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domenica 14 luglio 2024

(il)libertà di stampa: il caso Italia in Europa.

 

Ancora fari accesi sull’esercizio della libertà di stampa e di opinione in Italia: i casi ci sono, e numerosi. Eccone alcuni.

“L’interferenza del governo nella RAI è cresciuta costantemente, minando ulteriormente la sua indipendenza”. E poi “il clima di intimidazione che i giornalisti devono affrontare in Italia”, citando una serie di casi tra cui anche “la presunta interferenza politica del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano nella gestione della RAI, in particolare attraverso il suo stretto rapporto con il Direttore della RAI Paolo Petrecca, che dimostra la sottomissione della RAI alla linea del governo”.

Sono alcuni dei passaggi della lettera dell’European Movement International (EMI), insieme ad altre organizzazioni europee e di giornalisti, alla vicepresidente della Commissione europea Věra Jourová per chiedere un’indagine sullo stato della libertà di stampa in Italia. L’EMI già a maggio aveva sollecitato l’Europa a vegliare sulla singolare e preoccupante situazione italiana, ma ora sottolinea come i nuovi fatti intercorsi rendano ancora più urgente prendere una posizione.

Tra i firmatari della nuova lettera c’è anche la Federazione Nazionale della Stampa (FNSI) che non a caso venerdì, 12 luglio, ha voluto sottolineare questo passo con un comunicato stampa che riporta un elenco sintetico ma esaustivo di tanti piccoli e grandi fatti: “La situazione della libertà di informazione in Italia continua a peggiorare. Il record di querele temerarie scagliate contro i cronisti, l’ulteriore stretta alla pubblicazione delle intercettazioni appena diventata legge, la paventata vendita dell’agenzia Agi al gruppo del parlamentare leghista Antonio Angelucci, un direttore che denuncia all’Ordine un Cdr che fa il proprio mestiere, il caso della sospensione inflitta dalla Rai alla collega Serena Bortone: sono solo alcuni esempi del continuo assalto all’indipendenza del giornalismo, che deve allarmare chiunque abbia a cuore il funzionamento stesso della democrazia”. Sono parole scritte e sottoscritte da Alessandra Costante e Vittorio di Trapani, segretaria generale e presidente della Federazione nazionale della Stampa italiana.

A suggello del quadro pericoloso, proprio venerdì 12 è arrivata la sentenza del Tribunale del lavoro di Roma che ha condannato la Rai per aver avuto comportamenti antisindacali durante lo sciopero organizzato lo scorso 6 maggio dall’Usigrai, il principale sindacato delle giornaliste e dei giornalisti della Rai. In particolare i giudici hanno dato ragione ai ricorrenti, Stampa romana (ASR) e Usigrai, per la mancata lettura in alcune edizioni del comunicato sindacale che in una nota hanno commentato così: “Il giudice ha disposto ampia pubblicità della decisione non solo sulle reti della Rai, ma anche su altri mezzi di informazione di rilevanza nazionale. È una severa reprimenda e un monito per chiunque pensi di mettere in discussione il ruolo e la funzione del sindacato dei giornalisti, attaccando i suoi diritti, a cominciare da quello di esprimere pienamente le proprie ragioni a tutti gli utenti del servizio pubblico”.

La dirigenza Rai si è invece auto assolta per la vicenda della copertura del ballottaggio delle elezioni francesi. Nella relazione consegnata alla Commissione di garanzia, l’amministratore delegato Roberto Sergio ha risposto con tono perentorio affermando che i risultati del voto d’oltralpe sono stati seguiti “nel modo giusto, con attenzione e impegno”, e ha riportato tutti i dati, telegiornale per telegiornale, speciale per speciale. 321 minuti su 12 ore, ha precisato. Le critiche erano state invece sulla programmazione alternativa di RaiNews proprio nei minuti in cui iniziava lo spoglio delle schede:

La sera dei risultati del voto in Francia, mentre gli altri canali di informazione sono in diretta no-stop, il canale all news del servizio pubblico decide di aprire alle 22 sul festival Città Identitarie, ideato da Edoardo Sylos Labini. RaiNews24 non aveva mai toccato il fondo in questo modo, mai aveva abdicato così alla sua missione informativa in occasione di un appuntamento elettorale così importante. Un tempo la nostra testata metteva in campo tutte le risorse per garantire un servizio impeccabile all’utenza, in occasioni simili. Chiediamo al direttore come sia possibile prevedere un approfondimento diverso quando tutte le tv del Continente hanno gli occhi puntati sulle elezioni d’Oltralpe. Verrebbe da pensare che alla debacle della destra il direttore preferisca non dedicare troppo spazio. Petrecca ritiene opportuno, in una serata come questa, dare spazio a un evento non scevro da interessi e legami personali. Una scelta che qualifica la deriva che ha preso da tempo la testata e per la quale ci sentiamo indignati.

COMUNICATO COMITATO DI REDAZIONE RAINEWS

All’indomani di questa presa di posizione, il direttore di RaiNews Paolo Petrecca ha presentato un esposto all’Ordine dei giornalisti contro il Cdr. Un contrattacco che la dice lunga sullo stato di tensione nel canale all news della Rai e che infatti è entrato di diritto nella nuova lettera di allarme alla Commissione europea.

