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martedì 13 agosto 2024

Mummia monti Acacus. Libia

 

Nel 1958 fu trovata una mummia sui monti Acacus, a sud-ovest della Libia, circa 5.600 anni.
2- Questa scoperta ha suscitato l'interesse del mondo, dato che la storia della mummia precede di circa 1500 anni il tempo della mummificazione registrato nell'antica civiltà egizia, che risale al (2250-2750) a.C., che ha spinto gli scienziati a riconsiderare la credenza che ha prevalso quella mummificazione nel Continente africano è iniziato in Egitto e ha spinto una nuova ipotesi che la sua fonte sia probabilmente una delle civiltà precedenti sconosciute che sorsero nell'area ora conosciuta come Libia per un periodo di 20.000 anni.
3- Il nome della mummia è "Wan Moha Gaj" o la mummia nera. Fu ritrovato da una missione archeologica italiana guidata da Fabrizio Mori nel 1958 durante gli scavi in una piccola grotta rocciosa situata nella valle del Chowente nella catena montuosa dell'Acacus, a sud della città libica di Ghat, vicino al confine con l'Algeria.
4- Questa mummia unica, che ora è conservata nel Museo Red Saraya nella capitale, Tripoli, appartiene ad un piccolo bambino marrone, stimato avere due anni e mezzo. Il suo corpo è stato accuratamente avvolto nella pelle di un'antilope, e ha assunto la posizione di un feto, le sue budella sono state rimosse e avvolte in erbe selvatiche per proteggerlo dalla putrefazione e dalla decomposizione.
Con stupore di tutti, l'analisi radioattiva del carbonio 14 all'epoca ha dimostrato che l'età della mummia oscillava tra i 5400-5600 anni.
5- Intagli di coccodrilli, giraffe, mucche, capre, elefanti .... ecc. sono stati scoperti, a circa 30 metri dal luogo di scoperta della mummia, ed è stata ritrovata la stufa degli dei, che è un anello circolare del diametro di 3 metri circondato da piccole rocce e in mezzo c'è un luogo di fuoco che stavano gettando. Gli animali che ci sono dentro e a pochi metri hanno trovato un altare per questi animali.
Sono stati scoperti anche disegni e iscrizioni che mostrano la civiltà, la religione e la tribù di Wan Mohi Gaj, compreso un uomo che gli mette la testa di un animale in testa. Gli scienziati hanno detto che quest'uomo è il dio della morte ed è simile al dio della morte dei faraoni in termini di maschera, il che significa che la civiltà libica ha preceduto la civiltà dei faraoni di più di 2000 anni (cioè la mummificazione non è iniziata in Egitto, ma piuttosto in Libia, e il popolo (Wan Mohi Gaj) in particolare è stato il primo a fare mummificazione? Poi si sono spostati verso nord e sud e verso il Nilo dopo che nel deserto libico si è verificato un improvviso cambiamento climatico, quindi si sono diretti verso le pianure e l'acqua
6- Nel 2008, una mummia di 2,25 metri di lunghezza è stata scoperta da una missione archeologica congiunta libico-britannica guidata dallo scienziato inglese "David Ma Tangle" quando la missione stava svolgendo lavori di ricerca e scavo a (Ubari) Wadi Al-Hayat, alle pendici del Monte Zangkara, a sud della città di Garma nella regione (Ubari).
7- Si stima che questa mummia abbia settemila anni, ed è collocata nel luogo di sepoltura che i libici praticavano nel seppellire i loro morti, la più grande prova che gli antichi libici furono quelli che scoprirono la mummificazione dei morti. I libici usavano le foglie delle piante, come le fronde di palma, per completare il processo di mummificazione, oltre al sale di natron, come la mummia di Wan Hohe Gage.
8- Trovata anche a Jaghbub la mummia di una bambina di sette anni morta 1800 anni fa. La prima indicazione di una mummia a Jaghbub è stata scritta da Richard Goodchild (era a capo dell'Antiquities Monitor della provincia orientale 1954-1967) nel libro pubblicato dopo la sua morte (Studi libici e parla della storia della scoperta archeologica, in cui ha parlato del Gasparo italiano Oliverio (capo delle antichità nella Regione Orientale circa 1921-1935).

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mercoledì 10 aprile 2024

La Valle dei Pianeti nella regione di Cufra in Libia.

 

La Valle dei Pianeti nella regione di Cufra in Libia è un luogo unico al mondo dove rocce e pietre nel deserto sembrano avere forme di pianeti e corpi celesti, creando un paesaggio simile allo spazio. Situata vicino ad Al-Uwainat Al-Gharbia, questa valle è poco conosciuta nonostante la sua bellezza straordinaria. Le enormi rocce sferiche, con un diametro medio di circa 10 metri, si trovano a circa 48,28 chilometri di distanza l'una dall'altra, e creano un'atmosfera spaziale per chi le visita. La valle, nota anche come "wan takufi" in lingua Tuareg, è caratterizzata da un terreno roccioso privo di acqua e coltivazione, rendendola unica e affascinante.

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domenica 17 giugno 2018

Migranti, Salvini chiude i porti ad altre due ong. Toninelli: “L’Olanda richiami le sue navi che violano codice di condotta”.

