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domenica 20 luglio 2025

Gas russo, Italia divisa: Dal Pd al M5s, crescono le voci per un ritorno ai flussi dal Cremlino. - di Sebastiano Torrini

 

Nel 2024 sono stati pagati alla Russia 23 miliardi di euro per le forniture energetiche nonostante, nell’ambito del piano REPowerEU, l’Ue abbia già ridotto la quota di gas russo dal 45% nel 2021 al 19% nel 2024

Si tornerà prima o poi a comprare gas russo? Cominciano a essere sempre di più le voci “possibiliste” per un ritorno al passato in Italia. L’ultima in ordine di tempo è quella del Pd che “non lo esclude, anzi è una possibilità che vede all’orizzonte”, si legge su Il Foglio di oggi.

GAS RUSSO: IL PD APRE AL RITORNO, MA SCHLEIN NEGA.

“Il Libro Verde del Pd sulle politiche industriali ne fa un riferimento ambiguo, a pag. 12: ‘In quest’ottica vanno collocate le ulteriori riflessioni da compiersi sulla necessità di un mercato unico che impedisca una pericolosa frammentazione nazionale anche di fronte alla possibilità non inverosimile di una riapertura dei flussi dalla Russia’”, ha specificato il quotidiano.

ANDREA ORLANDO (PD): GAS RUSSO COME LEVA NEGOZIALE CONTRO TRUMP SUI DAZI.

Nonostante la segretaria Elly Schlein abbia negato, ha proseguito Il Foglio “l’ex ministro Andrea Orlando, che ha curato il ‘Forum industria’ e la pubblicazione del volume, ha dato un’interpretazione opposta e tutt’altro che ambigua in un’intervista alla Staffetta: “Oggi pensiamo che ragionevolmente quella [l’acquisto di Gnl dagli Usa, ndr] sia una strada obbligata, legata alla presenza del conflitto, però pensiamo anche che l’acquisto debba essere condizionato a un ripensamento delle posizioni degli Stati Uniti”. Quindi, ha insistito la Staffetta, il gas russo può essere una leva negoziale da usare contro Trump sui dazi? Risposta sintetica di Orlando: “Sì”.

IL M5S VUOLE “COLLABORAZIONE CON LA RUSSIA” PER IL GAS E LA RESILIENZA ENERGETICA UE.

Poche settimane fa era stato il M5s ad aprire all’ipotesi di tornare a comprare il gas russo. In una risoluzione del Movimento presentata alla Camera, i pentastellati sottolineavano come “nell’ambito del raggiungimento di una soluzione pacifica duratura e permanente del conflitto non più rinviabile”, il governo viene impegnato “ad intensificare gli sforzi a livello europeo per trovare una soluzione efficace alla questione del transito e approvvigionamento del gas che non escluda a priori e pro futuro una possibile collaborazione con la Russia”. E tutto ciò “al fine di garantire il contenimento dei prezzi dell’energia elettrica e del gas naturale nonché la resilienza energetica dell’Unione europea, che deve essere in grado di adeguarsi ai mutevoli scenari del quadro geopolitico mondiale senza legarsi a specifiche fonti energetiche in maniera quasi monopolista”.

FRONTE DIVISO ALL’OPPOSIZIONE: PD E AVS BOCCIVANO IL PASSAGGIO SUL GAS RUSSO, SENSI PARLA DI “SCONVOLGENTE IPOCRISIA”.

La risoluzione aveva di fatto spaccato l’opposizione con Pd e AvS che avevano deciso di non votare il passaggio contestato, tanto che sui social il deputato del Pd Filippo Sensi aveva scritto: “Sconvolgente sia presentato oggi, con Kyiv martellata dalle bombe”.

PICCHETTO FRATIN AVEVA APERTO LE DANZE GIA’ A FEBBRAIO

A febbraio, il primo a rompere il tabù era il ministro per l’Ambiente e lo Sviluppo Energetico Gilberto Pichetto Fratin. “Fatta la pace, si può tornare a comprare il gas russo”, aveva detto il ministro a La Stampa. Mentre la Lega non ha mai fatto mistero di essere favorevole all’acquisto di idrocarburi russi.