A maggio, il rapporto annuale di Reporter Senza Frontiere aveva messo in evidenza la retrocessione dell’Italia al 46° posto nella classifica dei Paesi per libertà di stampa, slittando di cinque punti rispetto all’anno precedente.

https://www.libertaegiustizia.it/2024/07/13/illiberta-di-stampa-il-caso-italia-in-europa/

martedì 1 febbraio 2022

Autopsia della fu stampa. - Marco Travaglio

 

Pubblichiamo in esclusiva il referto autoptico dell’informazione italiana, venuta a mancare all’affetto dei suoi cari, ma ancora attivissima a piangere la “morte della politica” per nascondere la propria.

L’amuleto. “Per un Draghi al Quirinale. Cinque mesi sono tanti, ma è ora di costruire un whatever it takes per spedire Draghi al Colle” (rag. Claudio Cerasa, Foglio, 24.8).

Buona questa. “Draghi al Quirinale e Franco premier: la strategia M5S” (Stampa, 28.10).

Ne avesse azzeccato uno. “Salvini, Meloni e Conte: lo strano trio che vuole Draghi al Quirinale” (Repubblica, 2.11).

Logica cartesiana/1. “Il timore dei partiti: governo al capolinea se Draghi non va al Colle” (Stefano Cappellini, Repubblica.it, 12.11).

Tutto normale. “Draghi al Quirinale serve per tornare alla normalità” (Marco Damilano, Espresso, 21.11).

Al primo colpo. “Draghi eletto al primo scrutinio, Cartabia premier e poi presidente dopo il settennato di Draghi” (Paolo Mieli, Tagadà, La7, 25.11).

Wanna Marchi. “Draghi al Colle conviene a tutti, anche a chi non lo vuole” (Domani, 3.12).

Il Grandissimo Elettore. “Il premier al Colle: la scelta di Bonomi” (Francesco Verderami, Corriere, 18.12).

È fatta. “‘Cartabia premier e Draghi al Colle’. C’è il patto per convincere le Camere” (Stampa, 22.12).

Adotta un nonno/1. “Il cambio di stagione da SuperMario a ‘nonno d’Italia’. Ha trovato un nome che rimanda al valore nazionale, la famiglia come patria, con echi da Manzoni a Banfi… L’implicita prossima uscita di scena da Palazzo Chigi e il ritmo dell’entrata in scena del nonno d’Italia al Quirinale in una strana atmosfera da grande futuro dietro le spalle… Delegittimarlo… sarà difficile. Si possono delegittimare i padri, mai i nonni” (Francesco Merlo, Repubblica, 23.12).

L’angelo del focolare. “‘Io, un nonno al servizio del Paese’: dalla Bce al focolare degli italiani” (Mario Ajello, Messaggero, 23.12).

Effetto dominus. “Draghi è il solo dominus dei partiti, quindi può andare al Quirinale” (Salvatore Vassallo, Domani, 23.12).

Senza di lui il diluvio. “O la maggioranza manda Draghi al Quirinale oppure salta tutto” (Domani, 23.12).

Adotta un nonno/2. “Draghi disegna il suo Quirinale: nasce il ‘nonnopresidenzialismo’” (Foglio, 23.12).

Adotta un nonno/3. “Non mandate nonno Draghi ai giardinetti… Dopo la sua quasi subliminale ‘discesa in campo’, al momento è il candidato più credibile per il Colle” (Massimo Giannini, Stampa, 24.12).

Ecco il nuovo governo. “Totopremier. Con Draghi al Quirinale… in pole Cartabia, Franco, Franceschini, Giorgetti e Carfagna” (Stampa, 24.12).

Non avrai altro dio/1. “Verrà l’ora in cui a tutti sarà chiaro che per il Colle c’è solo il premier” (rag. Cerasa, Foglio, 28.12).

Non avrai altro dio/2. “Solo Draghi può farcela” (Antonio Polito, Corriere, 28.12).

San Mario Incoronato. “Il ritorno della politica. Draghi ha cambiato schema e frenato il dominio dell’economia. L’elezione al Colle il coronamento” (Guido Maria Brera, Stampa, 29.12).

Il portafortuna. “SuperMario verso il Colle. Anche Renzi lo spinge” (Claudia Fusani, Riformista, 29.12).

Eran 300, eran giovani e forti. “Sondaggio: sono 300 i parlamentari che vogliono Draghi al Colle” (Foglio, 31.12).

Tutti per uno. “Il patto per eleggere Draghi. L’asse M5S-Pd-LeU si allarga ai leghisti fedeli a Giorgetti e ai centristi Renzi e Toti. Meloni spera che col premier al Quirinale si vada al voto” (Stampa, 5.1).

Quello giusto. “Il Cav. può passare alla storia spianando la strada al migliore, Draghi” (Franco Debenedetti, Foglio, 5.1).

Quelli giusti. “Intesa Salvini-Meloni: prima Silvio, poi Mario” (Pietro Senaldi, Libero, 6.1).

Tovarish Mariov. “In Italia la sinistra c’è: si chiama SuperMario” (Michele Prospero, 6.1).

