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domenica 19 maggio 2024

In quali casi il garante può togliersi da un prestito.

Il garante di un prestito è una figura di notevole importanza nell'erogazione di un finanziamento, di conseguenza chi accetta di essere garante nei confronti di una persona che ottiene un prestito si assume una responsabilità non da poco. Essere garante di qualcuno non deve essere inteso come un mero gesto di cortesia, ma è una responsabilità che espone la persona al rischio di dover attingere al proprio patrimonio per porre rimedio ad eventuali inadempienze da parte del titolare del prestito.

Chi è il garante del prestito.

Per ben comprendere cosa si intende per garante di prestito si può sottolineare che gli istituti bancari, quando concedono un prestito, possono tutelarsi da eventuali inadempienze in due diversi modi: ipotecando un immobile intestato a chi beneficia del finanziamento oppure eseguendo una fideiussione. La fideiussione prevede la nomina di un garante, tecnicamente definito fideiussore, ovvero una persona che accetta che l'istituto bancario possa attingere alle sue risorse economiche nel caso in cui il titolare del finanziamento si riveli insolvente. La responsabilità non è da poco, dunque, per tale motivo è molto importante che il garante abbia piena consapevolezza del passo che sta compiendo.

Nella grande maggioranza dei casi il garante di un prestito è uno stretto parente della persona che ha ottenuto il finanziamento, d'altronde è difficile immaginare che qualcuno accetti di essere garante di una persona con cui non ha una rapporto molto stretto, ad ogni modo per l'istituto bancario è del tutto irrilevante l'eventuale grado di parentela che lega il cliente con il garante: l'unico aspetto che viene valutato è la consistenza patrimoniale del soggetto che sceglie di fare da fideiussore.

Come liberarsi dal ruolo di garante.

Come si può ben immaginare togliersi da garante di un prestito non è semplice, o meglio è una cosa che non può essere ritenuta fattibile, se non in determinati casi. Anzitutto è interessante sottolineare che dal momento che per la banca i rapporti tra titolare del prestito e il suo garante sono del tutto irrilevanti, non vi sono circostanze giuridiche che possono, in tal senso, far pensare ad un decadimento automatico della figura del garante: immaginando ad esempio che il garante sia stato coniuge del soggetto beneficiario del prestito e che la coppia abbia in seguito divorziato, la responsabilità fideiussoria rimane comunque attiva.

I casi in cui il fideiussore può pretendere di liberarsi da questa responsabilità riguardano principalmente circostanze in cui il soggetto si è ritrovato a ricoprire tale carica contro la sua volontà, oppure senza la dovuta consapevolezza. Può accadere ad esempio che il garante sia stato costretto a prendersi questa responsabilità, magari attraverso minacce o altro tipo di manipolazioni, allo stesso modo la firma del garante sul contratto può essere stata ottenuta attraverso l'inganno. Un garante può liberarsi da tale responsabilità anche nel caso di firma falsificata, ma oltre a tali situazioni profondamente spiacevoli vi sono anche dei casi in cui il soggetto interessato può togliersi da garante di un prestito anche qualora non siano stati commessi raggiri e reati quali quelli menzionati.

Una persona può togliersi da garante nel caso in cui si individui un nuovo soggetto disposto a sostituirlo, ovviamente a condizione che anch'egli sia pienamente consapevole della responsabilità a cui va incontro e che non sia indotto a firmare tramite costrizione o raggiro. La procedura di sostituzione del garante deve avvenire con il placet del titolare del titolare del finanziamento, e ad ogni modo non è da considerarsi automatica: per quanto sia vero che per la banca è del tutto irrilevante il rapporto che lega il soggetto titolare di finanziamento e il suo garante, laddove venga richiesta la sostituzione del garante l'istituto bancario esegue le sue canoniche analisi per accertarsi che la persona abbia le risorse economiche necessarie per poter ricoprire tale ruolo.