L’ITALIA NON HA MAI SMESSO DI COMPRARE GAS RUSSO: CONSEGNE IN CALO MA NON AZZERATE, MENTRE BRUXELLES VUOLE L’EMBARGO TOTALE ENTRO IL 2027.

In realtà l’Italia, come molti altri paesi europei, di comprare il gas di Mosca non ha mai smesso. L’hub del Tarvisio ha visto calare le consegne ma mai azzerarsi. Eppure la Commissione Europea ha presentato a maggio una roadmap dettagliata per porre definitivamente fine a tutte le importazioni di energia provenienti dalla Russia entro la fine del 2027.

FINO A 23 MILIARDI ALLA RUSSIA NEL 2024 PER LE FORNITURE ENERGETICHE: UE RIDUCE MA NON ELIMINA IL GAS DI MOSCA.

Nel 2024 sono stati pagati alla Russia 23 miliardi di euro per le forniture energetiche nonostante, nell’ambito del piano REPowerEU, l’Ue abbia già ridotto la quota di gas russo dal 45% nel 2021 al 19% nel 2024, portandoli da 150 miliardi di metri cubi nel 2021 a 52 miliardi di metri cubi nel 2024, con previsioni di arrivare al 13% nel 2025. Mosca rappresenta però ancora il terzo fornitore di gas dopo Norvegia (45,6%) e Algeria (19,3%). Ed è seconda nelle consegne di Gnl ai Ventisette (17,5%), dietro soltanto agli Stati Uniti (45,3%).


https://energiaoltre.it/gas-russo-italia-divisa-dal-pd-al-m5s-crescono-le-voci-per-un-ritorno-ai-flussi-dal-cremlino/

lunedì 19 dicembre 2016

Flussi di migranti dal Niger azzerati: li aiutiamo davvero a casa loro? - Andrea Spinelli Barrile

Migranti Agadez
Un gruppo di migranti sul retro di un grande camion che offre loro un passaggio attraverso la città di Agadez. Niger, 25 maggio 2015. REUTERS/Akintunde Akinleye.


