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domenica 20 ottobre 2024

Il grande equivoco del big bang.

 

Amedeo Balbi, astrofisico e autore di diversi libri di divulgazione scientifica, ne ha pubblicato uno nuovo intitolato Il cosmo in brevi lezioni (Bur Rizzoli), dedicato a spiegare – come dice il sottotitolo – “Big bang, pianeti, galassie e buchi neri”. Il libro raccoglie – con le revisioni e gli aggiornamenti opportuni – gli articoli che Balbi ha pubblicato sulla rivista scientifica Le Scienze negli ultimi dieci anni, nella sua rubrica “La finestra di Keplero”: «Con l’avvicinarsi del decennale, mi sono reso conto che tutte quelle pagine ricostruiscono una storia che racconta lo stato attuale delle nostre conoscenze sull’universo», scrive Balbi nella premessa. Storia che inevitabilmente inizia dal big bang, anzi dal “Grande equivoco del big bang”.

Amedeo Balbi parlerà del suo libro a Napoli sabato 26 ottobre, all’interno di Talk del Post, assieme al disegnatore, fumettista e regista Gipi.

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C’è un equivoco persistente che riguarda l’origine del nostro universo e la sua descrizione scientifica. In soldoni, l’equivoco nasce dal fatto che si usa lo stesso nome, ovvero «big bang», per riferirsi sia a un modello sia a un evento. È una confusione seria, che porta a conclusioni fuorvianti, e di cui vale la pena discutere. Il modello del big bang è oggi la nostra migliore descrizione dell’evoluzione dell’universo osservabile nei passati 13,8 miliardi di anni. Secondo questo modello, l’universo ha raggiunto il suo stato attuale espandendosi ininterrottamente a partire da una condizione di altissima densità e temperatura, in cui tutta la materia era scomposta nei suoi costituenti fondamentali. Il modello del big bang poggia sulle solide basi della teoria della relatività generale di Einstein, su un quadro fisico messo alla prova fino alle più alte energie raggiunte negli acceleratori di particelle, nonché su una serie impressionante di evidenze: le più notevoli sono l’espansione dell’universo, l’esistenza di un fondo cosmico di radiazione a microonde, e la corretta previsione dell’abbondanza dei nuclei di elio e degli atomi più leggeri. È un modello di straordinario successo – almeno nei limiti in cui è applicabile – e che al momento non ha alternative credibili.

Tuttavia, la maggior parte delle persone (scienziati inclusi) usa il termine «big bang» in un altro senso, per riferirsi all’evento che avrebbe dato inizio al nostro universo.
E qui le cose si fanno confuse, per almeno due ragioni. La prima è che non è del tutto chiaro a quale evento ci si riferisca. La possibilità meno problematica è che si usi il termine «big bang» per indicare uno stato primordiale in cui densità e temperatura avevano valori enormi ma non infiniti, e da cui si è dipanata la successiva evoluzione dell’universo osservabile (descritta dal modello del big bang). In questo senso, che è quello generalmente inteso (magari senza dirlo in modo esplicito) dagli addetti ai lavori, il big bang non è altro che una fase all’interno di una cornice fisica preesistente, che si può descrivere ragionevolmente bene con le teorie conosciute.

Ma c’è un’altra possibilità, più problematica. Se si spinge ancora più indietro nel tempo la descrizione dell’evoluzione dell’universo basata sulla relatività generale, si arriva fatalmente a uno stato in cui la temperatura e la densità diventano infinite: è quello che i fisici chiamano una «singolarità». Questo stato segnerebbe l’inizio stesso del tempo e dello spazio, ed è quello a cui molti pensano quando usano la parola «big bang»: un istante che non ha un prima, l’improvvisa comparsa dal nulla di tutto ciò che esiste.
Purtroppo (e questa è la seconda e più grave ragione di confusione), mentre non abbiamo praticamente alcun dubbio sul fatto che l’evoluzione dell’universo sia iniziata 13,8 miliardi di anni fa da uno stato di enorme densità e temperatura (che possiamo continuare a chiamare «big bang» per comodità), non c’è alcuna prova che esso sia originato da una singolarità. Ed è proprio la comparsa degli infiniti a metterci in guardia: ci dice che la fisica che usiamo per spingerci in quei territori è inadatta a descriverli e che dovrà necessariamente essere aggiornata a una versione migliore, che ancora non abbiamo. Di fatto, le idee che i fisici teorici stanno esplorando, in questo senso, presuppongono che il nostro universo sia il risultato di processi precedenti, che per ora non abbiamo gli strumenti concettuali per comprendere. Ex nihilo nihil fit, dicevano i filosofi antichi: nulla viene dal nulla, e la cosmologia moderna, intesa correttamente, non avrebbe niente da eccepire.

