Visualizzazione post con etichetta Feltri. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Feltri. Mostra tutti i post

domenica 2 gennaio 2022

Nuda proprietà. - Marco Travaglio

 

Siccome dopo le Feste siamo tutti più buoni e soprattutto ieri non uscivano i giornali, abbiamo letto i pensierini per il nuovo anno del direttore dell’Huffington Post, Mattia Feltri, affascinati dal titolo “Solo Berlusconi e Letta possono salvare Draghi (e l’Italia)”. L’idea del tutto inedita che B. possa salvare non solo Draghi, ma financo l’Italia intera, ci ha spronati ad avventurarci nella prosa feltriana. E tutto ci è apparso chiaro già dall’incipit: “Due persone possono salvare il Paese dal disastro di sottrarre il Quirinale a Mario Draghi, con la conseguenza di sottrargli anche il governo…”. Orrore: qualcuno, forse uno spirito maligno, più probabilmente un complotto demoplutogiudaicomassonico, vuole “sottrarre il Quirinale” a Mario nostro e, quel che è più grave, “sottrargli anche il governo”. Ma si può? Che notizia. Noi, gente semplice, ci eravamo abituati all’idea – propalata per tutto l’anno dal gruppo Gedi, editore del sito clandestino – che Draghi dovesse restare a Palazzo Chigi fino al 2023, lasciando sul Colle un Mattarella o un Amato a ore come scaldasedia e scaldaletto. Ma poi anche dopo (previa abolizione delle elezioni), almeno fino al 2028 o meglio ancora a vita. Poi si è scoperto dalla sua viva voce, alla vigilia di Natale, che s’è già stufato di governare, dunque ritiene compiuta la missione. E ambisce a passare a miglior vita, ma sempre su questa terra: traslocando da Palazzo Chigi al Quirinale.

A quel punto i Cavalieri Gedi si sono un po’ disuniti: alcuni lo vorrebbero ancora lì, imbullonato a Palazzo Chigi contro la sua volontà; altri ritengono “un disastro” non accontentarlo aviotrasportandolo al Quirinale che – apprendiamo or ora – è già di sua proprietà. Ma c’è chi vorrebbe “sottrarglielo” col tipico esproprio proletario. Siccome però, non contenti, gli anonimi scippatori vorrebbero pure “sottrargli il governo”, ne deriva che Draghi, zitto zitto, s’è comprato pure Palazzo Chigi. Tutto fra Natale e Capodanno. E noi vorremmo tanto conoscere l’agenzia immobiliare, i compromessi e i rogiti, l’entità degli anticipi, le forme di finanziamento, i dettagli dei mutui (Banca d’Italia? Montepaschi? Antonveneta? Goldman Sachs?), ma soprattutto sapere quale sia la prima casa e quale la seconda. Secondo voci non confermate, la seconda è il Quirinale, che presenta le incertezze tipiche del villino al mare o dello chalet in montagna, dove si va quando capita, in base agli impegni e al tempo che fa. Altri sostengono che Draghi, per Palazzo Chigi, abbia fatto valere l’usucapione (sia pure di undici mesi scarsi) e che del Quirinale abbia acquistato solo i muri, per non insospettire l’anziano inquilino: la nuda proprietà, insomma, rinviando l’usufrutto a tempi migliori. Anzi, Migliori.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/01/02/nuda-proprieta/6442944/

martedì 16 novembre 2021

Feltri contro Feltri. - Marco Travaglio

 

Adoro Libero perché amo gli ossimori. E stravedo per Vittorio Feltri per il suo passato di penna all’arrabbiata, per la sua totale assenza di scrupoli e freni inibitori, ma soprattutto perché non ha la più pallida idea di quello che scrive. Ieri ha preso le difese del suo ex vice al Giornale Alessandro Sallusti, che l’altroieri avevo indicato come l’artefice della celebre patacca del 2009 sull’allora direttore di Avvenire Dino Boffo “noto omosessuale già attenzionato dalla Polizia di Stato per questo genere di frequentazioni”. “Travaglio scrive cazzate”, “inventa favole e fandonie”, afferma Feltri, “il contenuto del documento raccontava un episodio vero” e soprattutto Sallusti non c’entra: “al massimo può essere considerato mio corresponsabile, ma sarebbe una forzatura”. Ora, sapete chi aveva indicato Sallusti come artefice della bufala in varie interviste e dinanzi al pm Gianfranco Scarfò che nel 2012 lo aveva sentito come teste sotto giuramento e obbligo di dire la verità? Feltri.

