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lunedì 5 aprile 2021

Alfano, Minniti & C. I ministri di Renzi, casta che lavora. - Lorenzo Giarelli

 

La sintesi più efficace viene da Giovanni Paglia, componente della segreteria nazionale di Sinistra Italiana: “Alfano è a capo del primo gruppo della sanità privata, Padoan si appresta a presiedere Unicredit, Minniti fa il promoter di Leonardo e ora De Vincenti va a lavorare per i Benetton. Tutti ex ministri o sottosegretari: viene quasi da pensare che il governo Renzi sia stato un ufficio di collocamento”.

La metafora funziona perché in effetti, quattro anni e mezzo dopo il referendum che mise fine all’esecutivo di Matteo Renzi, non è solo il senatore semplice di Rignano ad aver trovato fortuna fuori dai Palazzi della politica – in cui però l’ex premier tiene ancora un piede e mezzo dentro – ma anche parecchi dei suoi vecchi compagni di strada. Certo, nessun altro ha un posto come membro stipendiato di un board saudita benedetto dal principe Bin Salman, ma sono comunque tutti ben piazzati, anche grazie alle competenze e alle relazioni personali maturate durante quegli anni di governo.

Affari Banche, aerei e ospedali lombardi.

L’ultimo caso è quello di Claudio De Vincenti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Matteo poi promosso ministro alla Coesione territoriale da Paolo Gentiloni, che prenderà il posto del defunto Antonio Catricalà come presidente di Aeroporti di Roma (Adr), la società controllata dalla famiglia Benetton che gestisce gli scali di Ciampino e Fiumicino.

Nel 2018 De Vincenti aveva fallito il ritorno in Parlamento, sconfitto in malo modo nel collegio uninominale di Sassuolo, dove il centrosinistra arrivò terzo dietro sia al centrodestra che al Movimento 5 Stelle. Occupandosi di aeroporti, per l’esponente del Pd sarà anche un ritorno all’antico: quando Massimo D’Alema era a Palazzo Chigi – parliamo della fine del secolo scorso – De Vincenti coordinava il Nars, la struttura del ministero del Tesoro che regola i servizi di pubblica utilità. Tutti motivi per cui adesso potrà mettersi alle spalle l’ultima delusione elettorale, come per altro avevano già fatto altri colleghi dell’epopea renziana.

A indicare la via ci pensò Angelino Alfano. Già nel luglio 2019, l’ex ministro dell’Interno (con Gentiloni sarebbe passato agli Esteri) si fece convincere dall’allettante proposta del Gruppo San Donato, il colosso della famiglia Rotelli che domina la sanità privata lombarda e che gli offrì la presidenza della holding. Anche Alfano, come De Vincenti, era fuori da Montecitorio dal 2018, quando decise di non ricandidarsi.

La stessa cosa non si può dire per due ex ministri renziani approdati di recente ad altre carriere, scelte a scapito del posto in Parlamento. Pier Carlo Padoan ha infatti lasciato il seggio in quota Pd: a ottobre Unicredit lo ha designato componente del Consiglio di amministrazione e presto verrà formalizzata la sua nomina a presidente dell’Istituto. Un incarico per cui gli torneranno parecchio utili gli anni di esperienza da ministro dell’Economia, ben quattro tra il 2014 e il 2018, prima con Renzi e poi con Gentiloni. In Unicredit infatti potrebbe trovarsi a gestire la fusione con il Montepaschi, la banca che da ministro ha nazionalizzato nel 2017 e a cui il suo ex ministero garantirà una cospicua dote pubblica.

