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sabato 25 settembre 2021

La revoca in meno di 24 ore del sequestro dell’inchiesta di Fanpage.it su Durigon: cosa è successo. - Adriano Biondi

 

La notizia, come ormai saprete, è che a meno di 24 ore dalla notifica del provvedimento la Procura di Roma ha fatto un passo indietro e, in tempi record, ci ha notificato la revoca del decreto di sequestro. Il modo in cui si è giunti a questo epilogo è paradossale e al tempo stesso molto preoccupante. Proviamo a spiegarvi cosa ci è successo.

Come vi stiamo raccontando, in queste ore ci troviamo nostro malgrado al centro di un caso piuttosto anomalo, determinato dalla decisione del Tribunale di Roma di procedere al sequestro preventivo e all’oscuramento dell’inchiesta Follow The Money di Fanpage.it, avente per oggetto i legami fra Lega e Ugl, nonché il ruolo dell’ex sottosegretario all’Economia del governo Draghi Claudio Durigon. Qui il direttore Francesco Cancellato aveva fatto il punto della situazione e segnalato le ragioni per cui ritenessimo il provvedimento del Gip del Tribunale di Roma profondamente sbagliate, ma anche potenzialmente lesive di diritti costituzionalmente garantiti. Non solo perché le norme di rango costituzionale tutelano la stampa da sequestri e censure, ma anche perché il reato di diffamazione non consentirebbe al giudice di effettuare sequestri preventivi. A nostro modo di vedere, inoltre, il decreto con il quale ci era stata notificata la decisione del Gip partiva da premesse errate, si basava su una conoscenza approssimativa dei fatti, saltava a conclusioni frettolose e non teneva conto delle peculiarità di un'inchiesta giornalistica. Dopo la nostra denuncia, abbiamo ricevuto la solidarietà di migliaia di lettori, di autorevoli esponenti politici, nonché il supporto dell'ordine dei giornalisti, della FNSI, di Articolo 21 e di tantissime altre associazioni e organizzazioni che si battono per la difesa della libertà di stampa e del diritto all'informazione. 

La notizia, come ormai saprete, è che dopo sole 24 ore la Procura di Roma ha fatto un passo indietro e, in tempi record, ci ha notificato la revoca del decreto di sequestro. Attenzione, non sfugga un particolare importante: la Procura ha fatto tutto da sola, noi non abbiamo presentato istanza di opposizione al sequestro, né abbiamo impugnato l'atto che ci era stato notificato. Ci siamo limitati a prendere atto della decisione del Gip e ad attendere che il Pm desse mandato alla postale per l'oscuramento dell'inchiesta (in modalità e tempi che neanche ci era dato sapere).

Invece, senza alcun preavviso, la postale ci ha notificato un nuovo provvedimento, firmato dalla Gip Claudia Alberti, dal procuratore della Repubblica Michele Prestipino Giarritta e dal procuratore aggiunto Angelantonio Racanelli, con cui si dispone la revoca delle misure che ci erano state notificate solo 24 ore prima.

fanpage

venerdì 27 agosto 2021

Durigon vede Salvini, dimissioni da sottosegretario.

 


"Il mio incarico svolto con orgoglio e serietà".


Il sottosegretario della Lega all'Economia, Claudio Durigon ha incontrato il segretario del suo partito Matteo Salvini e si è dimesso. "Ho deciso di dimettermi dal mio incarico di governo che ho sempre svolto con massimo impegno, orgoglio e serietà". Lo annuncia il sottosegretario leghista all'Economia, Claudio Durigon in una lunga lettera diffusa dal suo partito.

Una decisione presa, aggiunge, "per uscire da una polemica che sta portando a calpestare tutti i valori in cui credo, a svilire e denigrare la mia memoria affettiva, a snaturare il ricordo di ciò che fecero i miei familiari proprio secondo quello spirito di comunità di cui oggi si avverte un rinnovato bisogno".

"Un processo di comunicazione si valuta non in base alle intenzioni di chi comunica, ma al risultato ottenuto su chi riceve il messaggio: è chiaro che, nella mia proposta toponomastica sul parco comunale di Latina, pur in assoluta buona fede, ho commesso degli errori.