Intervista all’Espresso (3.7.2014): “Fu Sallusti a dirmi che la fonte della velina su Boffo era il cardinale Bertone, che l’aveva data a Bisignani e alla Santanchè. Poi era arrivata a Sallusti. È quello che ho raccontato ai magistrati… Io ero direttore e mi sono fidato… Visto quello che è successo, facevo bene a non fidarmi”. Anche perché l’Ordine dei giornalisti sospese Feltri, non Sallusti: “Ho pagato solo io, come sempre… Quel cretino del direttore ci va di mezzo”. Intervista, sempre di Feltri, a Repubblica (5.7.2014): “Arriva Sallusti e mi dice che c’è questa storia di Boffo. Mi porta dei documenti. Gli chiedo: ‘Chi te li ha dati?’. E lui: ‘È quel giro lì, Santanchè-Bisignani-Bertone’. ‘Siamo sicuri?’, gli faccio. ‘Sicuri’. Lo prego di fare ulteriori verifiche: lui le fa. A quel punto decido di andare avanti… (Il pm) mi dice che se voglio posso appellarmi al segreto professionale. Figuriamoci. Perché mai dovrei coprire dei falsari? Il segreto professionale lo usi per proteggere delle fonti buone, mica chi ti ha venduto una patacca… una bufala… balle… A un magistrato non puoi raccontare puttanate. Quindi ho detto la verità”. Sallusti nega tutto e lo accusa di falsa testimonianza: “Ricostruzione senza alcun fondamento”. E Feltri: “Ho rinunciato al segreto perché sarebbe assurdo coprire una fonte infedele imbrogliona. Mentre Sallusti non ha svelato la fonte delle notizie false su Boffo, proteggendo i falsari che mi avevano danneggiato. Perché? Io fui sospeso dall’Ordine tre mesi e dovetti rinunciare alla direzione del Giornale. Al mio posto guarda caso subentrò Sallusti”. Prima di attribuire a me “cazzate”, “fandonie” e “favole”, Feltri dovrebbe chiarirsi col suo ex-neo-direttore Sallusti. Ma soprattutto con Feltri.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/11/16/feltri-contro-feltri/6393508/

giovedì 30 aprile 2020

Il filosofo e docente Michele Illiceto scrive una lettera a Vittorio Feltri. - Michele Illiceto

Il filosofo e docente Michele Illiceto scrive una lettera a Vittorio Feltri

A seguito delle ultime sgradevoli affermazioni nei confronti degli abitanti del mezzogiorno da parte del direttore e giornalista Vittorio Feltri, Michele Illiceto, insegnante di Storia e Filosofia presso il Liceo Classico “A. Moro” di Manfredonia gli ha voluto rispondere con una lettera pubblica.