Allo stesso modo, l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti farà tesoro del periodo al governo ora che dovrà dirigere la fondazione Med-Or, creatura del gigante della difesa e dell’aerospazio Leonardo (la ex Finmeccanica). E se di Minniti si ricordano soprattutto le fatiche nel contrasto all’immigrazione dal Nord Africa e nelle relazioni con la Libia, parte di quei temi torneranno centrali nella sua attività, dato che l’obiettivo di Med-Or è quello di costruire “un ponte” attraverso cui “far circolare idee, programmi e progetti concreti” nel settore della difesa e della tecnologia con i Paesi esteri “dal Mediterraneo allargato fin sotto il Sahara, fino al Medio ed Estremo Oriente”.

Se poi Minniti dovesse aver nostalgia degli anni al governo, potrà sempre farsi un giro nei corridoi di Leonardo, dove potrebbe incrociare una sua vecchia conoscenza dei Consigli dei ministri renziani. Da maggio 2020 infatti Federica Guidi fa parte del cda dell’azienda, dove è giunta quattro anni dopo aver lasciato lo Sviluppo Economico a causa dell’inchiesta sul progetto Tempa Rossa: non indagata, l’ex ministra fu intercettata mentre parlava con il compagno (archiviato dopo l’inchiesta) di un imminente emendamento che avrebbe riguardato anche gli interessi industriali dell’uomo. Finita l’esperienza al ministero, la Guidi ha anche potuto recuperare il posto in Ducati Energie (dove è vice-presidente esecutivo) e in Gmg Group, dove siede nel Consiglio di amministrazione.

Onu Agricoltura e scuola tra Nazioni Unite ed Europa.

Un po’ diversi, ma certo non meno prestigiosi, i percorsi di Maurizio Martina e Stefania Giannini. Il primo, dopo quattro anni trascorsi alle Politiche Agricole e uno, particolarmente travagliato, da segretario reggente del Pd, a gennaio di quest’anno è stato nominato vicedirettore generale aggiunto della Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di alimentazione e agricoltura.

E all’Onu lavora da un pezzo anche Stefania Giannini, che con Renzi fu ministra dell’Istruzione fino al 2016. Dopo una lunga carriera universitaria e gli anni al governo, oggi la Giannini è vicedirettrice dell’Unesco, la nota agenzia che promuove “la pace e la comprensione” tra le Nazioni, ente in cui l’ex ministra ha la delega all’Istruzione.

Posizione da cui, anche in virtù dei mesi fianco a fianco al governo, potrà forse dare qualche consiglio a Federica Mogherini, ministra degli Esteri con Renzi e da settembre 2020 rettrice del Collegio d’Europa, l’Istituto di alta formazione in studi europei con sede a Bruges e a Varsavia e finanziato dall’Unione.

IlFattoQuotidiano

martedì 16 febbraio 2021

LA VERGOGNA E’ CADUTA SU CHI POTEVA EVITARLA E NULLA HA FATTO. - Giuseppe Messina

Questa volta è venuto il vecchio saggio a trovarmi. Abbiamo assistito, tramite Televisione, al giuramento dei ministri del governo Draghi ed il passaggio della campanella da Giuseppe Conte al nuovo premier e durante il pranzo ne abbiamo discusso e commentato.

La prima frase del vecchio saggio è stata: “La vergogna è caduta su chi poteva intervenire e nulla ha fatto. Mi riferisco, in primis, al Presidente del Consiglio Draghi che ha accettato, da chi glieli ha proposti, i nomi di Brunetta, della Gelmini e della Carfagna e a sua volta inseriti nella lista dei ministri portata al cospetto del Capo dello stato; in secondi mi riferisco al Presidente della Repubblica che mai avrebbe dovuto accettare tali elementi!”

Sapevo cosa mi avrebbe risposto, ma ho voluto chiedere ugualmente il perché di tale sua convinzione. A questo punto rispose e poco mancava che m’insultasse,:
“Ho l’impressione che anche tu abbia perso la memoria. Hai dimenticato chi sono e a chi appartengono tali elementi? Questi appartengono ad un partito fondato da due condannati dalla magistratura italiana, di cui uno per motivi di mafia e sono gli stessi che per volontà dell’allora Presidente del Consiglio delinquente hanno votato in Parlamento, con grande offese nei confronti del popolo sovrano, che una ragazza marocchina di facili costumi era la nipote di Mubarak, il presidente egiziano!”