Come s’offre. “Draghi ai partiti: io ci sono, tocca a voi” (Cuzzocrea, Stampa, 14.1).

Spingitori. “Alleanza per Draghi. La settimana prossima incontro Pd-M5S-LeU per spingere SuperMario” (Annalisa Cuzzocrea, Stampa, 16.1).

Patto ricco mi ci ficco. “Il patto di legislatura: meno tecnici al governo con Draghi al Quirinale” (Messaggero, 17.1).

I dragogrilli. “I 5Stelle inchiodano Conte su Draghi” (Giornale, 17.1).

Colao Meravigliao. “L’ipotesi di Colao premier con Draghi al Colle” (Messaggero, 19.1).

Fattore Metsola. “Il partito di Draghi lavora alla stessa larghissima maggioranza che ha spinto Metsola alla guida del Parlamento europeo” (rag. Cerasa, Foglio, 19.1).

Ripartenza. “Si riparte da Draghi” (Stampa, 19.1).

L’Invariabile. “Ci sarebbe una invariabile che rende oziosi i giri di valzer e di parole intorno alla scelta del prossimo presidente. L’invariabile si chiama Mario Draghi” (Carlo Verdelli, Corriere, 20.1).

The Mario After. “Palazzo Chigi: è già dopo Draghi?” (Stampa, 20.1).

M5D. “Ecco il Movimento 5Draghi” (Foglio, 20.1).

È ufficiale. “Berlusconi ha già deciso: il centrodestra voterà Draghi” (Paolo Mieli, Tagadà, La7, 20.1).

Tandem. “Il piano B.: salgono le quote del tandem Draghi-Cartabia” (Libero, 20.1).

Petaloso. “Petalo dopo petalo, l’ultimo sarà quello di Draghi” (Alessandro De Angelis, Huffington Post, 21.1).

Mai più senza. “L’Italia non può rinunciare a Draghi” (Ajello, Messaggero, 21.1).

La somma che fa il totale. “La somma delle percentuali di chi vorrebbe Draghi al Quirinale e di chi lo vorrebbe a Palazzo Chigi è probabilmente 100… Una ragione in più per mandare Draghi al Quirinale alla prima votazione” (Franco Debenedetti, Foglio, 21.1).

Todo Mario. “Tutte le strade che portano a Draghi”, “Il negoziatore Draghi”, “Il partito di Draghi”, “Chigi dopo Draghi” (Foglio, 21.1).

Rassegnatevi. “I partiti si stanno rassegnando a mandare Draghi al Quirinale” (Daniela Preziosi, Domani, 21.1).

Soccorso nano/1. “Il Cav. punta su Draghi” (Claudia Fusani, Riformista, 21.1).

Ci siamo. “I dubbiosi tra i dem ora virano sull’ex capo della Bce” (Maria Teresa Meli, Corriere, 21.1). “Le grandi manovre su Palazzo Chigi. Spinta per una squadra in stile Draghi. I nomi di Cartabia e Colao” (Corriere, 21.1.).

Ha già traslocato. “Passi avanti su Draghi, si cerca il sostituto” (Cuzzocrea, Stampa, 21.1). “Si rafforza l’ipotesi Draghi: anche i deputati M5S convinti ad appoggiarlo” (Stampa, 21.1).

Soccorso nano/2. “Berlusconi: voci di un passo indietro, con indicazione per Draghi” (Verderami, Corriere, 21.1).

Favorito. “Quirinale, ora il favorito è Draghi” (Stefano Cappellini, Repubblica, 21.1).

Incastro. “L’incastro degli incarichi. L’ipotesi di Casini come alternativa a Draghi” (Verderami, Corriere, 22.1).

Avanzi. “Partiti in tilt, avanza Draghi” (Repubblica, 22.1).

Nonno in fuga. “Credo che la Senectus ciceroniana, fatta di sapienza e autorità, sia adatta al ruolo di neutralità e garanzia che la Costituzione assegna al ‘nonno d’Italia’, come ha detto Mario Draghi… nonno lucido e saggio che lunedì eleggeremo” (Merlo, Repubblica, 22.1).

Schema Oronzo Canà. “Quando Berlusconi si convincerà che… il Colle resta precluso, è ragionevole immaginare una larga convergenza su Draghi. È lo schema a cui sta lavorando Enrico Letta” (Francesco Bei, Repubblica, 22.1).

Un bel guadagno. “Chi ci guadagna con Draghi al Colle (tutti): Meloni, Letta, Renzi, Salvini, Conte, il Cav. Perché il reset draghiano conviene a ogni leader” (rag. Cerasa, Foglio, 22.1).

Allucinazioni. “Gli italiani vedono Draghi sul Colle” (Stampa, 22.1).

Come no. “Grillo gela Conte e apre a Draghi” (Repubblica, 23.1).

Tomba. “Lo slalom del premier tra i veti dei partiti” (Repubblica, 23.1).

Lo vota pure lo Spirito Santo. “Il ‘Creator Spiritus’ che manca alla politica… Tutto si può permettere l’Italia di oggi, meno che di lasciare in panchina l’uomo che le sta ridando credibilità e fiducia, dopo averla rappresentata ai più alti livelli alla Bce” (Giannini, Stampa, 23.1).