Migranti, Frontex: “I trafficanti di uomini chiamano direttamente le navi delle ong”

Il vicepremier contro Lifeline e Seefuchs: "Mai più complici". Il ministro dei Trasporti: "Quelle imbarcazioni non sono attrezzate". La replica: "Non è vero, abbiamo mezzi e personale". In un giorno salvate 450 persone con il coordinamento della Guardia Costiera italiana. La Cei: "Salvare le vite, ma l'Italia non sia lasciata sola". I 600 dell’Aquarius quasi in Spagna. La Francia ne accoglierà una parte. Merkel: "Problema europeo, soluzioni europee".

migranti dell’Aquarius stanno per sbarcare in Spagna e così il ministro dell’Interno Matteo Salvini dopo una settimana può cambiare obiettivo. Questa volta sono due ong tedesche che operano davanti alla costa della Libia con navi con bandiera olandese, Lifeline (“La linea della vita”, in inglese) e Seefuchs (“Volpe del mare”, in tedesco). Torna l’hashtag #chiudiamoiporti e torna la linea: “Sono arrivate al largo delle coste della Libia, in attesa del loro carico di esseri umani abbandonati dagli scafisti” informa il vicepresidente del Consiglio sul suo profilo personale di facebook diventato un canale continuo e quasi esclusivo di comunicazione. “Sappiano questi signori che l’Italia non vuole più essere complice del business dell’immigrazione clandestina e quindi dovranno cercarsi altri porti (non italiani) dove dirigersi”. Una linea che unisce tutto il governo. 
Il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli chiede infatti all’Olanda di richiamare le navi ong con bandiera dei Paesi Bassi perché non sono attrezzate e violano i codici di condotta. Ma l’ulteriore giallo riguarda proprio queste ong perché dalla rappresentanza di Amsterdam all’Unione Europea rispondono a Toninelli: “Non si tratta di Ong olandesi, né sono imbarcazioni registrate in Olanda. Anche il governo dei Paesi Bassi è preoccupato per l’attività delle Ong nell’area di ricerca e salvataggio libica, in violazione del codice di condotta. Facendo così sono strumentalizzate dal cinico modello dei trafficanti di esseri umani libici e lo sostengono”.

Dall’altra parte c’è la Cei che chiede umanità, salvaguardia delle vite e rispetto dei diritti, ma lancia un forte appello all’Europa affinché l’Italia non resti sola. Nel frattempo il Pd, con David Sassoli, evoca l’intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo perché “si stanno violando le convenzioni internazionali e trattati”.
I soccorsi della notte coordinati dall’Italia (e le ong non c’entrano).
Parole che su twitter accendono un duello a distanza anche molto ruvido tra il capo del Viminale e l’ong Lifeline, che però parevano la premessa per un altro caso Aquarius, con i porti “chiusi” (anche se formalmente non lo sono mai stati) di fronte a una nave con decine di persone salvate da un naufragio. In realtà Lifeline non ha nessuno a bordo: nella notte ha solo assistito – insieme ad una nave militare degli Stati Uniti – a un’operazione di salvataggio e trasbordo di 118 persone (tra cui 14 donne, 4 bambini e un neonato) sul Viking Amber, mercantile con bandiera di Singapore, designato dalla Guardia Costiera per effettuare l’intervento, quindi sotto il pieno coordinamento di Roma. I 118 tra l’altro sono solo una parte delle circa 450 persone che si trovano a bordo del Viking e che sono state recuperate dal mare nel corso di 4 interventi di soccorso. Tra oggi e domani i 118 verranno trasbordati su un mezzo della Guardia costiera italiana per essere indirizzati verso un porto ancora da definire.

Fin qui la parte operativa delle ultime ore che è gestita dalla centrale delle Capitanerie a Roma e che peraltro non vede le ong protagoniste. Poi però c’è la parte politica ed è su questo che ci si avvia a un nuovo braccio di ferro che conferma la linea del governo. La presa di posizione di Salvini, infatti, provoca un botta e risposta su twitter con LifeLine: “Quando i fascisti ci fanno promozione…” ha commentato in un primo momento l’associazione sul suo account. Il ministro dell’Interno ha replicato: “Una pseudo associazione di volontariato che dà del ‘fascista’ al vicepremier italiano? Questi non toccheranno mai più terra in Italia“. Lifeline negli stessi minuti ha fatto retromarcia, cancellando il messaggio precedente e precisando, forse in modo sarcastico: “No, @matteosalvinimi non è naturalmente un fascista. Ci è scivolato il mouse“. Ma Salvini non cede: “Roba da matti. A casa nostra comandiamo noi, la pacchia è STRA-FINITA, chiaro? Insulti e minacce non ci fermano”.
Toninelli: “Le navi di LifeLine non sono attrezzate”. Replica: “Non è vero”
Ma l’ong tiene a precisare che anche nell’intervento nel corso della notte “abbiamo cooperato con le autorità italiane ed americane nel pieno rispetto del codice di condotta”. Ed è esattamente questo il punto di scontro con il governo. “Le navi ong olandesi Lifeline e Seefuchs stazionano da ore in acque libiche – fa notare il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli – In violazione del codice di condotta perché non hanno mezzi e personale adatti a salvare un gran numero di persone. E potrebbero mettere in pericolo equipaggi e naufraghi. L’Olanda le faccia rientrare“.

Ma anche in questo caso LifeLine replica: “Abbiamo i mezzi ed il personale per effettuare le missioni di ricerca e soccorso – si legge in un tweet – e per fornire il primo sussidio a coloro che sono in emergenza, secondo il Codice di condotta. La nostra missione è salvare e garantire che le persone in cerca di protezione non vengano riportate in Libia e offrire loro la possibilità di raggiungere un porto sicuro”.
Crimi come Salvini: “La pacchia è finita”
D’altra parte la linea di Salvini convince tutto il governo, con il sostegno esplicito del M5s. C’è per esempio il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Vito Crimi che usa le stesse parole del leader leghista: La pacchia è finita per chi specula sui migranti”, dice Crimi, per quelli che “sui 600 migranti” dell’Aquarius “avrebbero lucrato 600mila euro al mese chissà per quanto tempo: c’è un albergatore che non ha potuto accogliere 50 persone per un mese una cooperativa che non ha avuto un appalto. E’ questo che dobbiamo bloccare in Italia. La pacchia è finita per chi ha speculato”. Crimi parla da un convegno sull’immigrazione promosso dall’associazione di magistrati Area Dg, al quale hanno partecipato tra gli altri anche il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho (che ha lamentato l’assenza della polizia giudiziaria a bordo delle navi dell’ong) e il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro (che ha definito le ong “parte di un sistema sbagliato”, con relative polemiche politiche).