E già! Come si suol dire: il governo Draghi parte con il piede sbagliato e quello che era stato annunciato dai soliti millantatori come “il governo dei migliori” si rivela essere il governo infiltrato dai peggiori! Per tanto, stante come stanno le cose, se non fossimo stati minacciati dalla pandemia da Covid19, forse sarebbe stato meglio andare alle elezioni.

Tirando le somme, come se non bastasse, il nuovo governo risulta, con grande dispiacere, essere infiltrato anche da un ministro del Renzicchio il traditore bugiardo, prepotente arrogante e sotto inchiesta giudiziaria, amico di Verdini. Come se non bastasse è anche sostenuto dal partito razzista con a capo un pericoloso ignorante, mentitore, traditore ed affarista come l’antieuropeo Salvinicchio.

Comunque la congiura dei potenti si è rivelata vincente, almeno fino alla formazione del governo Draghi: il professore Giuseppe Conte è stato mandato a casa nonostante il suo valore, i suoi innegabili successi, sia in Italia che in Europa dove nessuno prima di lui aveva ottenuta tanto successo, conquistando ciò che nessun altro avrebbe potuto. Egli. Non soltanto è riuscito a farsi assegnare i 209 miliardi, ma è riuscito a rivoluzionare l’arcaica mentalità dei politici europei nei confronti dell’Italia. Il resto è da vedere!

Chi non avrebbe avuto nulla da perdere è, naturalmente, il P. D. infatti, accettando a scatola chiusa, non poteva non fare parte del governo Draghi, essendo parte integrante di un vecchio sistema accomodante.

Per quanto riguarda il M.5S., che ha accettato il responso della sua base e perciò è entrato a fare parte del nuovo governo, certamente è prevedibile una strada tutta in salita: ha avuto contro i potenti parassiti e continuerà ad averli contro; ha avuto contro la stragrande maggioranza della stampa e delle televisioni e continuerà ad averli contro, perché, anche se non tutti l’ammettono, gli si riconosce grande onestà e, come si sa, questa non è apprezzata da chi è abituato a mettere, abusivamente, le mani dove si muovono gli ingranaggi del potere politico-economico. Quel che peggio, il M.5S. ha la maggior parte dell’elettorato che vorrebbe una dirigenza con la bacchetta magica e non capisce che, in politica non dovrebbe esistere la parola MAI e che bisogna avere pazienza, capacità organizzativa, costanza e intelligenza.

sabato 13 febbraio 2021

I Migliorissimi. - Marco Travaglio

 

Mentre il Premier Incaricato, Sempre Sia Lodato, leggeva la lista del Governo dei Migliori con i Ministri di Alto Profilo, il primo pensiero andava a Cirino Pomicino: per reclutare una ciurma del genere, bastava e avanzava lui, senza scomodare Draghi. Il secondo pensiero era per i poveri 5Stelle e soprattutto per i loro elettori, gabbati da Grillo gabbato da Draghi, passati da partito di maggioranza relativa a partito e basta, con tanti ministri (peraltro inutili come gli Esteri o minori come gli altri) quanti il Pd (che ha metà dei loro seggi e 3 dicasteri più un tecnico d’area) e uno in più della Lega (metà dei loro seggi) e di FI (un quarto). Notevole anche l’ideona di inventare il super-ministero della Transizione Ecologica, già diventato mini perché gli manca il Mise, e regalarlo al renzian-leopoldiano Cingolani. Il terzo pensiero era per Previti e Dell’Utri: perché escluderli? Il quarto era per i cercatori d’“anima”, i cacciatori di “visione”, i ghostbuster di “identità della sinistra”, i gemmologi di “purezza progressista”, gli spingitori di “competenza” e dunque di “discontinuità”, i guardiacaccia anti-“trasformisti”. Ora i nuovi dioscuri Sergio e Mario li hanno accontentati tutti in un colpo solo, con un governo dotato contemporaneamente di anima, identità, sinistra, ecologismo, competenza, discontinuità e anti-trasformismo. Il Governo dei Migliori, appunto.