Di questo mi dispiaccio e, pronto a pagarne il prezzo, soprattutto mi scuso. Mi dispiace che mi sia stata attribuita un'identità "fascista", nella quale non mi riconosco in alcun modo. Non sono, e non sono mai stato, fascista. E, più in generale, sono e sarò sempre contro ogni dittatura e ogni ideologia totalitaria, di destra o di sinistra: sono cresciuto in una famiglia che aveva come bussola i valori cristiani." 

ANSA

Liberarsi di una presenza imbarazzante come quella di questo triste personaggio è gratificante.
Il suo non saper o voler notare la differenza che passa tra i valori cristiani, ai quali fa riferimento, e la simpatia manifestata verso un personaggio, vicino per vincoli parentali ad un altro personaggio che ha causato grossi problemi al nostro paese, è inaccettabile. 
c.

Pissipissibaubau. - Marco Travaglio

 

Il 4 agosto, quando Claudio Durigon, sottosegretario leghista all’Economia, annunciò in un comizio alla presenza di Salvini che, in caso di vittoria del centrodestra a Latina, il Parco Falcone e Borsellino sarà ridedicato ad Arnaldo Mussolini, pensammo ingenuamente che quello fosse troppo persino per i Migliori. E che in poche ore il Migliore dei Migliori, SuperMario Draghi, l’avrebbe accompagnato alla porta con una dichiarazione per ricordare che nel suo governo non c’è spazio per i nostalgici del fascismo e della mafia, che Arnaldo Mussolini non era solo un fascista ma pure un tangentista, che preferirlo a Falcone e Borsellino è uno sfregio alla legalità e una captatio benevolentiae ai malavitosi che imperversano a Latina (anche nella campagna elettorale del fascioleghista). Invece non accade nulla da 22 giorni. Anzi, da Palazzo Chigi trapelano “fastidio” e “irritazione” perché M5S, Pd e varie forze di sinistra, spinti dal Fatto e dalle 160mila firme sulla nostra petizione, hanno provveduto a fare ciò che non faceva il premier: chiedere le dimissioni dell’impresentabile. Ora che Salvini e Durigon, dopo i capricci, appaiono rassegnati all’estremo sacrificio, leggiamo sul Foglio di un “lavorio di Palazzo Chigi”, che però “non apprezza le uscite tese a umiliare” Durigon.

Ma povere stelle, Draghi e Durigon: l’uno non vuole umiliare un fascista che preferisce Arnaldo Mussolini a Falcone e Borsellino; e l’altro, quello che preferisce Arnaldo Mussolini a Falcone e Borsellino, non vuole essere umiliato. Sta’ a vedere che alla fine la colpa di questo sconcio è di chi lo denuncia, cioè nostra. Due anni fa un premier, non certo dei Migliori, cacciò il sottosegretario leghista Armando Siri, coinvolto in una storiaccia di rapporti con giri di mafia e indagato per corruzione. E lo spiegò pubblicamente: “Questo è un governo che ha l’obiettivo di recuperare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e ha un alto tasso di sensibilità per l’etica pubblica”. Ora invece siamo al “lavorio”, al pissipissibaubau tra il lusco e il brusco. Come per gli altri impresentabili – Gerli, Tabacci, De Carolis, Farina-Betulla – nominati dai Migliori e poi, appena smascherati (quasi sempre dal Fatto), fatti sparire alla chetichella, aumma aumma, senza uno straccio di spiegazione. Desaparecidos come nelle purghe staliniane, quando i gerarchi scomparivano dalle foto ufficiali senza motivazioni. Ma, su Durigon, la motivazione conta più della rimozione. Se Draghi non dice nulla sul suo sottosegretario che preferisce Mussolini a Falcone e Borsellino, vuol dire che gli sta bene così. E allora respinga le sue dimissioni. Tanto ormai l’han capito in tanti che quella storia dei Migliori era solo un’esca per gonzi.

ILFQ


Che Draghi sia un uomo con idee di destra, più che di sinistra, si evince dal fatto che venga presentato come economista, accademico, banchiere, dirigente pubblico e Presidente del Consiglio; 
- se ne deduce, pertanto, che essendo un uomo abituato a comandare e dirigere non disdegni chi inneggia alle persone che del potere e del comando abbiano fatto largo uso e, talvolta, anche abuso. 
E' nel suo DNA e non può nascondere tale tendenza.
c.

mercoledì 25 agosto 2021

Salvini s’arrende, Durigon no. Braccio di ferro tra capo e ras. - Giacomo Salvini

 

Ultimi giorni - Il leader leghista apre alle dimissioni: “Vediamo cosa è più utile per il governo”. Ma lui resiste: “Non lascio”.

