Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
mercoledì 12 novembre 2025
Si chiamava Aaron Swartz.
domenica 9 novembre 2025
MARCO TRAVAGLIO - Siamo in Russia - IFQ - 9 novembre 2025
Articolo 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.
Da due giorni non facciamo che rileggerlo, nel timore di aver capito male o di non esserci accorti che è stato abrogato. Invece è sempre lì e dice sempre la stessa cosa: non si possono discriminare cittadini per alcun motivo, ivi comprese le loro opinioni politiche.
Strano, perché quasi ogni giorno viene discriminato qualcuno. Di solito si tratta di russi, ma anche ucraini del Donbass o della Crimea, perlopiù artisti bravi e famosi invitati a esibirsi e poi cacciati a pedate su richiesta di entità straniere (siamo o non siamo governati dai sovranisti?), tipo l’ambasciata di Kiev, o gruppi esteri filoucraini e antirussi. E sempre per opinioni politiche o financo per luogo di nascita, che li trasformano in “putiniani” o “amici” o “complici” o “propagandisti di Putin”. Un’equazione (governo=popolo) che ovviamente non vale su Israele. Si dirà: ma sono stranieri, mentre la Costituzione si riferisce agli italiani anche se non lo specifica (sarebbe bizzarro se gli italiani fossero liberi di discriminare gli stranieri, ma lasciamo andare).
L’altro giorno però è stato discriminato un cittadino italiano: lo storico Angelo D’Orsi, laureato con Bobbio, ordinario di Storia del pensiero politico all’Università di Torino dove ha insegnato per 46 anni, autore di oltre 50 volumi tradotti all’estero, biografo di Gramsci, Ginzburg e Gobetti, fondatore e direttore di riviste scientifiche e collaboratore dei principali giornali.
Il 12 novembre D’Orsi doveva tenere una conferenza su “Russofobia, russofilia, verità” al Polo del 900 a Torino, fra i consueti strilli preventivi di nazionalisti ucraini e noti “liberali” tipo i radicali, Carlo Calenda e Pina Picierno. Poi l’altroieri ha appreso dai social della Picierno, eurodeputata “riformista” Pd e (che Dio perdoni tutti) vicepresidente del Parlamento Ue, che “l’evento della propaganda putiniana è stato annullato. Ringrazio il sindaco Lo Russo (si chiama proprio così, ndr) per la sensibilità, il Polo del 900 e tutti coloro che si sono mobilitati a livello locale e nazionale”. Nobile mobilitazione finalizzata a tappare la bocca a un prof che minacciava di dire cose sgradite ai mobilitati, anche se nessuno ancora le conosceva: cioè a censurare le sue opinioni politiche, come fanno le autocrazie e come la Costituzione proibisce di fare (mica siamo in Russia).
Si attende ad horas il vibrante monito del capo dello Stato, massimo custode della Carta, e la dissociazione di Elly Schlein dalla sua eurodeputata e dal suo sindaco affinché D’Orsi possa parlare della russofobia. Senza più neppure il fastidio di doverla dimostrare.
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domenica 14 luglio 2024
(il)libertà di stampa: il caso Italia in Europa.
Ancora fari accesi sull’esercizio della libertà di stampa e di opinione in Italia: i casi ci sono, e numerosi. Eccone alcuni.
“L’interferenza del governo nella RAI è cresciuta costantemente, minando ulteriormente la sua indipendenza”. E poi “il clima di intimidazione che i giornalisti devono affrontare in Italia”, citando una serie di casi tra cui anche “la presunta interferenza politica del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano nella gestione della RAI, in particolare attraverso il suo stretto rapporto con il Direttore della RAI Paolo Petrecca, che dimostra la sottomissione della RAI alla linea del governo”.
Sono alcuni dei passaggi della lettera dell’European Movement International (EMI), insieme ad altre organizzazioni europee e di giornalisti, alla vicepresidente della Commissione europea Věra Jourová per chiedere un’indagine sullo stato della libertà di stampa in Italia. L’EMI già a maggio aveva sollecitato l’Europa a vegliare sulla singolare e preoccupante situazione italiana, ma ora sottolinea come i nuovi fatti intercorsi rendano ancora più urgente prendere una posizione.