Giovedì 15 dicembre il Consiglio d'Europa, la riunione di tutti i leader europei che si tiene a Bruxelles, ha lodato il presidente del Niger Mahamadou Issoufou per il lavoro che il Paese africano sta facendo nell'ottica di arrestare i flussi migratori che lo attraversano. Nel corso di un vertice quadrilaterale tenutosi prima della riunione nella sede della rappresentanza tedesca nella capitale belga, cui hanno partecipato Issoufou, il Presidente francese Francois Hollande, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il neo-primo ministro italiano Paolo Gentiloni, è stato inoltre siglato un accordo di sostegno finanziario di questi tre Paesi europei (più Spagna) al Niger.
Secondo Ansa l'accordo vale circa 100 milioni di euro e “cerca di mettere più forza nella gestione dei flussi migratori dal Niger verso la Libia”. Questa mattina la Reuters ha pubblicato un'agenzia che quantifica diversamente l'offerta europea al Niger, circa 610 milioni di euro“Consideriamo che il Niger è l'anticamera dei flussi migratori verso la Libia […] nel contesto di una politica che deve fare molti passi avanti, adesso insieme a Francois Hollande e Angela Merkel e con il presidente nigerino Issoufou ne facciamo uno piccolo ma significativo" ha spiegato Gentiloni all'agenzia Ansa al termine del vertice.
Mercoledì 14 dicembre la Commissione europea aveva elogiato pubblicamente la collaborazione di Niamey per rallentare e bloccare i flussi di migranti che dall'Africa occidentale attraversano il Niger diretti in Libia, una collaborazione che secondo l'Unione Europea ha ridotto del 98 per cento il numero delle persone che attraversano il Sahara passando dal Niger. Erano stati 70.000 nel mese di maggio e sono diventati appena 1.500 nel mese di novembreJeune Afrique riporta che “il Niger è stato definito un bravo studente”Secondo l'Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) tra febbraio ed aprile 2016 erano stati 60.970 i migranti ad aver attraversato il Niger. Si tratterebbe del successo più importante dei partenariati UE-Africa (dal processo di Khartoum al Migration Compact) per fermare e gestire i flussi migratori: accordi simili sono stati siglati dal Senegal, dal Mali e dalla Nigeria, oltre che dall'Etiopia. Ma sono in essere partenariati simili anche con paesi non africani come Afghanistan, Giordania, Libano e Turchia.
Alla fine di ottobre 2016 le autorità nigerine hanno assicurato 102 trafficanti di esseri umani alla giustizia, sequestrato 95 veicoli utilizzati da questi per trasportare i migranti e addirittura arrestato 9 gendarmi colpevoli di essersi fatti corrompere dai trafficanti, oltre ad aver rispedito nel paese d'origine 4.430 persone (numeri forniti dall'OIM).
I numeri che parlano della cooperazione con il Niger vanno analizzati per quello che sono e, soprattutto, bisogna pensare che quello che conduce alla traversata del Mediterraneo non è un viaggio breve. In generale dal giorno della partenza a quello dello sbarco passano mesi, se non anni, e probabilmente gli effetti in termini numerici saranno evidenti, forse, solo tra un po'. Solo così è spiegabile l'aumento considerevole (sopratutto nel mese di ottobre) di migranti provenienti dall'Africa occidentale.
Per comprendere e quantificare il peso che potrebbero avere queste politiche di cooperazione sui flussi migratori bisogna guardare il prospetto che il Ministero dell'Interno italiano redige con rigorosa puntualità: dal 1 gennaio al 15 dicembre 2016 in Italia sono sbarcati 178.802 persone - quasi il 20 per cento in più dello scorso anno - e di queste 56.276 provengono da Nigeria, Senegal e Mali, flussi che generalmente attraversano il Niger. Inferiori sono stati invece i flussi provenienti dall'Africa orientale (Eritrea, Somalia, Etiopia e Sudan in particolare), forse anche in questo caso per effetto degli accordi bilaterali tra Italia ed Eritrea e tra Italia e Sudan. Ai migranti dall'Africa dell'ovest andrebbero sommati almeno una parte delle persone provenienti dal Senegal (9.946 persone), dal Gambia (11.545), dalla Guinea (12.811) e dalla Sierra Leone: in Niger quasi tutte queste persone stazionano nel campo profughi ad Agadez, in pieno Sahara, territorio dei Tuareg.
Agadez è un luogo fondamentale per capire ed osservare il fenomeno delle migrazioni dall'Africa occidentale: un tempo era una città fiorente, crocevia delle carovane e conosciuta per il mercato dei cammelli, dell'argento e per i suoi artigiani conciatori di pelli. Il suo centro storico è Patrimonio UNESCO riconosciuto dal 2013 ma già negli anni Ottanta del secolo scorso la Parigi-Dakar attraeva turisti, visitatori e avventurieri e il film Il Té Nel Deserto di Bernardo Bertolucci è stato girato, in parte, proprio ad Agadez, regalandole una notorietà internazionale. Oggi l'area attorno alla città è meglio nota per le miniere di uranio e, appunto, per gli ingenti flussi migratori che la attraversano. Agadez oggi è una strada in fiamme in crisi economica.