Dopo venti giorni di silenzi e difese d’ufficio, Matteo Salvini si arrende. Dal meeting di Comunione e Liberazione in corso a Rimini, il leader della Lega apre per la prima volta alle dimissioni del suo sottosegretario all’Economia Claudio Durigon. Un passo indietro che potrebbe arrivare anche in tempi brevi: secondo una fonte autorevole della Lega, Durigon potrebbe fare un passo indietro già entro questa settimana. Eppure il sottosegretario resiste: “Non mi dimetto” ha detto a chi gli ha parlato nella giornata di ieri. Anche nella Lega, dunque, ci sono tensioni sul caso scoppiato il 4 agosto scorso quando il sottosegretario al Tesoro ha proposto di reintitolare il parco di Latina ad Arnaldo Mussolini (fratello del duce) invece che a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino provocando la reazione indignata delle associazioni antimafia e antifasciste e di Pd e M5S che a settembre, quando riaprirà il Parlamento, presenteranno una mozione di sfiducia. “Ho la massima fiducia e stima di Claudio ma valuteremo cosa è meglio fare per lui, per la Lega e per il governo” ha detto Salvini a margine del dibattito a cui hanno partecipato tutti i leader di partito. Una prima crepa dopo giorni in cui Salvini aveva derubricato la questione a polemica “strumentale” sperando che tutto si sgonfiasse nel giro di pochi giorni, una volta passato Ferragosto. E invece non è stato così.

Salvini ieri ha definito Durigon come il “papà di Quota 100” e spiegato che con lui sta parlando “di pensioni e del saldo e stralcio delle cartelle esattoriali” ma poi ha fatto capire che nei prossimi giorni i due prenderanno una decisione per togliere il governo Draghi dall’imbarazzo: “Noi siamo qui per risolvere i problemi e non crearli, per spegnere le polemiche e non per alimentarle”. Poi al Fatto conferma: “Non possiamo passare l’autunno a parlare di fascismo e comunismo: troveremo una soluzione io e lui”. Una dichiarazione che arriva il giorno dopo il faccia a faccia a Palazzo Chigi tra Salvini e il premier Mario Draghi (e tra quest’ultimo e Giorgetti) che fino ad oggi non ha detto nulla sul caso. Secondo fonti vicine a entrambi, nel colloquio di lunedì i due non hanno parlato di Durigon ma la giravolta di Salvini è quantomeno sospetta. E soprattutto, è l’interpretazione dei suoi fedelissimi, apre alle dimissioni del sottosegretario al Tesoro già entro questa settimana. Nei prossimi giorni i due si vedranno e decideranno il da farsi. Salvini sembra pronto a scaricarlo ma dovrà vincere le resistenze del suo fedelissimo. Negli ultimi giorni la pressione politica sul sottosegretario leghista ha messo in imbarazzo il governo e l’obiettivo del leader della Lega è quello di non creare problemi a Draghi quando si aprirà l’autunno caldo delle riforme – fisco, pensioni e concorrenza – e alla vigilia dell’elezione del presidente della Repubblica. Una mozione di sfiducia metterebbe in grosso imbarazzo il governo e provocherebbe una spaccatura profonda tra centrosinistra e centrodestra. E così Salvini vuole togliere le castagne dal fuoco a Draghi prima del voto. L’ipotesi più probabile è che Durigon si dimetta e accetti un posto più pesante nella Lega, oltre alla promessa della candidatura a presidente della Regione Lazio nel 2023.

Il passo indietro di Salvini è stato provocato anche dalla pressione che Pd e M5S hanno messo su Durigon con la minaccia della mozione di sfiducia. Da Rimini il segretario dem Enrico Letta ieri ha confermato che il leghista “si deve dimettere” perché “l’apologia di fascismo è incompatibile con Costituzione e governo”, mentre il leader del M5S Giuseppe Conte ha concordato raccontando che nel 2019, da premier, chiamò Salvini per “revocare le deleghe” al leghista Armando Siri (indagato per corruzione): “Sono fiducioso che Draghi risolverà il caso” ha concluso Conte. Se arriveranno le dimissioni di Durigon, però, non sarà gratis. E Salvini lo ha fatto capire alzando i toni contro il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese su cui pende una mozione di sfiducia di FdI. “Serve un cambio, deve iniziare a fare il ministro” ha detto Salvini.