https://www.ilpost.it/2024/10/18/big-bang-libro-balbi/?fbclid=IwY2xjawGBoPZleHRuA2FlbQIxMQABHfyUCNdqgkeSdgjLKVYf02Qadnpqy28oKU2niN0GucsSBtjpPZ4Zz-qlfA_aem_o5NwhuLaNnVJ5r6a_1kf_A

lunedì 19 febbraio 2024

La storia e l'interpretazione della creazione sumera. - Manvi Goswami

 

Nell'antica città di Nippur , fondata intorno al 5000 a.C., è stata portata alla luce un'enigmatica tavoletta sumera raffigurante la "Creazione dell'uomo" , che fa luce sull'affascinante storia della creazione sumera. Questa meraviglia archeologica documenta la storia degli Annunaki, potenti esseri dalle sembianze umane centrali nella mitologia sumera. Ora approfondiamo la storia della creazione sumera.


La scoperta di questa tavoletta ha suscitato intensa curiosità e dibattito tra studiosi e ricercatori, poiché offre una prospettiva unica sulle origini dell’umanità che sfida le narrazioni convenzionali.

La storia della creazione sumera: l'arrivo degli Annunaki.

Secondo questi antichi documenti, gli Annunaki erano esseri extraterrestri scesi sul nostro pianeta. Sebbene le loro motivazioni rimangano oggetto di dibattito, un'interpretazione di Zecharia Sitchin suggerisce che siano venuti per estrarre l'oro, una risorsa preziosa necessaria per riparare il loro vecchio pianeta natale, Nibiru. Una teoria alternativa ipotizza che abbiano cercato rifugio da una devastante guerra civile che aveva devastato la loro civiltà.

Indipendentemente dal loro scopo iniziale, l'arrivo degli Annunaki sulla Terra segnò un momento cruciale nella storia della creazione sumera. Questi esseri avanzati portarono con sé conoscenze e tecnologie che avrebbero alterato per sempre il corso dello sviluppo umano.

La ribellione e la nascita dell'umanità.

La storia della creazione sumera racconta come i lavoratori Annunaki, dopo aver sopportato millenni di lavoro estenuante nelle miniere, alla fine si ribellarono contro il loro re. Anu, il “dio degli dei”, riconobbe la tensione insopportabile e incaricò suo figlio Enki di trovare una soluzione. Enki, insieme a sua sorella Ninki, concepì l'idea di creare “un uomo nuovo” per alleviare il peso del lavoro.

Per dare vita a questa visione, un dio fu sacrificato e il suo corpo e il suo sangue (DNA) furono mescolati con quello dell’“uomo scimmia” – un antenato umano primitivo. Dopo anni di sperimentazione, questa fusione di essenze divine e terrene diede vita ai primi esseri umani, modellati a somiglianza degli dei stessi.

Questa narrazione della creazione dell'umanità attraverso l'ingegneria genetica e l'intervento divino è in netto contrasto con il racconto biblico più familiare. Presenta uno scenario in cui la nostra esistenza è stata creata con cura da esseri avanzati, piuttosto che un atto spontaneo di creazione divina.

Il giardino dell'Eden e le origini di Adamo.

Facendo eco al racconto biblico, i Sumeri credevano che l’uomo fosse stato creato a immagine di Dio. Tuttavia, il loro concetto di “Giardino dell’Eden” differiva in modo significativo. La parola sumera “Edin” fu decifrata come “steppa” o “terreno pianeggiante”, portando gli studiosi moderni ad abbandonare la nozione di un “Giardino dell’Eden babilonese”.

