Visualizzazione post con etichetta denuncia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta denuncia. Mostra tutti i post

mercoledì 17 marzo 2021

Concorsi, un anonimo annunciò ai pm i vincitori. - Antonio Massari

 

La lettera - L’inchiesta sulla corruzione al Careggi parte da una soffiata: “Si vive in un silenzio omertoso”. I pm hanno riscontrato le sue parole.

“Oggetto: delazione anonima”. È il 23 ottobre 2019 quando il procuratore aggiunto di Firenze, Luca Tescaroli, invia al suo capo Giuseppe Creazzo, il testo di una lettera che è appena giunta sulla sua scrivania: “Mi pregio trasmettere per le relative determinazioni l’allegata delazione anonima proveniente da un asserito ‘accademico di Medicina di Careggi’”. Nel linguaggio tra togati, le “relative determinazioni”, altro non sono che l’avvio di un’indagine. L’asserito “accademico di Medicina di Careggi” chiude la sua missiva con queste parole: “So che l’anonimato non rappresenta il massimo, ma non tutti hanno la forza e la possibilità di seguire strade giudiziarie. Spero che possiate interrompere questa vergogna!”. Eppure due anni prima, era il 2017, un ricercatore universitario ebbe la forza di denunciare: il suo nome è Philip Laroma Jezzi – oggi è professore associato a Firenze – e grazie al suo esposto e alle prove prodotte fu avviata l’indagine che disvelò il baronaggio operato in tutta Italia nel diritto tributario. Fu il primo grande terremoto nell’ateneo fiorentino. E non fu l’ultimo. L’anno successivo un’altra inchiesta travolse la facoltà di Medicina e, in questi giorni, siamo di fronte alla terza ondata causata dalla nuova indagine condotta da Tescaroli e dal pm Antonino Nastasi.

Pur non avendo il coraggio di Laroma – che ha sempre sostenuto di non essere un “eroe” ma di aver fatto solo il suo dovere: denunciare – l’anonimo “accademico di Medicina di Careggi” ha comunque dato un notevole impulso all’indagine. Ha infatti allegato alla sua lettera 11 nominativi per altrettanti concorsi. “Per dimostrarLe che non mi sbaglio – scrive l’anonimo a Tescaroli – Le indicherò i vincitori dei concorsi accademici in atto prima ancora che molte commissioni presiedute dai baroni di Careggi si siano ancora insediate”. Circa 18 mesi dopo bisogna ammettere che in 7 casi su 11 l’anonimo l’ha azzeccata in pieno. Il primo dei nominativi vince il 14 ottobre 2019, quindi prima che la lettera giunga in procura, mentre il secondo risultato lo azzecca 24 ore dopo che Tescaroli ha trasmesso la missiva a Creazzo. E il lato più incredibile sta nel fatto che il vincitore indicato – come sottolineerà qualche mese dopo la Guardia di Finanza – è anche l’unico candidato. Il terzo vaticinio è datato 31 dicembre 2019: l’anonimo ha individua 3 nuovi professori ordinari su 3. Trattandosi di un anonimo, e non sapendo se i professori indicati siano indagati per i concorsi in questione, in questa sede decidiamo di non menzionarli. Se decidiamo di pubblicare le parole dell’anonimo è perché il suo scritto non soltanto è un atto depositato nell’indagine, ma è anche uno degli inneschi principali che hanno portato Tescaroli e Nastasi ad avviare l’indagine che oggi conta una trentina di professori indagati – molti per corruzione – tra i quali il rettore Luigi Dei. Nessuno scambio di denaro poiché il do ut des riguarda la spartizione delle nomine nei concorsi.

Prima di tornare al nostro anonimo segnaliamo che Tescaroli allega, alla comunicazione inviata a Creazzo, anche una nota, pubblicata dall’associazione Trasparenza e Merito, con la quale l’Osservatorio indipendente sui concorsi universitari aveva segnalato – proprio al Rettore, oltre che all’Anac e al Miur – probabili criticità su alcuni dei concorsi mezionati dall’anonimo. Un dettaglio che getta sulla vicenda una luce ancora più incredibile.

