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lunedì 9 agosto 2021

Durigon, Giuseppe Conte al Fatto: “Si dimetta dal Governo, frasi su Mussolini aberranti”. - Tommaso Rodano

 

Sul caso Durigon, Giuseppe Conte sembra pronto a combattere una delle prime battaglie da leader dei Cinque Stelle. Quella per le sue dimissioni: “Trovo grave e sconcertante – dice l’ex premier al Fatto – il proponimento del sottosegretario al Tesoro di cancellare l’intitolazione del parco di Latina a Falcone e Borsellino, con l’aggravante di volerlo restituire alla memoria del fratello di Mussolini. È aberrante voler cancellare anni di lotta alla mafia e il sacrificio dei nostri uomini migliori, per giunta allo scopo di restaurare il ricordo del regime littorio”.

Conte si aspetta che il braccio destro di Matteo Salvini nel Lazio sia allontanato subito dal governo: “
Il Movimento chiede che Durigon si batta pure per questo suo progetto ma dismettendo immediatamente l’incarico di sottosegretario di Stato, che richiede ben altri proponimenti”. Per l’ex premier, le parole di Durigon “mettono a nudo l’ipocrisia di forze politiche che, come la Lega, non hanno alcuna reale intenzione di contrastare il malaffare delle organizzazioni criminali”.

A tre giorni dalla proposta “nostalgica” del leghista, nel perdurante silenzio del premier Mario Draghi e dei suoi ministri, la questione Durigon non si sgonfia. Il centrosinistra si muove nella stessa direzione. Anche il Pd considera “grave” il caso Durigon e la posizione del segretario Enrico Letta – come fanno sapere dal Nazareno – coincide integralmente con quella del deputato dem Filippo Sensi: “Le dimissioni del sottosegretario mi paiono un requisito minimo di dignità, opportunità e senso delle cose”, aveva detto venerdì, a caldo. “Non è un semplice scivolone o una caduta di stile. Si è superato un punto. Va posta la questione della sua permanenza nell’esecutivo”, ha confermato Sensi al Fatto. Parole sottoscritte dal collega di partito Emanuele Fiano: “Un uomo che ha nostalgia di Mussolini, e addirittura ne cita il nome ingiuriando la memoria di Falcone e Borsellino, non può servire la Costituzione con disciplina e onore, non dovrebbe restare al governo”.

Una linea condivisa a sinistra anche da Articolo 1, come ha dichiarato Arturo Scotto: “Durigon ha giurato sulla Costituzione che è antifascista. Mi aspetto che arrivi qualche parola da Palazzo Chigi”. Per Nicola Fratoianni di Sinistra italiana, “il braccio destro di Salvini nel Lazio non dovrebbe stare nel governo Draghi da tempo, da ben prima della genialata di intitolare il parco Falcone/Borsellino a Mussolini, non avendo chiarito alcunché dei rapporti opachi con i clan di Latina.”.

Ma pure il mondo associativo esprime “profondo sconcerto”, con Libera e Anpi che ritengono inaccettabile la presenza del leghista pontino all’esecutivo. Per Salvatore Borsellino, fratello minore di Paolo, “Durigon andrebbe radiato immediatamente, ha dimostrato un’assoluta mancanza di qualsiasi forma di sensibilità. Trovo semplicemente assurdo che una persona del genere possa far parte di un governo”. Ha parlato anche Maria Falcone, sorella di Giovanni: “Dichiarazioni che lasciano allibiti, tanto da credere impossibile che siano state realmente pronunciate. Confidiamo che il premier e i ministri prendano le distanze”.

A maggio il tema della permanenza di Durigon nell’esecutivo era stato oggetto di un’interrogazione parlamentare, in seguito all’inchiesta di Fanpage in cui diceva di aver influenzato la nomina di un generale della Guardia di Finanza che indaga sui soldi della Lega. Draghi aveva liquidato tutto con una replica di un paio di minuti. Stavolta forse sarà più complicato.

ILFQ

lunedì 1 ottobre 2012

La moderna caccia ai doppiogiochisti e ai corrotti. - Fiorenzo Fraioli


Roberto Farinacci

La Storia si ripete: il segnale del crollo di un regime è, come sempre, l'apertura della caccia ai doppiogiochisti e ai corrotti. Come al tempo del fascismo. E nel 1992.