Vi è anche un'ulteriore via che può essere perseguita dalla persona che intende togliersi da garante di un prestito, ovvero quella di estinguere la metà del debito residuo. Se ci si vuol togliere da garante di un prestito in questa modalità, è importante che una volta eseguita l'estinzione di metà del debito residuo ci si faccia rilasciare una liberatoria ufficiale da parte dell'istituto di credito.


https://www.prestiti.it/guide/come-togliersi-da-garante-di-un-prestito#:~:text=Una%20persona%20pu%C3%B2%20togliersi%20da,firmare%20tramite%20costrizione%20o%20raggiro

venerdì 4 febbraio 2022

MEDIA & REGIME Il Giornale sul tavolo di Angelucci. In dote alle nozze con Libero e Il Tempo porterebbe anche 2 milioni di debiti garantiti dallo Stato. - Gaia Scacciavillani

 

A fine luglio l'editrice di Paolo Berlusconi si aspettava una chiusura d'anno con un rosso di oltre 6 milioni, peggio del previsto. E a settembre i soci hanno deliberato l'ennesimo versamento in conto capitale. Intanto la concorrenza del "gruppo Belpietro" si fa sentire.

Il passaggio di mano del Giornale è a un bivio, secondo La Stampa che nel numero in edicola giovedì 3 febbraio dà per imminente l’addio della famiglia Berlusconi al quotidiano fondato da Indro Montanelli la cui parabola viene assimilata a quella dell’anziano leader di Forza Italia, con una cessione che il giornale degli Agnelli traduce in un simbolo della fine del berlusconismo. Tanto più che a comprare sarebbe la famiglia Angelucci, animata dall’intento di creare un polo editoriale di destra insieme ai suoi Libero e Il Tempo.

Bisogna vedere quale destra e con quali potenzialità, visto che la salviniana Verità di Maurizio Belpietro in edicola tallona Il Giornale da molto vicino e ha una potenza di fuoco, in termini di audience, che include anche le testate settimanali ex Mondadori a partire da Panorama. Senza contare i piani di espansione che, come lo stesso Belpietro ha recentemente dichiarato confermando le indiscrezioni di Dagospia, prevedono il lancio di un quotidiano finanziario.

E proprio la finanza è la nota stonata del nascente polo editoriale della destra targato Angelucci. La parabola del Giornale è infatti costellata di versamenti in conto capitale da parte degli azionisti, essenzialmente Pbf (Paolo Berlusconi) e Mondadori oltre al gruppo Amodei. Il 2020 si è chiuso con una perdita di 8,7 milioni, dopo il rosso di 15 milioni dell’anno prima. Tra i debiti bancari di 7 milioni di euro, la società editrice del quotidiano ne contava uno di 2,2 milioni con la Popolare di Sondrio garantito dalla società pubblica Sace in virtù del decreto liquidità.

A fine agosto 2021, poi, i conti della Società Europea di edizioni evidenziavano una perdita di quasi 5 milioni di euro, tanto che il 30 settembre l’assemblea ha approvato su proposta del cda di procedere a un versamento di altri 3 milioni in conto capitale, dopo i 9 deliberati nel 2020 e i 16 l’anno prima. Inoltre lo stesso cda a luglio 2021 si aspettava di chiudere l’esercizio con una perdita di 6,7 milioni, “in miglioramento rispetto all’esercizio precedente per € 2.002.000 ma peggiorativa rispetto al budget per € 931.000”. La previsione, si legge nel verbale del consiglio del 23 luglio, “registra una contrazione nelle vendite in edicola rispetto sia all’esercizio precedente sia al budget mentre prevede un sostanziale equilibrio come ricavi da raccolta pubblicitaria; complessivamente si rileva una riduzione dei ricavi di € 421.000 rispetto all’esercizio precedente e di € 626.000 rispetto al budget 2021”.

Poi bisognerà vedere la disponibilità del personale, che pure scende sensibilmente di anno in anno e a fine 2021 contava 36 poligrafici e 66 giornalisti, rispettivamente 4 e 12 in meno dell’anno prima, per un costo complessivo annuo di 11,7 milioni (-5 milioni sull’anno prima).

