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martedì 17 settembre 2024

Aria di libertà.

Quando, tornando alle 20, ti trova a lavare il pavimento e ti canzona, facendoti sentire una stupida, come dovresti reagire sapendo che sei in piedi dalle 6 del mattino, sei andata al lavoro, da quando sei tornata alle 17 non ti sei fermata un momento e hai provveduto anche a preparare la cena?

Lo fanculizzi e te ne liberi...

Come dovresti reagire sapendo che dello stipendio e premio di produzione che hai portato a casa quel mese non è rimasto nulla e non sei andata neanche una sera a cena fuori, non ti sei comprata nulla di particolare? Manderesti a quel paese chi ha preteso di amministrare il tuo stipendio mettendoti nelle condisìzioni di non poter uscire di casa perchè la tua auto è priva di assicurazione che non ha pagato perchè ha dovuto fare altre cose? Gli ho tolto la mia carta di credito e mi ha lasciato.

Che liberazione!

cetta.

domenica 19 maggio 2024

In quali casi il garante può togliersi da un prestito.

Il garante di un prestito è una figura di notevole importanza nell'erogazione di un finanziamento, di conseguenza chi accetta di essere garante nei confronti di una persona che ottiene un prestito si assume una responsabilità non da poco. Essere garante di qualcuno non deve essere inteso come un mero gesto di cortesia, ma è una responsabilità che espone la persona al rischio di dover attingere al proprio patrimonio per porre rimedio ad eventuali inadempienze da parte del titolare del prestito.

Chi è il garante del prestito.

Per ben comprendere cosa si intende per garante di prestito si può sottolineare che gli istituti bancari, quando concedono un prestito, possono tutelarsi da eventuali inadempienze in due diversi modi: ipotecando un immobile intestato a chi beneficia del finanziamento oppure eseguendo una fideiussione. La fideiussione prevede la nomina di un garante, tecnicamente definito fideiussore, ovvero una persona che accetta che l'istituto bancario possa attingere alle sue risorse economiche nel caso in cui il titolare del finanziamento si riveli insolvente. La responsabilità non è da poco, dunque, per tale motivo è molto importante che il garante abbia piena consapevolezza del passo che sta compiendo.

Nella grande maggioranza dei casi il garante di un prestito è uno stretto parente della persona che ha ottenuto il finanziamento, d'altronde è difficile immaginare che qualcuno accetti di essere garante di una persona con cui non ha una rapporto molto stretto, ad ogni modo per l'istituto bancario è del tutto irrilevante l'eventuale grado di parentela che lega il cliente con il garante: l'unico aspetto che viene valutato è la consistenza patrimoniale del soggetto che sceglie di fare da fideiussore.

Come liberarsi dal ruolo di garante.

Come si può ben immaginare togliersi da garante di un prestito non è semplice, o meglio è una cosa che non può essere ritenuta fattibile, se non in determinati casi. Anzitutto è interessante sottolineare che dal momento che per la banca i rapporti tra titolare del prestito e il suo garante sono del tutto irrilevanti, non vi sono circostanze giuridiche che possono, in tal senso, far pensare ad un decadimento automatico della figura del garante: immaginando ad esempio che il garante sia stato coniuge del soggetto beneficiario del prestito e che la coppia abbia in seguito divorziato, la responsabilità fideiussoria rimane comunque attiva.

I casi in cui il fideiussore può pretendere di liberarsi da questa responsabilità riguardano principalmente circostanze in cui il soggetto si è ritrovato a ricoprire tale carica contro la sua volontà, oppure senza la dovuta consapevolezza. Può accadere ad esempio che il garante sia stato costretto a prendersi questa responsabilità, magari attraverso minacce o altro tipo di manipolazioni, allo stesso modo la firma del garante sul contratto può essere stata ottenuta attraverso l'inganno. Un garante può liberarsi da tale responsabilità anche nel caso di firma falsificata, ma oltre a tali situazioni profondamente spiacevoli vi sono anche dei casi in cui il soggetto interessato può togliersi da garante di un prestito anche qualora non siano stati commessi raggiri e reati quali quelli menzionati.

Una persona può togliersi da garante nel caso in cui si individui un nuovo soggetto disposto a sostituirlo, ovviamente a condizione che anch'egli sia pienamente consapevole della responsabilità a cui va incontro e che non sia indotto a firmare tramite costrizione o raggiro. La procedura di sostituzione del garante deve avvenire con il placet del titolare del titolare del finanziamento, e ad ogni modo non è da considerarsi automatica: per quanto sia vero che per la banca è del tutto irrilevante il rapporto che lega il soggetto titolare di finanziamento e il suo garante, laddove venga richiesta la sostituzione del garante l'istituto bancario esegue le sue canoniche analisi per accertarsi che la persona abbia le risorse economiche necessarie per poter ricoprire tale ruolo.

