle ambasciate di Germania e Gran Bretagna e gruppi di violenti avevano dato l’assalto alla sede diplomatica tedesca. La polizia sudanese è stata costretta a intervenire con la forza per tentare di disperdere la folla, sono stati sparati candelotti lacrimogeni contro i manifestanti che hanno risposto lanciando pietre contro gli agenti e verso le due sedi diplomatiche che si trovano una accanto all’altra. I manifestanti sono riusciti a fare irruzione nel compound sfondando il cordone di polizia. Da quella tedesca si sono sollevate fiamme, ma il personale della sede diplomatica è stato messo al sicuro. I manifestanti hanno poi rimosso la bandiera tedesca e issato al suo posto quella di al-Qaeda
TUNISIA - Un gruppo di manifestanti è riuscito a scavalcare il muro di cinta dell’ambasciata Usa a Tunisi e ad ammainare la bandiera americana per sostituirla con una bandiera islamica. La polizia tunisina ha cercato di fronteggiare i manifestanti e di evitare l’assalto agli uffici sparando colpi di arma da fuoco in aria. Inutile il fitto lancio di granate lacrimogene verso la folla di manifestanti. Le forze di sicurezza, schierate a protezione, hanno quindi cominciato a esplodere molti colpi d’arma da fuoco a scopo intimidatorio per disperdere i manifestanti. L’agenzia Ansa ha scritto di spari ad altezza uomo. Alcuni feriti sono stati già portati via, secondo le prime informazioni sarebbero cinque e almeno due sono stati colpiti da armi da fuoco. Nel parcheggio della sede diplomatica sono state lanciate bombe incendiarie che hanno bruciato almeno quindici auto. Il personale dell’ambasciata, presidiato dai marines posizionati sul tetto, è stato evacuato anche se “con grande difficoltà”. Secondo alcuni testimoni l’American Cooperative School of Tunis, che si trova nella municipalità di L’Aouina (nell’area della Grand Tunis) è stata presa d’assalto e data alle fiamme da manifestanti. L’istituto era però stato chiuso. Secondo quanto riferisce il sito Tunisie Numerique, elementi della brigata anti-terrorismo hanno fermato un uomo che stava collocando un ordigno esplosivo, confezionato con una bombola di gas, dentro il compound dell’ambasciata americana di Tunisi. 
LIBANO - Nel giorno in cui il Papa inizia la visita ufficiale, a Tripoli si registra un morto e si contano almeno 25 feriti. Alcune centinaia di persone hanno dato fuoco a un locale della catena di ristorazione americana Kentucky Fried Chicken (Kfc) di Tripoli, principale porto nel nord del Libano. Secondo fonti della sicurezza libanese citate da al-Arabiya, il manifestante deceduto è stato raggiunto da una pallottola sparata dagli agenti mentre la folla cercava di prendere d’assalto un edificio governativo. Tra i feriti si contano almeno 18 agenti, colpiti dalle pietre lanciate dai manifestanti.
NIGERIA - La polizia, secondo Al Jazeera, ha sparato per disperdere una folla di manifestanti vicino a una moschea a Jos, nel centro del paese africano. 
KENYA - Manifestazioni anti americane si sono tenute questo pomeriggio, dopo la preghiera del venerdì, all’esterno della più importante moschea di Mombasa. Centinaia di musulmani si sono radunati fuori il luogo di culto  e hanno incendiato bandiere americane al grido di ‘Allah è grande’. “Condanniamo questo film americano che ha insultato il profeta Maometto”, ha detto il segretario generale del Consiglio degli Imam e Predicatori del Kenya (Cipk), Mohammed Khalifa. “Si tratta di una strategia del presidente Usa Barack Obama e di altri presidenti europei per ridicolizzare l’Islam”. Manifestazioni sono state segnalate da fonti locali anche in Somalia, nella città costiera di Chisimaio, ultima grande roccaforte dei miliziani somali di al Shabaab.
SPARI CONTRO DRONI USA IN LIBIA -  Intanto droni americani stanno sorvolando Bengasi, in Libia, mentre le milizie islamiste hanno iniziato a sparare pesantemente contro i velivoli. L’aeroporto di Bengasi è stato chiuso, riaperto e nuovamente richiuso in giornata. Lo rendono noto fonti del governo libico spiegando che la sorveglianza statunitense è iniziata da ieri in seguito all’ondata di proteste. 