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/02/03/il-giornale-sul-tavolo-di-angelucci-in-dote-alle-nozze-con-libero-e-il-tempo-porterebbe-anche-2-milioni-di-debiti-garantiti-dallo-stato/6480383/

domenica 16 agosto 2020

Le “liti temerarie” che minacciano la libertà di stampa. - Giovanni Valentini

Il valore della libertà di stampa | Roma
“La stampa non può essere sottoposta ad autorizzazioni o censure”.
(Articolo 21, II comma della Costituzione italiana)
Per un movimento politico come i Cinquestelle, approdato in Parlamento sull’onda della legalità e accusato spesso di giustizialismo, rappresentano senz’altro un titolo di merito i due provvedimenti che il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, è riuscito a far approvare nei giorni scorsi dal Parlamento: il primo sulla riforma del Consiglio superiore della magistratura contro il correntismo e l’altro contro le “porte girevoli” fra l’attività giudiziaria e quella politico-parlamentare. Dimostrano, se non altro, che il M5S non soffre un complesso di subalternità o peggio di sudditanza nei confronti dei magistrati, come qualcuno continua a ritenere. L’impossibilità di tornare a fare il magistrato, dopo aver fatto il parlamentare e il consigliere comunale o aver ricoperto incarichi di governo, ripristina almeno parzialmente quella terzietà del giudice che può rassicurare il cittadino di fronte alle legge.
Ma ora c’è in lista d’attesa un altro provvedimento proposto dai Cinquestelle che riguarda i rapporti fra giustizia e informazione. E non è meno rilevante dei primi due. Punta a regolare la delicata materia delle cosiddette “liti temerarie”, quelle che in genere intentano i colpevoli contro i giornali, pretendendo risarcimenti pecuniari spesso superiori ai danni effettivamente subiti.
L’ha presentato da tempo il senatore Primo Di Nicola, già giornalista del settimanale L’Espresso e poi collaboratore del Fatto Quotidiano, insieme ad alcuni colleghi del M5S. Era stato approvato dalla Commissione Giustizia del Senato e messo in calendario a gennaio per la ratifica definitiva ma, nonostante fosse stato raggiunto un accordo politico di maggioranza, dopo sette mesi non è ancora arrivato in aula. A quanto pare, le resistenze di Italia Viva hanno frenato l’iter parlamentare e si sospetta che all’origine ci siano le numerose vicende giudiziarie che coinvolgono l’ex premier.
Oltre al pregio non trascurabile di essere composto da un solo articolo, il disegno di legge prevede una semplice aggiunta all’articolo 96 del Codice di procedura civile. Nei casi di diffamazione a mezzo stampa, “in cui risulta la malafede o la colpa grave di chi agisce in sede di giudizio civile per il risarcimento del danno”, il testo stabilisce che quando la domanda viene respinta dal tribunale l’attore è condannato a pagare al convenuto una somma non inferiore a un quarto di quella richiesta (in origine, si prevedeva la metà). Un sorta di deterrente, insomma, contro le liti temerarie che diventano in pratica una forma di intimidazione, di bavaglio o di censura preventiva nei confronti dei giornalisti e delle aziende editoriali: secondo i dati del ministero della Giustizia, raccolti da Ossigeno per l’informazione, nel 2015 le querele infondate sono state 5.125 (quasi il 90%) e 911 le citazioni per 45,6 milioni di euro di richieste per risarcimento danni.
C’è da augurarsi, dunque, che alla ripresa dell’attività parlamentare dopo la pausa estiva, il Senato trovi il tempo e la volontà, per non dire la decenza, di approvare definitivamente il provvedimento anche per rispettare l’articolo 21 della Costituzione in forza del quale “la stampa non può essere sottoposta ad autorizzazioni o censure”. Così Italia Viva avrà l’occasione per dimostrare che il suo garantismo non è a senso unico. E non mira a difendere gli interessi del suo leader perfino contro “la malafede o la colpa grave”.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/08/15/le-liti-temerarie-che-minacciano-la-liberta-di-stampa/5900823/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-08-15

domenica 25 novembre 2012

LeG: ripartiamo dalla Costituzione per ribellarci al degrado del Paese. - Luca De Vito


L'appello di Zagrebelsky alla platea del Forum di Assago. Saviano bacchetta il centrosinistra: "Il tema della criminalità è rimasto fuori dal dibattito delle primarie". Bonsanti: "La nostra Carta contiene principi non negoziabili, a cominciare dal lavoro". Umberto Eco lancia la proposta dei presìdi sulla Costituzione.