Da lì arriva anche la replica dell’ex ministro degli Interni Marco Minniti. “Non posso dire a minorenne non accompagnato ‘la pacchia è finità, non capirebbe, perché non ci può essere cosa più drammatica che lasciare la propria famiglia. Le migrazioni sono un business? No. Può esserci malaffare? Sì. E tuttavia definire le migrazioni un business significa non aver capito bene quello che abbiamo di fronte. Si può dire, parlando dell’immigrazione, ‘la pacchia è finita?’ No”. Per Minniti “l’immigrazione è un fatto epocale, è una questione che riguarda il mondo, non pensiamo che riguardi soltanto l’Italia. Può essere cancellata? No, la cosa che può fare una grande democrazie è governare i flussi migratori” e lo si può fare, aggiunge nel “rispetto reciproco” tra “istituzioni democratiche, Stati e organizzazioni umanitarie”. “Se vogliamo affrontare grandi fenomeni epocali – ha concluso Minniti – dobbiamo mettere in campo una strategia complessa e difficile”.
Aquarius domenica a Valencia, la Francia accoglierà parte dei migranti
Nel frattempo le tre navi con i 629 migranti diretti in Spagna – Aquarius della ong Sos Mediterranée, Dattilo della Guardia Costiera e Orione della Marina – sta per raggiungere Valencia dopo 4 giorni di navigazione: l’arrivo è previsto per la mattinata di domenica. “Speriamo che la vicenda dell’Aquarius rappresenti realmente un punto di svolta per cambiare una volta per tutte la politica europea in tema di migrazioni” ha detto il presidente di Msf Spagna, David Noguera che ha ribadito che è “inaccettabile” che persone che scappano da guerra e fame vengano tenute per oltre una settimana in mezzo al mare in attesa di un porto sicuro e ha chiesto che a tutti i 629 migranti a bordo dell’Aquarius sia concesso lo status di rifugiato. “Sono tutte persone che hanno subito violenze nelle settimane e nei mesi di detenzione in Libia”.

La vicepremier spagnola Carmen Calvo ha annunciato tra l’altro che la Francia collaborerà all’accoglienza dei migranti dell’Aquarius. Il presidente Pedro Sanchez, racconta la Vanguardia, ha ringraziato il presidente Emmanuel Macron, sottolineando che questa è la cooperazione “con cui l’Europa deve rispondere”. In particolare, in una nota della Moncloa, si legge che dopo l’incontro tra la vicepremier e l’ambasciatore di Francia in Spagna, Parigi “accoglierà i migranti che, dopo l’arrivo al porto di Valencia e dopo aver completato tutti i passaggi formali previsti dal procedimento di accoglienza, manifestino il desiderio di recarsi in Francia”.
Sulla questione dei migranti è intervenuta la cancelliera tedesca Angela Merkel, che nel suo video messaggio settimanale ha ribadito che quella delle migrazioni è “una sfida europea che ha bisogno di una risposta europea“. Parole pronunciate in un momento molto complesso per il suo governo, che è in fase di stallo per lo scontro tra la stessa cancelliera e il suo ministro degli interni, Horst Seehofer, sostenitore di una linea “più dura”. Lunedì, invece, la Merkel riceverà il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

La Cei: “Salvare le vite, ma l’Italia non sia lasciata sola”
La Chiesa italiana chiede salvaguardia delle vite e  rispetto dei diritti ma lancia un appello all’Europa affinché l’Italia non resti sola. Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti, in un messaggio sottolinea: “Crediamo nella salvaguardia della vita umana: nel grembo materno, nelle officine, nei deserti e nei mari. I diritti e la dignità dei migranti, come quelli dei lavoratori e delle fasce più deboli della società, vanno tutelati e difesi. Sempre”. Ma aggiunge: “L’Italia, che davanti all’emergenza ha saputo scrivere pagine generose e solidali, non può essere lasciata sola ad affrontare eventi così complessi e drammatici. Proprio perché crediamo nell’Europa, non ci stanchiamo di alzare la voce perché questa sfida sia assunta con responsabilità da tutti“. Bassetti ammette che il fenomeno è complessoe che “risposte prefabbricate e soluzioni semplicistiche hanno l’effetto di renderlo, inutilmente, ancora più incandescente. Crediamo nel diritto di ogni persona a non dover essere costretta ad abbandonare la propria terra e in tale prospettiva come Chiesa lavoriamo in spirito di giustizia, solidarietà e condivisione. Crediamo altresì che la società plurale verso la quale siamo incamminati ci impegni a far la nostra parte sul versante educativo e culturale, aiutando a superare paure, pregiudizi e diffidenze”.

Di soluzioni non facili sul tema dei migranti parla anche il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura: “Fermo restando che la situazione è complessa c’è però anche bisogno sempre di tenere conto di questi valori”. Quanto ai toni usati da Salvini, il cardinale, a margine della cerimonia in cui gli è stata conferita la laurea honoris causa a Bologna, ha commentato: “Penso che noi tutti dobbiamo avere una sorta di purificazione della nostra grammatica comunicativa“.

sabato 12 agosto 2017

Primi respingimenti in Libia Fermati in mare 800 migranti. - Valentina Raffa



Sono stati arrestati dalla Marina libica. Missione italiana, il governo assicura: nessuna minaccia. 