La storia della creazione sumera e l'origine della parola Eden

Invece, l’Epopea di Gilgamesh descrive l’Eden come il giardino degli dei, situato da qualche parte in Mesopotamia tra i fiumi Tigri ed Eufrate.

La parola stessa “giardino” era sinonimo di “paradiso”, derivato dal greco “paradeisos”, che significa “recinto” o “parco”. Curiosamente, approfonditi studi linguistici rivelano che il nome “Adamo” deriva dalla parola sumera che significa “animale”.

La storia della creazione sumera e il significato della parola giardino dell'eden
Il significato greco della parola Giardino dell'Eden

Con questa nuova intuizione, il concetto di “paradiso” assume un significato diverso: un’area chiusa dove vengono tenuti gli animali. Il “Giardino dell’Eden” non era un paradiso utopico ma piuttosto una piantagione o un campo minato, in linea con la narrativa sumera di creare lavoratori umani per curare i loro campi e le loro miniere.

Significato di Adamo

La modificazione genetica dell'umanità secondo la storia della creazione sumera

Secondo la storia della creazione sumera, alcune forme di esseri umani popolavano già il pianeta quando gli “dei” sumeri arrivarono dai cieli per stabilire la loro nuova casa. Lo stadio evolutivo di questi primi umani al tempo della discesa degli Annunaki rimane un mistero ancora da svelare.

Ciò che è chiaro, tuttavia, è che il dio sumero Enki ha modificato il DNA umano per creare una forza lavoro conforme. Il cromosoma umano 2 è una caratteristica distintiva che ci distingue dagli altri animali, garantendoci logica, coscienza e capacità di discernere il bene dallo sbagliato. La fusione complessa e precisa di questo cromosoma nel nostro corredo genetico non può essere spiegata solo dalla teoria dell'evoluzione, come proposta da Charles Darwin.

Questo aspetto della storia della creazione sumera solleva domande profonde sulla natura della coscienza umana e sulle origini delle nostre capacità cognitive. Se il nostro DNA fosse effettivamente modificato da esseri avanzati, si aprirebbero possibilità per una comprensione più profonda del nostro vero potenziale e delle capacità nascoste che potrebbero giacere dormienti nel nostro codice genetico.

Il conflitto tra Enki ed Enlil.

Le azioni di Enki erano guidate dal desiderio di “illuminare” l'umanità, una missione che si scontrava con l'agenda del suo fratellastro Enlil di mantenere gli esseri umani come schiavi sottomessi, incapaci di autodeterminazione. Questo scontro di ideologie scatenò un conflitto tra Enki ed Enlil, i due dei di rango più alto della civiltà sumera.

Questo conflitto riflette l’antica lotta tra coloro che cercano di potenziare ed elevare l’umanità e coloro che desiderano controllarla e sottometterla. Risuona con i dibattiti in corso e le lotte di potere che hanno plasmato le società umane nel corso della storia, dove la ricerca della conoscenza e della libertà spesso si scontra con il desiderio di dominio e controllo.

L'influenza sulle narrazioni bibliche.

Curiosamente, quando gli studiosi compilarono il Libro della Genesi intorno al 300 a.C. e successivamente assemblarono la Bibbia nel 400 d.C., alcuni ipotizzano che elementi del testo originale fossero stati deliberatamente omessi per rafforzare il dominio delle organizzazioni religiose e dei governi centrali sulla popolazione – un parallelo con Approccio sumerico.

Questa speculazione solleva interrogativi sulla misura in cui le narrazioni antiche sono state modellate e manipolate per servire gli interessi di coloro che detengono il potere. Supponiamo che gli elementi della storia della creazione sumera siano stati intenzionalmente esclusi dal racconto biblico. In tal caso, si pone la questione di quali altre verità potrebbero essere state oscurate o distorte nel corso della storia.

L'eredità della storia della creazione sumera.

Mentre approfondiamo l'antica saggezza dei Sumeri, la storia della loro creazione mette alla prova la nostra comprensione delle origini umane e della natura della nostra esistenza. Questa narrazione accattivante ci invita a mettere in discussione i confini della nostra conoscenza e ad abbracciare la possibilità di un passato molto più complesso e straordinario di quanto avessimo mai immaginato.