Egitto. Migliaia di manifestanti si sono riversati in Piazza Tahrir dopo la preghiera. Un’auto è stata ribaltata e data alle fiamme lungo la via che dallaa piazza diventata simbolo della primavera araba conduce alla rappresentanza diplomatica. Centinaia di persone hanno protestato lanciando sassi e la polizia ha risposto con il lancio di lacrimogeni.  Tutte le strade di accesso all’ambasciata Usa sono bloccate da filo spinato e da uno schieramento imponente delle forze della sicurezza centrale a presidio. Agenti e manifestanti si sono allontanati dalla scena degli scontri con ferite, soprattutto alla testa, provocate dalla sassaiola, mentre si sono radunate in standby una decina di ambulanze pronte per assistere i feriti. La bandiera americana issata sul pennone all’interno del compound diplomatico è stata stracciata. Secondo fonti locali ci sarebbero almeno 11 feriti. 
Yemen. Le forze di sicurezza yemenite hanno sparato alcuni colpi in aria e usato gli idranti per disperdere una manifestazione di alcune centinaia di persone che cercavano di raggiungere l’ambasciata americana a Sanàa. Secondo la tv satellitare al-Jazeera i manifestanti si sono radunati a breve distanza dalla sede diplomatica. Chiedono a gran voce l’espulsione dell’ambasciatore americano, i presenti hanno dato alle fiamme una bandiera a stelle e strisce. Una protesta analoga si era svolta ieri, sempre a Sanàa. Secondo l’Agenzia Ap un battaglione di marines sono già arrivati nel paese per proteggere l’ambasciata e il personale diplomatico che, secondo fonti ufficiali, è già al sicuro. 
Israele. La polizia di Gerusalemme ha fatto ricorso a gas lacrimogeni per disperdere alcune centinaia di dimostranti palestinesi radunatisi alla porta di Damasco, presso la Città Vecchia, che protestavano contro il film ‘L’Innocenza dei Musulmani”. Slogan di esecrazione contro la pellicola sono stati lanciati a Gaza da migliaia di fedeli islamici al termine delle preghiere del venerdì nelle principali moschee cittadine. E lo stesso premier Ismail Haniya non si era fatto scrupolo di chiedere le scuse di Washington nel corso di un sermone: “L’amministrazione americana – aveva detto – dovrebbe scusarsi con la nazione araba e islamica per questo film offensivo e portare quei criminali alla sbarra”. Il film, aveva aggiunto, “è il frutto del lavoro di un’alleanza di crociati , ebrei e americani per infiammare l’Islam e gli scontri settari, soprattutto in Egitto”. 
Giordania. Ad Amman un centinaio di dimostranti hanno chiesto la “fine dell’occupazione americana” della regione e l’espulsione dell’ambasciatore Usa. “Ascolta Obama, noi siamo tutti Osama”, hanno gridato inneggiando alla jihad contro chi insulta il profeta Maometto. “E’ un dovere di tutti i musulmani proteggere la propria religione e noi siamo qui per chiedere ai governanti di difendere la santità dell’Islam e mettere fine all’influenza americana nel paese”, ha detto Abu Mohammed Tarhawi, un leader del movimento jihaddista in Giordania. E sono state migliaia le persone che hanno partecipato ad una manifestazione ad Amman, guidata dai Fratelli musulmani, per chiedere la sospensione delle relazioni con Washington. “America, riprenditi i tuoi soldi, il mondo islamico non ha bisogno di te”, hanno scandito i manifestanti che hanno bruciato le bandiere a stelle e strisce.
Afghanistan. Membri delle tribù Shinwar e Momand della provincia afghana di Nangarhar hanno annunciato che sulla testa del produttore del film considerato anti-islamico è stata messa una taglia di cinque milioni di afghani (72.000 euro). Sono centinaia le persone scese in strada nella provincia orientale afghana di Nangarhar gridando slogan anti-americani e bruciando bandiere a stelle e strisce e foto del presidente Barack Obama, in una manifestazione dai toni forti che però non è degenerata in violenza. Una manifestazione di protesta è in corso anche a Doha, in Qatar. Un gruppo di un migliaio di persone si è radunato vicino all’ambasciata Usa e manifesta pacificamente, scandendo slogan e sventolando bandiere e striscioni. Proteste anche in Bangladesh, con 10mila persone in piazza a Dacca, in Malaysia e in Indonesia.