È l'inizio di una nuova era? Guardia costiera e marina militare libiche hanno raggiunto in mare e bloccato diversi gommoni stracolmi di migranti che erano diretti verso le coste italiane o magari, visto l'andazzo degli ultimi tempi, speravano di potere essere trasbordati su qualche nave dei soccorritori per essere poi condotti nel Belpaese.
Secondo quanto riferisce il portavoce della Marina militare libica, Ayoub Qassem, i migranti sono stati riportati sulla terraferma per venire consegnati all'organismo di lotta alla migrazione clandestina. Sono 826, tra cui anche bambini, di nazionalità libica, marocchina, tunisina, algerina, sudanese, siriana e dei Paesi subshariani. Viaggiavano su tre gommoni e due barche in legno. Di questi, 464 sono stati recuperati dalla guardia costiera di Zawia a bordo di due barconi. In un'altra operazione i guardiacoste di Sabrata hanno fermato 360 persone su dei gommoni. Giovedì hanno recuperato 128 immigrati a nord di Sabrata, venerdì la Guardia costiera di Misurata ne ha riportati in patria 43. Pare dunque che qualcosa si sia messa in moto e che finalmente le acque libiche siano pattugliate per impedire i viaggi della speranza.
Intanto procede apparentemente senza problemi la fase preliminare di ricognizione del pattugliatore «Comandante Borsini» della Marina militare italiana nelle acque territoriali libiche nel quadro di una missione «bilaterale e su richiesta delle stesse autorità libiche» dicono fonti di governo italiane. «Non c'è sentore di minaccia» malgrado le dichiarazioni belliche dei giorni scorsi del generale Khalifa Haftar, rivale del premier libico Fayez al-Sarraj riconosciuto dalla comunità internazionale, e del vice presidente del Consiglio presidenziale libico, Fathi Majburi, che continuano a osteggiare la missione bilaterale volta a stroncare il traffico di esseri umani.
Così, mentre prosegue il confronto tra le autorità militari italiane e libiche per trovare un punto d'accordo su come e quando operare, e si sta decidendo l'area da pattugliare e i mezzi da utilizzare, Al-Mejbari prende le distanze dall'autorizzazione data da al Sarraj alla missione navale italiana, che - come riporta il sito della Tv LibyaChannel - rappresenta «un'infrazione esplicita dell'accordo politico» e delle sue clausole, in particolare quelle relative alla «sovranità della Libia». Al Mejbari ha sottolineato come la decisione di al Sarraj «non esprime né la volontà dell'intero Consiglio presidenziale né tantomeno del governo di intesa». Così chiede all'Italia di «cessare immediatamente la violazione della sovranità della Libia, di rispettare gli accordi internazionali, di mantenere delle relazioni di buon vicinato e di rispettare gli accordi in vigore tra i due Paesi». E ha lanciato un appello alla comunità internazionale e al Consiglio di Sicurezza Onu di «esprimersi riguardo alla violazione» e alla Lega Araba e all'Unione Africana di condannare la violazione.
Intanto a Tripoli, dove era in visita per la prima volta, ieri l'inviato delle Nazioni Unite in Libia, Ghassan Salamé, che ha assunto il suo incarico lo scorso 22 giugno, ha incontrato al Sarraj, e il ministro degli Esteri, Mohamad al Taher Siala. «Assumo il mio ruolo con il più grande rispetto per la sovranità nazionale, l'indipendenza e l'unità della Libia. Abbiamo avuto un incontro costruttivo sulle sfide economiche, politiche e di sicurezza - ha detto - Abbiamo convenuto sull'urgenza di porre fine alle sofferenze del popolo libico».

martedì 6 giugno 2017

Attentato di Manchester: quello che non sappiamo. - Graham Vanbergen



Il 22 maggio alle 22:30 circa una bomba è stata fatta detonare al concerto di Ariana Grande alla Manchester Arena, a Manchester, Regno Unito. Molto è emerso sulla stampa nazionale e sulla TV in merito all'attentato. Ma ci sono alcune cose che non sappiamo.

Nelle prime ore della mattina del 23 maggio - circa alle 2:35 ora locale - la NDTV attraverso il Washington Post ha dichiarato in modo abbastanza categorico che: "funzionari USA, parlando in modo anonimo, hanno identificato l'assaltatore come Salman Abedi. Non hanno fornito informazioni sulla sua età o nazionalità, e i funzionari britannici hanno rifiutato di fornire commenti sull'identità del sospettato".
Ciò è stato reso pubblico in un momento in cui la Polizia britannica e i servizi di sicurezza stavano rifiutando di rilasciare qualsiasi dichiarazione su chi fossero secondo loro gli attentatori, perché al momento stavano affrontando le conseguenze del disastro.
Ci si domanda come dei "funzionari USA" che richiedevano di restare anonimi potessero correttamente identificare l'individuo quattro ore dopo il disastro da una distanza di 3500 miglia, in particolare quando la Polizia britannica e i servizi di sicurezza continuavano a non fornire alcuna dichiarazione.

Più o meno allo stesso tempo appare questo tweet dell'editorialista e inviato del New York Observer, Andre Walker. C'è probabilmente una buona ragione del perché fosse a Manchester. Egli ha chiaramente dichiarato sul suo account twitter che questa immagine è falsa. Chi scrive è stato informato in modo attendibile che l'immagine rappresenta in effetti le porte di uscita della Manchester Arena giusto appena dopo l'attentato e la devastazione è evidente. Come questo giornalista sia entrato in possesso di questa immagine così velocemente, senza essere lì presente solo due minuti dopo la Polizia di Manchester, postando un tweet dove si diceva che stavano affrontando un grave incidente è difficile da capire.