ILFQ

martedì 17 agosto 2021

Caso Durigon, Flores D’Arcais: “Il leghista è incivile, Draghi è suo complice visto che ancora tace”. - Tommaso Rodano

 

Paolo Flores d’Arcais, su MicroMega lei ha scritto che il sottosegretario leghista Claudio Durigon è “fuori dall’Italia civile” e deve essere cacciato. Basta una battuta su parco “Mussolini” per essere incompatibili con un incarico di governo?

Mi sembra un fatto di un’evidenza incontestabile. Il nostro essere concittadini si basa su un legame comune dato dalla Costituzione. La Costituzione della Repubblica italiana è notoriamente ed esplicitamente antifascista. I ministri e i sottosegretari di governo giurano fedeltà sulla Costituzione. Dunque il sottosegretario Durigon è uno spergiuro.

Se non fosse sufficiente la nostalgia delle radici fasciste di Latina, con una sola frase Durigon ha offeso la memoria di due eroi dell’antimafia.

Con la proposta di cancellare i loro nomi dal parco comunale di Latina, simbolicamente ha fatto morire di nuovo Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Mi pare davvero che ce ne sia più che a sufficienza per dire che Durigon non appartiene all’Italia civile.

Il leghista ha specificato che parlava del fratello di Mussolini, non del Duce in persona. E che bisogna rispettare le radici storiche della città. Altrimenti – è il ragionamento – cosa si fa, si cancella ogni traccia del ventennio?

Guardi, l’argomento è risibile. Credo che la famiglia Durigon, come molte altre dell’Agro pontino, sia di origine veneta. Dovrebbero essere a conoscenza di questo modo di dire: “Pezo el tacòn del buso”. La toppa è peggio del buco.

Si aspetta che intervenga il presidente del Consiglio?

Mi sorprende moltissimo il suo reiterato silenzio, visto che Draghi viene descritto – e sembra ben felice di essere descritto – come un fulmine di guerra in tutte le sue decisioni. In questo caso invece la sua pronta e doverosa reazione latita. Per questo motivo, il suo comportamento diventa più vergognoso di minuto in minuto. Finché non interverrà, è da considerare, per omissione, complice di Durigon.

Crede che la mossa di presentare una mozione parlamentare di sfiducia sia giusta o rischia di trasformarsi in un boomerang, se non dovessero esserci i numeri in aula?

Alla fine penso che non sarà necessaria, perché credo che la parte meno ottusa dell’establishment presto costringerà Durigon ad andarsene. Se invece non dovesse succedere, la mozione diventerà doverosa.

Pare che i renziani di Italia Viva non la vogliano votare, le probabilità di fallimento sarebbero alte.

A quel punto, se tra i partiti non si dovesse trovare una maggioranza determinata a far decadere il sottosegretario del “parco Mussolini”, vorrà dire che questo Parlamento è già espressione plastica dell’Italia incivile.

Il fatto che un politico del profilo di Durigon avesse già trovato spazio nel primo governo Conte cosa dice della qualità della classe dirigente italiana?

Per quanto mi riguarda, il primo governo Conte faceva schifo nel modo più assoluto. Il secondo invece mi faceva schifo “semplicemente”. E significa che è ormai da parecchio tempo che la nostra scelta è tra il peggio, il più peggio e il peggissimo.

Leggendo i sondaggi, al peggio non pare ci sia limite… nei popolarissimi Fratelli d’Italia hanno trovato casa nostalgici ben più radicali di Durigon.

La nostra democrazia si fonda sull’antifascismo: chi non è antifascista è fuori dalla nostra democrazia, questo è il dettato costituzionale. Eppure tra meno di due anni avremo un governo Meloni-Salvini, dunque una maggioranza parlamentare tecnicamente proto-fascista. Credo che questo sia il dramma che incombe. I mass media sembrano ignorarlo e nessun settore dell’establishment lo vuole affrontare. Tra meno di due anni, noi avremo un governo Orban-Le Pen. Oltre che per l’Italia, sarà una tragedia per tutta l’Europa.