Vi è anche un'ulteriore via che può essere perseguita dalla persona che intende togliersi da garante di un prestito, ovvero quella di estinguere la metà del debito residuo. Se ci si vuol togliere da garante di un prestito in questa modalità, è importante che una volta eseguita l'estinzione di metà del debito residuo ci si faccia rilasciare una liberatoria ufficiale da parte dell'istituto di credito.


https://www.prestiti.it/guide/come-togliersi-da-garante-di-un-prestito#:~:text=Una%20persona%20pu%C3%B2%20togliersi%20da,firmare%20tramite%20costrizione%20o%20raggiro

martedì 9 maggio 2023

9 maggio del 1945 - Karlshorst, Berlino. - Giuseppe Salamone

 

Oggi è un giorno che andrebbe festeggiato non solo in Russia, ma anche in tutta Europa con forza e senza ambiguità!

Il 9 maggio del 1945 a Karlshorst, Berlino, i nazisti misero nero su bianco la resa davanti all'Armata Rossa. Giova sempre ripetere il prezzo di sangue pagato dall'Unione Sovietica per abbattere il nazifascismo: 27 milioni tra soldati e civili non fecero mai più ritorno a casa; non ci fu famiglia che non abbia perso un parente in quel frangente storico drammatico.

Festeggiamo questo giorno senza vergogna e con orgoglio rendendo omaggio al popolo Russo, opponiamoci ad ogni tipo di discriminazione a cui in questi giorni sono condannati e ripudiamo con forza ogni tentativo di revisionismo storico.

Un decreto non sarà mai in grado di cancellare la storia, un decreto non cancellerà mai i sacrifici, la bontà e l'altruismo di un popolo, un decreto non ci farà mai piegare alla riscrittura di una storia che serve per uso e consumo di chi vorrebbe specularci sopra se solo riusciremo a mantenere viva la memoria. Chi cerca di cancellare con un tratto di penna la storia, quella vera; come sta facendo il combattente per la democrazia un tale Zelensky; ecco, quello è un personaggio molto pericoloso.

Voglio concludere con le parole di Ernest Hemingway, scrittore e giornalista statunitense: "Ogni essere umano che ami la libertà deve più ringraziamenti all'Armata Rossa di quanti ne possa pronunciare in tutta la sua vita!". Queste parole le legga anche Ursula Von der Leyen visto che oggi è corsa alla corte di Zelensky per avallare la sua vergognosa e pericolosa propaganda ed il tentativo di riscrivere la storia. Non siete passati allora, non passerete nemmeno ora. Sia chiaro!

T.me/GiuseppeSalamone
Giuseppe Salamone
Giuseppe Salamone II
Ripudio del Conformismo

https://www.facebook.com/photo/?fbid=606863898141622&set=a.390859653075382

venerdì 27 agosto 2021

Durigon vede Salvini, dimissioni da sottosegretario.

 


"Il mio incarico svolto con orgoglio e serietà".


Il sottosegretario della Lega all'Economia, Claudio Durigon ha incontrato il segretario del suo partito Matteo Salvini e si è dimesso. "Ho deciso di dimettermi dal mio incarico di governo che ho sempre svolto con massimo impegno, orgoglio e serietà". Lo annuncia il sottosegretario leghista all'Economia, Claudio Durigon in una lunga lettera diffusa dal suo partito.

Una decisione presa, aggiunge, "per uscire da una polemica che sta portando a calpestare tutti i valori in cui credo, a svilire e denigrare la mia memoria affettiva, a snaturare il ricordo di ciò che fecero i miei familiari proprio secondo quello spirito di comunità di cui oggi si avverte un rinnovato bisogno".

"Un processo di comunicazione si valuta non in base alle intenzioni di chi comunica, ma al risultato ottenuto su chi riceve il messaggio: è chiaro che, nella mia proposta toponomastica sul parco comunale di Latina, pur in assoluta buona fede, ho commesso degli errori.

Di questo mi dispiaccio e, pronto a pagarne il prezzo, soprattutto mi scuso. Mi dispiace che mi sia stata attribuita un'identità "fascista", nella quale non mi riconosco in alcun modo. Non sono, e non sono mai stato, fascista. E, più in generale, sono e sarò sempre contro ogni dittatura e ogni ideologia totalitaria, di destra o di sinistra: sono cresciuto in una famiglia che aveva come bussola i valori cristiani." 

ANSA

Liberarsi di una presenza imbarazzante come quella di questo triste personaggio è gratificante.
Il suo non saper o voler notare la differenza che passa tra i valori cristiani, ai quali fa riferimento, e la simpatia manifestata verso un personaggio, vicino per vincoli parentali ad un altro personaggio che ha causato grossi problemi al nostro paese, è inaccettabile. 
c.

giovedì 17 dicembre 2020

Libia, Conte e Di Maio a Bengasi: 'Liberi i pescatori italiani'.

 "I nostri pescatori sono liberi. Fra poche ore potranno riabbracciare le proprie famiglie e i propri cari.

Dopo 108 giorni di sequestro. Lo aveva anticipato Marco Marrone, armatore della Medinea: 'Piango come un bambino'. La mamma di un pescatore: 'Rinasco dopo tre mesi'. Salvini all'attacco: 'Dopo 108 giorni, con comodo'.