Pakistan.  Alcune centinaia di manifestanti hanno cercato di marciare verso l’ambasciata americana a Islamabad. A Lahore e a Peshawar ci sono stati massicci cortei di protesta con slogan e striscioni anti americani dopo la tradizionale preghiera del venerdì. Nella capitale, decine di manifestanti si sono scontrati con la polizia mentre cercavano di raggiungere la sede diplomatica. Diversi sono stati arrestati dalle forze dell’ordine. Ma non ci sono stati incidenti di rilievo. Analoghe proteste si sono tenute nel pomeriggio anche nel Kashmir indiano.
IndiaDiverse centinaia di manifestanti musulmani hanno attaccato il consolato Usa a Madras, nel sud-est del paese, precisando che 86 persone sono state arrestate. I manifestanti hanno “lanciato delle pietre e alcuni vetri delle finestre del consolato sono andati in frantumi, poi hanno attaccato le telecamere della sorveglianza e successivamente hanno tentato di scavalcare il muro di cinta dell’edificio ma sono stati allontanati”, ha detto un ufficiale. Il governo aveva chiesto a Youtube di bloccare la visione del filmato su Maometto.
IranMigliaia di manifestanti sono scesi in piazza a Teheran per condannare i responsabili del film. L’agenzia Fars  spiega che i dimostranti hanno chiesto agli Stati Uniti di “presentare ufficialmente le scuse a tutti i musulmani nel mondo e di punire gli autori del film”. Nel manifesto i dimostranti hanno condannato, oltre a Washington, anche Israele e Gran Bretagna, ritenendoli “responsabili di questo clima di odio creatosi contro l’Islam”. Il documento definisce infatti il trio Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele come il “triangolo del male” che sta “perseguendo le proprie politiche anti-islamiche nel mondo”.  Secondo quanto riferisce ‘Fars’, i dimostranti hanno bruciato la bandiera americana di fronte alla sede centrale dell’Università di Teheran gridando lo slogan ‘Marg bar Amricà (Morte all’America). Ieri la Guida Suprema iraniana l’ayatollah Ali Khamenei, che parla di “azione maligna”, aveva rilasciato dure dichiarazioni nei confronti degli Stati Uniti e d’Israele ritenendo i “sionisti e il governo Usa” i responsabili della produzione del film e delle violenze che ne sono conseguite. Come per ”Salman Rushdie, il vignettista danese, il pastore Usa che bruciò il Corano”, e ribadisce che “i primi sospettati per questo crimine sono i sionisti e il governo Usa”. Se i politici Usa “sono sinceri” nel condannare questo gesto, devono far sì che chi ha prodotto e finanziato il film blasfemo “abbia una punizione proporzionata al suo grande crimine“. 
Siria. Centinaia di cittadini siriani sono in sit-in davanti all’ambasciata americana a Damasco. Washington ha chiuso la sua sede diplomatica nella capitale siriana e richiamato a febbraio il proprio ambasciatore per le violenze in corso nel Paese dal marzo 2011. “Obama, hai capito che ti odiamo”, si legge su un cartellone, mentre un manifestanti che si è identificato come Fatina ha detto alla Xinhua che “se avevano una religione e conoscevano Dio, non avrebbero pubblicato quel film”. Un altro manifestante, Nabil Taha, ha detto all’agenzia che “siamo qui per esprimere la nostra rabbia verso coloro che prendono di mira tutte le religioni, non solo l’Islam”. “Vogliono controllare la gente per i loro interessi”, ha aggiunto.
Marocco. Circa duecento salafiti hanno manifestato oggi a Salè, vicino alla capitale del Marocco Rabat, per protestare contro la diffusione negli Usa di alcuni estratti di un film che denigra la figura di Maometto. Nel corso della manifestazione, organizzata dopo la preghiera del venerdì, sono state date alle fiamme bandiere americane e scanditi slogan contro gli Stati Uniti. Modesto il dispiegamento delle forze dell’ordine, secondo testimoni.