Settantacinque minuti dopo l'attentato, non un singolo giornalista di Sky News o della BBC era ancora sulla scena dell'evento. Questo può essere accaduto per una serie di valide ragioni, non ultima il fatto che la polizia aveva ben recintato l'area. Entrambi i servizi sia di Sky che della BBC erano molto brevi e confusi. Giusto due minuti dopo lo stesso attentato, un inviato di una testata americana diffondeva immagini della carneficina (che non sono state retwittate, secondo quello che emerge dal suo account).

Secondo un blogger famoso e ben informato, il datore di lavoro di Andre Walker è niente meno che il genero di Donald Trump Jared Kushner. E che dopo numerose emails e richieste di informazioni ha risposto "Andrè è andato sul posto, non ha risposto né ai tweets, né alle emails".

Solo dopo le ore 6:00 del 23 maggio, la polizia di Manchester è sicura che c'è un responsabile e che è maschio e che si è fatto esplodere in una missione suicida. Confermano che ci sono 22 vittime decedute e 59 altre ricoverate in nosocomio con ferite. Nessun nome viene fatto.


Meno di un'ora dopo, la Polizia di Manchester fa un appello per la ricerca di testimoni, telecamere fisse o mobili per aiutare l'inchiesta.

Alle 6:53 La Polizia rilascia le prime informazioni ufficiali circa un arresto eseguito, ma ancora nessun nome.
Cominciano un gran numero di ipotesi da parte dei media. L'arresto è significativo? Alcune delle congetture dei media sono abbastanza ignobili e politicamente orientate.

L'altra sera The Guardian dichiara alle 23.18 che
"La Polizia ha confermato l'identità del ventiduenne Dopo
che fonti ufficiali degli Stati Uniti l'hanno diffusa ai giornalisti, apparentemente contro i desideri della polizia britannica e dei servizi di sicurezza".


Salman Abedi è ora ufficialmente identificato ed accusato di essere l'attentatore suicida. Sky News riferisce questa mattina (24 maggio) che ci sono 14 persone ancora disperse, in gran parte teenagers, ma tra di loro diverse persone adulte. Sky riferisce anche che "nel frattempo vi sono diversi cittadini Polacchi tra i dispersi".

La polizia è soddisfatta che la posizione di tutti i bambini non accompagnati è ora conosciuta.

Circa dieci ore dopo l'attentato viene reso noto che vi sono 22 vittime confermate come decedute e 59 in ospedale. Ma 14 ancora disperse. Senza dubbio il tempo chiarirà dove sono. Speriamo che tutte quante siano rimaste illese.

Le ultime (6:01) sono che 4 dei 14 dispersi sono stati identificati e sfortunatamente deceduti.

La bomba utilizzata era chiaramente molto sofisticata e doveva avere un super potere esplodente, se più morti vengono ancora identificati ben 30 ore dopo l'attentato.

La BBC riferisce che "Il Regno Unito non aveva visto un simile attacco dinamitardo sin dalla strage di Manchester del 2005, per tre semplici ragioni:
- richiede una certa competenza, che è difficile raggiungere senza un addestramento.
- richiede molta pianificazione e preparazione, entrambe le quali aumentano le opportunità che il MI5 ed altre agenzie possano scoprire cosa si sta preparando
- singoli individui che siano sufficientemente organizzati per mettere le prime due cose insieme e abbastanza determinati a seguire il loro piano fino alla sua terribile conclusione, sono molto rari"

La BBC riferisce anche che:
- Per più di un decennio, l'unità affari interni della BBC ha monitorato ogni singolo attentato terroristico, tentato o fallito, che sia di dominio pubblico.
- Molto semplicemente, molte delle persone che abbiamo visto portare a processo non sono in grado di preparare e portare a termine questo tipo di attentato. Molti aspirano al martirio e parlano di costruire bombe.
- Ma sono, per esser franchi, troppo stupidi e disorganizzati per convertire le loro fantasie in realtà o in alternativa sono stati catturati perché non sapevano come nascondere le proprie tracce.
- Molti jihadisti scartano un attacco dinamitardo al primo esame: realizzano che è troppo difficile da portare a termine. Possono accidentalmente uccidersi mentre fabbricano il dispositivo. I loro ordini di acquisto possono destare sospetti in una farmacia locale oppure on line, consentono ai servizi centrali di avere uno sguardo ravvicinato sulla loro vita digitale. Possono rivolgersi per l'aiuto a qualcun altro che, all'insaputa di entrambi, è già nel radar dell'MI5.

Un certo numero di agenzie informative sta riferendo che Salman Abedi  potrebbe non aver agito da solo. Questo sembra plausibile, come è poco probabile che un silenzioso 23enne possa aver pianificato questa atrocità tutto da solo. Il che significa maggiori problemi se i concorrenti non vengono rapidamente bloccati. E' noto che Abedi è andato e venuto dalla Libia. Viene riferito che uno dei suoi amici è stato ucciso in Libia da un drone.

Questo è il tredicesimo grande attentato terroristico in Europa in soli due anni - che ha visto l'uccisione collettiva di più di trecento civili innocenti e migliaia di feriti. A paragone, gli Stati Uniti hanno sofferto meno di 100 morti collegati al terrorismo, dopo gli attacchi dell'11.9.2001. Questo è perché l'America, largamente responsabile per l'aggressione di un certo numero di paesi nel Medio Oriente, è piazzata in modo sicuro nell'altro lato del pianeta. L'Europa è sulla soglia di tutti questi massacri.

C'è molto che ancora non conosciamo a proposito di queste atrocità e chissà quanto ancora dovremo aspettare. Sembra esserci stata una qualche interferenza di Washington in questo attentato e ancora, uno può solo ipotizzare. Forse leggere questo articolo può aiutare a mettere in relazione un po' più di punti:  BREXIT: Proof That Britain's EU Referendum Was Rigged. Questo articolo conferma l'estensione delle interferenze americane oltraggiose ed illegali, avvenute di recente nella politica britannica.