Tra i firmatari della nuova lettera c’è anche la Federazione Nazionale della Stampa (FNSI) che non a caso venerdì, 12 luglio, ha voluto sottolineare questo passo con un comunicato stampa che riporta un elenco sintetico ma esaustivo di tanti piccoli e grandi fatti: “La situazione della libertà di informazione in Italia continua a peggiorare. Il record di querele temerarie scagliate contro i cronisti, l’ulteriore stretta alla pubblicazione delle intercettazioni appena diventata legge, la paventata vendita dell’agenzia Agi al gruppo del parlamentare leghista Antonio Angelucci, un direttore che denuncia all’Ordine un Cdr che fa il proprio mestiere, il caso della sospensione inflitta dalla Rai alla collega Serena Bortone: sono solo alcuni esempi del continuo assalto all’indipendenza del giornalismo, che deve allarmare chiunque abbia a cuore il funzionamento stesso della democrazia”. Sono parole scritte e sottoscritte da Alessandra Costante e Vittorio di Trapani, segretaria generale e presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana.
A suggello del quadro pericoloso, proprio venerdì 12 è arrivata la sentenza del Tribunale del lavoro di Roma che ha condannato la Rai per aver avuto comportamenti antisindacali durante lo sciopero organizzato lo scorso 6 maggio dall’Usigrai, il principale sindacato delle giornaliste e dei giornalisti della Rai. In particolare i giudici hanno dato ragione ai ricorrenti, Stampa romana (ASR) e Usigrai, per la mancata lettura in alcune edizioni del comunicato sindacale che in una nota hanno commentato così: “Il giudice ha disposto ampia pubblicità della decisione non solo sulle reti della Rai, ma anche su altri mezzi di informazione di rilevanza nazionale. È una severa reprimenda e un monito per chiunque pensi di mettere in discussione il ruolo e la funzione del sindacato dei giornalisti, attaccando i suoi diritti, a cominciare da quello di esprimere pienamente le proprie ragioni a tutti gli utenti del servizio pubblico”.
La dirigenza Rai si è invece auto assolta per la vicenda della copertura del ballottaggio delle elezioni francesi. Nella relazione consegnata alla Commissione di garanzia, l’amministratore delegato Roberto Sergio ha risposto con tono perentorio affermando che i risultati del voto d’oltralpe sono stati seguiti “nel modo giusto, con attenzione e impegno”, e ha riportato tutti i dati, telegiornale per telegiornale, speciale per speciale. 321 minuti su 12 ore, ha precisato. Le critiche erano state invece sulla programmazione alternativa di RaiNews proprio nei minuti in cui iniziava lo spoglio delle schede:
La sera dei risultati del voto in Francia, mentre gli altri canali di informazione sono in diretta no-stop, il canale all news del servizio pubblico decide di aprire alle 22 sul festival Città Identitarie, ideato da Edoardo Sylos Labini. RaiNews24 non aveva mai toccato il fondo in questo modo, mai aveva abdicato così alla sua missione informativa in occasione di un appuntamento elettorale così importante. Un tempo la nostra testata metteva in campo tutte le risorse per garantire un servizio impeccabile all’utenza, in occasioni simili. Chiediamo al direttore come sia possibile prevedere un approfondimento diverso quando tutte le tv del Continente hanno gli occhi puntati sulle elezioni d’Oltralpe. Verrebbe da pensare che alla debacle della destra il direttore preferisca non dedicare troppo spazio. Petrecca ritiene opportuno, in una serata come questa, dare spazio a un evento non scevro da interessi e legami personali. Una scelta che qualifica la deriva che ha preso da tempo la testata e per la quale ci sentiamo indignati.
COMUNICATO COMITATO DI REDAZIONE RAINEWS
All’indomani di questa presa di posizione, il direttore di RaiNews Paolo Petrecca ha presentato un esposto all’Ordine dei giornalisti contro il Cdr. Un contrattacco che la dice lunga sullo stato di tensione nel canale all news della Rai e che infatti è entrato di diritto nella nuova lettera di allarme alla Commissione europea.