"Caro Feltri,
Non volevo scriverti, ma i miei alunni di Liceo mi hanno chiesto cosa pensassi di quello che tu hai dichiarato a proposito di noi meridionali. Pertanto, scrivendo a te, io scrivo a loro. Perché a me non interessi tu, ma loro: i miei alunni. Scrivo per educarli. Tu sei solo un’occasione per filosofare con loro come faccio ogni giorno a lezione.
Ti devi essere sentito molto frustrato in questi giorni se ti sei spinto a fare un’affermazione così pesante come quella dove hai dichiarato che i meridionali sono inferiori. E sappi che ti scrivo non perché sono meridionale, ma solo perché sono italiano. Europeo. Cittadino del mondo. Anzi, per il solo fatto che quando accade qualcosa sono portato a riflettere e pensare sul perché ciò che è accaduto è accaduto. Ti scrivo come educatore.
Sono certo che forse in questa tua decisione deve aver influito il giudizio che, in questi giorni, quelli del Nord Europa hanno fatto paventare nei confronti di tutti gli italiani, te compreso, di essere inaffidabili in questioni di eurobond, di debito e di economia. E, si sa, l’inaffidabilità spesso è stata usata come criterio per tacciare di inferiorità quanti si mostrano tali.
Hai pensato di superare il tuo complesso di inferiorità nei confronti dei paesi del Nord Europa, creando sotto di te altri livelli di inferiorità, facendo pagare ad altri quell’inferiorità che tu da giornalista avresti dovuto smascherare con argomenti razionali e validi, come un vero giornalista avrebbe dovuto e saputo fare. Ma tu non sei di questa razza. Tu non sei al servizio della verità, né di quella logica né di quella fattuale, ma della stupidità travestita - con una buona ma falsa retorica - di argomentazioni che di razionale e di logicità non hanno nessun tipo di parentela.
Devi esserti sentito troppo a sud degli olandesi e dei danesi, o dei tedeschi e dei finlandesi, per tirarti fuori dalla mischia di questo sud che come un marchio anche tu ti porti addosso. E tu che hai fatto per attenuare questa tua frustrazione? Hai sentito la necessità di scaricarla sugli altri. Si è trattata di un’operazione infantile oltre che banale. Hai peccato di puerilità.
Saprai pure fare cronaca, ma di certo non sai tessere pensieri e trame argomentative di un certo spessore etico e quindi anche politico. Ti limiti a giudicare senza ponderare o valutare, senza neanche riflettere. Sei più impulsivo che riflessivo. Sei collerico e, a volte anche isterico, piuttosto che razionale e intento a cercare ragioni e cause.
Sappi però che a sconcertarmi di più non è stato tanto l’affermazione in sé, quanto piuttosto che tu l’abbia fatta in un momento convulso e tragico come quello che stiamo attraversando, sia come Italia sia come Europa e sia come mondo intero. Mentre l’Italia tutta, da nord a sud, si è stretta unita per affrontare insieme questa pandemia, tu ti sei scomodato per andare a scoperchiare argomenti obsoleti e figli di un pensiero che di razionale non ha proprio niente, perché figlio del pregiudizio e dell’ignoranza.
Hai voluto catalogare di geografia nord-sud anche la morte che in questi giorni è entrata preponderante nelle nostre case da nord a sud, senza alcuna distinzione. Anche il dolore hai voluto colorare di superiorità e di inferiorità. Meno male che né la morte né il dolore rientrano in schemi di tal genere. In Italia, in queste settimane, il pianto è stato uno e unico. Senza distinzioni né geografie. E sui balconi abbiamo sbandierato tutti l’unica e medesima bandiera, simbolo di quella Costituzione che ci fa tutti uguali e che tu, invece,, hai oltraggiato.
Mentre molti medici e infermieri volontari, da questo meridione a te inferiore, si sono trasferiti per portare la loro competenza e professionalità negli ospedali del tuo nord che tu vuoi superiore, tu hai pensato bene, comodamente installato sulla tua poltrona, di nasconderti dietro le parole e uno schermo televisivo che ti fa più grande di quanto tu davvero sia, sciorinando la tua pseudofilosofia fatta di sofismi senza alcuna valida e logica giustificazione, ma anche senza alcun dialogo o confronto dialettico.
Si, perché in fondo tu sei un ignorante. E il fatto che tu sappia mettere insieme un soggetto e un predicato, o sappia usare il congiuntivo, o sappia scrivere qualche articolo di giornale – che poi è sempre lo stesso: il tuo - non fa di te un intellettuale come tu credi di essere.
Ciò che inoltre mi fa specie è il tuo incessante e incontrollato bisogno di sentirti superiore a tutti i costi rispetto a qualcuno. E che per farlo hai bisogno di creare da qualche parte una qualche figura che, corrispondendo ai tuoi desiderata, ti appaia inferiore, consolandoti e rassicurandoti che tu, appunto, non sei come lui.
Ma dovresti sapere, caro Feltri - se hai qualche reminiscenza di psicanalisi - che chi ha bisogno di ricorrere a questa strategia (che si chiama transfert) deve avere qualche grossa fragilità da nascondere, qualcosa che necessita di scaricare sugli altri per non imputarla a se medesimo.
Ebbene, io contesto non tanto che tu ti senta superiore a noi meridionali o che tu consideri noi del sud inferiori per natura (mi chiedo poi chissà poi rispetto a chi). Se sei tu il nostro punto di paragone, beh, sono contento di esserti inferiore e ti lascio tutta la superiorità che ti attribuisci da solo. Il problema è che chi si sente superiore, paradossalmente finisce col trovarsi ad essere inferiore. E’ questa la tua inferiorità: la morbosa necessità che hai di sentirti a tutti i costi superiore a qualcuno.
Ma, dicevo, non contesto tanto questo quanto piuttosto la mal posta necessità che ci sia da qualche parte qualcuno che per forza di cose debba sentirsi superiore rispetto ad un altro, che invece deve sentirsi, senza alcuna ragione, inferiore. Contesto proprio le due categorie di superiorità-inferiorità da te usate come se fossero categorie che hanno in natura un qualche loro fondamento. E’ inutile ricordarti - se sai un po’ di storia - che altri idioti e folli, su questa falsa convinzione, che non definirei neanche ideologica, ma soltanto infantile e stupida, hanno costruito i loro regimi totalitari che in seguito hanno portato, nel secolo scorso, la nostra Europa e il mondo intero verso una guerra tragica e folle.
Quelle che tu usi sono categorie che di naturale non hanno proprio nulla, perché sono soltanto convenzioni e convinzioni create da chi ha il potere che può assumere di erse forme: del denaro, delle parole, delle immagini, degli strumenti di comunicazione, delle religioni, etc.
Per tutto questo e per molto altro che non ho il tempo di scriverti, perché ho cose molto più serie da fare, caro Feltri, ti dico che questa tua dichiarazione in me non ha tanto suscitato indignazione, ma soltanto pena. Un’irresistibile pena, la quale tuttavia non mi dà il diritto di sentirmi per nulla superiore a te.
Cordialmente, e con tutta la mia inferiorità".

domenica 26 aprile 2020

Carta straccia. Ecco come l’offensiva al Governo si allarga sui giornali. - Gaetano Pedullà