Grazie all'Aise (la nostra intelligence esterna) e a tutto il corpo diplomatico che hanno lavorato per riportarli a casa. Un abbraccio a tutta la comunità di Mazara del Vallo. Il Governo continua a sostenere con fermezza il processo di stabilizzazione della Libia. È ciò che io e il presidente Giuseppe Conte abbiamo ribadito oggi stesso ad Haftar, durante il nostro colloquio a Bengasi". Lo scrive su Fb il ministro degli Esteri Di Maio. 

I nostri pescatori sono liberi. Fra poche ore potranno riabbracciare le proprie famiglie e i propri cari. Grazie...

Pubblicato da Luigi Di Maio su Giovedì 17 dicembre 2020

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio andati in Libia a riprenderli. A Bengasi, roccaforte del generale Khalifa el-Haftar sono trattenuti da inizio settembre gli equipaggi di due pescherecci italiani di Mazara del Vallo: 18 persone, tra cui 8 italiani, 6 tunisini, 2 indonesiani e 2 senegalesi.

"Aspettiamo la conferma ufficiale ma oggi sembra proprio la giornata giusta". Emozionato e con la voce rotta dal pianto, risponde così a Radio Capital Marco Marrone, armatore della Medinea, uno dei due pescherecci sequestrati 108 giorni fa in Libia. "Ho parlato con il ministro Bonafede che mi ha detto: "C'è qualcosa di buono nell'aria". "Per me un'emozione assurda - conclude Marrone - ho pianto come un bambino. Ora aspettiamo solo la conferma".  

"I pescatori hanno già parlato con i loro familiari e sono a bordo dei due loro pescherecci Antartide e Medinea. anche i loro colleghi musulmani dopo mesi sono riusciti a scambiare qualche battura con i familiari". Lo ha detto sindaco di Mazara del Vallo, Salvatore Quinci, sulle notizie che arrivano da Bengasi sui pescatori italiani. E' esplosa la festa nell'aula consiliare del Comune di Mazara del Vallo dopo l'arrivo della notizia ufficiale arrivata dalla Libia della liberazione dei 18 pescatori della marineria locale. Applusi, urla e pianti di gioia e tanti abbracci. Il tutto misto a commozione e senso di liberazione. "Sono felicissima - ha detto la figlia di uno di loro - non ho parole per esprimere la gioia che provo e la felicità nel pensare che presto potrà riabbracciarlo".

L'EMOZIONE DELLE FAMIGLIE  - "Adesso devo lasciarti e chiudere la telefonata, perché devo fare partire il motore del peschereccio". Così uno dei motoristi tra i pescatori siciliani in Libia durante una telefonata alla moglie. Lo ha riferito il sindaco di Mazara del Vallo, Salvatore Quinci. (ANSA).C'è grande attesa e ci sono grosse aspettative a Mazara del Vallo per la liberazione dei 18 pescatori fermi in Libia dopo l'annuncio del volo del premier Conte e del ministro degli Esteri Di Maio a Bengasi. Familiari, amici e colleghi si sono radunati davanti al Comune dove hanno incontrato il sindaco Salvatore Quinci. "Abbiamo ricevuto comunicazioni su una liberazione imminente - ha detto Quinci - aspettiamo adesso aggiornamenti e la conclusione di questa vicenda"."Stamattina questa notizia mi ha fatto rinascere dopo tre mesi bui e di disperazione. Non vedo l'ora di riabbracciare mio figlio". Così Rosetta Incargiola, mamma di Pietro Marrone, uno dei pescatori siciliani fermati a Bengasi.

 

LA POLEMICA POLITICA- "Oggi sono 108 giorni dal sequestro, con comodo...". Parte all'attacco  il leader della Lega, Matteo Salvini insieme a Giorgia Meloni. "E' una giornata umanamente felice per noi e per Fratelli d'Italia, abbiamo imparato a conoscere mogli, madri e figli dei pescatori a lungo con una tenda di solidarietà davanti a Montecitorio alla quale il presidente del Consiglio non ha mai pensato di passare a portare un saluto e una parola di confronto. Sono contenta, ma non la considero una vittoria della diplomazia italiana e della politica italiana, perché 108 giorni per liberare 18 pescatori perfettamente innocenti che pescano in acque contestate sul piano del diritto internazionale, sono un'enormità".  "Sono felice per la liberazione dei 18 pescatori sequestrati in Libia. È una felicità doppia: da "figlio" di Mazara del Vallo e come membro di un Governo che, fin dal primo momento, non ha mai smesso di lavorare a testa bassa per ottenere questo risultato. Ringrazio il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio che hanno reso possibile il ritorno dei pescatori dai loro cari. Ai familiari dei pescatori va il mio abbraccio più grande!". Lo scrive in un post su Facebook Alfonso Bonafede, ministro della Giustizia e capo delegazione de 5 Stelle al governo. "I pescatori di Mazara del Vallo tornano a casa, vi aspettiamo! Oggi è un giorno felice per l'Italia". Così su twitter il segretario Pd Nicola Zingaretti.  "Una bellissima notizia per il nostro Paese: i pescatori di Mazara del Vallo tornano in Italia dalle loro famiglie. Grazie a tutte le istituzioni che con un lavoro costante e silenzioso hanno contribuito alla loro liberazione". Lo afferma il presidente della Camera Roberto Fico.