Sembra di essere tornati al 1992. Improvvisamente i giornali, i telegiornali, le trasmissioni di approfondimento, hanno scoperto che esiste la corruzione. Provvedimenti di peso ridicolo vengono presentati come il primo passo di una lunga marcia moralizzatrice. La strada sarà lunga, si legge tra le righe, ma, soprattutto se Mario Monti sarà confermato alla guida del paese, il processo continuerà. C'è Bondi, l'uomo che ha rimesso in piedi Parmalat, che lavora alacremente. Certo, non sarà facile rimediare ai danni prodotti da decenni di ruberie, ma l'Italia, assicura Monti, ce la farà.

Naturalmente un popolo come quello italiano, scientificamente mantenuto nell'ignoranza, sta abboccando all'amo. 
Un buon osservatorio per tenere d'occhio la progressione della disinformazione orchestrata dai media è Facebook, dove abbondano i links che hanno per oggetto episodi di corruzione. Naturalmente, i sinistri postano episodi che riguardano i destri, e questi ultimi rendono il favore, riportando links ad articoli che trattano di episodi nei quali sono coinvolti i sinistri. Uno spettacolo desolante.
Una minoranza di italiani porta avanti una battaglia disperata, che non ha alcuna possibilità di successo nonostante i dati (e che dati!) che possono portare all'attenzione di tutti siano assolutamente inequivocabili. 
La situazione richiama alla mente quella dell'estate del 1942, quando i primi inquietanti scricchiolii, già percepibili da almeno un anno, erano diventati un rumoroso brontolio. Ciò nonostante, e a dispetto del fatto che la maggior parte della popolazione guardasse ormai con disincanto alle speranze di vittoria, tutta la classe dirigente continuava a giurare pubblicamente fedeltà al regime fascista mentre, sottobanco, erano già iniziate le grandi manovre per rovesciarlo e prenderne le distanze. Al di sotto di questa, lo sterminato esercito dei fascistelli di seconda e terza categoria continuava ad avere fede nel Duce, e ad ignorare bellamente la realtà. Se l'Italia precipitò nella guerra civile, la responsabilità fu anche di questa congerie di piccoli burocrati e privilegiati, contro i quali, per altro, il regime aveva scatenato una guerra propagandistica non dissimile dall'attuale caccia agli sprechi, alla ricerca dei doppiogiochisti che, secondo i coriferi del regime, stavano sabotando l'immancabile vittoria del fascismo. Una caccia nella quale si distinse per zelo il gerarca Roberto Farinacci. Lo scopo di quella campagna, non dissimilmente da quella odierna contro i corrotti, era quello di distrarre l'attenzione del popolo dal vero andamento della guerra, attribuendo le difficoltà a una minoranza di gerarchi di seconda e terza fila, accuratamente scelti per la loro ininfluenza e per i comportamenti particolarmente folkloristici: i Franco Fiorito dell'epoca, insomma.
Il fatto è che, seppure qualche dubbio su una conclusione positiva dell'avventura bellica cominciasse a farsi strada, nessuno di costoro poteva immaginare quello che sarebbe accaduto di li a un anno. I gerarchetti di seconda e terza fila, ai quali non arrivavano le vere notizie, essendo le loro "fonti" esclusivamente i giornali e la radio di regime, finirono così con il costituire il perno della gabbia di disinformazione che condusse l'Italia al disastro dell'otto settembre in condizioni di assoluta impreparazione psicologica e politica. I loro emuli, oggi, frequentano le sedi dei partiti, impegnati tra primarie di coalizione e congressi di rifondazione, mentre, in televisione e sui giornali mainstream, si minimizza la portata degli eventi e si inondano gli italiani di falsità.
Il numero dei complici dell'odierna pervasiva campagna di disinformazione, anch'essi convinti che si, ci saranno dei problemi, ma nulla di disastroso potrà accadere, è impressionante. Costoro si prestano a disinformare perché, in fondo, sono convinti che questo sia il miglior modo per preservare i loro mediocri interessi: "si, certo, la guerra forse è perduta, ma il regime sopravviverà, e a me non conviene essere ribelle". E poiché lo zelo che mettono nel servire i loro padroni è straordinario, ne risulta un fuoco incessante di disinformazione, offuscamento della realtà, travisamento, che sortisce uno straordinario effetto sui milioni di politici di secondo e terzo livello che operano (e mangiucchiano) nei partiti dell'odierno regime.