ILFQ

domenica 15 agosto 2021

No alla sfiducia: soccorso di Renzi al fascioleghista. - Gia. Sal

 

La posizione ufficiale è che se ne parlerà al ritorno dalle vacanze e quando si riuniranno i capigruppo di Camera e Senato. Ma l’indirizzo è già chiaro: Italia Viva non ha intenzione di votare la mozione di sfiducia individuale che sarà presentata a settembre da Pd, M5S e LeU contro il sottosegretario leghista Claudio Durigon. E non tanto perché nel partito di Matteo Renzi non si ritengano gravi le parole del fedelissimo di Matteo Salvini che il 4 agosto ha proposto di reintitolare il parco di Latina ad Arnaldo Mussolini (fratello del duce) invece che a Falcone e Borsellino. Tant’è che i maggiori esponenti del partito – da Teresa Bellanova (“bruttissima pagina di politica”) a Davide Faraone (“offendere due eroi antimafia dovrebbe essere reato”) – hanno attaccato a testa bassa Durigon. No, il problema, secondo i renziani, è che una mozione di “censura” contro Durigon – unico strumento per chiedere formalmente al premier di revocargli le deleghe – sarebbe una mozione contro il governo Draghi.

La posizione è stata espressa ieri su La Stampa da Ettore Rosato, presidente del partito renziano, che ha fatto sapere che i voti di Italia Viva non ci saranno perché la mozione di “censura” sarebbe di fatto contro Draghi. Una posizione confermata da fonti di Italia Viva secondo cui a decidere dovrebbe essere prima il presidente del Consiglio Draghi, in un caso o nell’altro. Anche Luciano Nobili, deputato romano molto vicino a Renzi lo dice dritto: “Le parole di Durigon sono inaccettabili e vanno condannate – spiega – ma non spetta a noi decidere se deve dimettersi. Per me il caso è chiuso”. Anche il deputato renziano Camillo D’Alessandro, spesso critico nei confronti di Renzi, spiega: “Vedremo cosa fare e Durigon ha detto una cosa grave: ma non l’ha detta rappresentando il governo quindi l’esecutivo non dovrebbe essere investito in questa vicenda”.

La posizione di Italia Viva mette in difficoltà Pd, M5S e LeU che speravano di poter contare su numeri larghi una volta calendarizzata la mozione. Senza i renziani, infatti, i giallorosa non solo non hanno la maggioranza al Senato ma rischierebbero di non averla nemmeno alla Camera dove Iv ha 28 deputati e senza di essi il centrosinistra può contare su 281 parlamentari: per arrivare alla maggioranza di 315 dovrebbe sperare nei 15 ex grillini de “L’Alternativa C’è” che hanno fatto una lunga battaglia contro Durigon e nella ventina di ex 5S che non sono iscritti a nessun gruppo. Numeri risicati, a meno che non arrivi qualche sostegno dal centrodestra. Ipotesi irrealistica visto che né Coraggio Italia né Azione hanno intenzione di sostenere la mozione Pd-M5S: “Durigon dovrebbe dimettersi ma votare la sfiducia in Parlamento vuol dire creare problemi seri al governo” dice Carlo Calenda.

I segnali del soccorso di Iv alla Lega c’erano già: Renzi è l’unico leader a non aver detto una parola sul caso Durigon. Eppure, di occasioni ne ha avute eccome: due presentazioni del libro “Controcorrente” ­e due e-news. Nel frattempo ha dedicato i suoi tweet a qualunque cosa: il reddito di cittadinanza, le Olimpiadi, il ritiro di Valentino Rossi, la guerra in Afghanistan. Ma su Durigon non una parola. Anche Draghi tace. “Ogni giorno chiederemo al premier di ritirargli le deleghe” dice il senatore Sandro Ruotolo.

ILFQ

Il fatto non dovrebbe suscitare meraviglia; è da quando ha perso il referendum che Renzi fa il contrario di ciò che andrebbe fatto come una sorta di vendetta messa in atto nei confronti di chi, noi italiani, non lo ha osannato approvando la sua "schiforma" costituzionale. 

Da quel momento lui si è presentato alle elezioni per il Senato che voleva abolire, ha approvato e appoggiato leggi presentate dalla destra, commette incongruenze malcelando la sua impunità, ha fatto cadere un governo eletto dal popolo...

E' come se volesse dimostrare che chiunque al suo posto può fare le stranezze più assurde senza subire alcun danno.

