lunedì 19 dicembre 2016

Flussi di migranti dal Niger azzerati: li aiutiamo davvero a casa loro? - Andrea Spinelli Barrile

Migranti Agadez
Un gruppo di migranti sul retro di un grande camion che offre loro un passaggio attraverso la città di Agadez. Niger, 25 maggio 2015. REUTERS/Akintunde Akinleye.


Giovedì 15 dicembre il Consiglio d'Europa, la riunione di tutti i leader europei che si tiene a Bruxelles, ha lodato il presidente del Niger Mahamadou Issoufou per il lavoro che il Paese africano sta facendo nell'ottica di arrestare i flussi migratori che lo attraversano. Nel corso di un vertice quadrilaterale tenutosi prima della riunione nella sede della rappresentanza tedesca nella capitale belga, cui hanno partecipato Issoufou, il Presidente francese Francois Hollande, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il neo-primo ministro italiano Paolo Gentiloni, è stato inoltre siglato un accordo di sostegno finanziario di questi tre Paesi europei (più Spagna) al Niger.
Secondo Ansa l'accordo vale circa 100 milioni di euro e “cerca di mettere più forza nella gestione dei flussi migratori dal Niger verso la Libia”. Questa mattina la Reuters ha pubblicato un'agenzia che quantifica diversamente l'offerta europea al Niger, circa 610 milioni di euro“Consideriamo che il Niger è l'anticamera dei flussi migratori verso la Libia […] nel contesto di una politica che deve fare molti passi avanti, adesso insieme a Francois Hollande e Angela Merkel e con il presidente nigerino Issoufou ne facciamo uno piccolo ma significativo" ha spiegato Gentiloni all'agenzia Ansa al termine del vertice.
Mercoledì 14 dicembre la Commissione europea aveva elogiato pubblicamente la collaborazione di Niamey per rallentare e bloccare i flussi di migranti che dall'Africa occidentale attraversano il Niger diretti in Libia, una collaborazione che secondo l'Unione Europea ha ridotto del 98 per cento il numero delle persone che attraversano il Sahara passando dal Niger. Erano stati 70.000 nel mese di maggio e sono diventati appena 1.500 nel mese di novembreJeune Afrique riporta che “il Niger è stato definito un bravo studente”Secondo l'Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) tra febbraio ed aprile 2016 erano stati 60.970 i migranti ad aver attraversato il Niger. Si tratterebbe del successo più importante dei partenariati UE-Africa (dal processo di Khartoum al Migration Compact) per fermare e gestire i flussi migratori: accordi simili sono stati siglati dal Senegal, dal Mali e dalla Nigeria, oltre che dall'Etiopia. Ma sono in essere partenariati simili anche con paesi non africani come Afghanistan, Giordania, Libano e Turchia.
Alla fine di ottobre 2016 le autorità nigerine hanno assicurato 102 trafficanti di esseri umani alla giustizia, sequestrato 95 veicoli utilizzati da questi per trasportare i migranti e addirittura arrestato 9 gendarmi colpevoli di essersi fatti corrompere dai trafficanti, oltre ad aver rispedito nel paese d'origine 4.430 persone (numeri forniti dall'OIM).
I numeri che parlano della cooperazione con il Niger vanno analizzati per quello che sono e, soprattutto, bisogna pensare che quello che conduce alla traversata del Mediterraneo non è un viaggio breve. In generale dal giorno della partenza a quello dello sbarco passano mesi, se non anni, e probabilmente gli effetti in termini numerici saranno evidenti, forse, solo tra un po'. Solo così è spiegabile l'aumento considerevole (sopratutto nel mese di ottobre) di migranti provenienti dall'Africa occidentale.
Per comprendere e quantificare il peso che potrebbero avere queste politiche di cooperazione sui flussi migratori bisogna guardare il prospetto che il Ministero dell'Interno italiano redige con rigorosa puntualità: dal 1 gennaio al 15 dicembre 2016 in Italia sono sbarcati 178.802 persone - quasi il 20 per cento in più dello scorso anno - e di queste 56.276 provengono da Nigeria, Senegal e Mali, flussi che generalmente attraversano il Niger. Inferiori sono stati invece i flussi provenienti dall'Africa orientale (Eritrea, Somalia, Etiopia e Sudan in particolare), forse anche in questo caso per effetto degli accordi bilaterali tra Italia ed Eritrea e tra Italia e Sudan. Ai migranti dall'Africa dell'ovest andrebbero sommati almeno una parte delle persone provenienti dal Senegal (9.946 persone), dal Gambia (11.545), dalla Guinea (12.811) e dalla Sierra Leone: in Niger quasi tutte queste persone stazionano nel campo profughi ad Agadez, in pieno Sahara, territorio dei Tuareg.
Agadez è un luogo fondamentale per capire ed osservare il fenomeno delle migrazioni dall'Africa occidentale: un tempo era una città fiorente, crocevia delle carovane e conosciuta per il mercato dei cammelli, dell'argento e per i suoi artigiani conciatori di pelli. Il suo centro storico è Patrimonio UNESCO riconosciuto dal 2013 ma già negli anni Ottanta del secolo scorso la Parigi-Dakar attraeva turisti, visitatori e avventurieri e il film Il Té Nel Deserto di Bernardo Bertolucci è stato girato, in parte, proprio ad Agadez, regalandole una notorietà internazionale. Oggi l'area attorno alla città è meglio nota per le miniere di uranio e, appunto, per gli ingenti flussi migratori che la attraversano. Agadez oggi è una strada in fiamme in crisi economica.