mercoledì 12 settembre 2012

Bengasi, attacco a consolato Usa. Ucciso l’ambasciatore, al Qaeda rivendica.


Ieri sera un gruppo di manifestanti ha assaltato il compound che ospita la rappresentanza americana. Uccisi anche un secondo funzionario e due marines. Smentita l'ipotesi che la protesta sia legata a "L'innocenza dei musulmani", film considerato "blasfemo" che già ieri aveva scatenato le proteste di migliaia di egiziani al Cairo. Rivendicazione dei siti qaedisti: "Vendetta per uccisione numero due Abu al-Libi".

La sede diplomatica degli Stati Uniti a Bengasi, in Libia, è stata attaccata ieri sera da un gruppo di manifestanti. Nell’attacco sono rimasti uccisi l’ambasciatore americano in Libia Chris Stevens, insieme a un altro funzionario dell’intelligence Usa e due marines. L’ambasciata Usa a Tripoli ha organizzato il rimpatrio delle salme e l’evacuazione di tutto lo staff del consolato, composto da 35 persone, che sarà probabilmente trasferito a Tripoli.
L’attacco, inizialmente attribuito alle proteste contro il film “L’innocenza dei Musulmani”, il cui trailer, diffuso su youtube, aveva già scatenato le proteste in Egitto, è stato rivendicato questa mattina da alcuni siti Qaedisti come ”una reazione della milizia Ansar Al-Sharia alla conferma della morte di Abu al-Libi“, numero 2 di Al Qaida, arrivata ieri da Ayman al Zawahiri. Il 5 giugno gli Usa avevano confermato la morte e la stessa sera una bomba era esplosa proprio alla sede Usa a Bengasi.
Fonti interpellate dall’agenzia Ansa avevano già sminuito il ruolo della protesta contro il film e attribuito l’attacco alla milizia islamica Ansar Al-Sharia. Tesi, questa, confermata anche dal console italiano a Bengasi, Guido De Sanctis, che ieri si trovava a poca distanza da quello che descrive come un “ufficio distaccato” dell’ambasciata americana, non ancora un consolato, spiega così i tragici avvenimenti di ieri. “Si è trattato dice di una azione più militare, un attacco iniziato senza che fosse preceduto da alterchi o slogan di protesta. Il luogo inoltre non è uno di quelli in cui si organizzano di solito le manifestazioni, è fuori città”, spiega il diplomatico italiano precisando che la maggior parte degli abitanti di Bengasi non sembrano infastiditi dal fim su Maometto. 
Lo staff del consolato Usa era stato trasferito dalla sede diplomatica dopo l’attacco in cui è morto l’ambasciatore americano in una casa considerata sicura, ha aggiunto al Sharif. Nel frattempo, ha spiegato, un aereo della sicurezza americana era arrivato da Tripoli per evacuare tutto il personale dalla ‘casa-rifugiò che è stata però scoperta dai miliziani. “Doveva essere un luogo segreto e siamo rimasti sorpresi che i gruppi armati ne siano venuti a conoscenza. C’è stata una sparatoria” in cui sono morti i due membri della sicurezza americana, ha concluso. Incerto il numero dei feriti, tra 12 e 17.
Come conseguenza dell’attentato, la prima seduta del Congresso generale nazionale libico, che era in programma per oggi, è stata annullata. Lo si apprende a Tunisi, dove sta facendo rientro il presidente della repubblica, Moncef Marzouki, che avrebbe dovuto presenziare alla seduta inaugurale dell’assemblea.
La dinamica - “Un botto, poi fumo e scambi di colpi di armi da fuoco”  ha raccontato uno dei testimoni sul posto. L’edificio, finito sotto assedio, è un un compound abbastanza grande e si trova a poche centinaia di metri di distanza da ristoranti e caffè da dove, “a partire dalle 21.40 circa”  gli avventori hanno assistito a distanza all’episodio. Secondo alcuni testimoni “le strade adiacenti sono state chiuse rapidamente e quasi subito sono stati formati anche dei blocchi nella zona”. Lo scambio di colpi di arma da fuoco è stato udito per circa 45 minuti, anche se non in maniera continuata, “mentre il fumo è rimasto visibile per una ventina di minuti”. Tutte e quattro le vittime, secondo una prima ricostruzione, sarebbero rimaste uccise dai fumi dell’incendio divampato nell’attacco. Ma secondo le ultime testimonianze, l’attacco sarebbe stato molto più simile ad un intervento militare che a una protesta spontanea degenerata. Secondo l’agenzia Reuters, che cita una fonte libica, l’ambasciatore e tre cittadini americani sarebbero infatti sopravvissuti all’incendio. Stavano viaggiando in auto per trovare un luogo più sicuro dopo l’assalto notturno al consolato quando il loro mezzo è stato centrato da un razzo. 