A maggio, il rapporto annuale di Reporter Senza Frontiere aveva messo in evidenza la retrocessione dell’Italia al 46° posto nella classifica dei Paesi per libertà di stampa, slittando di cinque punti rispetto all’anno precedente.
https://www.libertaegiustizia.it/2024/07/13/illiberta-di-stampa-il-caso-italia-in-europa/
martedì 17 ottobre 2023
Cono di argilla Urukagina.
martedì 22 agosto 2023
Avviso agli studenti di diritto costituzionale . - Prof. Guido Saraceni
Chiunque tra di voi avesse pubblicato un post in cui afferma che il generale Vannacci ha il diritto di scrivere ciò che vuole, in ragione dell’art. 21 della Costituzione, è pregato di sostituire il vino con l’acqua, il mojito con il the e gli studi di Giurisprudenza con il corso di laurea triennale in Scienze teoriche dei giochi da spiaggia per persone intellettualmente poco dotate.
mercoledì 2 agosto 2023
E voi, cosa state leggendo in questi giorni? - Professor X G. Middei
sabato 1 aprile 2023
Assange e la democrazia a stelle e strisce - Giuseppe Salamone
Non si tengono più da quando è uscita la notizia dell'arresto di Evan Gershkovich, trentaduenne giornalista americano del Wall Street Journal arrestato dai servizi d'intelligence Russi perché sospettato di essere una spia USA.
Politici, giornalisti, opinionisti e atlantisti compulsivi vari si stanno stracciando le vesti a reti unificate per questo giornalista. Non fanno altro che parlare di libertà di stampa, di democrazia e chi più ne ha che più ne metta. Alla Casa Bianca hanno iniziato a dare lezioni subito seguiti a ruota dai loro vassalli che ripetono a pappagallo ciò che impone Washington.
In tutto ciò c'è un uomo che sta morendo soffrendo come un cane, quest'uomo si chiama Julian Assange: privato della libertà da oltre un decennio e oggi rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh. Tutto ciò solo perché ha avuto il coraggio di svelare i crimini di guerra delle stelle e strisce.
Se aveste dedicato per Assange solo un decimo del tempo che avete dedicato per questa vicenda, a quest'ora Julian sarebbe libero di giocare con i suoi figli, di stare con sua moglie e di informarci sulle porcate che fanno i potenti occidentali. Invece è lì che sta morendo piano piano. O per meglio dire, che sta venendo ucciso da ipocriti guerrafondai senza scrupoli. Vergognatevi perché siete dei grandissimi miserabili!
T.me/GiuseppeSalamone
Giuseppe Salamone
Giuseppe Salamone II
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mercoledì 30 novembre 2022
Caso Assange, caso Renzi. - Alessandro Di Battista
Sul caso Assange sostengo da tempo una cosa: si vuole colpire Julian per educare tutti gli altri. “Colpiscine uno per educarne cento” fu lo slogan utilizzato dalle Brigate Rosse quando fecero il primo sequestro, quello di Idalgo Macchiarini. Le BR odiavano il sistema ma, come vedete, il sistema fa le stesse identiche cose e forse le fa in modo più subdolo. Il caso Assange è, chiaramente, molto diverso dalla vicenda Report incontro in autogrill Renzi-Mancini. Ma c’è qualcosa in comune. Ripeto, vogliono distruggere (e ci stanno riuscendo) Assange per evitare che vi siano altri Julian in futuro. Chi avrà ancora il coraggio di diffondere documenti scottanti sui potenti della terra, a cominciare dalla CIA, se Assange dovesse finire i suoi giorni in carcere? Colpirne uno per educarne 100. Tutti educati al silenzio, alla mansuetudine, ad abbassare la testa.
Ebbene guardiamo la vicenda Report Renzi-Mancini. Una cittadina italiana perbene, un’insegnante, un mattina in autogrill assiste ad un incontro molto strano tra un ex presidente del Consiglio, Renzi, ed un uomo che non riconosce. I due arrivano in auto di servizio e parlottano nella piazzola dell’autogrill. Lei ha la prontezza di riprenderli e invia il filmato a Report. I giornalisti di Report scoprono che quella persona è un agente dei servizi segreti italiani, tal Marco Mancini. Parte giustamente un’inchiesta giornalistica sull’incontro. Perché si sono incontrati lì, di cosa hanno parlato? Il prefetto Gabrielli, divenuto autorità delegata per la sicurezza della Repubblica emana, giustamente, una direttiva restrittiva sugli incontri tra politici e 007. Segno che filmare quell’incontro e dare il video a Report è stato un atto di pubblico interesse.
Ebbene quella donna, un’insegnante e, soprattutto, una fonte giornalistica, è indagata per aver filmato Renzi e per aver fornito il materiale a Report. Rischia 4 anni di carcere. Non rischia 175 anni di carcere come Assange, non finirà (speriamo) in prigione neppure per un giorno. Ma anche lei vuole essere colpita con l’obiettivo di educare altri cittadini attenti, coraggiosi e potenziali “giornalisti”.