All’“anima”, “identità” e “purezza” di sinistra ci pensa il governo Berlusconi-4, momentaneamente parcheggiato presso il Draghi-1 nelle persone di Gelmini, Brunetta, Carfagna, Giorgetti e Stefani.

All’ecologismo badano Giorgetti, le truppe forziste e altri santi patroni del partito del cemento, del bitume, delle trivelle e del Tav.

Per la competenza, a parte tre o quattro tecnici (fra cui quel Colao che, quando lo chiamò Conte, tutti sghignazzavano su Colao Meravigliao), c’è un trust di cervelli mica da ridere: dalla Gelmini e i suoi neutrini nel tunnel Gran Sasso-Ginevra; a Brunetta, grande esperto di tornelli e diplomazia; a Orlando (quello che “mai con la Lega”), che può passare dalla Giustizia al Lavoro al nulla con la stessa enciclopedica impreparazione.

Alla discontinuità provvedono Franceschini (al suo quarto governo), Brunetta, Gelmini, Carfagna, Giorgetti e Di Maio (terzo), Bonetti, Stefani, Garavaglia, Giovannini, Orlando, Guerini, D’Incà, Dadone, Patuanelli, Lamorgese, Speranza (secondo). Otto ministri del Conte-2: ma quindi era vero che erano i “migliori del mondo”?

All’anti-trasformismo, c’è solo l’imbarazzo della scelta: lo rappresentano praticamente tutti.

Manca solo Giuseppe Conte che, pur nella momentanea disgrazia, è il solito fortunello: non essendo né un migliore né un competente, lui non c’è. Che culo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/13/i-migliorissimi-2/6100064/

Draghi, il governo “dei competenti”? Con il manuale Cencelli. I ministri: 15 politici e 8 tecnici. Quattro del M5s, 3 di FI, Pd, Lega. Uno per Iv e Leu. Le novità: Cingolani e Colao a ecologia e digitale.

 

CRONACA ORA PER ORA - L’ex governatore della Bce scioglie la riserva: Franco all’Economia, Cartabia alla Giustizia, alle infrastrutture Giovannini, allo Sviluppo economico il leghista Giorgetti, all’istruzione Patrizio Bianchi, al lavoro il dem Andrea Orlando. Confermati Di Maio, Lamorgese, Speranza, Guerini, Franceschini. La componente Forza Italia: Brunetta alla Pubblica amministrazione, Carfagna al Sud, Gelmini alle Autonomie.

Alla fine Mario Draghi ha seguito effettivamente il modello di Carlo Azeglio Ciampi. Ma si è dovuto affidare parecchio pure a Massimiliano Cencelli, il democristiano che inventò il mitologico manuale che porta il suo nome. Il governo dei competenti, quindi, nella sua parte politica è il risultato di un’elaborata distribuzione di poltrone. Una divisione effettuata col bilancino che alla fine finisce inevitabilmente per sacrificare competenze ed esperienza. D’altra parte i partiti che appoggiano l’ex presidente della Bce sono quasi tutti quelli presenti in Parlamento: trovare la quadra è stato complicato.