E nell’attacco non sarebbe da escludere un coinvolgimento dei sostenitori dell’ex leader libico Muammar Gheddafi. Questa almeno l’opinione del sottosegretario libico agli Interni, Walis al-Sharif, intervenuto in conferenza stampa a Tripoli. Quanto alla dinamica, il personale della sicurezza del consolato americano a Bengasi avrebbe aperto il fuoco contro i manifestanti radunatisi nei pressi dell’edificio ieri sera e questo avrebbe reso il clima più teso, spingendo i manifestanti ad attaccare. Secondo il sottosegretario, il consolato americano era stato avvisato della presenza di uomini armati tra i manifestanti. 
Due dei quattro americani uccisi sono morti in una sparatoria avvenuta in una casa considerata sicura dove era stato trasferito lo staff del consolato dopo l’assalto, ha detto al Sharif. La sparatoria nella “casa-rifugio” è avvenuta durante il tentativo delle forze americana di evacuare tutto il proprio personale.
Il video dell’attacco trasmesso dal sito del Guardian

“L’innocenza dei musulmani” – Il film, che ha scatenato polemiche e proteste, secondo la stampa Usa è stato girato da un israeliano-americano, Sam Bacile. In Egitto, tuttavia, la percezione nei media, aizzati dai predicatori salafiti sui canali satellitari, è che il film sia stato girato da egiziani copti che vivono negli Stati Uniti. Intanto, il regista si sarebbe rifugiato in un luogo segreto. Parlando al telefono con l’agenzia Associated Press da una località sconosciuta, Bacile ha ripetuto che “l’islam è un cancro” e che il suo film è una provocazione politica di condanna alla religione musulmana. Bacile, immobiliarista 56enne in California, si presenta come un ebreo israeliano e ritiene che il suo film aiuterà la sua terra d’origine nel mettere in luce le colpe dell’Islam. 
Il film, che dura due ore, è costato 5 milioni di dollari finanziati con l’aiuto di oltre 100 donatori ebrei. Un trailer di 13 minuti postato su YouTube mostra un cast amatoriale che descrive Maometto come un impostore e donnaiolo impenitente, favorevole anche alla pedofilia. Non pago della rabbia scatenata in Egitto e in Libia dal suo lavoro, Bacile – pur dicendosi dispiaciuto per la morte del diplomatico americano – mette in dubbio la sicurezza delle legazioni diplomatiche americane. “Ho la sensazione che il sistema di sicurezza (nelle ambasciate) non sia buono, l’America dovrebbe far qualcosa per migliorarlo”. Il film è stato doppiato in arabo da qualcuno che Bacile non conosce, ma il regista parla abbastanza l’arabo per poter dire che la trascrizione è accurata. La pellicola è stata realizzata in tre mesi nell’estate del 2011, con 59 attori e 45 persone dietro la telecamera. Il lungometraggio – ha concluso infine Bacile – è stato mostrato al pubblico una sola volta nei mesi scorsi, in un teatro di Hollywood semivuoto.
Chi è Chris Stevens
 
Christopher Stevens si era insediato a maggio alla guida dell’ambasciata a Tripoli, ma era già stato il numero due dell’ambasciata tra il 2007 e il 2009 e l’inviato speciale presso il Consiglio nazionale transitorio a Bengasi durante la rivolta contro Muammar Gheddafi, tra il marzo e il novembre del 2011. La sua carriera diplomatica si era svolta principalmente nel mondo arabo, con incarichi a Gerusalemme, Damasco, Cairo e Riad. Originario della California, parlava il francese e l’arabo, imparato quando da giovane aveva insegnato inglese in Marocco come volontario dei Peace Corps.