Chi in futuro avrà il coraggio di filmare un politico in situazioni sospette o comunque “particolari” qualora l’insegnante che ha filmato l’incontro Renzi-Mancini dovesse finire sotto processo? Questa roba è vomitevole e ancor più vomitevole è il silenzio di gran parte della stampa italiana.
Oggi farò una diretta con Marco Lillo del Fatto Quotidiano. Giornalista che stimo e che ha sempre seguito queste vicende che sembrano di poco conto ma che hanno veramente a che fare con la libertà di stampa dunque con la libertà in generale.
Alessandro Di Battista
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domenica 6 settembre 2020
Senato, i 5Stelle depositano la legge contro gli editori impuri. - Matteo Petri

domenica 16 agosto 2020
Le “liti temerarie” che minacciano la libertà di stampa. - Giovanni Valentini

mercoledì 20 maggio 2020
Una stampa libera, ma libera veramente..- Massimo Erbetti

La finanziaria Exor ha acquistato nei mesi scorsi dai De Benedetti il 43,78% del gruppo Espresso e ne ha assunto il controllo. Dopo il Corriere della Sera, con una partecipazione in Rcs ceduta definitivamente solo nel 2016, e dopo una cessione di fatto de La Stampa proprio al gruppo Espresso, Exor la finanziaria della famiglia Agnelli si compra l'intera Gedi, riprendendosi così il quotidiano torinese ma anche La Repubblica, l'Espresso e varie radio, fra cui Deejay. “Siamo convinti che il giornalismo di qualità ha un grande futuro, se saprà coniugare autorevolezza, professionalità e indipendenza con le esigenze dei lettori, di oggi e di domani”, ha dichiarato il presidente e amministratore delegato di Exor, John Elkann. “Con questa operazione ci impegniamo in un progetto imprenditoriale rigoroso, per accompagnare Gedi ad affrontare le sfide del futuro”.
"... Giornalismo di qualità... Autorevolezza, professionalità..." e ciliegina sulla torta ".. indipendenza.." indipendenza? Elkann, parla di indipendenza?
Notizia fresca fresca: "La Repubblica, Molinari, il nuovo direttore, non fa pubblicare un comunicato sindacale sul caso del prestito a Fca: i giornalisti convocano l'assemblea. Tensione all'interno della redazione del quotidiano, controllato da Exor, ovvero la holding proprietaria anche della casa automobilistica. Il direttore ha chiesto al Comitato di redazione di non pubblicare un comunicato sulla questione del prestito da 6,3 miliardi garantito dallo Stato alla casa automobilistica. All'ordine del giorno della riunione dei cronisti le "ricadute del caso Fca"
Capito?
Questa è la stampa italiana, questo è il modo di informare che c'è in questo paese. Una stampa libera, ma libera veramente? No, non in Italia, non in questo paese, non con queste regole e non con questi personaggi.
Se vogliamo una stampa libera, vanno riviste le regole, ci vogliono editori puri, che non si facciano condizionare, non bastano i tagli agli aiuti statali...ma forse è solo un'utopia perché per sopravvivere un giornale ha bisogno di pubblicità e la pubblicità che porta soldi veri è quella degli Agnelli, dei Benetton, è quella dei poteri forti che hanno interessi, grandissimi interessi affinché le cose non cambino mai.
martedì 3 dicembre 2019
Dell'Utri, che fu condannato per concorso esterno, da domani in libertà. - Aaron Pettinari

Già è possibile immaginare i titoli dei soliti giornaloni o gli interventi di chi parlerà di persecuzione mediatica e giudiziaria. Del resto solo pochi giorni addietro l'ex premier Silvio Berlusconi, in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha parlato di "affetto" e "profonda stima" nei confronti dell'ex braccio destro, addirittura dicendosi convinto che Dell'Utri, dopo la condanna in primo grado a 12 anni, sarà assolto in appello al processo sulla trattativa Stato-mafia. E pensare che ad inizio mese, chiamato a testimoniare dalla difesa Dell'Utri, davanti alla Corte d'assise d'appello si avvalse della facoltà di non rispondere di fatto, come sottolineato da diversi addetti ai lavori, abbandonando a sé stesso l'amico di un tempo. Anche la moglie di Dell'Utri aveva espresso il proprio rammarico quando già si prefigurava la via del silenzio.