Caos creativo. “Il rischio caos che potrebbe portare al premier” (Verderami, Corriere, 23.1).

Ha capito tutto. “Belloni premier: la trattativa che può aprire la via a Draghi” (Tommaso Ciriaco, Repubblica, 24.1).

DeBenedixit. “PERCHÉ DRAGHI” (Domani, 24.1).

Logica cartesiana/2. “Se Draghi non trasloca al Colle, a rischio anche il governo” (Alessandra Sardoni, Foglio, 24.1).

Chiamami, Mario. “SuperMario si può salvare se fa almeno tre telefonate” (De Angelis, Stampa, 24.1).

Decide lui. “Solo con Mattarella o Amato, Draghi può restare premier” (Stampa, 24.1).

Così schivo. “Draghi resiste al pressing di chi lo invita a ‘trattare’” (Corriere, 24.1).

È un bel Presidente! “Il nome favorito resta, fin qui, quello del premier, per caratura internazionale, indipendenza, sondaggi, curriculum, ma gli gioca contro giusto l’importanza del ruolo di skipper Pnrr” (Gianni Riotta, Stampa, 24.1).

Partita doppia. “Il bivio Casini-Draghi tra 4° e 7° voto” (Verderami, Corriere, 24.1).

Ah saperlo. “Si può rinunciare a Draghi?” (Foglio, 25.1).

Manca poco. “Per convinzione o per consunzione: 24 ore per capire come si arriverà a Draghi al Colle” (De Angelis, Huffington, 25.1).

Referendum. “Il Quirinale ora è un referendum su Draghi” (rag. Cerasa, Foglio, 25.1).

Logica cartesiana/3. “Se Draghi non va al Quirinale rischia di cadere il governo” (Massimo Giannini, Otto e mezzo, La7, 25.1).

Venghino belle signore! “I mercati votano Draghi” (Stampa, 25.1).

Povera stella. “Draghi si affida a Letta, è l’ultima speranza per tentare la scalata al Quirinale. Salvini non chiude del tutto. I tentativi di un colloquio telefonico con Berlusconi” (Stampa, 26.1).

Assassini. “Perché è ancora possibile una prova di maturità per Salvini”, “Chi avrà l’onore di appuntarsi il draghicidio sul CV politico? Le possibilità che Draghi faccia il passo da Palazzo Chigi al Colle sono ancora alte” (rag. Cerasa, Foglio, 26.1).

Buona la quinta. “Ora il premier si muove sottotraccia per rientrare in gioco al 5° scrutinio” (Ciriaco, Repubblica, 26.1).

L’oracolo Giggino. “Rabbia 5S su Conte, si muove Di Maio: calma, si arriverà a Draghi per inerzia” (Giornale, 26.1).

L’ideona. “Draghi per vincere minacci di mollare” (Vittorio Feltri, Libero, 26.1).

Respira ancora. “La candidatura Draghi non è ancora morta: se parte, nessuno la ferma” (Dubbio, 27.1).

La guerra mondiale. “Draghi è comunque una figura centrale e difficilmente sacrificabile senza provocare contraccolpi anche sul piano internazionale” (Massimo Franco, Corriere, 27.1).

Che carino. “È deciso ad andare avanti chiunque venga eletto” (Corriere, 27.1).

Inutile votare. “L’esito è scontato: sarà Mario Draghi il prossimo capo dello Stato” (Paolo Mieli, Piazzapulita, La7, 27.1).

Il Divino Rutelma. “Io dico Draghi” (Francesco Rutelli, Repubblica, 27.1).

En plein. “Ora la sfida è tra Draghi e Casini” (Stampa, 27.1).

E le risalite. “Risale Draghi” (Stampa, 28.1).

Inconsolabili. “Perché Salvini vince solo con Draghi” (rag. Cerasa, Foglio, 28.1). “L’unico modo per uscire dallo stallo alla messicana è Draghi” (Giuliano Ferrara, ibidem).

Dai che ce la fa. “La telefonata di Draghi a Berlusconi: prove di disgelo con FI. La speranza che si aggiunga a Meloni” (Ciriaco, Repubblica, 28.1).

Il jolly. “Ma sul tavolo restano le carte Casini e Draghi” (Verderami, Corriere, 28.1).

Tonno Inevitabile. “L’alternativa al meno peggio. L’inevitabile Draghi” (Nadia Urbinati, Domani, 28.1).

Mi ha cercato nessuno? “Lo stupore di Draghi: ‘Mi atterrò alla decisione del Parlamento, salvo che qualcuno faccia una mossa decisiva’” (Stampa, 29.1).

Ultima speme/1. “Colle, l’accordo è più vicino. Ancora in campo Draghi e Casini” (Messaggero, 29.1).

Ultima speme/2. “È probabile che Draghi la spunti sui concorrenti e si insedi sul Colle, l’unico non politico più bravo dei politici” (Feltri, Libero, 29.1).