Facciamo attenzione! Non è solo paradossale, ma decisamente inquietante che si sia scelto proprio il giorno della Liberazione per riportare in una logica di conservazione il governo del Paese, allargando ad alcuni grandi giornali il compito di cannoneggiare il cambiamento preteso dai cittadini alle ultime elezioni, e che seppure affannosamente sta impedendo ai soliti noti di trattare le istituzioni come cameriere. Ai più distratti, a cui sono sfuggite le novità di questo 25 Aprile, e che non danno grande importanza a quanto scrivono i giornali, perché convinti che non contano niente e non li legge più nessuno, mostriamo i puntini da unire per rivelare cosa si nasconde dietro.
I padroni di quella che una volta si chiamava Fiat, a cui l’allora premier Renzi non ebbe nulla da dire mentre traslocavano cuore e portafoglio dell’azienda ad Amsterdam, Londra e Detroit, hanno perfezionato il controllo de la RepubblicaLa Stampa, l’edizione italiana dell’Huffington Post e altro ancora, e cambiato – come è legittimo che sia – i direttori. Ora lasciamo perdere l’opportunità di spiegare come mai questi giornali siano detenuti attraverso un’anomala catena societaria, ma almeno all’esordio c’era da aspettarsi che MolinariGiannini e Feltri (non Vittorio, che preferisce dedicare il suo tempo ad insultare i meridionali, ma il figlio) facessero un po’ di chiarezza su una rotazione di poltrone che persino il loro ex presidente Carlo De Benedetti ha ammesso essere il segno di un cambio di rotta editoriale, di sicuro non a favore di quella parte di Sinistra che ha accettato l’accordo con i Cinque Stelle anche per non consegnare Palazzo Chigi alle destre. In una fase in cui: -1) c’è da investire tanti soldi per far ripartire il Paese dopo il Covid, -2) la maggioranza è in sofferenza e -3) le destre possono continuare a pasticciare perché tanto non si vota, la tentazione di una soluzione tecnica per il governo, magari per completare il lavoro iniziato da Monti, è chiaro che ha tanti estimatori. Se i politici si devono comprare (quando ci si riesce), i tecnici invece sono già al servizio dell’establishment. Perciò figure estranee al sistema, come Conte e soprattutto i Cinque Stelle, devono essere messe alla porta, rimettendo in sella chi può ripristinare l’ordine delle cose, socializzando i conti da pagare e privatizzando quel che resta nel fondo del barile. Così, per far capire dove butta il vento, più dei soporiferi editoriali dei nuovi direttori, su Repubblica brillava la festa della Liberazione ridimensionata in prima pagina rispetto al passato e poi relegata in coda al giornale: un bel segnale a chi ogni 25 aprile ha un attacco di ulcera. Altrettanto esplicito è stato Feltri, riuscito a spiegarci che per oltre 70 anni abbiamo creduto di festeggiare la Liberazione dal nazifascismo mentre invece andavamo ad affrancarci dal comunismo. Il più bravo di tutti, diciamo pure insuperabile, è stato però Giannini, che su La Stampa ci ha fatto deliziare con due perle. La prima era un’autentica fake news, cioè un titolo completamente fuorviante rispetto al testo di un’intervista all’ex capo politico dei 5S, Di Maio, in cui pare che il Movimento abbia deciso di accettare il Mes. Non meno luminosa la seconda perla: un’intervista inginocchiata all’amministratore delegato dell’Eni, Descalzi, ovviamente priva di accenni alla sua questione giudiziaria e ai padrini politici riusciti a farlo confermare nell’ultima tornata delle nomine. Insomma: poteri forti, informazione manipolata, strategia della restaurazione… bisogna essere davvero ciechi per non vedere l’offensiva che è in atto.

mercoledì 25 marzo 2020

La nobile arte. - Marco Travaglio




La Lombardia era perfettamente in grado di tirar su un ospedalino da 300 posti alla Fiera di Milano senza scomodare Bertolaso dal Sudafrica. Ma ora che Mister Wolf, più che creare posti letto, ne ha occupato uno, gli auguro sinceramente di guarire presto: sulla salute non si scherza. Siccome sono in vena di buonismo, ringrazio pure Vittorio Feltri per l’editoriale di ieri su Libero che pare scritto da Crozza. Feltri assolve, nella destra italiana, alla funzione che svolgono – senza offesa – gli immigrati in Occidente: fa quei mestieri che gli altri non vogliono più fare. Cioè dice spudoratamente le verità che gli altri preferiscono tacere, nella destra come nella salvinistra, il cui problema principale non è il virus: è Conte. Feltri scrive al “grande leader”, “sempre apprezzato per l’attività di politico instancabile”, perché lo trova preoccupantemente “depresso” e “non ravviso in te segni di risveglio”, “hai perso verve, affermi cose di cui non sei convinto”, “ammosciato” come tutti “tranne Giuseppi” Conte, che invece appare “pimpante” e “ringalluzzito” dal Covid-19. Ohibò. E il nostro eroe che fa per mettere al tappeto il fellone intruso? Niente. Non reagisce, non spara o spara a salve. Affranto dalla popolarità bulgaro-cubana del premier e dal parallelo rammollimento del Cazzaro, Feltri si piazza a bordo ring e incita il suo pugile prediletto a menare come ai bei tempi: “Tu non puoi lasciargli delle praterie di consenso, devi frenarlo, almeno zittirlo”, possibilmente “abbatterlo”. E come? Un missile terra-aria? Un colpo di ruspa? Un’ascella di felpa usata? Un rutto al mojito? No, meglio: “Cavalca la paura della gente come sai fare tu”, “reagisci come al cospetto di una nave piena di africani clandestini” e “riconquisterai la tua posizione apicale”. Il fatto che, oltreché dal virus, la gente sia terrorizzata dal rischio che abbiamo corso di farlo gestire a Salvini non sfiora proprio Vittorione.
La scena ricorda l’episodio La nobile arte ne I mostri di Dino Risi: quello dei pugili suonati Enea Guarnacci (Tognazzi) e Artemio Antinori (Gassman) sulla spiaggia di Ladispoli. Artemio, il più rintronato, riconosce a stento Enea e ripete macchinalmente, lo sguardo perso nel vuoto: “E so’ contento”, “me fa piacere”, “vuoi magna’?”. E l’altro: “Ma lo sai che ti trovo proprio in forma? Guardi ancora le donne eh? Io non so come fai, non ti alleni e sei sempre il numero uno. Col fisico che c’hai, metti al tappeto chiunque quando vuoi!”. Alla fine Enea Feltri affida ad Artemio Salvini l’arma segreta per cavalcare meglio la paura della gente e tornare più bello e superbo che pria: “Sfoltire le galere” e sposare “l’amnistia”. Comunque vada, sarà un trionfo.