Noi non sappiamo perché persone come Abedi e gli attentatori del 7/7 possono essere fuori del radar dei servizi di sicurezza, se tali atrocità sono possibili solo con molta competenza e organizzazione.

Una cosa dobbiamo sapere. Questo attacco e gli altri dodici avvenuti in Europa, è chiamato "contraccolpo" - inteso come "gli effetti negativi non voluti di un'azione politica".

Sono stati i politici che hanno trascinato la Gran Bretagna nel Medio Oriente e in Nord Africa e che hanno fatto saltare in aria prima la Libia e poi la Siria.  A quel tempo, la Libia, una delle nazioni più in salute nella regione, che aveva sanità gratuita, istruzione completa e occupazione e meno povertà della Danimarca, era considerata uno dei paesi più moderati - lo stesso poteva dirsi per la Siria. Entrambe le istituzioni e infrastrutture dei due paesi erano tutto fuorché al collasso. Entrambi questi paesi sono oggi invasi da estremisti tagliateste, assassini e psicopatici. Entrambi i leaders di questi paesi possono essere stati brutali nel raggiungere e mantenere il potere, ma entrambi vivevano in regioni dove una leadership brutale è in genere richiesta per mantenere la pace - cosa che è di chiara evidenza.

Questo è ciò che succede quando si conducono attacchi ingiustificati e illegali contro la sovranità delle nazioni e centinaia di vittime innocenti vengono uccise, mutilate o deportate. Il perché i politici britannici sembrino incapaci di afferrare questo semplice fatto, è al di là della normale e semplice umana comprensione. Essi sono colpevoli e hanno il sangue di ciascuna di queste vite innocenti sulle loro mani.

La Libia era il paese da cui veniva la famiglia di Abedi - La Siria, la Libia e anche l'Iraq sono i centri delle più grandi reti del terrore nella storia. Non è così difficile unire i punti, non è vero?

La fonte originale di questo articolo è  True Publica
Copyright © Graham VanbergenTrue Publica, 2017

Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare


http://www.vocidallastrada.org/2017/06/attentato-di-manchester-quello-che-non.html

domenica 19 marzo 2017

Torturava e violentava migranti in Libia: rischia linciaggio dalle sue vittime a Lampedusa. - Alessandra Ziniti

Torturava e violentava migranti in Libia: rischia linciaggio dalle sue vittime a Lampedusa
Nel riquadro l'arrestato Eric Sam Ackom 

I racconti dei testimoni: "Scariche elettriche e ustioni con acqua bollente". Ghanese individuato e arrestato dalla polizia, dopo la denuncia degli immigrati.

La peggiore delle torture. Telefonare a casa, ai propri cari, urlando di dolore e supplicando di mandare altri soldi ai trafficanti di uomini. “Ogni volta che dovevo telefonare a casa, lui mi legava e mi faceva sdraiare per terra con i piedi in sospensione e cosi, immobilizzato, mi colpiva ripetutamente e violentemente con un tubo di gomma in tutte le parti del corpo e in special modo nelle piante dei piedi tanto da rendermi poi impossibile camminare".

E ancora elettrodi collegati alla lingua per scuotere con scariche elettriche, pentole di acqua bollente tali da provocare ustioni gravissime e naturalmente stupri di gruppo. Un campionario dell’orrore quello che la Procura di Palermo contesta ad un ventenne ghanese sbarcato nei giorni scorsi a Lampedusa e arrestato dopo che alcune delle vittime da lui torturate in Libia prima della partenza si sono fatte coraggio, lo hanno riconosciuto e accusato alla polizia di Agrigento che lo ha arrestato. I poliziotti della squadra mobile di Agrigento, diretta da Giovanni Minardi, lo hanno sottratto ad un vero e proprio linciaggio nel centro di accoglienza di Lampedusa.

Associazione per delinquere finalizzata alla tratta, sequestro di persona, violenza sessuale, omicidio aggravato e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina i reati contestati.
Agghiaccianti le testimonianze raccolte dagli agenti della Mobile di Agrigento: “Spesso collegava degli elettrodi alla mia lingua per farmi scaricare addosso la corrente elettrica” o “Porto ancora addosso i segni delle violenze fisiche subite, in particolare delle ustioni dovute a dell’acqua bollente che mi veniva versata addosso”.

"Ricordo le torture subite da tutti i miei carcerieri e, in maniera particolare, quelle che mi furono inflitte dal ghanese 'Fanti' che era quello che, in maniera spregiudicata e imperterrita, picchiava più degli altri carcerieri". Inizia così il racconto di Vadro, nigeriano di 21 anni, una delle vittime torturate mentre i familiari ascoltavano al telefono. "Ho anche assistito ad analoghe torture poste da Fanti ad altri migranti - racconta ancora l'uomo - Ho, inoltre, visto trattamenti anche peggiori, come le torture esplicitate mediante utilizzo di cavi alimentati con la corrente elettrica. Tale trattamento, però, veniva riservati ai migranti ritenuti ribelli". Ma non solo torture. "Durante la mia permanenza - spiega il testimone - ho sentito che l'uomo che si faceva chiamare 'Rambo' ha ucciso un migrante. So che mio cugino e altri hanno provato a scappare e che sono stati ripresi e ridotti in fin di vita, a causa delle sevizie cui sono stati sottoposti. Temo che anche lui sia stato ucciso". Alcune volte, per intimorire, i poveri migranti, i loro torturatori usavano anche le armi "sparavano in aria per farci intimorire", raccontano.

