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domenica 6 ottobre 2024

UNA CIVILTÀ SCOMPARSA 30.000 ANNI FA.

Chi sono stati i primi a colonizzare le Americhe? Fino a pochissimi anni fa, si credeva che la prima cultura americana fosse quella dei Clovis, gli antenati dei popoli nativi del Nord America. Inoltre, si pensava che gli esseri umani fossero arrivati in quel continente non prima di circa 14.000 anni fa. Così, in questa "ricostruzione" della storia, le prime civiltà sarebbero state i nordamericani, mentre gli Aztechi, i Maya e gli Inca sarebbero arrivati molto più tardi.
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Recenti scoperte, compresa l'analisi del DNA, invece, hanno dimostrato che ancora una volta l'archeologia era sbagliata. Le prime civiltà nelle Americhe furono le popolazioni centro-sudamericane, almeno 15.000-20.000 anni prima di quanto si credesse in precedenza. E questi popoli vennero VIA MARE (sì, avete letto bene, "via mare"), dalla Siberia e dal Sundaland (il continente scomparso a causa del disgelo, che corrisponde all'attuale Indonesia e alle isole limitrofe).
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Infatti, intorno al 2020 alcuni ricercatori hanno pubblicato i risultati della scoperta di resti umani nella grotta di Chiquihuite, Messico. Gli scavi sono iniziati nel 2012. Scavi più estesi sono stati effettuati nel 2016 e 2017. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Nature. Quello che è stato trovato nella grotta ha completamente rivoluzionato l'opinione degli archeologi. Lo studio, presentato da Ciprian Ardelean, archeologo dell'Università Autonoma di Zacatecas (Messico), e dai suoi colleghi, suggerisce che le persone vivevano nel Messico centrale almeno 26.500 anni fa. Il professore dice: "Ci vogliono secoli, o millenni, perché la gente attraversi la Beringia e arrivi in mezzo al Messico. " Più tardi aggiunge: "Ci vogliono molti anni di presenza precedente perché ci arrivino se sono arrivati via mare o via terra. " Questo significa che gli esseri umani erano probabilmente in America Centrale molto prima di 30.000 anni fa.
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Ma non è tutto. Un altro centro di ricerca ha scoperto che i popoli nativi dell'America centrale e meridionale non hanno un solo antenato, ma due. Per così dire, hanno un "popolo madre", che viene identificato come "popolazione Y", e che sono gli abitanti originali del Sundaland del lontano passato, intorno al periodo del Disgelo. Ma hanno anche un "padre popolo", che sono gli Iñupiat, dalla Siberia.
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Queste scoperte rivoluzionano dal nulla tutte le credenze archeologiche sul passato delle Americhe. A chi appartenevano le rovine più antiche trovate in quelle terre? Quale civiltà passata è stata in grado di creare geopolimeri in cima alle Ande? Chi ha creato i giganteschi disegni di Nazca, e soprattutto, a quale scopo? E cosa più importante: se le persone 30.000 anni fa potevano viaggiare dall'Australia all'America Centrale, cosa gli impediva di andare dall'America Centrale all'Egitto, come sembrano indicare diverse prove? Vi diamo alcune risposte.
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L'articolo continua nel libro:
HOMO RELOADED - La storia nascosta degli ultimi 75.000 anni.

venerdì 16 febbraio 2024

Scavo. Si rimuove il terreno di superficie. Emergono mega-strutture. Gli archeologi: “Sono romane”. L’umbilicus. La scoperta.

 

I resti architettonici di una possente base militare romana di 1.800 anni fa, sono stati scoperti in un recente scavo condotto dall’Autorità per le antichità israeliane ai piedi di Tel Megiddo, vicino all’antico villaggio di Kfar Othnay (greco: Capercotnai). Le strutture portate alla luce appartenevano al comando della Legio VI Ferrata, così chiamata per le armature e per le protezioni pesanti che portavano i soldati. Un’unità militare corrazzata.

Lo scavo è stato diretto da Yotam Tepper e Barak Tzin e finanziato dalla Netivei Israel National Infrastructure Company. Nel corso dell’indagine archeologica sono stati scoperti estesi e impressionanti resti architettonici della via Pretoria (strada principale del campo), oltre a un podio a forma semicircolare e aree pavimentate in pietra che facevano parte di un grande edificio pubblico monumentale.