La storia della creazione sumera offre uno sguardo allettante sulla possibilità di un intervento extraterrestre negli affari umani, nonché sul potenziale di ingegneria genetica avanzata e di manipolazione della nostra specie. Solleva anche domande profonde sulla natura della coscienza, sulle origini delle nostre capacità cognitive e sul ruolo delle strutture di potere nel modellare e controllare le narrazioni.

In definitiva, la storia della creazione sumera serve a ricordare che la nostra comprensione del mondo è in continua evoluzione e che potrebbero esserci verità e misteri più profondi ancora da scoprire. Ci invita ad avvicinarci alle nostre origini con una mente aperta, abbracciando la possibilità di rivelazioni che cambiano il paradigma e che potrebbero ridefinire la nostra comprensione di chi siamo e da dove veniamo.

Riferimenti:-

“Il mito della creazione sumera” – L’Enciclopedia della storia antica  https://www.ancient.eu/article/225/the-sumerian-creation-myth/

“The Electronic Text Corpus of Sumerian Literature” – Università di Oxford  https://etcsl.orinst.ox.ac.uk/section1/tr111.htm

https://lorelibrarymyth.com/sumerian-creation-story-anunnaki-creation

mercoledì 24 febbraio 2021

Lesa Draghità. - Marco Travaglio

 

A parte Crozza, gli unici divertimenti in tv sono le rassegne stampa. Ma solo quando mostrano la prima pagina del Fatto, quasi sempre totalmente diversa dalle altre. A quell’orribile vista, i rassegnisti sono colti dalla sindrome di Fantozzi col megadirettore galattico: lingua felpata, salivazione azzerata, sudorazione a mille, le mani due spugne. E si sentono subito in dovere di prendere le distanze. Il bizzarro fenomeno si deve, temiamo, a un fraintendimento del concetto di “rassegna stampa”, che li induce a temere che lo spettatore attribuisca a loro i nostri titoli. Il precursore della rassegna con excusatio non petita incorporata è Maurizio M’Annoi, quello di Lineanotte, sempre un po’ assonnato per la fase digerente post-abbacchio e peperonata: “Questo naturalmente lo dice il Fatto”, è il suo mantra, come se qualcuno potesse mai pensare che lo dica lui. E, almeno in questo, ha fatto scuola.

L’altra sera, alla rassegna di Rainews 24, la brava presentatrice mostrava una ventina di titoli misto-bava & saliva senza fare un plissé. Poi le toccava il Fatto: “Draghi, un Conte-3 senza opposizione” a proposito delle scelte in totale continuità su chiusure, prescrizione, Aspi, Ilva e Servizi. E sprofondava nella più cupa costernazione, scambiando per insulti sanguinosi i nostri elogi a Draghi che conserva il buono fatto dal predecessore e le critiche ai voltagabbana che lo lodano per le stesse cose che rimproveravano a Conte. Infatti cercava conforto in Tonia Mastrobuoni di Stampubblica: “Tonia, insomma, un po’ duro questo titolo del Fatto… Non è un po’ presto per tracciare già i primi bilanci?”. Tonia, pronta, l’aiutava a denunciare il delitto di lesa draghità: ”Ma è ovvio. Quello è, come si suol dire, un giornale d’area, insomma (il suo invece è, come si suol dire, il giornale della Fca e di tante altre cose, insomma, ndr). E quindi avendo avuto sempre spiccate simpatie per i governi Conte, non riesce a sganciarsi da questo prisma attraverso cui guarda l’agire di Draghi”. In cui, prismi a parte, ella vede “un rigore meraviglioso”, “persone straordinarie”, “grandissimi professionisti”, insomma“adesso le cose stanno andando bene. Però, come dimostra anche quest’apertura del Fatto, la politica non sta mai zitta. E quindi speculazioni, indiscrezioni, interpretazioni completamente fuori dal mondo…”. In attesa di sapere dal direttore di Rainews24 Andrea Vianello a che titolo il “servizio pubblico” chieda alla concorrenza di darci le pagelle, temiamo di dover deludere la Tonia e la sua spalla: noi non staremo zitti e seguiteremo a scrivere quel che ci pare senza il loro permesso. Se però ci dicono dove tengono lezioni di giornalismo, magari passiamo a prendere qualche ora di ripetizione.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/24/lesa-draghita/6111672/

domenica 29 novembre 2020

Solo la Sibilla saprebbe capire le leggi. - Antonio Padellaro

 

“Una volta Indro Montanelli rivolse al ministro della Funzione pubblica, Franco Bassanini, questo appello: ‘Passerai alla storia se riuscirai a far scrivere leggi in modo che tutti le capiscano… L’impresa chiesta da Montanelli non fu compiuta. Solo parzialmente avviata. E così certe leggi italiche continuano a somigliare ai verdetti dell’Oracolo di Delfi”.