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2020/12/17/libia-conte-e-di-maio-in-volo-per-bengasi_991904a1-4105-4a45-9486-58a625405812.html

venerdì 15 maggio 2020

Linciaggio neofascista. - Tommaso Merlo

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Dai social media al parlamento, il linciaggio di Silvia Romano non ha fine. Le squadracce sovraniste si sono scatenate contro la giovane cooperante. Da sgualdrina a neo-terrorista. Le hanno vomitato addosso di tutto. Senza pietà. Leoni da tastiera, presunti onorevoli. Una vergogna. Invece di gioire per una giovane vita salvata, è venuto a galla quel neofascismo che si cela dietro ai sorrisini di Salvini e della Meloni. L’Italia peggiore. Cattiva, violenta, retrograda. La vera colpa di Silvia Romano è quella di essere una cittadina libera che invece di disprezzare il diverso è andata ad abbracciarlo addirittura fino in Africa. La colpa di Silvia Romano è quella di non avere paura, di non rinchiudersi dietro qualche muro o confine anche mentale ma di rimboccarsi le maniche per un mondo migliore. La colpa di Silvia Romano è quella di non essere razzista e di credere nella solidarietà. La sua sola testimonianza urta i pilastri della propaganda sovranista e se non bastasse ha cambiato pure religione scatenando l’ipocrita bigottismo nero. Quello di coloro che vorrebbero sfruttare perfino il cristianesimo per perorare la causa sovranista. Facendo fuori il Papa comunista e mondialista per salvare la razza pura e tornare alla rigorosa famiglia tradizionale. È bastato quel velo per trasformare Silvia Romano da compatriota ad infame traditrice schierata dalla parte dei negri e degli islamici e dei terroristi e di tutti quei nemici invasori della patria. Cupe chimere delle destre vecchie e nuove. Il neofascismo non è mai scomparso dalla scena politica italiana. Si è solo dovuto camuffare per sopravvivere. A volto scoperto non lo votava nessuno e così si è nascosto dietro ai sorrisini complici di Salvini e della Meloni. Dietro ad una confezione più appetibile. Dietro ad un’immagine social più amichevole. Un neofascismo che negli ultimi anni è cresciuto lucrando sulle crisi. Quella economica, quella dell’immigrazione, quella europea. Lucrando sulle frustrazioni dei cittadini e sulle nuove paure. Una strategia che sta funzionando. Salvini e la Meloni hanno raggiunto percentuali vertiginose. È sparito il centro, è sparita la destra moderata. Sono rimasti solo i sovranisti che scalpitano per il potere e che dal neofascismo che pullula nelle loro viscere non hanno mai preso le distanze. Le lobby si riposizionano e l’Italia si appresta a diventar nera alla prima occasione. Come si trattasse di un normale avvicendamento democratico. Poi Silvia Romano viene liberata. E’ una giovane cooperante e ormai non ci sperava più nessuno. Sbarca con un velo in testa e invece di gioire per una vita salvata si scatena un linciaggio neofascista senza precendeti. Leoni da tastiera, presunti onorevoli. Le vomitano addosso di tutto. Perfino minacce. L’Italia peggiore. Cattiva, violenta, retrograda. Una vergogna. E una sciagura politica da evitare.