Quella della VI Legione è l’unica base militare romana di queste dimensioni che è stata localizzata e scoperta in Israele. Una cittadella militare costruita come una “piccola Roma”.

“Il campo della VI Legio romana fu una base militare permanente per oltre 5.000 soldati romani per più di 180 anni, dal 117-120 al 300 circa”- afferma il dottor Yotam Tepper, direttore degli scavi per conto dell’Autorità di Antichità Israel. “Due strade principali si incrociano al centro del campo. Una ha 550 metri di lunghezza, l’altra, che segna la larghezza del campo stesso è di 350 metri. All’incontro tra le due strade sono stati eretti gli edifici di comando (e fu stabilito l’umbilicus, ndr.)-. Fu da questo punto base che tutte le distanze lungo le strade imperiali romane – fino alle principali città del nord del paese – furono misurate e segnate con pietre miliari. Gli antichi resti dell’edificio non furono conservati in altezza, poiché la maggior parte delle pietre da costruzione furono rimosse, nel corso del tempo, per essere riutilizzate in progetti edilizi realizzati durante il periodo bizantino e primo islamico. ”

Il Dr. Tepper ha sottolineato che la scoperta della base legionaria non è stata accidentale, poiché nell’ultimo decennio sono stati condotti sondaggi e sei stagioni di scavi archeologici nell’ambito di un progetto di ricerca geografico-storica congiunto diretto dal Dr. Tepper e dal Dr. Matthew J. Adams, nell’ambito del Jezreel Valley Research Project (JVRP), realizzato per conto dell’Albright Institute of Archaeology di Gerusalemme.

Sondaggi preliminari dell’area del campo hanno indicato che l’intera base romana e tutti i suoi componenti erano alla base degli attuali campi di grano del Kibbutz Megiddo. “Il contributo unico dei risultati di questo progetto di ricerca risiede nella rarità di tali scoperte archeologiche” – afferma Tepper. – Ciò che è stato portato alla luce è notevole. Fino ad oggi i campi militari romani conosciuti in Israele sono campi d’assedio temporanei o piccoli accampamenti di divisioni ausiliarie. Nessuno è paragonabile all’intero complesso della base legionaria. Fonti storiche e alcune informazioni parziali indicano l’esistenza di una base legionaria romana permanente della X Legione Fratensis a Gerusalemme, ma il campo rimane da scoprire.”

Nello scavo sono state portate alla luce monete, parti di armi, frammenti di ceramica e frammenti di vetro. E tegole, trovate in quantità enormi.

“Le tegole del tetto, alcune delle quali recano i timbri della VI Legione, furono utilizzate per vari scopi. Oltre che per i tetti esse furono usate per la pavimentazione delle stanze e per il rivestimento di pareti. La tecnologia e il know-how, le tecniche di costruzione e le armi che la Legione ha portato con sé dal paese natale sono testimonianza delle peculiarità dell’esercito romano.”
Secondo Eli Escusido, direttore dell’Autorità Israel Antichities, “la vicinanza della base legionaria romana al Parco Nazionale di Megiddo, riconosciuto patrimonio dell’umanità, e anche a una delle prime sale di preghiera cristiane conosciute al mondo, scoperta dall’Autorità israeliana per le Antichità all’interno del complesso della prigione di Megiddo, offre il potenziale per migliorare l’esperienza turistica in questa posizione centrale all’ingresso della Galilea”.

La Legio VI Ferrata – che dal 193 d.C. fu chiamata Legio VI Ferrata Fidelis Constans Felix – aveva radici antiche. Fu adunata nell’agosto del 47 a.C. da Cesare, nelle province della Gallia Cisalpina e dell’Illirico. Deve il suo nome al pesante armamento metallico dei soldati, e – nell’estensione più tarda del suo nome stesso – alla fedeltà verso l’imperatore Settimio Severo. La legione aveva come simbolo un toro, non disgiunto dalla presenza dell’effigie della Lupa Capitolina.

La VI Ferrata aveva svolto un ruolo notevolissimo nella battaglia di Zela (47 a.C.), in Turchia combattuta contro Farnace II, figlio di Mitridate VI re del Ponto, che era dilagato in Armenia, manifestando altre mire espansionistiche. La Legio si scontrò anche con i soldati di Pompeo in Hispania, poi fu al seguito di Marco Antonio e definitivamente nell’esercito di Augusto, con base in Siria.