Basterebbe, forse, non dargli la linfa vitale della quale si nutre, la pubblicità, per spomparlo e privarlo della sfrontatezza della quale fa mostra.

c.

giovedì 12 agosto 2021

A che serve un giornale. - Marco Travaglio

 

La nostra petizione al premier Mario Draghi perché allontani dal governo il sottosegretario fascioleghista all’Economia Claudio Durigon ha raccolto, in mezza giornata di un giorno d’agosto, 25 mila firme. L’ennesima prova del fatto che non c’è vacanza, vittoria pallonara o medagliere olimpico che riesca a distrarre la nostra comunità di lettori e sostenitori dai valori che contano davvero: trasparenza, legalità, antifascismo, disciplina e onore, scolpiti nella nostra Costituzione ma quotidianamente calpestati dal Governo dei Migliori. Un governo senza opposizione, con tutte le lobby e i poteri in cabina di regia e tutta la presunta informazione sdraiata ai suoi piedi, che non riesce a liberarsi di un piccolo e agguerrito giornale, un po’ come il Giulio Cesare di Goscinny e Uderzo non riesce a espugnare il villaggio di Asterix. E, ogni volta che prova ad allungare le mani, l’indomani trova quel che si merita sulle nostre pagine. Ci hanno provato col presunto esperto di Covid, tal Gerli, nel Cts: beccati e costretti a farlo dimettere. Ci hanno provato con l’uomo dei Benetton alle Fs: colpiti e affondati. Ci hanno provato coi subappalti liberi nelle grandi opere: sgamati e indotti e alla retromarcia. Ci hanno provato con la schiforma Cartabia che di fatto aboliva la giustizia: smascherati e forzati a un (pur parziale) dietrofront. Ci hanno provato con l’agente Betulla “consigliere giuridico” di Brunetta: scoperti e respinti con perdite. Ora provano a silenziare lo scandalo del sottosegretario all’Economia che prima annette alla Lega il generale della Guardia di Finanza che indaga sui 49 milioni fregati dalla Lega e poi vuole intitolare al fratello del duce il Parco Falcone e Borsellino di Latina: la campagna del Fatto e le firme dei nostri lettori terranno desta l’attenzione finché il Parlamento voterà la mozione di sfiducia dei 5Stelle, cui han già aderito Pd, Leu e SI, oltre all’Anpi e a una miriade di associazioni antimafia.

Immaginate che accadrebbe se tutti i giornali facessero i cani da guardia della democrazia, anziché i cani da compagnia: avremmo già sventato tante vergogne dell’ultimo semestre e magari ci saremmo risparmiati la Fornero consulente di Draghi sulle pensioni, i turboliberisti a menare le danze della politica e il fisioterapista di Malagò nello staff dirigenziale dell’ad di Cassa depositi e prestiti Dario Scannapieco. Basterebbe che, nelle conferenze stampa di Draghi, anziché scambiare la trasparenza per lesa maestà e complimentarsi per quanto è bravo e bello, tutti i giornalisti gli chiedessero conto e ragione di ogni scandalo. Magari il premier resterebbe sulle sue posizioni. Ma almeno sarebbe costretto a spiegarle. O ad abolire le conferenze stampa.

ILFQ

martedì 10 agosto 2021

Mica so’ Mario, io! - Marco Travaglio

 

E se il rag. Claudio Durigon lo facesse apposta? Mettetevi nei suoi panni (tanto ci state larghi). Siete di Latina, venite dal sindacato dei fasci (Cisnal-Ugl) che voi, da vicesegretario generale, consegnate chiavi in mano a Salvini. Il quale nel 2018 vi nomina deputato e sottosegretario al Lavoro. La vostra campagna elettorale nel Pontino la seguono certi galantuomini inseguiti dalle Procure. Dopo 15 mesi quel genio del vostro capo rovescia il Conte-1 e vi lascia a piedi. Sei mesi fa nasce il Governo dei Migliori e voi vi sentite subito esclusi: come potrebbe mai farne parte, anche come addetto alle pulizie, uno col vostro curriculum? Invece, miracolo: diventate sottosegretario all’Economia, cioè vice del migliore Franco, a sua volta vice del migliorissimo Draghi. Però, da vecchi fasci amanti della goliardia, scappa da ridere persino a voi. Così iniziate a combinarne di tutti i colori per vedere quanto impiegano i Migliori a sgamare l’intruso. A Fanpage confessate di farvi offrire cene da tipi “legati ai servizi segreti” che “fanno paura” e, casomai i Migliori non avessero udito bene, aggiungete un carico da undici sui 49 milioni fregati dalla Lega: “Quello che fa le indagini, il generale della Guardia di Finanza, l’abbiamo messo noi”. Per vedere di nascosto l’effetto che fa. Ma non fa nessun effetto. M5S e SI chiedono la vostra testa, ma i giornaloni dimenticano subito, Franco che con voi controlla la Gdf tace e Draghi – anziché cacciarvi a pedate, avendovi nominato lui – lo assolve in conferenza stampa con una supercazzola.