https://repubblicaeuropea.com/2020/05/13/linciaggio-neofascista/

martedì 12 maggio 2020

I senzavergogna. - Marco Travaglio


La liberazione di “Aisha” Romano e i nodi geopolitici da sciogliere. Analisi di Ricci
Era un bel po’ che non ci vergognavamo di essere italiani per colpa di nostri connazionali, a parte qualche politico senza vergogna che ci fa vergognare in permanenza da quando è nato. Ieri, a leggere dichiarazioni leghiste e deliri social di conigli da tastiera sulla liberazione di Silvia Romano, la vergogna è tornata. Perché c’è chi è riuscito a sporcare una notizia che tutti avrebbero dovuto salutare con gioia e anche con un pizzico di orgoglio nazionale. Se la nostra cooperante si è convertita all’Islam sono fatti suoi. Se l’ha fatto per costrizione, se non fisica, almeno psicologica, oppure per una scelta “autoprotettiva” come dice il primo referto psicologico, sono ancora fatti suoi. Se resterà per sempre Aisha o un giorno tornerà Silvia sono sempre fatti suoi. Nessuno ha il diritto di intrufolarsi nella sua psiche: per farlo bisognerebbe aver vissuto un anno a mezzo in mezzo alla foresta nelle grinfie di feroci terroristi. Chi non ha subìto quell’atroce esperienza, cioè tutti, dovrebbe solo tacere.
Poi c’è la questione del riscatto, probabilmente pagato dai nostri servizi segreti con fondi riservati (che servono anche a questo) dietro autorizzazione del delegato del governo agli 007: il premier Conte. Su questo ogni opinione è legittima, anche se il dibattito si ripropone sempre uguale dai tempi dei sequestri anni 70 e 80 a opera dei terroristi rossi e delle Anonime calabrese e sarda e di nuovo dopo il 2001, quando ci imbarcammo con Usa e altri alleati nelle guerre in Afghanistan e in Iraq. Ai tempi del terrorismo, lo Stato decise quasi sempre di “pagare”, fuorché per Aldo Moro (ma, quando fu ucciso, il presidente Leone era pronto a liberare una brigatista malata e il Vaticano a versare una grossa somma). E proprio il contraccolpo del suo cadavere segnò l’inizio della fine delle Br. Nel caso delle Anonime Sequestri, erano i famigliari, spesso aiutati da servizi e faccendieri vari, a pagare i riscatti. Poi la legge sul sequestro dei beni e la linea dura di certe Procure, come quella di Palermo in Sardegna (dov’era coinvolto un pm, che poi si suicidò), resero improduttiva quell’attività criminale, che si esaurì. Poi iniziarono i sequestri di nostri contractor, giornalisti e cooperanti in Iraq e Afghanistan e anche allora i nostri governi (il Berlusconi-2 con FI-Lega-An-Udc e il sottosegretario Gianni Letta delegato ai servizi, e poi anche il Prodi-2) decisero di pagare sempre i riscatti. Ma non sempre riuscirono a salvare la vita agli italiani rapiti (il reporter Baldoni e il contractor Quattrocchi furono uccisi, altri come i giornalisti Sgrena e Mastrogiacomo tornarono illesi).
La cosa creò furibonde frizioni con gli alleati americani e inglesi, che invece non pagavano riscatti e sacrificavano i propri ostaggi (ci andò di mezzo il dirigente del Sismi Nicola Calipari, ucciso dal fuoco “amico” made in Usa dopo il riscatto per la Sgrena). Quando a pagare i riscatti era il centrodestra, per non discutere la scelta incoerente e paradossale di B.&C. di entrare in guerra contro il terrorismo e poi di foraggiare i terroristi che si diceva di combattere mettendo vieppiù in pericolo i nostri uomini sul campo, i partiti e i giornali di destra riempivano di insulti gli ostaggi (a parte i contractor) perché “se l’erano cercata”, erano “vispe terese” (le due Simona) e “pirlacchioni in vacanza” (Baldoni). Ora il caso di Silvia Romano, come quelli degli altri ostaggi sequestrati in guerre per bande che non ci riguardano, è totalmente diverso sia da quelli dell’Iraq e dell’Afghanistan, sia da quelli del brigatismo e delle Anonime. Stavolta le ragioni umanitarie non confliggono con gli interessi nazionali. I terroristi islamisti somali di al-Shabaab, impegnati nell’eterna guerra civile del Corno d’Africa, sequestrano occidentali per legittimarsi e arricchirsi, ma non sono una minaccia diretta per l’Italia, come invece lo erano le Br che avevano dichiarato guerra allo Stato, le Anonime Sequestri che esistevano proprio grazie ai riscatti pagati e anche gli islamisti di al Qaeda e delle altre sigle mediorientali che avevano esportato in Occidente la loro folle guerra santa. Dunque pagare un riscatto, come peraltro sempre si è fatto anche nei confronti di nemici diretti e dichiarati, era doveroso.
Ma su questo le opposizioni, se non avessero fatto lo stesso in circostanze molto diverse, sarebbero libere di polemizzare quanto vogliono. Anche di accusare Conte di non aver condannato a morte una ragazza di 20 anni. Purché non mentano. Le polemiche sul ruolo della Turchia, che ha aiutato nelle indagini l’Aise con i suoi servizi molto presenti in Somalia, fanno ridere, visto che è nostra alleata nella Nato. E quelle sulla “passerella” di Conte e Di Maio denotano un tragicomico crollo della memoria. Il 5 marzo 2005, quando a Ciampino atterrò la Sgrena, trovò ad attenderla una delegazione politica ben più pletorica del duo Conte-Di Maio domenica accanto a Silvia: c’erano Berlusconi, Letta, il presidente della Camera Casini, il sindaco Veltroni, il segretario del Quirinale Gifuni e il direttore del Sismi Pollari. Mancava solo Salvini, che si rifece con gl’interessi all’arrivo di Cesare Battisti. E ora chiede “sobrietà” agli altri. Ma va a ciapà i ratt.

domenica 26 aprile 2020

Carta straccia. Ecco come l’offensiva al Governo si allarga sui giornali. - Gaetano Pedullà