Il "povero Silvio" si è subito smarcato dall'accusa di "tradimento" rilasciando dichiarazioni ed interviste a destra e a manca per ricucire il rapporto. "Ero disponibilissimo a rispondere a qualsiasi domanda ma i miei avvocati me lo hanno tassativamente vietato. Io non ho nulla da temere, ma i miei difensori ritenevano che essendovi un’indagine in corso (quella come mandante delle stragi del 1993, aperta a Firenze, ndr) - indagine che non potrà che concludersi con un’archiviazione, com’è già accaduto precedentemente - non fosse quella la sede corretta dove rendere dichiarazioni. Del resto avevo detto pubblicamente più volte che non vi era mai stata alcuna pressione o minaccia, né diretta né indiretta, da parte della mafia o di chicchessia durante i miei governi. Se fosse accaduto avrei immediatamente avvertito l’autorità giudiziaria". Quindi ha escluso "che vi sia stato qualsiasi intervento da parte di Marcello Dell’Utri, così come escludo totalmente e categoricamente che si volesse favorire la criminalità organizzata. Certamente Marcello non mi chiese mai nulla in tal senso e altrettanto certamente non chiese nulla neppure a nessuno dei protagonisti di quel decreto (il decreto Biondi, ndr), che altrimenti l’avrebbero già dichiarato. Sono convinto che Marcello, per il quale ho da sempre un grande affetto e una profonda stima, sarà assolto".
Non è difficile immaginare che la difesa Dell'Utri, così come ha fatto per un'intervista andata in onda su Rai News 24 dopo la sentenza dell'aprile 2018, ne chiederà l'acquisizione in dibattimento.
Al di là dell'esito del processo di Palermo sicuramente non può essere dimenticato quanto è sancito dalla Cassazione. Nelle motivazioni della sentenza di condanna a sette anni per concorso esterno si legge chiaramente che per diciotto anni, dal 1974 al 1992, l’ex senatore è stato il garante “decisivo” dell'accordo tra Berlusconi e Cosa nostra con un ruolo di “rilievo per entrambe le parti: l’associazione mafiosa, che traeva un costante canale di significativo arricchimento; l’imprenditore Berlusconi, interessato a preservare la sua sfera di sicurezza personale ed economica”. Inoltre “la sistematicità nell'erogazione delle cospicue somme di denaro da Marcello Dell'Utri a Cinà (Gaetano Cinà, boss mafioso, ndr) sono indicative della ferma volontà di Berlusconi di dare attuazione all'accordo al di là dei mutamenti degli assetti di vertice di Cosa nostra”.
La Cassazione ha poi evidenziato come “il perdurante rapporto di Dell'Utri con l'associazione mafiosa anche nel periodo in cui lavorava per Filippo Rapisarda e la sua costante proiezione verso gli interessi dell'amico imprenditore Berlusconi veniva logicamente desunto dai giudici territoriali anche dall'incontro, avvenuto nei primi mesi del 1980, a Parigi, tra l'imputato, Bontade e Teresi, incontro nel corso del quale Dell'Utri chiedeva ai due esponenti mafiosi 20 miliardi di lire per l'acquisto di film per Canale 5”.
Inoltre i giudici della Suprema corte, più che di una polizia privata assunta per proteggere sé e la sua famiglia, parlano di un “patto di protezione andato avanti senza interruzioni”. E Dell’Utri era il garante per “la continuità dei pagamenti di Silvio Berlusconi in favore degli esponenti dell’associazione mafiosa, in cambio della complessiva protezione da questa accordata all’imprenditore”.
Ora Dell'Utri ha scontato la pena, seppur nell'ultimo periodo non in carcere, dopo le detenzioni a Parma ed a Rebibbia, ma ai domiciliari per ragioni di salute.
Lo ha fatto mantenendo l'assoluto silenzio. Ora però non si apra quel "processo di beatificazione" solita del popolo italiano che spesso dimentica i fatti ed il peso della storia. Del resto le vicende giudiziarie dell'ex manager di Publitalia non si sono ancora concluse: oltre ad essere imputato al processo Stato-mafia, ed indagato a Firenze per le stragi con lo stesso Berlusconi, è anche sotto processo a Napoli e Milano per la sottrazione di centinaia di libri antichi.