Ma voi, tignosi, alzate il tiro. In un comizio a Latina, scaldando il pubblico per Salvini, sparate che il Parco Falcone e Borsellino andrebbe dedicato ad Arnaldo Mussolini, il fratello tangentaro del Duce. Che c’è di peggio – pensate – che offendere in un colpo solo la memoria di due martiri dell’antimafia e i valori dell’antifascismo su cui si fondano la Repubblica e la Costituzione? Non solo Draghi e Franco, ma pure Mattarella (fratello di un martire dell’antimafia) insorgeranno come un sol uomo. Invece nisba, a parte le solite richieste di dimissioni da Conte e dalla sinistra. Come se toccasse a voi dimettervi e non ai presidenti della Repubblica e del Consiglio cacciarvi. Ora, mentre preparate la prossima mossa, vi domandate che deve fare di peggio un membro del governo per esser licenziato. Spalancare l’impermeabile ai giardinetti? Proporre un doppio monumento equestre a Hitler e a Riina a Palazzo Chigi? Fatica sprecata. La Legge dei Migliori l’anticipò Totò nello sketch del tizio che viene pestato ogni mattina da uno sconosciuto che lo chiama Pasquale, ma non reagisce mai perché “chissà ‘sto stupido dove vuole arrivare” e poi “che mi frega a me? Mica so’ Pasquale, io!”.

ILFQ

lunedì 9 agosto 2021

Durigon, Giuseppe Conte al Fatto: “Si dimetta dal Governo, frasi su Mussolini aberranti”. - Tommaso Rodano

 

Sul caso Durigon, Giuseppe Conte sembra pronto a combattere una delle prime battaglie da leader dei Cinque Stelle. Quella per le sue dimissioni: “Trovo grave e sconcertante – dice l’ex premier al Fatto – il proponimento del sottosegretario al Tesoro di cancellare l’intitolazione del parco di Latina a Falcone e Borsellino, con l’aggravante di volerlo restituire alla memoria del fratello di Mussolini. È aberrante voler cancellare anni di lotta alla mafia e il sacrificio dei nostri uomini migliori, per giunta allo scopo di restaurare il ricordo del regime littorio”.

Conte si aspetta che il braccio destro di Matteo Salvini nel Lazio sia allontanato subito dal governo: “
Il Movimento chiede che Durigon si batta pure per questo suo progetto ma dismettendo immediatamente l’incarico di sottosegretario di Stato, che richiede ben altri proponimenti”. Per l’ex premier, le parole di Durigon “mettono a nudo l’ipocrisia di forze politiche che, come la Lega, non hanno alcuna reale intenzione di contrastare il malaffare delle organizzazioni criminali”.

A tre giorni dalla proposta “nostalgica” del leghista, nel perdurante silenzio del premier Mario Draghi e dei suoi ministri, la questione Durigon non si sgonfia. Il centrosinistra si muove nella stessa direzione. Anche il Pd considera “grave” il caso Durigon e la posizione del segretario Enrico Letta – come fanno sapere dal Nazareno – coincide integralmente con quella del deputato dem Filippo Sensi: “Le dimissioni del sottosegretario mi paiono un requisito minimo di dignità, opportunità e senso delle cose”, aveva detto venerdì, a caldo. “Non è un semplice scivolone o una caduta di stile. Si è superato un punto. Va posta la questione della sua permanenza nell’esecutivo”, ha confermato Sensi al Fatto. Parole sottoscritte dal collega di partito Emanuele Fiano: “Un uomo che ha nostalgia di Mussolini, e addirittura ne cita il nome ingiuriando la memoria di Falcone e Borsellino, non può servire la Costituzione con disciplina e onore, non dovrebbe restare al governo”.

Una linea condivisa a sinistra anche da Articolo 1, come ha dichiarato Arturo Scotto: “Durigon ha giurato sulla Costituzione che è antifascista. Mi aspetto che arrivi qualche parola da Palazzo Chigi”. Per Nicola Fratoianni di Sinistra italiana, “il braccio destro di Salvini nel Lazio non dovrebbe stare nel governo Draghi da tempo, da ben prima della genialata di intitolare il parco Falcone/Borsellino a Mussolini, non avendo chiarito alcunché dei rapporti opachi con i clan di Latina.”.