Facciamo attenzione! Non è solo paradossale, ma decisamente inquietante che si sia scelto proprio il giorno della Liberazione per riportare in una logica di conservazione il governo del Paese, allargando ad alcuni grandi giornali il compito di cannoneggiare il cambiamento preteso dai cittadini alle ultime elezioni, e che seppure affannosamente sta impedendo ai soliti noti di trattare le istituzioni come cameriere. Ai più distratti, a cui sono sfuggite le novità di questo 25 Aprile, e che non danno grande importanza a quanto scrivono i giornali, perché convinti che non contano niente e non li legge più nessuno, mostriamo i puntini da unire per rivelare cosa si nasconde dietro.
I padroni di quella che una volta si chiamava Fiat, a cui l’allora premier Renzi non ebbe nulla da dire mentre traslocavano cuore e portafoglio dell’azienda ad Amsterdam, Londra e Detroit, hanno perfezionato il controllo de la RepubblicaLa Stampa, l’edizione italiana dell’Huffington Post e altro ancora, e cambiato – come è legittimo che sia – i direttori. Ora lasciamo perdere l’opportunità di spiegare come mai questi giornali siano detenuti attraverso un’anomala catena societaria, ma almeno all’esordio c’era da aspettarsi che MolinariGiannini e Feltri (non Vittorio, che preferisce dedicare il suo tempo ad insultare i meridionali, ma il figlio) facessero un po’ di chiarezza su una rotazione di poltrone che persino il loro ex presidente Carlo De Benedetti ha ammesso essere il segno di un cambio di rotta editoriale, di sicuro non a favore di quella parte di Sinistra che ha accettato l’accordo con i Cinque Stelle anche per non consegnare Palazzo Chigi alle destre. In una fase in cui: -1) c’è da investire tanti soldi per far ripartire il Paese dopo il Covid, -2) la maggioranza è in sofferenza e -3) le destre possono continuare a pasticciare perché tanto non si vota, la tentazione di una soluzione tecnica per il governo, magari per completare il lavoro iniziato da Monti, è chiaro che ha tanti estimatori. Se i politici si devono comprare (quando ci si riesce), i tecnici invece sono già al servizio dell’establishment. Perciò figure estranee al sistema, come Conte e soprattutto i Cinque Stelle, devono essere messe alla porta, rimettendo in sella chi può ripristinare l’ordine delle cose, socializzando i conti da pagare e privatizzando quel che resta nel fondo del barile. Così, per far capire dove butta il vento, più dei soporiferi editoriali dei nuovi direttori, su Repubblica brillava la festa della Liberazione ridimensionata in prima pagina rispetto al passato e poi relegata in coda al giornale: un bel segnale a chi ogni 25 aprile ha un attacco di ulcera. Altrettanto esplicito è stato Feltri, riuscito a spiegarci che per oltre 70 anni abbiamo creduto di festeggiare la Liberazione dal nazifascismo mentre invece andavamo ad affrancarci dal comunismo. Il più bravo di tutti, diciamo pure insuperabile, è stato però Giannini, che su La Stampa ci ha fatto deliziare con due perle. La prima era un’autentica fake news, cioè un titolo completamente fuorviante rispetto al testo di un’intervista all’ex capo politico dei 5S, Di Maio, in cui pare che il Movimento abbia deciso di accettare il Mes. Non meno luminosa la seconda perla: un’intervista inginocchiata all’amministratore delegato dell’Eni, Descalzi, ovviamente priva di accenni alla sua questione giudiziaria e ai padrini politici riusciti a farlo confermare nell’ultima tornata delle nomine. Insomma: poteri forti, informazione manipolata, strategia della restaurazione… bisogna essere davvero ciechi per non vedere l’offensiva che è in atto.