Nel 35 d.C. aveva varcato il fiume Eufrate e si era poi mossa poi contro i Giudei che avevano rifiutato di collocare l’immagine di Caligola nel Tempio di Gerusalemme. Dal 58 al 60 la Legio VI Ferrata seguì Corbulone in Armenia per arginare la minaccia partica; nel 67 fu accorpata all’esercito con cui Cestio Gallo mosse contro i Giudei insieme alla Legio XII Fulminata.

Nel 72 ebbe parte predominante nell’invasione del regno della Commagene. Con Traiano mosse contro i Parti a nel 105 conquistò la nuova provincia d’Arabia, posta tra il fiume Giordano ed il Mar Morto, area importantissima per i commerci con la Persia, l’India ed altri ricchi centri quali Petra e Bosra.

Adriano la spostò dislocandola in Palestina per combattere la terza guerra giudaica, che ebbe fine nel 135, con la distruzione del Tempio di Gerusalemme da parte della Legione. Nel 193 VI Ferrata si dimostrò favorevole a Settimio Severo contro Pescennio Nigro a per tale motivo fu chiamata Fidelis Constans. Alla fine del III secolo le notizie relative alla legio diminuiscono drasticamente, e alcuni studiosi avevano ipotizzato il suo scioglimento o la distruzione in combattimento, anche se studi recenti paiono avere identificato tracce della sua sussistenza ancora nel 303/304, presso la fortezza legionaria di Udruh, non lontano da Petra.

https://stilearte.it/scavo-si-rimuove-il-terreno-di-superficie-emergono-mega-strutture-gli-archeologi-sono-romane-la-scoperta/

mercoledì 7 febbraio 2024

Quello che è stato scoperto a Cuba è sorprendente ed inspiegabile. - Deslok

 

Sono passati ormai 16 anni dalla sua scoperta ed il mistero continua. Nei primi mesi del 2001 a Cuba, sono state documentate per la prima volta  immagini sonar che mostrano strutture simmetriche e geometriche di pietra che sembrano essere un antico complesso urbano, che copre una superficie di 2 chilometri quadrati ad una profondità compresa tra i 600 e 750 metri.

E ‘quanto ha da Pauline Zalitzki, un ingegnere navale, e il marito Paul Weinzweig, proprietario di una società canadese chiamata Advanced Digital Communications, che ha lavorato su un’esplorazione e indagine in collaborazione con il governo cubano.

La squadra è tornata sul luogo una seconda volta ed ha girato un video con un robot subacqueo.  Le immagini sonar hanno rivelato diverse strutture piramidali e strutture circolari realizzate con enormi blocchi di pietra che sembrano lisci e scolpiti in granito. Zalitzki ha dichiarato: “E ‘davvero una struttura meravigliosa che sembra essere stata veramente un grande centro urbano.”

Dopo aver studiato le immagini, l’editor di National Geographic John Echave ha dichiarato: “Ci sono anomalie interessanti.”

Il professore di Oceanografia Robert Ballard: “Quello che è  stato trovato è molto in profondità, sarei sorpreso se fosse umano. Bisogna chiedersi, come hanno fatto a costruire cose simili a quel tempo? Mi limiterò ad aspettare di avere un paio di dati prima di dire la mia opinione. ”

Il geologo Marine Manuel Iturralde ha chiesto più prove prima di trarre conclusioni circa il ritrovamento, dicendo: “Abbiamo alcune figure che sono estremamente rare, ma la natura è molto più ricca di quanto pensiamo.” Sono strutture dall’età di 50.000 che ha quanto pare sono affondate con il tempo. “50.000 anni fa non c’era la capacità tecnologica che conosciamo per costruire edifici così complessi.”

Uno specialista in archeologia subacquea presso la Florida State University ha aggiunto: “Sarebbe bello se avessero ragione, ma sarebbe veramente una cosa molto avanzata per quel periodo. Le strutture sono fuori dal tempo e fuori luogo.”

a cura di Hackthematrix

https://www.hackthematrix.it/quello-scoperto-cuba-sorprendente-ed-inspiegabile/?feed_id=170041&_unique_id=65c31c7a42596

venerdì 2 febbraio 2024

La camera misteriosa della Piramide di Giza può contenere il trono del faraone forgiato da una meteora. - Deslok

La scoperta di un’enorme camera precedentemente sconosciuta nel profondo della grande piramide ha generato un’enorme quantità di entusiasmo tra gli appassionati di cultura dell’antico Egitto. Tuttavia, a causa di problemi logistici, i ricercatori non sono stati in grado di entrare nella camera per scoprire cosa, se non altro, si trova al suo interno.