giovedì 26 settembre 2019

“I due pesi di Feltri l’azzeccagarbugli”. - Massimo Fini

Su Libero del 20 settembre Vittorio Feltri, che ne è il direttore editoriale non il responsabile così le querele se le becca tutte il povero Senaldi, in un articolo intitolato “Giustiziamo i giustizialisti di sinistra” scrive a proposito di Diego Sozzani di cui la magistratura aveva chiesto l’arresto (ai domiciliari naturalmente perché questa detenzione soft è riservata a lorsignori, parlamentari e non, mentre gli altri, nelle stesse condizioni, vengono sbattuti in carcere senza tanti complimenti e anche questa è una discriminazione sociale intollerabile) ha scritto: “Troviamo assurdo privare della libertà un signore, fosse anche colpevole, prima di essere processato e condannato. La gente, di qualunque tipo, non va punita se non dopo sia stata dimostrata con regolare processo la sua partecipazione a un reato…Basta ricevere un avviso di garanzia per essere sputtanato a vita, esposto al pubblico ludibrio”.
Il Feltri si concede qui la parte del Cesare Beccaria del Dei delitti e delle pene (meglio cento colpevoli in libertà che un innocente in galera). Ma il Feltri Beccaria lo deve aver letto abbastanza di recente o forse è uno scambio di persona tanto diverso è dal Feltri che diresse l’Indipendente dal 1992 al 1994. Quell’Indipendente fu il quotidiano più “forcaiolo” della storia del giornalismo italiano. Fu Feltri a sbattere in prima pagina, con goduto compiacimento, una grande foto dell’onorevole Carra in manette. Fu sempre Feltri a coniare per Bettino Craxi, in quel momento raggiunto solo da un avviso di garanzia, il termine “cinghialone” dando a una legittima inchiesta della magistratura il sapore di una caccia sadica che non fu estranea al vergognoso lancio di monetine davanti all’hotel Raphael. Fu ancora Feltri ad attaccare pesantemente i figli di Craxi, Stefania e Bobo, come se i figli avessero le colpe dei padri. Avallò anche i suicidi che avvennero durante la stagione di Mani Pulite: “Craxi ha commesso l’errore…di spacciare i compagni suicidi (per la vergogna di essere stati colti con le mani nel sacco) come vittime di complotti antisocialisti”. Il Feltri diventò  “ipergarantista” quando nel 1994 passò alla corte di Silvio Berlusconi. Era stato l’ammiratore più fanatico dei magistrati di Mani Pulite, Di Pietro in testa, ne divenne un altrettanto fanatico accusatore. Da questo “forcaiolo”, poi pentitosi al momento in cui gli conveniva pentirsi, non accettiamo quindi lezioni postume di “garantismo”.
La carcerazione preventiva certamente dolorosa per qualsiasi indagato, soprattutto se poi risulterà innocente, si rende necessaria in tre casi: quando i magistrati ravvisino il pericolo di fuga o la possibilità di inquinamento delle prove o di reiterazione del reato. Ma seguiamo pure l’ultimo Feltri o il Feltri numero 2 o lo pseudo Feltri, che di diritto ne sa quanto la mi zia,  nel suo ragionamento e aboliamo quindi la carcerazione preventiva. Non si capisce allora però perché questa immunità dal gabbio lo indigni particolarmente quando di mezzo c’è un parlamentare. Non gli ho sentito emettere simili lai quando in carcere preventivo, e non ai più comodi domiciliari, sono stati sbattuti senza tanti complimenti presunti ladri di galline, presunti rapinatori, presunti stupratori. In questo caso la linea è anzi quella di madama Santanchè che fa parte del suo giro o comunque del movimento politico, la destra, cui si rifà: “In galera subito e buttare via le chiavi”. Cioè in galera senza che nemmeno ci sia un processo. Il Feltri o lo pseudo Feltri appartiene a quella linea politica, sempre la destra, che quando Pietro Valpreda era in galera da quattro anni senza processo voleva che vi rimanesse a vita.
La carcerazione preventiva è una dolorosa necessità che esiste in tutti gli ordinamenti. Ma se si vuole abolirla, come sottintende il Feltri, allora va abolita per tutti e con la stessa indignazione che Feltri riserva al parlamentare di Forza Italia. Insomma, nonostante il lacrimoso e intellettualmente disonesto articolo di Feltri, siamo alle solite: due pesi e due misure, due diritti, uno per lorsignori e gli amici degli amici l’altro per i cittadini comuni.
Mi colpisce l’inerzia di questi ultimi. I privilegi di lorsignori rimangono intatti tant’è che Feltri li difende fingendo di farlo per tutti e noi non ci ribelliamo mai. Qualsiasi partito si sia votato o non si sia votato la cittadinanza intera dovrebbe insorgere. Invece no. Siamo solo pecore da tosare, asini al basto, maiali che si fanno docilmente portare al macello senza emettere nemmeno un grugnito, preda per soprammercato degli azzeccagarbugli alla Vittorio Feltri.