Ripartire dalla Costituzione e dai suoi principi. È stato questo il tema comune degli interventi alla manifestazione organizzata da Libertà e Giustizia al forum di Assago e intitolata “Per una nuova stagione costituzionale”.  Ma l’appuntamento è stato anche l’occasione per una bacchettata di Roberto Saviano, intervenuto con un videomessaggio, ai candidati alle primarie del centrosinistra sul tema delle mafie: “Mi dispiace che la lotta alla criminalità organizzata sia rimasta a margine del dibattito – ha detto lo scrittore di Gomorra - è stato un errore molto grave, avrebbe dovuto essere il grande tema delle primarie”.

Di fronte a un momento di svolta storico, guardare alla Costituzione come un mezzo per cambiare l’Italia: “Ecco il senso del nostro incontro – ha spiegato Gustavo Zagrebelsky, costituzionalista e presidente onorario di Libertà e Giustizia - rivendicare la Costituzione come strumento per la trasformazione del nostro Paese. Non si tratta di difenderla, ma di usarla per ribellarci al degrado che in questi anni abbiamo visto nella vita pubblica”. Un messaggio rivolto alla politica, prima di tutto. E articolato su più fronti. Davanti a una platea gremita, rappresentanti della cultura e della società civile italiana hanno parlato riportando alla luce temi costituzionali come la centralità del parlamento, la giustizia, il lavoro.

Sandra Bonsanti, presidente dell’associazione, ha richiamato la necessità di un ritorno della politica vera: “A un anno dalle dimissioni di Silvio Berlusconi, viviamo all’interno di una grande illusione: siamo sicuri che la politica sia tornata e che i tecnici stiano per concludere il loro ciclo?”. E poi ha lanciato un monito contro i tentativi di modificare la Costituzione: “Ci sono principi non negoziabili. Vi preparate a colpi di mano per cambiare la seconda parte della Costituzione? Noi non vi seguiremo. Pensate che il primo articolo della Costituzione sul lavoro sia un vano declamare di vecchi costituenti? Noi non vi seguiremo”. Subito dopo Umberto Eco ha richiamato l’importanza di insegnare ai giovani la Costituzione, lanciando un appello: “Diamo vita a presìdi per fare educazione alla Costituzione, magari attraverso le scuole, per dedicare almeno due giorni di discussione a ogni articolo della nostra carta”.

Sul palco si sono poi avvicendati i tre candidati alle primarie del centrosinistra in Lombardia - Umberto Ambrosoli, Alessandra Kustermann e Andrea Di Stefano – e personalità della società civile come don Virginio Colmegna, che ha richiamato all’importanza della solidarietà, e il segretario della Fiom, Maurizio Landini (“Io la Costituzione l’ho imparata con i compagni del sindacato che hanno esercitato quei diritti sui luoghi di lavoro”). Lo storico Paul Ginsborg ha parlato della crisi politica ed economica dell’Europa e Salvatore Settis, ex direttore della Normale di Pisa, è tornato sul tema dei tagli alla cultura (“da Berlusconi a Mario Monti per la cultura non è cambiato niente e tra Maria Stella Gelmini e Francesco Profumo c’è stata perfetta continuità”).
Spazio anche ai giornalisti: Roberto Natale, presidente della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) ha dedicato il suo intervento alla necessità di garantire la libertà d’informazione (“basta bavagli e conflitti d’interesse”). Lirio Abbate dell’Espresso, Gianni Barbacetto del Fatto quotidiano e Gad Lerner, che ha messo in guardia dal rischio xenofobia per il nostro paese, “la malattia culturale che desensibilizza alla Costituzione”. Una lettera di saluto è arrivata anche dal sindaco di Milano, Giuliano Pisapia (assente per un lutto in famiglia), il quale ha ricordato “quel cambiamento che Milano ha anticipato e che i movimenti come Libertà e Giustizia hanno aiutato a maturare. Noi – ha scritto il sindaco - abbiamo costruito un nuovo modello di governo che ha fatto della Costituzione uno dei suoi punti irrinunciabili”. 
http://milano.repubblica.it/cronaca/2012/11/24/news/leg_ripartiamo_dalla_costituzione_per_ribellarci_al_degrado_del_paese-47351810/?ref=HREC2-1