“Gentilissimo”, scrive l’anonimo a Tescaroli, “sono un accademico di Medicina di Careggi, penalizzato ed escluso dalla mafia dei baroni che da anni decide vita e morte di una classe di medici che, salvo rarissime eccezioni, in un silenzio omertoso, accetta di buon grado ogni decisione, qualunque essa sia, sperando un giorno di coronare il suo sogno di mediocre universitario: avere la cattedra! Bene, dopo i recenti scandali, nulla è cambiato (…). Ho letto con entusiasmo che la vicenda cattedropoli le è stata affidata e confido nella sua integerrima capacità di perseguire l’attività illecita, già dimostrata in veste di pm in processi chiave del nostro paese. Sappia che non uno dei concorsi che si stanno svolgendo è regolare. Praticamente tutti sono caratterizzato da bandi profilati atti a facilitare un vincitore, che nel 90% dei casi è un interno, spesso unico candidato presente! È una vergogna!”.

Non sappiamo se davvero il 90% dei concorsi è truccato – e ci auguriamo che non sia così – e ovviamente la “mafia dei baroni”, espressione molto dura, non ha nulla a che vedere con la mafia, che Tescaroli conosce molto bene per averla combattuta sin da giovanissimo pm in Sicilia. Però l’anonimo aveva visto giusto: nonostante le indagini in corso da anni, secondo l’accusa, le spartizioni e le corruzioni continuavano. Nonostante le segnalazioni delle associazioni, ancora una volta, si è dovuto attendere l’azione della magistratura.

ilFQ - 17.3.2021

venerdì 17 luglio 2020

Sull’audio pro-Berlusconi ora indagano i pm di Roma. - Valeria Pacelli

Sull’audio pro-Berlusconi ora indagano i pm di Roma

La denuncia di Esposito - Il giudice querela Piero Sansonetti, ma la Procura farà approfondimenti sul nastro di Amedeo Franco.
La vicenda dell’audio di Amedeo Franco , il giudice relatore della sentenza di Cassazione che nel 2013 ha condannato Silvio Berlusconi a 4 anni per frode fiscale nell’ambito del processo sui diritti tv di Mediaset, arriva in Procura a Roma. I pm capitolini faranno approfondimenti sulla registrazione in cui si sente il giudice parlare di “plotone d’esecuzione”, di “porcheria” e “condanna a priori”. Le indagini verranno disposte nell’ambito di un fascicolo che sarà aperto dopo la denuncia, depositata ieri mattina, da Antonio Esposito, il presidente della sezione feriale che ha emesso quel verdetto. Il fascicolo quindi parte da altro. Il giudice ora in pensione infatti ha denunciato per diffamazione il direttore del quotidiano Il Riformista, Piero Sansonetti, per alcune affermazioni fatte durante una puntata di “Quarta Repubblica”, la trasmissione in onda su Rete 4 diretta da Nicola Porro.
Era il 6 luglio scorso. “Noi sappiamo oggi che la magistratura italiana è marcia. – ha detto Sansonetti – (…) I pubblici ministeri e i giudici spesso si mettono d’accordo. Gli imputati sono travolti. Le garanzie non ci sono. Moltissimi processi sono truccati. Tutta la magistratura italiana è sotto accusa. E purtroppo (…) i grandi giornali italiani ne parlano poco, ma è una tragedia perché lo stato di diritto è stato travolto dalle trame della magistratura italiana”. Poi aggiunge: “E quella del giudice Esposito fa parte, sta dentro questa storia”, frase questa finita nella denuncia di Esposito. Come pure quando il giornalista dice: “Il giudice Esposito è uno scandalo vivente, così come uno scandalo vivente sono decine di altri giudici”.
Per questo il magistrato ha denunciato per diffamazione Sansonetti chiedendo ai pm anche se vi siano gli estremi per contestare il reato di vilipendio dell’ordine giudiziario. E questa è la denuncia di Esposito. Per verificare però la diffamazione, si ragiona in Procura, bisogna capire anche l’antefatto, la circostanza alla quale si riferiscono le parole di Sansonetti. E quindi quell’audio che da giorni una certa stampa innalza a “prova” per riabilitare Berlusconi e che è stato depositato dalla difesa del leader di Forza Italia a sostegno del ricorso davanti alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo.
Come noto, in quella registrazione del 6 febbraio 2014, il giudice Amedeo Franco, deceduto un anno fa, rinnega la sentenza che lui stesso aveva firmato. “I pregiudizi per forza che ci stavano (…) Si poteva cercare di evitare che andasse a finire in mano a questo plotone di esecuzione, come è capitato, perché di peggio non poteva capitare”, dice Amedeo Franco portato al cospetto dell’ex premier da Cosimo Ferri, leader storico della corrente Magistratura indipendente, in passato sottosegretario alla Giustizia del governo di Enrico Letta e ora in Italia Viva.
Perché Franco si presentò dall’ex premier? Chi avviò la registrazione? Perché le dichiarazioni del giudice sono state rese pubbliche integralmente solo un anno dopo la sua morte? C’è qualcosa ancora di ignoto dietro quelle registrazioni?
L’inchiesta penale, in futuro, potrà trovare le risposte.