martedì 24 maggio 2016

L'abbuffometro...



FELTRI, FINALMENTE "LIBERO" DI ENTRARE NEL GIGLIO MAGICO! - ''IO SONO DI SINISTRA'' - ''RENZI? NON MI FIDO PIENAMENTE, MA È UN LEADER'' - OCCHIO ALLA LINEA DEL GIORNALE SU MARIA ETRURIA: ''LA BOSCHI È GRADEVOLE E PREPARATA. MANCARLE DI RISPETTO È UN ESERCIZIO INDEGNO'' (ECCO DOVE HA "SBAGLIATO", BELPIETRO!)


FONTE: http://m.dagospia.com/feltri-sono-di-sinistra-renzi-e-un-leader-la-boschi-merita-rispetto-libero-cambia-corso-124982


Ecco un esempio di cinismo spinto all'ennesima potenza.
Ecco un esempio di mancanza totale di etica e coscienza.
Per questa gente esiste solo il raggiungimento dei propri interessi personali e per farlo adotterebbe qualsiasi metodo. 
Di solito questi individui antepongono il raggiungimento dei loro scopi al loro stesso onore, non hanno ideali da seguire, inseguono solo il proprio tornaconto e per farlo giurano fedeltà a chiunque prometta loro un posticino comodo e caldo in cui crogiolarsi.
Sono banderuole, vanno dove va il vento.
Possono essere stupidi o intelligenti, ma il fatto è ininfluente, perché, in ogni caso, non saranno mai utili alla società, loro obbediscono agli ordini che gli vengono impartiti dall'alto, non hanno opinioni e, se le hanno, le tengono per sé.
Sono i più pericolosi, però, perché occupano posti di prestigio e possono procurare danni di ingenti ripercussioni sul resto della popolazione.
Ciò che impressiona è che siano già in troppi e che il loro numero cresca esponenzialmente.

Cetta.

sabato 22 febbraio 2014

Ministri, i ritratti secondo Feltri e Gramellini.




Matteo Renzi (Primo ministro)
Afono per via di una eccessiva esposizione alle correnti del Pd. Ma sempre velocissimo. Le prime, storiche parole rivolte da capo del governo ai giornalisti in fervida attesa sono state: «Sbrighiamoci, non vorrei farvi perdere Sanremo». Altri riferimenti culturali: la rubrica «Trova le differenze» della Settimana Enigmistica (Enrico Mentana favorito per la direzione) e Celentano, anche se certe pause ricordano Craxi.
Va talmente di corsa che potrebbe dimettersi già domani durante la cerimonia del giuramento, per dimezzare i costi.



Graziano Delrio (sott. Pres. Cons.)
A proposito di record, Graziano Delrio è probabilmente l’uomo di governo più prolifico della storia d’Italia: ha nove figli, il che dovrebbe garantire sulla velocità d’esecuzione. Con Matteo Renzi condivide l’amore per Giorgio La Pira e per la bicicletta, mezzo con il quale si sposta a mordimanubrio nella città che ha governato per nove anni: Reggio Emilia. Da ragazzo giocava a calcio in un oratorio di rito dossettiano, e gira la leggenda che lo volesse il Milan. È endocrinologo e cattolico. Ama la famiglia e a casa sparecchia con moglie e figli, operazione che svolta in undici si conclude in quaranta secondi netti.



Angelino Alfano (Interno)
Qui la novità è palese. Renzi ha ottenuto le dimissioni dell’incerto Alfano, da lui richieste a gran voce durante la crisi kazaka, quando donne e bambini venivano rapiti sotto lo sguardo impassibile del ministro dell’Interno.
Al suo posto arriva il risoluto Al Fano, che in omaggio al nuovo corso dichiarerà guerra al Kazakistan entro l’alba. Il bradipo Alfano impiegò dieci anni a tradire Berlusconi e dieci mesi a tradire Letta. Per adeguarsi ai ritmi serrati del neo premier, il furetto Al Fano si cimenterà in un’impresa ai confini dell’impossibile: tradirlo in dieci ore.