martedì 20 dicembre 2016

Il ruolo degli Spetsnaz nella liberazione di Aleppo. - Valentin Vasilescu



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Liberando la strada del Castello a metà 2016, l’Esercito arabo siriano isolava 10000 terroristi nella parte orientale di Aleppo. Dopo cinque anni di guerra, l’Esercito arabo siriano sorprendeva per il livello di massima efficienza, accertata con l’operazione di liberazione della parte orientale di Aleppo. Alla base di questa efficienza c’è la notevole capacità di disorganizzazione dei gruppi mercenari islamisti guidati dalle forze per le operazioni speciali dell’esercito russo, Spetsnaz. Gli Spetsnaz sono alle dirette dipendenze del GRU, il Servizio d’Intelligence militare della Federazione Russa, con 13000 soldati. Solo il 25% della forza degli Spetsnaz, ovvero un reggimento (45.mo Paracadutisti), sette gruppi di truppe (Gruppi 2, 3, 10, 14, 16, 22 e 24) e quattro gruppi marittimi (420, 431, 442 e 561), sono autorizzati a condurre operazioni segrete lontano dalla Russia. Per agire in un ambiente ostile si richiede intelligenza, forza fisica e mentale, motivazione, capacità di lavoro di squadra e rapidità di decisione, l’Esercito russo ha selezionato un contingente di tre battaglioni di Spetsnaz per la Siria, autorizzato alle azioni segrete, e che conoscono lingua araba e costumi locali. Nel corso di un anno, un battaglione di Spetsnaz s’infiltrava gradualmente ad Aleppo, nelle aree controllate dai terroristi. Il battaglione di Spetsnaz è strutturato in 30 squadre Alfa, formate da 10 soldati ciascuna, dotati di apparecchiature di comunicazione delle dimensioni di un tablet che consente comunicazione a bassa voce e trasmissione di dati video e satellitari in banda X (da 7 a 11,2 GHz). Dispositivi simili esistono nel sistema russo di raccolta ed elaborazione delle informazioni C4I (comando, controllo, comunicazioni, computer, intelligence e interoperabilità), che i russi hanno creato in Siria. Le squadre Spetsnaz hanno anche dispositivi per la visione notturna, espositori, GPS, raggi laser e una moltitudine di sensori con cui controllano continuamente individui o gruppi di persone.
Le attività di ricerca con informatori (HUMINT) e mezzi tecnici (SIGINT IMINT, MASINT) dell’Esercito russo hanno portato alla conclusione che sponsor stranieri fornivano informazioni (anche con satelliti e droni da ricognizione) sui punti deboli del dispositivo dell’Esercito arabo siriano e dei relativi piani operativi, a soli 50 capi di gruppi islamisti ad Aleppo. Anche attraverso tali capi passavano le paghe per i mercenari, armi, munizioni e istruttori militari. Perciò i russi decisero di eliminarli. Solo il 10% dei terroristi ad Aleppo est è siriano, motivo per cui la popolazione di Aleppo non solo si rifiutava di collaborarvi ma cercava, per quanto possibile, d’informare l’Esercito arabo siriano. La realtà sul campo facilitava l’infiltrazione degli Spetsnaz e la loro ormai leggendaria presenza nei quartieri orientali di Aleppo, dove creavano rifugi, punti di osservazione e reclutavano gruppi di sostegno tra i civili. In pochi mesi, ogni squadra raccolse informazioni sulla posizione dei membri della direzione della struttura terroristica, abitudini e debolezze dei capigruppo islamisti nelle zone occupate. Con il pretesto di compare alimentari, alcuni membri della squadra Alfa degli Spetsnaz si offrirono volontari per scavare rifugi e tunnel per immagazzinare armi e munizioni dei terroristi. 
Con enormi quantità di euro e dollari, i membri delle squadre Alfa corruppero i terroristi di basso rango per avere i permessi di libero passaggio e lavorare nelle officine di riparazione e manutenzione di veicoli, blindati e apparecchiature di comunicazione. I terroristi dissero di aver moderni camioncini Toyota Tacoma fabbricati a San Antonio (Texas), il cui motore da 3,5 litri e 278 cavalli ha un microprocessore. Infine, per soldi, molti terroristi divennero informatori della squadra Alfa. In ogni squadra Alfa ci sono due specialisti di riparazione e gestione di ogni tipo di auto e blindato, e tre specialisti che operano, programmano e riparano apparecchiature di comunicazione (come l’impiego di dispositivi di localizzazione satellitare e di trasmissione). La squadra comprende anche tre cecchini che hanno la responsabilità di guidare gli attacchi aerei mediante comandi vocali, tracciamento o raggi laser sul bersaglio. Altri due membri della squadra fanno parte del genio, e sono specializzati in sistemi di camuffamento, trappole esplosive e sminamento. Tutti i membri di una squadra Alfa sono specializzati nell’uso di tutti i tipi di armi e sono addestrati nel pronto soccorso.
Questo spiega come pochi giorni prima dell’inizio dell’operazione per la liberazione di Aleppo est, condotto dall’Esercito arabo siriano, apparvero sulle reti sociali della cosiddetta opposizione siriana, resoconti sulla liquidazione di oltre 10 capi di gruppi islamisti, tutti eliminati con fucili di precisione di grosso calibro, da parte dei tiratori degli Spetsnaz posti a grande distanza dagli obiettivi. 
Altri otto capi terroristi furono eliminati da aerei russi mentre parlavano al cellulare o satellitare. I telefoni erano stati “lavorati” dalle squadre Alfa, in modo che i missili “intelligenti” puntassero sul segnale emesso. 12 altri capi islamisti furono eliminati dagli attacchi aerei ad auto o veicoli su cui viaggiavano ad Aleppo. Le squadre Alfa degli Spetsnaz piazzarono su tali veicoli microdispositivi di rilevamento satellitare. Allo stesso tempo, missili da crociera o bombe sganciate dagli aerei russi, basandosi sulle coordinate GPS ricevute dalle squadre Alfa, spazzavano edifici o bunker ad Aleppo est nel momento esatto in cui i capi islamisti s’incontravano. Il giorno prima dell’offensiva dell’Esercito arabo siriano, aerei russi condussero 24 incursioni bombardando rifugi e tunnel sotterranei, lasciando i ribelli senza munizioni. Le bombe dell’Aeronautica russa erano guidate dai marcatori assegnati dalle squadre Alfa. Le attività di queste squadre continuarono durante l’offensiva dell’Esercito arabo siriano, inviando informazioni e immagini via satellite sui sistemi di difesa adottati dai gruppi islamisti ad Aleppo, e localizzando le aree di concentramento con precisione con i sistemi di puntamento. Questo permise agli aerei russi e all’artiglieria siriana di neutralizzare gli islamisti, permettendo all’Esercito arabo siriano di scoprire i corridoi d’infiltrazione e di usarli per aggirare la fortificazioni dei terroristi, riuscendo a spezzare la difesa e a distruggerla totalmente.
Conclusioni
Assistiamo alla trasformazione delle forze speciali delle potenze mondiali, il semplice Rambo diventa un professionista high-tech.
La Russia ha dimostrato di avere le forze speciali, come gli Stati Uniti, la cui professionalità può cambiare le sorti della guerra.
Gli islamisti in Siria possono essere facilmente battuti quando isolati, senza la possibilità di ricevere rinforzi, denaro, armi e informazioni dai loro sponsor esteri.
Dopo questo primo tentativo riuscito, i russi possono infiltrare squadre Alfa degli Spetsnaz nel territorio occupato dallo Stato islamico. Cosa che non avevano fatto finora. Le azioni degli Spetsnaz hanno influenzato in modo decisivo l’operazione per la liberazione dell’Esercito arabo siriano contro il gruppo Stato islamico.
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La Russia invia Forze Speciali cecene in Siria
Sergej Gladysh, The Duran 15 dicembre 2016
russkiy_specnaz_siriyaSecondo i media russi, due battaglioni d’élite della Cecenia saranno dispiegati in Siria con il compito di proteggere la base aerea di Humaymim a Lataqia.
Rari video diffusi da Rossija TV rivelano che unità delle Forze Speciale russi sono già sul campo in Siria, attivamente impegnate in operazioni di combattimento a fianco dell’Esercito arabo siriano nella guerra al terrorismo. E se la notizia delle Izvestia è vera, altri soldati d’élite sono in arrivo. Due battaglioni delle Forze speciali della Cecenia, Vostok e Zapad, diverrebbero unità di polizia militare pronte ad essere schierate in Siria entro la fine di dicembre dove, secondo le notizie, difenderanno la base aerea russa di Humaymim a Lataqia. I battaglioni hanno vasta esperienza, essendo state attivamente impegnate nella lotta al terrorismo, interno ed estero, come la breve guerra della Russia con la Georgia nel 2008. Il leader della Cecenia Ramzan Kadyrov non ha negato né confermato, dicendo che le truppe d’élite saranno felici di combattere la “feccia” terroristica in Siria agli ordini del Presidente Vladimir Putin. In realtà, Kadyrov ha più volte descritto se stesso e le sue truppe come “soldati di Putin”. All’inizio di quest’anno, disse in un documentario russo di aver inviato dei ceceni per infiltrare lo SIIL in Siria e raccogliere informazioni. Se questo si rivela accurato, si può parlare della trasformazione miracolosa che la Cecenia ha avuto negli ultimi dieci anni, mutando ciò che una volta era noto come il tallone della Russia d’Achille ed epicentro del separatismo, in un solido scudo regionale e centro di addestramento delle forze d’élite antiterrorismo del Paese.
Traduzione di Alessandro Lattanzio