Un altro migrante, Victory, giovane nigeriano, anche lui vittima di 'Fanti', sentito dai pm Gery Ferrara e Giorgia Spiri, racconta della casa-ghetto: "Eravamo in mezzo al deserto, era una grande struttura, recintata con dei grossi e alti muri in pietra, che era costantemente vigilata da diverse persone, di varie etnie, armati di fucili e pistole". E parlando di Fanti, l'arrestato, racconta: "Era uno che spesso, in modo sistematico picchiava e torturava noi migranti. Fanti era membro di questa organizzazione di trafficanti al cui vertice c'era Alì, il libico". Anche Victory ha dovuto pagare dei soldi per essere rilasciato e proseguire la sua rotta verso l'Italia. "Ogni giorno telefonavano alla mia famiglia - racconta tra le lacrime - e mentre avanzavano a mio fratello le loro richieste estorsive, consistenti nella richiesta di denaro, mi torturavano e mi seviziavano, in maniera tale da fargli sentire le mie urla strazianti. Dopo cinque mesi di lunga prigionia e sistematiche violenze subite , mio fratello gli fece pervenire 200 mila cfa (la moneta del posto) a fronte delle 300 mila richieste".


http://palermo.repubblica.it/cronaca/2017/03/18/news/torturava_e_violentava_migranti_in_libia_rischia_linciaggio_dalle_sue_vittime_a_lampedusa-160819522/

lunedì 19 dicembre 2016

Flussi di migranti dal Niger azzerati: li aiutiamo davvero a casa loro? - Andrea Spinelli Barrile

Migranti Agadez
Un gruppo di migranti sul retro di un grande camion che offre loro un passaggio attraverso la città di Agadez. Niger, 25 maggio 2015. REUTERS/Akintunde Akinleye.