Conferme, ritorni e proporzioni: i numeri del governo Draghi – La proporzione tra tecnici e politici è di uno a due: i primi sono otto, i secondi 15. Sono i tecnici, però, a guidare i ministeri chiave. Quattro ministeri vanno al Movimento 5 stelle, principale gruppo politico in Parlamento. Tre dicasteri vanno invece a esponenti della Lega, di Forza Italia e del Pd: partiti che nel 2018 avevano eletto tutti più o meno lo stesso numero di parlamentari. Ai gruppi più piccoli – Italia viva e Leu – resta un ministero a testa. Dopo tanti annunci le donne sono solo otto su ventitré poltrone in totale: poco più di un terzo. L’età media si alza a 54 anni, dopo i 48 del Conte 2 e i 47 del Conte 1 (il secondo più giovane della storia repubblicana). Non entrano i leader di partito, ma i numeri due (per il Pd Andrea Orlando, per la Lega Giancarlo Giorgetti). Nove i ministri confermati dal precedente esecutivo, anche se qualcuno per motivi di parcellizzazione deve cambiare delega, mandando in fumo un anno e mezzo di esperienza. Rientrano al governo anche tre leghisti che sedevano già nell’esecutivo gialloverde, mentre tre esponenti di Forza Italia tornano a fare i ministri a dieci anni dall’ultima volta. Ma andiamo con ordine.

Europa e Recovery in mano a premier e tecnici – A nove giorni dall’incarico ricevuto da Sergio Mattarella, Draghi è salito al Colle per sciogliere la riserva e sottoporre la lista dei ministri al presidente della Repubblica. Che l’ha approvata, firmando i decreti di nomina: il giuramento è previsto per sabato 13 febbraio alle ore 12. Il premier è poi uscito per leggere alla stampa la lista dei componenti dei suoi governi. I dicasteri sono praticamente identici a quelli del governo Conte. Non c’è più il ministero per gli Affari europei, mentre i dicasteri chiave per la gestione del Recovery plan sono tutti affidati a tecnici: segno che Draghi intende tenere per sé e per le persone di sua fiducia sia i rapporti con l’Europa che la stesura del delicato piano di fondi europei.

I tecnici: da Cingolani a Colao – Il cambiamento principale è quello legato al ministero che suscitava maggior interesse nell’opinione pubblica: quello alla Transizione energetica, chiesto da Beppe Grillo come condizione per l’appoggio del M5s. Il nuovo dicastero prende il posto del ministero dell’Ambiente, che assorbirà le competenze in materia energetica al momento assegnate agli altri ministeri. Il titolare del nuovo dicastero presiederà anche un comitato interministeriale che sarà creato per la transizione energetica. Un ruolo delicato per il quale la scelta di Draghi è finita sul fisico Roberto Cingolani, manager di Leonardo, che ha partecipato a Sum, il convegno annuale organizzato dalla fondazione Gianroberto Casaleggio. Ma è stato pure ospite della Leopolda di Matteo Renzi e di Vedrò, il vecchio think tank di Enrico Letta. In passato ha condotto una rubrica sulla web radio del fattoquotidiano.it. Un altro tecnico che era tornato di recente al centro delle cronache politiche è Vittorio Colao, il manager scelto da Conte per guidare la task force sulla ripartenza del post pandemia: da domani guiderà il ministero per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale. Viene spoliticizzato pure il ministero della giustizia: sarà guidato da Marta Cartabia, ex presidente della Consulta nominata da Giorgio Napolitano. Eredita la poltrona di Alfonso Bonafede e una serie di riforme delicate e fondamentali anche in chiave Recovery plan. Tecnici sono pure Cristina Messa, ex rettrice della Bicocca che va all’Università, e Patrizio Bianchi, ex assessore regionale in Emilia Romagna e rettore di Ferrara, al quale invece va l’Istruzione. Alle Infrastrutture finisce Enrico Giovannini, già ministro con Mario Monti. Confermata la nomina all’Economia di Daniele Franco, direttore generale di Bankitalia e fedelissimo di Draghi. In quota “tecnica” è pure una delle ministre riconfermate del passato governo: Luciana Lamorgese rimane a guidare il Viminale come fa nel 2019. All’epoca la scelta era stata di spoliticizzare il Viminale dopo l’ingombrante presenza di Matteo Salvini. Adesso la Lega governerà con la ministra che ha tanto attaccato in questi mesi.