Ultima speme/3. “Le carte di Draghi: resta in corsa”, “Forza Draghi, un elogio di chi ci ha provato”, “Draghi è il ‘portone di sicurezza’ di Salvini” (rag. Cerasa, Foglio, 29.1).

Cerrrto che è lui! “Secondo me sarà Draghi” (rag. Cerasa, Damilano e De Angelis, MaratonaMentana La7, 29.1, tardo pomeriggio).

Roberto Fico (presidente della Camera, 30.1): “Comunico il risultato della votazione: presenti e votanti 983, astenuti nessuno, hanno ottenuto voti Mattarella 759, Nordio 90, Di Matteo 37, Berlusconi 9, Belloni 6, Casini 5, Draghi 5”..

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/02/01/autopsia-della-fu-stampa/6475787/

martedì 23 febbraio 2021

Mario Transformer. - Marco Travaglio



All’Ottavo nano, il mitico programma della Rai2 di Freccero, partiva ogni tanto lo spot del Berlusconi Transformer, il simpatico pupazzo di B. nei suoi più riusciti travestimenti: “Lo vuoi operaio? Lo preferisci imprenditore? È il tuo nuovo amico. Cercalo nei migliori negozi. Cardinale, comunista, extracomunitario, dottore, giudice… Basta che lo voti e diventa quello che vuoi!”. Nella sua incontinenza verbale, il Cainano si dipingeva ogni giorno per una cosa diversa, inventandosi un’autobiografia prêt-à-porter per piacere a tutti. Mario Draghi ottiene lo stesso risultato senza neppure lo sforzo di aprire bocca e, le rare volte che la apre, senza dire assolutamente nulla di preciso: provvedono poi i giornalisti al seguito ad attribuirgli pensieri, parole e opere buoni per tutti gli stomaci e i palati. Mario Transformer è descritto come l’antitesi di Conte e “tutto il contrario dei giallorossi” (Libero), anche se ha tutti i giallorossi in maggioranza e 11 ministri su 22 che lavoravano con Conte, elogia Conte per aver “affrontato l’emergenza sanitaria ed economica come mai era accaduto dall’Unità d’Italia”, conferma il Recovery di “alto livello” di Conte, non prende il Mes come Conte… Tutto ciò che fa è già stato fatto. Il resto lo rinvia, perché nell’ammucchiata nessuno è d’accordo con niente. Oppure non ne parla proprio, per non scontentare nessuno, copiando un po’ da Giavazzi, un po’ da Chance giardiniere, un po’ da Massimo Catalano. Ambiguità politichese? Vuotezza forlaniana? Vaghezza andreottiana? No: “pensiero e azione” alla “Giuseppe Mazzini (Molinari, Repubblica). “La potenza di un’analisi” (Ajello, Messaggero). “Il grande gioco delle idee dietro il discorso fatale” (De Monticelli, Domani). “Il cambio di passo per la politica” (Fontana, Corriere). “La formidabile lezione del professore” (rag. Cerasa, Foglio). “Competenza e visione” (De Romanis, Stampa). Volete mettere la nobiltà del non dire? “Silenzi istituzionali”, “ritorno a una comunicazione autorevole” che “rivoluziona le parole del potere” (Panarari, Stampa). Del resto, non so se l’avete notato, ma Lui “è il solo che parla come i ragazzi del clima” (Domani): lui e Greta, due gocce d’acqua.

Sbianchettata mezza sua biografia dalle asprezze liberiste, privatizzazioni, Goldman Sachs e Grecia, ora Draghi è un “keynesiano pragmatico” (Giampaolo Galli). “Un socialista liberale” (Valdo Spini), “come Craxi” (Martelli). “È contro la patrimoniale e per il taglio delle tasse” un po’ “come Ferruccio Parri” (Salvini). “Un grillino, uno di noi” (Grillo). “Riaccende l’amor patrio” (QN). “Antisovranista come noi” (Zingaretti), un brutto “colpo al sovranismo” (Franco, Corriere).

“Segue il modello Johnson” (Verità). È “la scelta più sovranista che potessimo fare” (Claudio Borghi). “Il mio capolavoro” (Renzi). “Un grande italiano come me” (B.) sebbene incensurato, infatti “combatterà la corruzione e le mafie” (Rep). Tutto e il suo contrario, ma Lui lascia dire: finché gli altri se la bevono. Mario Transformer, e pure trasformista. Ma se Conte cercava 4 o 5 responsabili per neutralizzare i voltagabbana renziani, era “mercato delle vacche”; se Lui inventa un’ammucchiata di interi partiti cambiacasacca che giuravano di non appoggiarlo mai e di non governare mai insieme, si chiama “trasformismo buono” (Foglio), anzi “dimensione repubblicana” e “spirito repubblicano” (Rep-Espresso: mica come quel monarchico di Conte), e non ricorda Mastella, Ciampolillo, Razzi o Scilipoti, ma “De Gasperi, Berlinguer e Monti: quando gli ‘incompatibili’ riescono a fare squadra” (Ceccarelli, Rep).