Mario Nanni, “Parlamento sotterraneo”
(Rubettino)

C’è da rabbrividire a leggere sul “Sole 24 Ore” che stiamo per essere investiti da una gigantesca valanga legislativa: “Quattro decreti legge Ristori che il Parlamento accorperà in unico provvedimento di conversione”. Uno sgomento che traspare dalle parole di Giorgio Santilli, autore del terrificante resoconto: “Una sorta di testo unico dei Ristori, messo a punto a base di emendamenti e subemendamenti, in attesa del quinto decreto Ristori, post-natalizio, già annunciato”. E dunque, ci permettiamo di correggere il cauto ottimismo del collega Mario Nanni: purtroppo no, l’impresa auspicata da Montanelli non solo non ha provocato miglioramenti nella comprensione delle leggi, ma col trascorrere degli anni (e delle Repubbliche) l’ermetismo normativo si è aggravato ulteriormente. A causa soprattutto della massa informe di provvedimenti che, quasi ogni giorno, vengono prodotti e imballati dal Parlamento. Proprio in queste ore al carico di 83 decreti attuativi previsti dalla sola legge di Bilancio si sommeranno i 185 provvedimenti attuativi già previsti dai decreti Covid non ancora varati. Con una produzione complessiva di cellulosa (268 fascicoli) destinata a incidere sul disboscamento globale.

La lunga esperienza avuta come capo della redazione politica dell’Ansa ha consentito a Nanni di tracciare un interessante paragone tra la politica di ieri e quella di oggi, in un album dei ricordi dove “miserie e nobiltà, scene e figure” si accavallano in un racconto sempre godibile. Un mondo che anche chi scrive ha conosciuto, con qualche anno di anticipo, consumando come lui le suole alla ricerca affannosa di notizie nel Transatlantico di Montecitorio. Detto dei “Passi Perduti” a significare probabilmente l’eterna fatica di Sisifo di chi tenta di dare un ordine al caos, di fornire un metodo all’improvvisazione, di cogliere una morale della favola che tuttavia non c’è. Alla fine (non so Mario) mi sono come rassegnato all’ineluttabile: la politica e la vita reale sono dimensioni destinate a non incontrarsi mai. Per questo il tentativo di trovare una comunicazione tra il linguaggio esoterico delle leggi e la lingua di noi umani è puramente vano. Perché le leggi che noi (esattamente come Montanelli) giudichiamo scritte coi piedi, in un groviglio inestricabile di incidentali, parentetiche e richiami continui ad altri arcani normativi citati in forma di sigle e numeri, sono – per chi sa come leggerle – meravigliosi poemi, limpidi e trasparenti come acqua che sgorga dai ruscelli alpini.

L’importante, infatti, è che chi sappia comprendere comprenda, e per due ragioni fondamentali. La prima è che quella massa apparentemente informe di parole è tale poiché rappresenta il frutto di mille faticose mediazioni intessute da partiti, fazioni e conventicole varie, e dove ciascuno ha ottenuto qualcosa. Ma quel gigantesco pagliaio è anche il luogo ideale per nascondere il prezioso ago agli occhi di noi profani. Si tratta di quei minuscoli codicilli che rappresentano la fortuna delle lobby, e delle loro utili proiezioni in Parlamento e nella Pubblica amministrazione. Del resto, non fu la Sibilla a scoprire che bastava spostare una virgola per cambiare il senso di una frase, secondo il desiderio di questo o quel committente? “Ibis redibis non morieris in bello”: chissà, potrebbe servire come traccia per il prossimo decreto Ristori.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/29/solo-la-sibilla-saprebbe-capire-le-leggi/6020272/