Giovedì 15 dicembre il Consiglio d'Europa, la riunione di tutti i leader europei che si tiene a Bruxelles, ha lodato il presidente del Niger Mahamadou Issoufou per il lavoro che il Paese africano sta facendo nell'ottica di arrestare i flussi migratori che lo attraversano. Nel corso di un vertice quadrilaterale tenutosi prima della riunione nella sede della rappresentanza tedesca nella capitale belga, cui hanno partecipato Issoufou, il Presidente francese Francois Hollande, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il neo-primo ministro italiano Paolo Gentiloni, è stato inoltre siglato un accordo di sostegno finanziario di questi tre Paesi europei (più Spagna) al Niger.
Secondo Ansa l'accordo vale circa 100 milioni di euro e “cerca di mettere più forza nella gestione dei flussi migratori dal Niger verso la Libia”. Questa mattina la Reuters ha pubblicato un'agenzia che quantifica diversamente l'offerta europea al Niger, circa 610 milioni di euro“Consideriamo che il Niger è l'anticamera dei flussi migratori verso la Libia […] nel contesto di una politica che deve fare molti passi avanti, adesso insieme a Francois Hollande e Angela Merkel e con il presidente nigerino Issoufou ne facciamo uno piccolo ma significativo" ha spiegato Gentiloni all'agenzia Ansa al termine del vertice.
Mercoledì 14 dicembre la Commissione europea aveva elogiato pubblicamente la collaborazione di Niamey per rallentare e bloccare i flussi di migranti che dall'Africa occidentale attraversano il Niger diretti in Libia, una collaborazione che secondo l'Unione Europea ha ridotto del 98 per cento il numero delle persone che attraversano il Sahara passando dal Niger. Erano stati 70.000 nel mese di maggio e sono diventati appena 1.500 nel mese di novembreJeune Afrique riporta che “il Niger è stato definito un bravo studente”Secondo l'Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) tra febbraio ed aprile 2016 erano stati 60.970 i migranti ad aver attraversato il Niger. Si tratterebbe del successo più importante dei partenariati UE-Africa (dal processo di Khartoum al Migration Compact) per fermare e gestire i flussi migratori: accordi simili sono stati siglati dal Senegal, dal Mali e dalla Nigeria, oltre che dall'Etiopia. Ma sono in essere partenariati simili anche con paesi non africani come Afghanistan, Giordania, Libano e Turchia.
Alla fine di ottobre 2016 le autorità nigerine hanno assicurato 102 trafficanti di esseri umani alla giustizia, sequestrato 95 veicoli utilizzati da questi per trasportare i migranti e addirittura arrestato 9 gendarmi colpevoli di essersi fatti corrompere dai trafficanti, oltre ad aver rispedito nel paese d'origine 4.430 persone (numeri forniti dall'OIM).
I numeri che parlano della cooperazione con il Niger vanno analizzati per quello che sono e, soprattutto, bisogna pensare che quello che conduce alla traversata del Mediterraneo non è un viaggio breve. In generale dal giorno della partenza a quello dello sbarco passano mesi, se non anni, e probabilmente gli effetti in termini numerici saranno evidenti, forse, solo tra un po'. Solo così è spiegabile l'aumento considerevole (sopratutto nel mese di ottobre) di migranti provenienti dall'Africa occidentale.
Per comprendere e quantificare il peso che potrebbero avere queste politiche di cooperazione sui flussi migratori bisogna guardare il prospetto che il Ministero dell'Interno italiano redige con rigorosa puntualità: dal 1 gennaio al 15 dicembre 2016 in Italia sono sbarcati 178.802 persone - quasi il 20 per cento in più dello scorso anno - e di queste 56.276 provengono da Nigeria, Senegal e Mali, flussi che generalmente attraversano il Niger. Inferiori sono stati invece i flussi provenienti dall'Africa orientale (Eritrea, Somalia, Etiopia e Sudan in particolare), forse anche in questo caso per effetto degli accordi bilaterali tra Italia ed Eritrea e tra Italia e Sudan. Ai migranti dall'Africa dell'ovest andrebbero sommati almeno una parte delle persone provenienti dal Senegal (9.946 persone), dal Gambia (11.545), dalla Guinea (12.811) e dalla Sierra Leone: in Niger quasi tutte queste persone stazionano nel campo profughi ad Agadez, in pieno Sahara, territorio dei Tuareg.
Agadez è un luogo fondamentale per capire ed osservare il fenomeno delle migrazioni dall'Africa occidentale: un tempo era una città fiorente, crocevia delle carovane e conosciuta per il mercato dei cammelli, dell'argento e per i suoi artigiani conciatori di pelli. Il suo centro storico è Patrimonio UNESCO riconosciuto dal 2013 ma già negli anni Ottanta del secolo scorso la Parigi-Dakar attraeva turisti, visitatori e avventurieri e il film Il Té Nel Deserto di Bernardo Bertolucci è stato girato, in parte, proprio ad Agadez, regalandole una notorietà internazionale. Oggi l'area attorno alla città è meglio nota per le miniere di uranio e, appunto, per gli ingenti flussi migratori che la attraversano. Agadez oggi è una strada in fiamme in crisi economica.
Generalmente i migranti che arrivano ad Agadez, e a Dirkou, proseguono alla volta di Madama ed entrano in Libia nei pressi di Toummo, dirigendosi poi verso Sebha e, infine, verso la costa libica. Ad Agadez e nella regione circostante l'OIM si occupa di contare i migranti di passaggio ed altre organizzazioni invece, come anche le autorità del Niger, offrono ai migranti denaro - somme che dovrebbero attestarsi in poche migliaia di euro, abbastanza per ripagarsi il viaggio e poco di più - per tornare indietro, spiegando loro l'inferno che li attende in Libia. Qualcuno torna indietro ma da Agadez alla Libia ci vogliono circa 300 dollari, che si sommano a quelli già pagati e a quelli che si dovranno ancora pagare ai libici. E molti decidono di ignorare gli avvertimenti e proseguire.
Nel deserto i migranti incontrano contrabbandieri, trafficanti di esseri umani, autisti, signori della guerra. La maggior parte di loro, della Libia, ricorderà la violenza, gli incubi, le ingiustizie, il carcere: “All'inizio c'è una selezione naturale lungo il deserto” mi ha raccontato un migrante gambiano incontrato qualche giorno fa alla stazione Tiburtina, a Roma: “Molti dei miei compagni sono morti, alcuni sono caduti dal pick-up sul quale viaggiavamo perché correvano troppo forte ma sono stati lasciati nel deserto. Ci hanno rubato tutto quello che avevamo, persino le scarpe sono state sequestrate a chi le aveva”.
“Io ho fatto 4 mesi di carcere a Misurata, nelle mani dei trafficanti” racconta un sudanese con un buon italiano: “Poi mi hanno costretto a salire su una barca perché sapevo come si guidava e serviva qualcuno che traghettasse la gente in mare. Hanno sparato ad un nigeriano davanti ai miei occhi perché si era rifiutato di farlo, tu cosa avresti deciso di fare a quel punto?” Arrivato in Italia questo cittadino sudanese, che chiameremo Mohammed per tutelare la sua identità, è stato arrestato dalle autorità italiane e incarcerato a Trapani, accusato di essere uno dei trafficanti. Una storia con diverse analogie con altre storie“Mi hanno liberato dopo otto mesi” dice Mohamed trionfante, mostrandomi un logoro documento del Tribunale siciliano che lo ha scarcerato, sul quale si legge che le indagini a suo carico non hanno rivelato niente. Almeno in carcere ha imparato l'italiano, penso io.
Chi non attraversa la Libia opta per una rotta ritenuta meno pericolosa, quella attraverso l'Algeria
Secondo France24 però negli ultimi tempi la vita per i migranti che transitano per questo Paese è sempre più dura: dal 1 dicembre sarebbe in corso, nei quartieri di Algeri, una vera e propria “caccia al nero”. Gli irregolari vengono poi deportati nel campo di Tamanrasset, quasi 2000 chilometri a sud della capitale, per essere espulsi. Qui, denunciano diverse organizzazioni per i diritti umani, la situazione è al limite e la tutela dei diritti dei migranti è secondaria a tutto il resto, a cominciare dall'ordine pubblico. Si tratta di circa 1.400 persone provenienti da Nigeria, Niger, Liberia, Camerun, Mali e Guinea e rispedite proprio in Niger. Le retate della polizia algerina non risparmiano minori e donne incinte: “La presenza dei migranti e dei profughi africani in molte località del paese può causare problemi agli algerini; in particolare c'è il rischio di propagazione dell’AIDS e di altre malattie sessualmente trasmissibili” ha dichiarato Farouk Ksentini, avvocato e presidente della Commissione nazionale consultiva di promozione e di tutela dei diritti dell’uomo in Algeria (CNCPPDH), istituzione che dipende dalla presidenza algerina. Con queste espulsioni l'Algeria da corpo agli accordi bilaterali con il vicino Niger ma mostra di curarsi poco dei metodi adottati.
Il vicino Niger invece incassa i milioni europei, sarebbe interessante capire effettivamente quanti, per darne una parte ai migranti sub-sahariani e convincerli a tornare indietro e per tenersene un'altra parte e gestire i flussi.
Per questo il Re del Marocco Mohammed VI, ai ferri corti con le autorità algerine per l'eterna questione del sostegno al Fronte Polisario da parte di Algeri, ha inviato 116 tonnellate di aiuti umanitari ai migranti rispediti indietro dall'Algeria al Niger. Il Marocco sembra volersi distinguere dall'Algeria nella gestione dei migranti: nel 2014 ha regolarizzato 25.000 persone, una sorta di guerra fredda che viene pagata, come sempre, con la pelle altrui. Anche perché il Marocco non è certo campione mondiale, ma nemmeno africano, di diritti umani.