Federica Mogherini (Esteri)
Federica Mogherini, quarant’anni, moglie e mamma, va al mare a Santa Severa (Roma) sugli sgangheratissimi treni dei pendolari. Una lentezza che si permette soltanto nei viaggi da diporto, perché in quelli di lavoro tiene ritmi che conobbe, subito dopo la laurea in Scienze politiche, in piccoli e frenetici impieghi nei call center. È esperta di islam politico, materia approfondita all’Istituto di ricerche e studi sul mondo arabo di Aix-en-Provence. Dopo giornate di fitto apprendimento, talvolta si dedicava alla vita notturna di Rue de la Verriere. Lì apprese i rudimenti della vita internazionale per cui oggi siede in vari consigli transnazionali.



Roberta Pinotti (Difesa)
La prima donna a espugnare il ministero della Difesa ha in comune con Renzi un passato da capo scout. Le due giovani marmotte pianteranno insieme la tenda a Campo Chigi e obbligheranno i generaloni dell’esercito a lunghe marce ricreative, concluse da simpatiche schitarrate al chiaro di luna. Alla Leopolda di Renzi, la lupetta Robi coordinava il tavolo dedicato a Donne e Leadership. «La discussione è stata entusiasmante, anche se nel suo discorso Renzi non ne ha parlato», scrisse sconsolata sull’Unità (Mentana favorito per la direzione), «Con me Matteo ha ammesso l’errore: vedremo se seguiranno cose concrete». Sono seguite.



Andrea Orlando (Giustizia)
Il quarantacinquenne Andrea Orlando è uno degli ultimi prodotti della Federazione dei giovani comunisti di cui è stato segretario provinciale alla Spezia, città in cui è nato. Fu consigliere comunale con il Pci ed è arrivato al Partito democratico passando per Pds e Ds, come tanti meno giovani di lui. Con Piero Fassino approda in direzione nazionale, con Walter Veltroni diventa portavoce del partito, con Pierluigi Bersani è responsabile giustizia, con Enrico Letta raggiunge il governo e con Renzi ci rimane. Perché, come succede a quelli allevati nella tradizione, sa guadagnarsi velocemente la fiducia di chi comanda.



Stefania Giannini (Istruzione)
Linguista e glottologa, ex rettore dell’Università per stranieri di Perugia, Stefania Giannini (53 anni) scrive libri senz’altro appassionanti con titoli così Tra grammatica e pragmatica: la geminazione consonantica in latino o così La fonologia dell’interlingua . Principi e metodi di analisi. E anche una grande twittatrice, strumento con il quale esprime tutte la sua alta considerazione per Napolitano, Monti, Letta, Renzi e tanti altri. Per farvi capire: «Per @matteorenzi RIMPASTO parola vecchia? Più vecchia sua ipocrisia» (24 gennaio). «Grazie @matteorenzi, noi ci siamo!» (ieri). Ci sono sempre e comunque.



Pier Carlo Padoan (Economia)
Pier Carlo Padoan ha sessantaquattro anni e nel 1980, a trenta, insieme con giovani colleghi e guidato da Claudio Napoleoni, scrisse Afferrare Prometeo, un ponderoso saggio che si riprometteva - attraverso meccanismi di cooperazione e partecipazione che non sapremmo dettagliare meglio - di trovare una terza via fra marxismo e capitalismo. Il tentativo fallì, come le centinaia da cui fu preceduto e seguito, a meno che l’ipotesi non si stia concretizzando nel renzismo. Legge libri di storia ed è molto tifoso della Roma. Ha saputo dell’incarico a Sydney, da dove si sta scapicollando per tornare in Italia, ma è già in forte ritardo.



G. Poletti (Welfare), G. Galletti (Ambiente)
Dagli Appennini alle bande. In un governo dominato dagli emiliani (ci sono praticamente tutti tranne Prodi e Bersani) spiccano Gianluca Galletti – ministro bolognese dell’ambiente in qualità di esperto di raccolta differenziata dei voti di Casini – e Giuliano Poletti, l’uomo delle Cooperative Rosse (Mentana favorito per la direzione). Ci voleva il democristiano Renzi per portare al ministero del lavoro il simbolo del capitalismo comunista, detto «Falce e Carrello» come da titolo del libro di Caprotti, patron avvelenato dei supermercati Esselunga. Per Berlusconi è come se la Bocassini fosse diventata segretaria generale dell’Onu.



Beatrice Lorenzin (Salute)
Nata a Roma da padre istriano e madre fiorentina, Beatrice Lorenzin ha quarantatrè anni ed esce da una cotta formidabile per Silvio Berlusconi: «È intelligentissimo, geniale, il primo in tutto, un gigante», disse al Giornale (Enrico Mentana favorito per la direzione). Ora sta con Alfano ma è temperata da una gioventù trascorsa a far politica nelle borgate di Ostia e Acilia. Per raddrizzarsi i denti si è messa un apparecchio dolorosissimo. Da ministro della Salute prese una sbandata per Stamina, una cura «da Nobel». Organizza le Governiadi, scuola politica sul lago di Bolsena dove, alla sera, si lancia in balli vorticosi e sensuali.