I giornaloni si sbracciano fra “svolta”, “novità”, “agenda Draghi”, “effetto Draghi”, “modello Draghi”, “metodo Draghi”, “stile Draghi”, “rivoluzione Draghi”. L’Espresso esulta per la Resurrezione dell’Italia dal “mucchio di macerie lasciato dai governi Conte”, “la crisi di sistema”, “il fallimento degli uomini nuovi”. Veneziani tripudia per “la fine della farsa giallorosa e il ritorno alla normalità”. Francesco Merlo orienta la lingua sul nuovo destinatario che “ridicolizza la comunicazione truccata e sbracata di Conte&Casalino” e “la Cretinocrazia” che “sbaglia i congiuntivi e geografia (Di Maio)”: poi si ritrova Di Maio agli Esteri. Aldo Grasso, altro scalatore di discese, non sta più nella pelle: “È come se in questi ultimi anni avessimo vissuto un incubo… se ci stessimo risvegliando dall’invenzione di una situazione intollerabile. Com’è potuto succedere? Perché così tanti incompetenti a guidarci?” Poi si sveglia e Draghi “congela i licenziamenti di massa” (Domani), come Conte. “Coinvolge nei vaccini i medici di base” (Sole 24 Ore), come Conte. “Tiene per sé la delega ai Servizi” (Stampa), come quel dittatore di Conte. E sull’Ilva “va avanti con Invitalia” (Stampa e Corriere), cioè con quella ciofeca di Arcuri. Vuole “più pagamenti digitali” (Rep), come Conte. C’è, è vero, qualche bella svolta rivoluzionaria. Tipo questa: “Con Draghi l’Italia ha scelto l’Europa” (Sassoli), mica come Conte che aveva scelto l’Oceania. Senza contare che Draghi vuole “l’alleggerimento dei divieti” (Libero) e “basta Dpcm” (Giornale): infatti proroga tutti i divieti di Conte, ne aggiunge qualcuno e lo fa con un decreto e un Dpcm, come Conte. Però c’è modo e modo, anzi moda. Repubblica: “Il Dpcm alla moda di Draghi”. Il primo Dpcm in minigonna della storia.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/23/mario-transformer/6110352/

sabato 9 gennaio 2021

Dal Financial Times a El País, la stampa estera contro Matteo. - Lorenzo Giarelli










“Il bel mezzo di una pandemia globale e di una brutale recessione potrebbe non sembrare il momento più opportuno per provare a far cadere il governo. A meno che tu non sia Matteo Renzi”. Nelle prime righe del pezzo di due giorni fa del Financial Times, quotidiano economico del Regno Unito tra i più letti e autorevoli del mondo, c’è tutta la percezione dei giornali esteri rispetto alla crisi di governo minacciata da Italia Viva nelle ultime settimane.

Una rassegna stampa delle principali testate straniere conferma infatti l’impressione del Financial Times: brigare per mandare a casa l’esecutivo non è affatto una buona idea. Nelle mosse dell’ex rottamatore, il quotidiano britannico vede solo interessi personali: “Conte rappresenta un ostacolo alle rinnovate ambizioni politiche di Renzi dopo la nascita del suo nuovo piccolo partito derivato dal Pd”.

In Francia a occuparsi di noi è Les Echos: “Nuovo duello tra Giuseppe Conte e un Matteo. Non più Matteo Salvini, che ha provocato la crisi politica nel 2019, ma Matteo Renzi”. A scrivere il pezzo è Olivier Tosseri: “Qualche errore Conte lo ha commesso – dice al Fatto il giornalista francese – ma allo stesso tempo Renzi lo conosciamo tutti e sappiamo che politico è. Questo non è il momento per scatenare una crisi”.

La sensazione di Tosseri è che, alla fine, quello di Italia Viva possa rivelarsi un bluff: “Credo che Renzi si sia mosso solo per ottenere qualcosa in più al tavolo del governo. Anche perché molti dei suoi sparirebbero dal Parlamento in caso di elezioni”. Impietoso è pure Politico.eu, dorso europeo dell’omonima testata americana: “Le lotte intestine nel mezzo di una pandemia probabilmente faranno infuriare gli italiani, proprio mentre sono alle prese con una seconda ondata che ha visto il Paese tornare il peggiore in Europa per numero di morti”. A dispetto della versione renziana – secondo cui a muovere la crisi sono i temi e non le poltrone –, Politico ne fa un discorso ben più pragmatico: “L’obiettivo a lungo termine di Renzi è di posizionarsi al centro, diventando l’ago della bilancia di qualsiasi governo, magari sbarazzandosi di Conte”.

Gavin Jones, corrispondente da Roma per Reuters, dà un’interpretazione simile: “Renzi dice che sta facendo politica, ma a me evoca l’espressione inglese playing politics, cioè ‘giocare con la politica’. Descrive chi agisce in modo cinico e spregiudicato per un vantaggio politico o personale, invece che per il bene comune”. Di certo c’è che far cadere Conte adesso sarebbe un rischio: “Una crisi in questa situazione mi sembra assurda. Trovo difficile giustificare la posizione di Renzi, anche perché spazia da una questione all’altra: Mes, servizi segreti, giustizia, Recovery”.