La politica: tra conferme e new entry (e poche donne) – Poi ci sono i politici. Quelli confermati dal governo Conte 2 sono per il M5s Luigi Di Maio, che resta agli Esteri, Federico D’Incà, ai Rapporti per il Parlamento, Fabiana Dadone, che invece trasloca: lascia la Pubblica amministrazione e va alle Politiche giovanili. Cambia ministero pure Stefano Patuanelli, di professione ingegnere: lascia lo Sviluppo economico e va all’Agricoltura. Il Pd conferma Dario Franceschini alla Cultura – dal quale viene scorporato il Turismo – e Lorenzo Guerini alla Difesa. Entra al governo, al ministero del Lavoro, Andrea Orlando: per l’attuale vicesegretario del Pd è la terza volta da ministro dopo i precedenti all’Ambiente e alla Giustizia. Leu ottiene la conferma di Roberto Speranza alla Salute, mentre Italia viva, che aveva provocato la crisi facendo dimettere i suoi ministri, riporta di nuovo alle Pari opportunità Elena Bonetti: dopo meno di un mese, quindi, la renziana torna a sedersi sulla poltrona lasciata in polemica col governo Conte. Poi ci sono gli altri partiti, quelli che sono passati dall’opposizione alla maggioranza. La Lega di Salvini torna al governo e piazza Giancarlo Giorgetti, già sottosegretario del governo gialloverde, allo Sviluppo Economico. Erika Stefani, ministro degli Affari regionali del governo Conte 1, si siede sulla poltrona di ministra delle Disabilità, un dicastero creato dopo espressa richiesta di Salvini. Massimo Garavaglia, viceministro dell’Economia del governo gialloverde, torna al vertice del ricostituito ministero del Turismo. Anche per Forza Italia tre poltrone e tutte a tre a ex ministri, che però non fanno parte di un esecutivo dai tempi di Silvio Berlusconi: dopo le roventi polemiche del 2008/2011 Renato Brunetta si riprende l’incarico al vertice della Pubblica amministrazione. Mara Carfagna – già titolare delle Pari Opportunità – ottiene il Sud e la Coesione sociale, Mariastella Gelmini, contestatissima ministra dell’Istruzione di Berlusconi, va invece agli Affari regionali. Il sottosegretario alla presidenza del consiglio sarà Roberto Garofoli, già capo di gabinetto del ministero dell’Economia che si dimise nel dicembre del 2018 in polemica con il Movimento 5 stelle.

Un governo del Nord – E se a livello politico Draghi ha stilato la sua lista seguendo il Cencelli, a livello geografico è andata diversamente. A prevalere nel nuovo governo è soprattutto il nord d’Italia, con una schiacciante maggioranza di 9 lombardi (Cartabia, Guerini, Giorgetti, Cingolani, Messa, Colao, Gelmini, Bonetti, Garavaglia). Il quadro delle regioni settentrionali si completa con una piemontese (Dadone), un ligure (Orlando), un friulano (Patuanelli), quattro veneti (Brunetta, Stefani, Franco e D’Inca, questi ultimi due originari di Belluno) e due emiliani (Franceschini e Bianchi, entrambi di Ferrara).Il centro Italia vede un laziale (Giovannini) e per il Sud quattro ministri: due campani (Di Maio, Carfagna) e due lucani (Speranza e Lamorgese, entrambi nati a Potenza).

Ecco la lista dei ministri del governo Draghi:

MINISTRI SENZA PORTAFOGLIO.