L'Italia si sta così avviando al nuovo 8 settembre in una condizione di assoluta impreparazione psicologica e politica. Questa è una tragedia epocale. Quello che i giannizzeri dell'informazione mainstream non capiscono, o si rifiutano di accettare, è che non ci sarà un semplice armistizio, dopo il quale si apriranno le trattative per un nuovo ordine europeo guidato dalla Germania vittoriosa, o da una coalizione di Stati del sud che si dimostrerà capace di tenerla a bada. Questo non accadrà mai, perché lo scontro in atto, come i precedenti per altro, prevede una sola possibile soluzione: la resa incondizionata. Dei paesi dell'orlo mediterraneo (Francia compresa) o della Germania. Tertium non datur.
E' come se, dopo le fulminee avanzate tedesche dei primi anni di guerra, si fosse potuto ipotizzare un ordinato ripiegamento degli eserciti del Reich, o una pace che lasciasse nelle mani di quest'ultimo gran parte dei territori conquistati! Impossibile. La Germania, e i paesi suoi alleati, cercheranno invece di vincere questa guerra economica, scatenata nei primi anni della moneta unica allorquando, mentre i paesi del sud venivano invasi dai capitali del nord e costretti a politiche di rientro dal debito pubblico, i tedeschi aumentavano il loro e mettevano in campo politiche di contenimento salariale, realizzando, di fatto e proditoriamente, la svalutazione reale competitiva che ha messo in ginocchio le economie dei cosiddetti PIIGS.
Questi sono dati di fatto che, sebbene non semplici, potrebbero tuttavia essere spiegati agli italiani se solo si dedicasse, a tale scopo, un decimo delle energie e del tempo che viene speso per realizzare i plastici delle scene dei delitti più raccapriccianti. 
Nulla di tutto ciò viene fatto, con la conseguenza che gli italiani, quando ascoltano le notizie economiche e hanno sentore delle mobilitazioni nella piazze europee, le considerano alla stregua delle famose "ritirate strategiche" con le quali il regime fascista nascondeva le sue sconfitte. Dopo El Alamein e Stalingrado, vale la pena ricordarlo, i cittadini romani continuarono ad affollare i caffè chantant di Piazza Esedra, fino a buona parte dell'estate del 1943. Nemmeno lo sbarco in Sicilia del 9-10 luglio 1943 cambiò le loro abitudini, circostanza questa che, probabilmente, contribuì alla decisione degli alleati di bombardare lo scalo di San Lorenzo, la mattina del 19 luglio 1943: 3000 morti e 11.000 feriti. Un antipasto di quello che sarebbe successo dopo.
Sei giorni più tardi, il 25 luglio, le trame tutte interne alla classe dominante portarono alla caduta del fascismo, nel disperato tentativo di trovare una via d'uscita. I balli in piazza Esedra, naturalmente, cessarono, ma gli italiani, invece di mobilitarsi immediatamente e in massa, si rifugiarono in casa. Che altro potevano fare? Nessuno aveva raccontato loro la verità, per anni. E, senza sapere quello che succede, l'unica scelta possibile è quella di rintanarsi in casa.
Ebbene, questo è quello che faranno gli italiani, come prima reazione, quando la situazione precipiterà. Ci sarà però una differenza, che riguarda il "dopo": questa volta il processo che allora non fu possibile celebrare, perché dopo la caduta del Fascismo non si trovava più un solo intellettuale disposto a difenderne le ragioni e alcuni limitati meriti (certamente non bastevoli per un'assoluzione: al più le circostanze generiche), questo processo, dicevo, si farà con assoluta certezza. Perché, questa volta, le dichiarazioni degli eurofili saranno agli atti, nei vecchi post su Internet e nei social forums, e a questa gente, siatene certi, non sarà possibile riciclarsi come avvenne a tanti intellettuali che furono fascisti durante il fascismo, comunisti dopo la caduta del fascismo e (miracolo di San Gennaro!) liberisti dopo la caduta del muro di Berlino! Vi aspettiamo anime belle, continuate pure a straparlare di "più Europa" o di "altra Europa", ma sappiate che il termine ultimo per i ripensamenti è già fissato: sono le prossime elezioni americane.