I ricercatori credono che un trono di materiale estratto dalle meteore si trovi all’interno della Grande Piramide

Mentre sono in corso diversi progetti per affrontare questo problema, alcuni ricercatori si sono rivolti agli antichi testi religiosi e cronisti dell’Antico Egitto per cercare di dedurre ciò che potrebbero trovare quando finalmente riusciranno a penetrare nella tomba. Una delle teorie che sono state avanzate è che il tesoro nascosto all’interno della Grande Piramide sia sorprendente – un trono forgiato dalle meteore.

Giulio Magli, Direttore del Dipartimento di Matematica e Professore di Archeoastronomia del Politecnico di Milano, ha lavorato sodo per decifrare i Testi dele Piramidi. Questi testi sono una raccolta di scritti religiosi che sono stati scolpiti nelle pareti delle piramidi nel 2400 aC circa. Secondo Magli, è del tutto possibile che la camera segreta contenga il leggendario trono del faraone Khufu – o “Cheope”.

Si dice che il trono sia stato forgiato dal ferro e, come spiega Magli, “Sarebbe stato fuso il ferro, ma il ferro meteoritico, cioè caduto dal cielo sotto forma di meteorite, questo è citato nei Testi”.

Mentre questo potrebbe sembrare incredibile, ci sono prove che il popolo dell’Antico Egitto abbia creato alcuni oggetti ornamentali e cerimoniali usando il ferro estratto dalla meteora che era caduto dal cielo. Nel 2016, è stato scoperto che un pugnale di proprietà di Tutankhamon era certamente forgiato dai composti metallici estratti da un meteorite. Il ferro meteorico è facile da identificare per gli scienziati moderni a causa del suo contenuto insolitamente alto di nichel.

A cura di Hacktheatrix

https://www.hackthematrix.it/la-camera-misteriosa-della-piramide-giza-puo-contenere-trono-del-faraone-forgiato-meteora/?feed_id=169690&_unique_id=65b82010b4217

martedì 30 gennaio 2024

Karahan Tepe: il sito archeologico che svela i segreti dell’umanità antica. - Luca Martini

 

La scoperta di Karahan Tepe: il⁤ sito gemello di Göbekli Tepe.

Il mondo dell’archeologia è stato scosso dalla ‍scoperta di Göbekli ⁣Tepe, un sito megalitico risalente a ‌12.000 anni fa, considerato il più‍ antico del suo ‍genere. Tuttavia, meno noto è l’esistenza di un altro sito simile, situato nella Turchia meridionale, chiamato Karahan Tepe.⁤ Sebbene ancora avvolto ‌nel mistero riguardo alla sua funzione originale, Karahan Tepe ​si sta rivelando un sito di grande importanza archeologica.

La⁣ scoperta e le prime indagini.

La ⁢prima volta ⁣che Karahan Tepe è stato scoperto risale al ⁢1997. ⁣Un articolo accademico pubblicato nel 2000 ha rivelato che si trova a circa 45 chilometri a est di Göbekli Tepe. Nonostante non sia stato ancora esplorato completamente,​ le ‍ricerche ⁣hanno mostrato che questo antico complesso presenta incredibili somiglianze con Göbekli Tepe.

Il termine “tepe”⁢ in turco significa collina o‍ cima⁣ e descrive come entrambi questi ⁢siti ⁣si trovino nelle vicinanze ‍delle montagne rocciose di Tektek in Turchia. Tuttavia, le colline intorno a Karahan Tepe sono leggermente ⁣meno impervie, con il sito situato a circa 700 metri sul livello ⁤del⁢ mare. 

Le caratteristiche ​del sito.

Le rovine di Karahan‌ Tepe si estendono su⁤ un’area di 325.000 metri ​quadrati, circa‍ tre volte ​più piccola dell’area di scavo⁣ di Göbekli Tepe. ‌Tuttavia,‌ presenta caratteristiche simili come⁢ pilastri, strutture‌ speciali, obelischi e sculture animali ornamentali.