giovedì 12 febbraio 2015

Imposimato denuncia gli Usa all'Aja: "Sapevano dell'11 settembre". - Raffaele Gambari




Un avvocato italiano, l’ex giudice istruttore Ferdinando Imposimato, sta preparando una denuncia al Tribunale internazionale penale dell’Aja perché, a suo dire, pur sapendo che era in preparazione l’attentato alle Twin Towers la Cia non fece nulla per fermarlo

Oltretutto, secondo il presidente onorario aggiunto della suprema Corte di Cassazione, che a suo tempo indagò sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, che ora assiste la famiglia come avvocato, titolare dell’inchiesta sull’attentato al papa in piazza San Pietro e già presidente della commissione parlamentare antimafia, le Twin Towers crollarono non soltanto per l’impatto dei due aerei dirottati dai terroristi di Bin Laden. I periti esperti della Nist, un’agenzia federale di sicurezza degli Usa, che hanno svolto un'indagine sull’attentato, ‘’sanno che in quei due grattacieli erano stati collocati degli ordigni, così come in un terzo palazzo adiacente alle Torri Gemelle, la torre numero 7, che crollò su se stessa, come si vede in alcune riprese televisive, senza che in questa ci fosse un impatto con un aereo, come avvenne nelle altre due”.

L’ipotesi di reato che Imposimato, come rivela il magistrato ad Affaritaliani, ha intenzione di formulare “insieme con altri studiosi ed esperti nell’adire presso la Corte penale internazionale dell’Aja, attraverso il procuratore della Corte stessa, è di concorso nelle stragi che l’11 settembre del 2001 causarono 3.000 morti alle Torri Gemelle più altri decessi nell’attacco al Pentagono”.

Di questa storia di presunte commistioni tra servizi segreti statunitensi e Bin Laden, c’è una vasta letteratura internazionale. 
Fantapolitica o realtà? Di certo, come ha detto qualche giorno fa Imposimato parlando con alcuni giornalisti a Latina, a margine del quarto convegno nazionale dei giudici scrittori, dell’attentato alle Torri Gemelle se ne é discusso nell’incontro di “Toronto Hearings”, un tribunale internazionale indipendente, una sorta di Tribunale Russel, che si è riunito dall’8 al 12 settembre scorsi a Toronto, in Canada, composto da giudici internazionali, che ha ascoltato 17 testimoni. A quell’incontro Imposimato c’era. Da qui la sua intenzione di ricorrere al Tribunale penale internazionale dell’Aja, lo stesso che ha arrestato e mandato sotto processo per genocidio gli autori dei massacri nella guerra di pulizia etnica in quei paesi sorti in seguito al crollo dell’ex Jugoslavia.

Imposimato, perché intende rivolgersi al Tribunale penale internazionale dell’Aja?

“Perché diversi esponenti di vertice della Cia pur sapendo della presenza di terroristi nel territorio Usa fin dal gennaio 2001 provenienti dall’Arabia Saudita e considerarti come sospetti terroristi e pur sapendo che essi erano arrivati a Los Angeles dal 15 gennaio 2001 per addestrarsi sugli aerei da usare come missili contro edifici americani, non informarono l’Fbi, che è l’unico organismo competente a contrastare il terrorismo in territorio americano, in tal modo lasciando che gli attentati avvenissero eseguiti l’11 settembre 2001”.

Chi porterebbe come imputati e come testimoni in questo processo?

“Chiederò di ascoltare gli scienziati e i testimoni che sono stati sentiti nella Ryarson University di Toronto lo scorso settembre, che hanno dimostrato come nelle cosiddette Torri Gemelle e nella terza torre, la numero 7, siano state inserite dolosamente bombe e ordigni incendiari ed altri elementi idonei ad accelerarne il crollo. Ritengo che non aver impedito il verificarsi dell’attacco da parte di chi aveva il dovere di impedirlo, sia una gravissima colpa”.