I toni non cambiano se si va in Germania. Handelsblatt, che si occupa soprattutto di economia e finanza, nell’edizione cartacea definisce Renzi “il disturbatore d’Italia”. Online non va molto meglio: “Renzi spielt mit dem feuer”, ovvero “Renzi gioca col fuoco”. Nel pezzo si sottolinea ancora come il contesto renda fuori luogo la crisi: “Con le sue minacce e i suoi ultimatum, il 45enne potrebbe portare il suo Paese alle urne in mezzo a una pandemia che continua a fare più di 300 vittime al giorno”. Stando in Germania, il quotidiano Die Welt insiste: “L’Italia ha bisogno di un nuovo governo nel bel mezzo della peggiore crisi degli ultimi decenni?”.

Per non dire di Daniel Verdù su El País, forse il più noto quotidiano spagnolo: “Gli scienziati avvertono sui rischi di una imminente terza ondata, ma la politica resta immersa nella telenovela scaturita dalla minaccia di Matteo Renzi di far cadere il governo”. In un altro articolo, Verdù parla anche di “crisi irresponsabile in un momento di estrema fragilità”. A Renzi e soci non resta allora che aggrapparsi ad Abc, lo stesso giornale spagnolo che qualche mese fa sventolò presunti documenti segreti per dimostrare un finanziamento milionario del governo venezuelano al M5S. Oggi, Abc la vede a modo suo: “Draghi, el mejor remedio italiano contra la crisis”. La traduzione, in questo caso, appare superflua.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/09/dal-financial-times-a-el-pais-la-stampa-estera-contro-matteo/6059970/ 

mercoledì 25 novembre 2020

Un brav’uomo, amava sua moglie, è stato un raptus: e la stampa salva il carnefice. - Elisabetta Ambrosi












L'ultimo in ordine di tempo è stato Alberto Genovese, definito “un vulcano di idee” dal Sole24Ore (che poi è stato costretto alla marcia indietro). Ma troppo spesso accade che, nel caso di una donna uccisa, giornali e siti spendano parole comprensive nei confronti degli assassini. In questo modo la vittima è vittima per la seconda volta. Siamo andati ad analizzare i titoli più scandalosi di quest'anno.

“Una vita non proprio fortunata e lineare; orafo, aveva perso il lavoro, si arrangiava come poteva, non aveva neanche un macchina, si spostava con una bicicletta un po’scassata”: sembra il racconto della vita di qualcuno che ha subito una sorte infausta, magari è stato vittima di qualcuno. Invece è tutto il contrario: l’ex orafo, nella cronaca del giornale La Stampa, è Giorgio Venturelli, autore dell’omicidio, a colpi di martello, di Ambra Pregnolato a Valenza a maggio di quest’anno. 

Siamo nel 2020 – parliamo infatti dei femminicidi di quest’anno, non di trent’anni fa – eppure neanche il noto giornale piemontese riesce a evitare uno degli errori più frequenti, e incomprensibili, della cronaca dei femminicidi: empatizzare con l’omicida invece che con la vittima. Non è l’unico, gli esempi sono a dozzine: ha “il volto provato” e la “voce sofferente” l’omicida Michele Marotta, tormentato di aver ucciso la moglie Maria Tedesco a tale modo da aver “provato a togliersi la vita nel tentativo estremo e assurdo di pareggiare il conto” (Edizioni Caserta, novembre). La Gazzetta del sud definisce Antonio De Pace, autore dell’omicidio in aprile della fidanzata Lorena Quaranta tramite strangolamento, “un assassino confuso e spaesato”, mentre il quotidiano on line Alto Adige riporta le parole dell’assassino Antonio Vena (la vittima è la compagna Alessandra Cità, uccisa a Milano a colpi di fucile) in questo modo: “Sono disperato, la amo ancora e sono distrutto”.

Quelle vite perfette degli omicidi.

Frequente e inspiegabile è, nella cronaca dei femminicidi, l’indulgere sulla presunta vita tranquilla o integerrima dell’autore di violenza, (come nel recente caso di Alberto Genovese definito dal Sole24ore, quotidiano costretto poi a una marcia indietro, “un vulcano di idee”). “Una vita integerrima, mai una denuncia, mai un gesto sbagliato”: così Il Resto del Carlino definisce l’esistenza di Giovanni Laguardia, 69 anni, originario di Matera che ad ottobre ha ucciso, sempre a martellate, la moglie Vera Mudra. Anche Alberto Accastello, marito di Barbara, Gargano uccisa a novembre con i figli, è un operaio che, secondo La Repubblica, “lavorava moltissimo. Mai un’assenza, sempre presente”, mentre Franco Dellapina – “boscaiolo schivo e geloso”, secondo il titolo della Gazzetta di Parma – era un “un appassionato cacciatore, molto legato alla terra e alla tradizione da più generazioni”. Almeno fino a prima di uccidere la moglie Anastasia a luglio a colpi di pistola. Anche Franco Necco, assassino sia del figlio Simone che della moglie Bruna De Maria a Beinasco, viene descritto, dalla Stampa, come un “uomo preoccupato per il figlio, un uomo per bene, ex agente di polizia locale per vent’anni, che il giorno prima scherzava con il negoziante di frutta”.

Se la causa del femminicidio è il comportamento della vittima.