Marianna Madia (Sviluppo)
Se il compito principale del nuovo governo è la lotta ai grandi burocrati, Marianna Madia ha i requisiti giusti. Intanto perché, dopo avere scambiato il ministero dello Sviluppo per quello del Lavoro (una disavventura che le costò critiche immeritate), impiegherà dei mesi per trovare il palazzo giusto, seminando il panico tra le ragnatele umane che abitano i piani alti. E poi la sua «straordinaria inesperienza», di cui si è sempre giustamente vantata, la farà sentire a proprio agio tra tanti funzionari che lavorano all’insaputa di se stessi. In dolce attesa, farà un figlio in tre mesi per venire incontro alle esigenze renziane di rapidità.



Dario Franceschini (Cultura)
Come anticipato da tempo, alla Cultura è arrivato uno scrittore. Non proprio Alessandro Baricco autore di «Seta» e fondatore della Holden, ma Dario Franceschini autore di «Daccapo» - la storia di un notaio di provincia che ha 53 figli da altrettante prostitute - e fondatore di Area Democratica, la corrente del Pd a cui quei 53 sarebbero iscritti (secondo i maligni). Daccapo?, col punto interrogativo, è anche l’espressione con cui Enrico Letta avrebbe commentato la sua nomina a ministro. Potrebbe presto usarla lo stesso Renzi, qualora Franceschini decidesse di mollarlo per qualcun altro: per motivi culturali, ovviamente.



Maurizio Martina (Agricoltura)
Come ogni bergamasco, il trentacinquenne Maurizio Martina è pazzo dell’Atalanta e ha scritto sull’Eco di Bergamo (Enrico Mentana favorito per la direzione). È nato al Calcinate, il paese dello zar Pietro Vierchowod. Nel ’93, appena morto Paolo Borsellino, organizzò un viaggio a Palermo dove coi compagni inscenò uno spettacolo teatrale sulla legalità. Lui aveva la parte di un agente di scorta. Invece di condurre il giovane Maurizio verso la gloria dei palcoscenici, l’evento lo conquistò alla passione civile. Dice di aver letto e sottolineato tutto Gramsci. Potrebbe farne uno scattante bignami per Matteo.



M.E. Boschi (Riforme)
Ministro delle Riforme e dei rapporti con il Parlamento, che non ha molta voglia di riformarsi ma tantissima di rapportarsi con lei. Come tutte le donne di aspetto grazioso, paga il dono di natura con invidie e malignità assortite. Ospite in decine di talk show, dalla sua bocca non è mai uscita una frase polemica, irriguardosa o anche solo imbarazzante. Non fa mai battute, ma da anni sopporta cristianamente quelle di Renzi. Forse è talmente seria che non le capisce, beata lei. Ma quando Matteo le ha detto che l’avrebbe portata in segreteria e subito dopo al governo, per la prima volta ha sorriso. Pensava fosse una battuta.



M. C. Lanzetta (Affari regionali)
Maria Carmela Lanzetta (59 anni) è l’ex sindaco di Monasterace, nella Locride (Reggio calabria). La sua sfida alla ’ndrangheta le ha procurato numerosi guai: le hanno scritto lettere minatorie, le hanno dato fuoco alla farmacia, hanno bersagliato di proiettili la sua auto e alla fine è entrata nel pantheon personale di Pippo Civati. Era contraria al governo, ma ha poi repentinamente cambiato giudizio.



Maurizio Lupi (Trasporti)
Il cinquantaquattrenne Maurizio Lupi ha la voce di Gianni Morandi (ma è stonato) e il viso della figlia di Fantozzi. Cattolico e ciellino, ha alle spalle una lunga carriera politica, ma ciò di cui va orgoglioso è la tenuta atletica: organizza viaggi per parlamentari alla maratona di New York. Sulla distanza deteneva il record del palazzo con 3 ore e 48, ma da poco glielo ha demolito Sandro Gozi: dieci minuti di meno! Amico di Angelo Scola, alla fumata bianca si precipitò da podista a San Pietro, convinto di essere diventato un po’ santo padre anche lui. Tornò mesto in via dell’Umiltà, sede del Pdl, dove fu accolto da impietosi cori di scherno.



Federica Guidi (Sviluppo)
Figlia dell’allora padrone della Ducati, requisito essenziale per entrare nel governo del Piè Veloce. Ha imparato la politica in Confindustria come vice di Matteo Colaninno, nel modo più semplice: facendo sempre il contrario di quel che faceva di lui. Molto apprezzata a destra per il suo piglio. Berlusconi voleva portare lei al governo e la Carfagna a cena, ma poi ci fu un disguido negli inviti. L’addetta allo Sviluppo (auguri!) ha le idee chiare: «Non pretendo che i miei collaboratori lavorino 12 ore al giorno. Ma non sarebbe uno scandalo lavorarne 42 alla settimana». Non fosse che lavorare che sta diventando uno scandalo, o comunque una rarità.

http://www.lastampa.it/2014/02/22/multimedia/italia/ministri-i-ritratti-secondo-feltri-e-gramellini-kBJJO0bfBB26BRugUmohTK/pagina.html