Generalmente i migranti che arrivano ad Agadez, e a Dirkou, proseguono alla volta di Madama ed entrano in Libia nei pressi di Toummo, dirigendosi poi verso Sebha e, infine, verso la costa libica. Ad Agadez e nella regione circostante l'OIM si occupa di contare i migranti di passaggio ed altre organizzazioni invece, come anche le autorità del Niger, offrono ai migranti denaro - somme che dovrebbero attestarsi in poche migliaia di euro, abbastanza per ripagarsi il viaggio e poco di più - per tornare indietro, spiegando loro l'inferno che li attende in Libia. Qualcuno torna indietro ma da Agadez alla Libia ci vogliono circa 300 dollari, che si sommano a quelli già pagati e a quelli che si dovranno ancora pagare ai libici. E molti decidono di ignorare gli avvertimenti e proseguire.
Nel deserto i migranti incontrano contrabbandieri, trafficanti di esseri umani, autisti, signori della guerra. La maggior parte di loro, della Libia, ricorderà la violenza, gli incubi, le ingiustizie, il carcere: “All'inizio c'è una selezione naturale lungo il deserto” mi ha raccontato un migrante gambiano incontrato qualche giorno fa alla stazione Tiburtina, a Roma: “Molti dei miei compagni sono morti, alcuni sono caduti dal pick-up sul quale viaggiavamo perché correvano troppo forte ma sono stati lasciati nel deserto. Ci hanno rubato tutto quello che avevamo, persino le scarpe sono state sequestrate a chi le aveva”.
“Io ho fatto 4 mesi di carcere a Misurata, nelle mani dei trafficanti” racconta un sudanese con un buon italiano: “Poi mi hanno costretto a salire su una barca perché sapevo come si guidava e serviva qualcuno che traghettasse la gente in mare. Hanno sparato ad un nigeriano davanti ai miei occhi perché si era rifiutato di farlo, tu cosa avresti deciso di fare a quel punto?” Arrivato in Italia questo cittadino sudanese, che chiameremo Mohammed per tutelare la sua identità, è stato arrestato dalle autorità italiane e incarcerato a Trapani, accusato di essere uno dei trafficanti. Una storia con diverse analogie con altre storie“Mi hanno liberato dopo otto mesi” dice Mohamed trionfante, mostrandomi un logoro documento del Tribunale siciliano che lo ha scarcerato, sul quale si legge che le indagini a suo carico non hanno rivelato niente. Almeno in carcere ha imparato l'italiano, penso io.
Chi non attraversa la Libia opta per una rotta ritenuta meno pericolosa, quella attraverso l'Algeria
Secondo France24 però negli ultimi tempi la vita per i migranti che transitano per questo Paese è sempre più dura: dal 1 dicembre sarebbe in corso, nei quartieri di Algeri, una vera e propria “caccia al nero”. Gli irregolari vengono poi deportati nel campo di Tamanrasset, quasi 2000 chilometri a sud della capitale, per essere espulsi. Qui, denunciano diverse organizzazioni per i diritti umani, la situazione è al limite e la tutela dei diritti dei migranti è secondaria a tutto il resto, a cominciare dall'ordine pubblico. Si tratta di circa 1.400 persone provenienti da Nigeria, Niger, Liberia, Camerun, Mali e Guinea e rispedite proprio in Niger. Le retate della polizia algerina non risparmiano minori e donne incinte: “La presenza dei migranti e dei profughi africani in molte località del paese può causare problemi agli algerini; in particolare c'è il rischio di propagazione dell’AIDS e di altre malattie sessualmente trasmissibili” ha dichiarato Farouk Ksentini, avvocato e presidente della Commissione nazionale consultiva di promozione e di tutela dei diritti dell’uomo in Algeria (CNCPPDH), istituzione che dipende dalla presidenza algerina. Con queste espulsioni l'Algeria da corpo agli accordi bilaterali con il vicino Niger ma mostra di curarsi poco dei metodi adottati.
Il vicino Niger invece incassa i milioni europei, sarebbe interessante capire effettivamente quanti, per darne una parte ai migranti sub-sahariani e convincerli a tornare indietro e per tenersene un'altra parte e gestire i flussi.
Per questo il Re del Marocco Mohammed VI, ai ferri corti con le autorità algerine per l'eterna questione del sostegno al Fronte Polisario da parte di Algeri, ha inviato 116 tonnellate di aiuti umanitari ai migranti rispediti indietro dall'Algeria al Niger. Il Marocco sembra volersi distinguere dall'Algeria nella gestione dei migranti: nel 2014 ha regolarizzato 25.000 persone, una sorta di guerra fredda che viene pagata, come sempre, con la pelle altrui. Anche perché il Marocco non è certo campione mondiale, ma nemmeno africano, di diritti umani.