Come se non bastasse suscitare pietà per chi ha sterminato donne innocenti, lasciando orfani i loro figli, i media italiani continuano a fare un secondo macroscopico errore, far sembrare l’omicidio una conseguenza delle scelte della vittima. Quasi sempre si tratta della decisione della donna di lasciare l’uomo, oppure si parla di relazioni molto travagliate, tese. L’errore è persino nei titoli: “Accoltella la moglie alla gola e poi si suicida: lei voleva lasciarlo”, scrive il Corriere della sera di Torino a proposto dell’omicidio di Anna Marochkina, uccisa dal compagno Andres Pedersen a Piossasco in febbraio. La Today riassume il brutale massacro ad opera di Alberto Accastello, che ad ottobre scorso ha ucciso la moglie e i due figli, così: “Barbara Gargano voleva una nuova vita, per questo Alberto Accastello l’ha uccisa”. Secondo Leggo, invece. il femminicidio di Luana Rainone, uccisa “per motivi sentimentali”, si spiega così: “Lei lo pressava, voleva lasciasse compagna e figli”. Alcuni quotidiani arrivano persino a colpevolizzare la donna morta: “Uccide la moglie a martellate a Rimini: voleva sempre soldi, non ce la facevo più”: Il resto del Carlino racconta la vittima Vera Mudra quasi come un matrigna cattiva, “voleva che Giovanni si rimettesse a fare l’idraulico per poter dare a lei altro denaro”.

Con il covid spuntano poi titoli che accostano assurdamente pandemia e femminicidio, quasi potesse esserci mai un nesso. “Messina, studentessa di Medicina uccisa dal compagno: dramma della convivenza forzata”: questa è la sintesi del magazine Blasting News dell’uccisione di Lorena Quaranta da parte del fidanzato Antonio De Pace a Furci Siculo, in aprile. La stessa vicenda è raccontata dall’Eco del sud con questo titolo: “Femminicidio Furci Siculo. De Pace: Temevo che Lorena mi avesse contagiato con il coronavirus”. Ma c’è anche Il Messaggero: “Uccide la compagna durante la notte con un colpo di fucile: il covid li costringeva a convivere”: la storia è quella di Alessandra Cità, uccisa con un fucile da Antonio Vena a Bressanone.

Esaltate oppure sminuite, il destino delle donne uccise

Ma l’orrore di un linguaggio sbagliato non finisce qui: descrivendo l’omicida come pazzo, folle o patologizzando il movente, giornali e riviste finiscono per attutirne le responsabilità. Va ancora forte la parola, vuota di significato, “raptus”, magari “maturato in un quadro familiare fortemente segnato dalla malattia” (omicidio di Morena Designati a Palazzo Pignano a luglio, secondo La provincia di Crema.it); spessissimo poi l’omicida, come Michele Noto, body builder che ha ucciso a colpi di pistola Rosalia Misfud e la figlia di lei Monica Di Liberto a Mussomeli, è attraversato da “un’esasperata gelosia, una lacerante ossessione” (Il Fatto Nisseno). L’assassino è spesso “accecato dalla rabbia” – sempre Michele Noto, secondo Il Giornale di Sicilia – oppure, come nel caso di Lukas Oberhauser, autore dell’omicidio di Barbara Rauch, ad Appiano in marzo, sarebbe autore di un “folle gesto” (Alto Adige.it). La gelosia – che non è un movente, come non lo sono altre patologie – arriva fin dentro i titoli, come nel femminicidio Concetta Liuzzo a Montebello, uccisa dal marito a colpi di ascia: “Melo e Concetta erano una coppia stupenda, tragedia passionale per troppa gelosia” (Stretto web).

A volte, poi, la vittima viene sminuita come se ciò rendesse l’omicidio meno grave. Così di Stefania D., uccisa in aprile, si racconta su La Stampa che era depressa e aveva psicofarmaci in casa, mentre la vita della prostituta Maria, uccisa a Roma a giugno, viene definita dal sito sito Globalist.it, in un articolo pieno di pathos, “una vita derelitta, un vuoto a perdere”. Ma l’errore è anche quello opposto: raffigurare la donna uccisa come perfetta ed esemplare, come se l’omicidio fosse essere meno grave in caso contrario o diverso. Bruna de Maria era “mamma, moglie e fedele dipendente comunale a Beinasco”, Concetta Liuzzo, sempre per Stretto web, era “donna di sani principi, dedita esclusivamente ai sacrifici per tirare avanti la famiglia, amava l’uomo della sua vita che le aveva dato due figli”.

Per fortuna l’Ordine dei Giornalisti ha finalmente modificato, pochi giorni fa, il Testo unico dei doveri del giornalista, inserendo alcune norme da utilizzare nella cronaca di violenze e femminicidi: in particolare, l’invito è a usare un linguaggio rispettoso, corretto e consapevole, evitando sia gli stereotipi, sia termini che sminuiscano la gravità del fatto commesso. Ma basteranno questa indicazioni, in vigore peraltro dal 1 gennaio, a cambiare la cultura, e la testa, di chi spesso scrive di un tema così cruciale e delicato? E pure dei loro direttori e infine anche dei loro editori?

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