Ma pure il mondo associativo esprime “profondo sconcerto”, con Libera e Anpi che ritengono inaccettabile la presenza del leghista pontino all’esecutivo. Per Salvatore Borsellino, fratello minore di Paolo, “Durigon andrebbe radiato immediatamente, ha dimostrato un’assoluta mancanza di qualsiasi forma di sensibilità. Trovo semplicemente assurdo che una persona del genere possa far parte di un governo”. Ha parlato anche Maria Falcone, sorella di Giovanni: “Dichiarazioni che lasciano allibiti, tanto da credere impossibile che siano state realmente pronunciate. Confidiamo che il premier e i ministri prendano le distanze”.

A maggio il tema della permanenza di Durigon nell’esecutivo era stato oggetto di un’interrogazione parlamentare, in seguito all’inchiesta di Fanpage in cui diceva di aver influenzato la nomina di un generale della Guardia di Finanza che indaga sui soldi della Lega. Draghi aveva liquidato tutto con una replica di un paio di minuti. Stavolta forse sarà più complicato.

ILFQ

sabato 1 maggio 2021

Ce l’hanno Durigon. - Marco Travaglio

 

Fate finta di non sapere niente e immaginate questa scena. Il sottosegretario 5Stelle all’Economia parla con Beppe Grillo dell’inchiesta sul figlio per stupro e gli dice di non preoccuparsi perché “il generale che fa le indagini lo abbiamo messo noi”. Nell’ordine, accadrebbe questo: telegiornali, giornali e talk sparerebbero la notizia a reti ed edicole unificate per almeno tre settimane consecutive; destre e sinistre invocherebbero la testa del reprobo e subito il premier Draghi e il ministro Franco convocherebbero il sottosegretario per cacciarlo a pedate dal governo; Sgarbi, Sallusti, Belpietro, Giletti e Santoro direbbero che loro l’avevano detto che le indagini erano compiacenti; Stampubblica intimerebbe a Enrico Letta di rompere ogni dialogo presente e futuro col M5S; il giornale di De Benedetti scriverebbe che è tutta colpa di Conte.

Invece, a dire che “il generale che fa le indagini l’abbiamo messo noi”, è stato il sottosegretario leghista all’Economia Claudio Durigon, parlando – a quanto pare – delle indagini sui 49 milioni di fondi pubblici fatti sparire dal suo partito, costringendo la Procura di Milano a ribadire piena fiducia nei finanzieri che conducono l’inchiesta. Infatti, intorno al caso, regna un meraviglioso silenzio. Solo i 5Stelle e Calenda chiedono le dimissioni, mentre l’interessato – invece di spiegare le sue parole immortalate in una registrazione dal sito Fanpage – minaccia fantomatiche “dieci querele” (a chi, visto che ha fatto tutto da solo?). Salvini tira in ballo Grillo e i 5Stelle (che non c’entrano nulla perché Durigon ha fatto tutto da solo). E il giornale di De Benedetti gli va dietro: “I Cinque stelle attaccano Durigon dopo le tensioni con la Lega sul video di Grillo”. Si ripete tale e quale il giochetto seguìto al video di Grillo: il Tempo riporta una frase di Salvini su un “qualcosina” che gli ha spifferato la sua avvocata e senatrice Bongiorno sul presunto stupro di gruppo, la sottosegretaria M5S Claudia Macina domanda cosa sia quel “qualcosina”, tutti chiedono le dimissioni della Macina anziché di Salvini e della Bongiorno e la ministra Cartabia redarguisce la Macina anziché Salvini e la Bongiorno. Noi ovviamente, non avendo alcun dubbio sull’integrità e la probità di Draghi, immaginiamo che avremo presto sue notizie e che intanto il ministro Franco ritirerà le deleghe al sottosegretario (la Guardia di Finanza dipende proprio dal Mef). Intanto, già pregustiamo la prossima puntatona (almeno una) di Non è l’Arena, il programma senza macchia e senza paura di Massimo Giletti. Possibilmente con una telefonata-trappola a Durigon organizzata dal consulente Fabrizio Corona che, per camuffarsi e incastrarlo meglio, gli fa l’accento svedese.

ILFQ