Sottosegretario alla Presidenza del consiglio: Roberto Garofoli

Ministro per i Rapporti con il Parlamento: Federico D’Incà (M5s)

Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale: Vittorio Colao (Tecnico)

Ministro per la Pubblica Amministrazione: Renato Brunetta (Forza Italia)

Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie: Mariastella Gelmini (Forza Italia)

Ministro per il Sud e la Coesione territoriale: Mara Carfagna (Forza Italia)

Ministro per le Politiche giovanili: Fabiana Dadone (M5s)

Ministro per le Pari opportunità e Famiglia: Elena Bonetti (Italia viva)

Ministero per le Disabilità: Erika Stefani (Lega)

MINISTERI COL PORTAFOGLIO

Ministero del Turismo: Massimo Garavaglia (Lega)

Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale: Luigi Di Maio (M5s)

Ministero dell’Interno: Luciana Lamorgese (Tecnica)

Ministero della Giustizia: Marta Cartabia (Tecnica)

Ministero della Difesa: Lorenzo Guerini (Pd)

Ministero dell’Economia e delle Finanze: Daniele Franco (Tecnico)

Ministero dello Sviluppo Economico: Giancarlo Giorgetti (Lega)

Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali: Stefano Patuanelli (M5s)

Ministero per la Transizione Ecologica: Roberto Cingolani (Tecnico)

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti: Enrico Giovannini (Tecnico)

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: Andrea Orlando (Pd)

Ministero dell’Istruzione: Patrizio Bianchi (Tecnico)

Ministero dell’Università e della Ricerca: Cristina Messa (Tecnica)

Ministero della Cultura: Dario Franceschini (Pd)

Ministero della Salute: Roberto Speranza (Leu)

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/02/12/draghi-ecco-i-ministri-15-politici-e-8-tecnici-quattro-del-m5s-3-di-fi-pd-lega-uno-per-iv-e-leu-il-governo-dei-competenti-con-il-manuale-cencelli-le-novita-cingolani-e-colao-a-ecologia/6098994/

Governo Draghi: ecco la lista dei ministri.

 

Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Roberto Garofoli.

Sono otto, su un totale di ventitre, le donne ministro del governo Draghi, mentre gli uomini sono quindici.

La compagine 'rosa' del governo è composta da Marta Cartabia, Luciana Lamorgese, Mariastella Gelmini, Mara Carfagna, Fabiana Dadone, Elena Bonetti, Erika Stefani e Cristina Messa.

Gli uomini sono Dario Franceschini, Andrea Orlando, Federico D'Incà, Vittorio Colao, Renato Brunetta, Massimo Garavaglia, Luigi Di Maio, Lorenzo Guerini, Daniele Franco, Giancarlo Giorgetti, Stefano Patuanelli, Roberto Cingolani, Enrico Giovannini, Patrizio Bianchi e Roberto Speranza.

Ecco tutti i ministri del governo Draghi: 

1) Daniele Franco all'Economia

2) Giancarlo Giorgetti ministro Sviluppo economico

3) Roberto Speranza alla Salute

4) Cingolani all'Ambiente Transizione ecologica

5) Luigi Di Maio ministro degli Esteri 

6) Marta Cartabia alla Giustizia

7) Renato Brunetta alla Pubblica Amministrazione 

8) Andrea Orlando al Lavoro

9) Luciana Lamorgese agli Interni 

10) Erika Stefani alle Disabilità

11) Vittorio Colao all'Innovazione tecnologica

12) Patrizio Bianchi all'Istruzione

13) Dario Franceschini alla Cultura

14) Federico D'Incà ai Rapporti con il Parlamento

15) Massimo Garavaglia al Turismo

16) Elena Bonetti pari Opportunità

17) Mara Carfagna ministro al Sud e Coesione 

18) Lorenzo Guerini alla Difesa

19) Maria Stella Gelmini alle Autonomie

20) Dadone alle Politiche Giovanili

21) Stefano Patuanelli all'Agricoltura

22) Enrico Giovannini alle Infrastrutture

23) Cristina Messa all'Università 

https://www.ansa.it/sito/notizie/speciali/2021/02/12/governo-ecco-la-lista-dei-ministri_dacbfa1b-cad7-49a8-91a1-82b761c511e6.html