sabato 19 ottobre 2019
Impossibile spiegare all’estero... - Francesco Ersparmer

Impossibile spiegare all’estero questo titolo del “Fatto”: “Carcere grandi evasori, Berlusconi: ‘Arresto oltre i 50mila euro è un attacco alla libertà’”. Lasciamo stare l’encomio di uno dei crimini più dannosi, l’evasione fiscale (una delle tante idiozie del governo di D’Alema fu l’abolizione della legge 303 che puniva l’apologia di reati contro lo Stato); allarmante è il fatto che ai giornalisti, ormai servili per abitudine ancor più che per interesse, ma anche ai loro lettori, non sembri assurdo o umoristico che qualcuno possa definire l’arresto “un attacco alla libertà”. E che altro dovrebbe essere? “Restrizione della libertà personale” è la definizione dei vocabolari. Ma il liberismo non tollera limitazioni alla libertà personale ed è riuscito a convincere i popoli che l’unico valore sia fare quello che gli pare, soprattutto soldi e shopping; tutto il resto, incluse la giustizia, l’eguaglianza, la solidarietà, la dignità, sono dettagli, per non parlare di concetti ridicolizzati quali la virtù, l’onore, l’onestà, la saggezza.
In Italia poi si aggiunge il radicato antistatalismo, di cui si servirono radicali e liberal (travestiti da estrema sinistra) per favorire l’americanizzazione del paese con i soliti miti della deregulation, delle privatizzazioni e del buonismo. Almeno, Berlusconi è esplicito: la tolleranza per l’illegalità diffusa e la mitezza delle pene servono a creare una complicità di massa che consenta ai ricchi di rubare e corrompere impunemente. Sono milioni gli italiani che preferiscono i privilegi ai diritti e che proclamandosi vittime della società si esentano da ogni responsabilità e approvano chi corrode l’autorità dello Stato, anche se si tratti dei loro sfruttatori. Viene voglia di lasciare che tornino a essere i miserabili servi di tiranni locali e padroni stranieri. Invece bisogna resistere, anche in nome dei coglioni.
Occorre però essere abili. Stroncare l’evasione fiscale è la condizione necessaria e sufficiente di qualsiasi ulteriore riforma che incida in profondità. Come realizzarla? Facendo contemporaneamente tre cose:
1) Sbattendo in galera i grossi evasori e sequestrando i patrimoni loro e dei loro eredi, e se scappano all’estero, li si privi della cittadinanza e della possibilità di rientrare in Italia, neppure da morti.
2) Drasticamente abbassando la pressione fiscale sui piccoli e medi imprenditori, riconoscendo che l’evasione è spesso l’unica alternativa al fallimento o alla resa nei confronti delle multinazionali.
3) Impedendo alle multinazionali di evadere le tasse legalmente spostando le loro sedi all’estero; e se minacciano di tagliare gli investimenti, andiamo a vedere il loro bluff, e se non fosse un bluff tanto meglio.
Ripeto: le tre cose vanno fatte contestualmente. In modo che se l’Olanda o l’Irlanda continueranno a essere il paradiso della finanza e della libertà, l’Italia diventi il paradiso delle piccole e medie imprese e della solidarietà.
Francesco Erspamer
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giovedì 7 dicembre 2017
Problema Immigrazione.
Se, invece di prendercela con i poveri immigrati, ci soffermassimo a pensare, forse non commetteremmo peccato di disumanità.
La realtà che riguarda l'immigrazione, va ben oltre il fastidio che alcuni di noi avvertono ed esternano.
Se noi occidentalisti non invadessimo gli altrui territori per mero interesse economico, non ci sarebbero le migrazioni.
Chiediamo a gran voce che gli Usa smettano di invadere terre che non gli appartengono e tutto tornerà nella normalità.
Non esiste l'imposizione della tanto decantata democrazia se la liberazione da una dittatura implica un'invasione di territori che si protrae per un ventennio e oltre.
E smettiamola di credere a ciò che la stampa asservita ai potenti vuole inculcare nelle nostre menti: non esiste una guerra che abbia come scopo la liberazione di un popolo, non è mai successo, non sta succedendo, non succederà mai.
Chi invade altrui territori lo fa solo per un unico scopo: imporre le proprie leggi, appropriarsi dei beni del posto, lucrare sulle guerre.
Non credo che noi occidentali accetteremmo di vivere in un territorio distrutto dalle guerre, privati di tutto ciò che avevamo anche se sotto dittatura.
I territori di chi scappa sono ormai terra bruciata da chi voleva far credere di portare benessere e libertà.
Apriamo gli occhi e vediamo le cose come stanno veramente!