Generalmente i migranti che arrivano ad Agadez, e a Dirkou, proseguono alla volta di Madama ed entrano in Libia nei pressi di Toummo, dirigendosi poi verso Sebha e, infine, verso la costa libica. Ad Agadez e nella regione circostante l'OIM si occupa di contare i migranti di passaggio ed altre organizzazioni invece, come anche le autorità del Niger, offrono ai migranti denaro - somme che dovrebbero attestarsi in poche migliaia di euro, abbastanza per ripagarsi il viaggio e poco di più - per tornare indietro, spiegando loro l'inferno che li attende in Libia. Qualcuno torna indietro ma da Agadez alla Libia ci vogliono circa 300 dollari, che si sommano a quelli già pagati e a quelli che si dovranno ancora pagare ai libici. E molti decidono di ignorare gli avvertimenti e proseguire.
Nel deserto i migranti incontrano contrabbandieri, trafficanti di esseri umani, autisti, signori della guerra. La maggior parte di loro, della Libia, ricorderà la violenza, gli incubi, le ingiustizie, il carcere: “All'inizio c'è una selezione naturale lungo il deserto” mi ha raccontato un migrante gambiano incontrato qualche giorno fa alla stazione Tiburtina, a Roma: “Molti dei miei compagni sono morti, alcuni sono caduti dal pick-up sul quale viaggiavamo perché correvano troppo forte ma sono stati lasciati nel deserto. Ci hanno rubato tutto quello che avevamo, persino le scarpe sono state sequestrate a chi le aveva”.
“Io ho fatto 4 mesi di carcere a Misurata, nelle mani dei trafficanti” racconta un sudanese con un buon italiano: “Poi mi hanno costretto a salire su una barca perché sapevo come si guidava e serviva qualcuno che traghettasse la gente in mare. Hanno sparato ad un nigeriano davanti ai miei occhi perché si era rifiutato di farlo, tu cosa avresti deciso di fare a quel punto?” Arrivato in Italia questo cittadino sudanese, che chiameremo Mohammed per tutelare la sua identità, è stato arrestato dalle autorità italiane e incarcerato a Trapani, accusato di essere uno dei trafficanti. Una storia con diverse analogie con altre storie“Mi hanno liberato dopo otto mesi” dice Mohamed trionfante, mostrandomi un logoro documento del Tribunale siciliano che lo ha scarcerato, sul quale si legge che le indagini a suo carico non hanno rivelato niente. Almeno in carcere ha imparato l'italiano, penso io.
Chi non attraversa la Libia opta per una rotta ritenuta meno pericolosa, quella attraverso l'Algeria
Secondo France24 però negli ultimi tempi la vita per i migranti che transitano per questo Paese è sempre più dura: dal 1 dicembre sarebbe in corso, nei quartieri di Algeri, una vera e propria “caccia al nero”. Gli irregolari vengono poi deportati nel campo di Tamanrasset, quasi 2000 chilometri a sud della capitale, per essere espulsi. Qui, denunciano diverse organizzazioni per i diritti umani, la situazione è al limite e la tutela dei diritti dei migranti è secondaria a tutto il resto, a cominciare dall'ordine pubblico. Si tratta di circa 1.400 persone provenienti da Nigeria, Niger, Liberia, Camerun, Mali e Guinea e rispedite proprio in Niger. Le retate della polizia algerina non risparmiano minori e donne incinte: “La presenza dei migranti e dei profughi africani in molte località del paese può causare problemi agli algerini; in particolare c'è il rischio di propagazione dell’AIDS e di altre malattie sessualmente trasmissibili” ha dichiarato Farouk Ksentini, avvocato e presidente della Commissione nazionale consultiva di promozione e di tutela dei diritti dell’uomo in Algeria (CNCPPDH), istituzione che dipende dalla presidenza algerina. Con queste espulsioni l'Algeria da corpo agli accordi bilaterali con il vicino Niger ma mostra di curarsi poco dei metodi adottati.
Il vicino Niger invece incassa i milioni europei, sarebbe interessante capire effettivamente quanti, per darne una parte ai migranti sub-sahariani e convincerli a tornare indietro e per tenersene un'altra parte e gestire i flussi.
Per questo il Re del Marocco Mohammed VI, ai ferri corti con le autorità algerine per l'eterna questione del sostegno al Fronte Polisario da parte di Algeri, ha inviato 116 tonnellate di aiuti umanitari ai migranti rispediti indietro dall'Algeria al Niger. Il Marocco sembra volersi distinguere dall'Algeria nella gestione dei migranti: nel 2014 ha regolarizzato 25.000 persone, una sorta di guerra fredda che viene pagata, come sempre, con la pelle altrui. Anche perché il Marocco non è certo campione mondiale, ma nemmeno africano, di diritti umani. 

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