domenica 8 maggio 2016

Le note di Bach e Prokofiev tra le rovine di Palmira.



In apertura un videomessaggio del presidente russo Vladimir Putin: "Segnale di speranza per la rinascita di Palmira non solo come patrimonio dell'umanità ma anche come liberazione di tutta la civiltà da questo terribile flagello, il terrorismo internazionale"

'Una preghiera per Palmira. La musica fa rivivere le antiche mura'. 

Si intitola così il concerto dell'orchestra sinfonica del teatro Mariinsky di San Pietroburgo che si è tenuto ieri nell'anfiteatro romano della città monumentale di Palmira, un modo per celebrare la vittoria contro il gruppo terroristico Stato islamico, che fino a marzo scorso controllava la città. Ad assistere all'evento, che è stato trasmesso in diretta dalla tv siriana, erano presenti diversi ministri, responsabili dell'esercito nazionale e dell'esercito russo.  A dirigere l'orchestra è stato Valeri Guerguiev, che è anche direttore dell'orchestra sinfonica di Londra e della filarmonica di Monaco. Indossava un cappellino per proteggersi dal sole. Sono stati suonati pezzi di Johann Sebastian Bach, Sergei Prokofiev e Rodion Shchedrin.  

Il concerto si è aperto con un videomessaggio del presidente russo Vladimir Putin, proiettato su uno schermo montato nel teatro. Il capo di Stato ha sottolineato che l'evento è un segnale delle "speranze nella rinascita di Palmira non solo come patrimonio dell'umanità ma anche come liberazione di tutta la civiltà da questo terribile flagello, il terrorismo internazionale".  

Lo scorso 27 marzo l'esercito siriano, sostenuto dall'aviazione russa, recuperò il controllo di Palmira, che è stata controllata dall'Isis per 10 mesi. La località, famosa per le rovine greco-romane, è inclusa nella lista del patrimonio mondiale dell'Unesco. Nel periodo in cui la città è rimasta in mano all'Isis, i jihadisti hanno fatto saltare in aria i templi di Bel e Bal Shamin, come pure l'arco di trionfo, e hanno minato la zona. L'agenzia di stampa di Stato siriana Sana ha riferito oggi che gli artificieri russi che hanno lavorato a Palmira dopo la cacciata dell'Isis hanno disattivato 18mila ordigni esplosivi disseminati su 825 ettari e 8.500 case. - 

http://www.rainews.it/dl/rainews/media/Palmira-concerto-tra-le-rovine-del-sito-rinascita-dopo-liberazione-da-ISIS-musica-bach-prokofiev-messaggio-di-Putin-04abce1b-5ba2-4119-ab58-43c6ef46cc18.html