Uno studio ⁢ha documentato 274 reperti architettonici nel sito, di cui almeno 266 sono pilastri⁢ ancora‍ in piedi. Alcuni di questi pilastri sono addirittura decorati con rilievi straordinari raffiguranti serpenti e volti umani.

L’età e l’importanza di Karahan ‍Tepe. L’età incerta‍ del sito.

Non è ancora chiaro l’età precisa di Karahan Tepe, ma⁣ è probabile che risalga allo⁢ stesso periodo di Göbekli Tepe. Sembra anche che sia stato abitato solo per un breve periodo durante il Neolitico Pre-Ceramico.

Il contesto ‌storico e le implicazioni.

Una delle principali ‌meraviglie di Göbekli Tepe è che è stato​ costruito durante l’età neolitica,⁤ tra il 9600 e l’8200 a.C.​ Si pensava che strutture complesse come questa potessero essere realizzate solo dopo ⁤che una società aveva ‍padroneggiato l’agricoltura, emersa 10.000-12.000 anni fa con la domesticazione ‍di piante e animali.

Tuttavia, l’età di Göbekli Tepe sfida questa assunzione fondamentale. Suggerisce ⁤che sia stato⁢ costruito all’alba della prima rivoluzione agricola dell’umanità, quando​ si riteneva che gli insediamenti fossero piccoli e⁣ umili raggruppamenti di persone che stavano appena iniziando a utilizzare⁤ l’agricoltura.

In alternativa, le civiltà ⁣stanziali ‍potrebbero essere esistite per più tempo di quanto si pensasse, sebbene questa idea sia controversa e piena di⁤ credenze pseudo-archeologiche. 

La rilevanza⁤ di Karahan Tepe nel panorama archeologico.

Göbekli Tepe, essendo il⁣ sito megalitico ⁢conosciuto più antico del mondo, è⁣ spesso considerato un’anomalia che, per qualche motivo, appare migliaia di anni prima di qualsiasi altra cosa simile emersa sulla Terra.

Tuttavia, Karahan Tepe‌ dimostra che non si tratta di un caso isolato e che potrebbero esserci altre scoperte rivoluzionarie là fuori.

Karahan Tepe non solo rafforza l’importanza di Göbekli Tepe,⁤ ma apre anche​ nuove ​prospettive sulla comprensione delle prime civiltà umane e sulla loro ‌capacità di costruire strutture ⁤complesse molto prima di quanto si pensasse in precedenza.

https://www.tempoitalia.it/2024/01/la-notizia-del-giorno/karahan-tepe-il-sito-archeologico-che-svela-i-segreti-dellumanita-antica/

venerdì 26 agosto 2022

Cucina medievale con stoviglie appena lucidate scoperta dagli archeologi. - Angelo Petrone

 

Per gli archeologi è possibile che gli abitanti fuggirono di
 corsa da un’invasione del 1426.

Un team di archeologi ha realizzato una scoperta sensazionale, mentre scavavano tra i resti di una casa medievale a Nový Jičín nella Moravia-Slesia, in Repubblica Ceca. Si tratta di una cucina in perfetto stato di conservazione, risalente forse all’inizio del XV secolo. Nel vano di servizio, gli archeologi hanno scoperto un forno realizzato in mattoni, un focolare, alcuni piatti in ceramica e un cucchiaio da cucina in legno. La scoperta è stata realizzata, togliendo i detriti e i vari stati di terreno, durante lo scavo nei sotterranei della struttura in pietra, che oggi si trova a pochi metri dalle mura della città. La struttura si trovava su fondamenta composte in pietra e tronchi. La casa era abitata da una famiglia della classe media. A colpire gli esperti è lo stato di conservazione degli utensili da cucina medievali trovati all’interno della casa, con i vasi di ceramica intatti e all’interno ancora i coperchi originali. Sembra che gli oggetti fossero stati appena lavati e lasciati ad asciugare sul focolare.

La nostra ipotesi – spiegano gli esperti – è che la struttura sia stata distrutta con la conquista della città da parte degli hussiti nel 1427, nell’ambito dell’invasione della Moravia e della Slesia”. Sono tante le fonti storiche che descrivono l’assedio e la distruzione della città. Una coincidenza senza dubbio curiosa.

https://www.scienzenotizie.it/2022/08/18/cucina-medievale-con-stoviglie-appena-lucidate-scoperta-dagli-archeologi-2959226?utm_source=dlvr.it&utm_medium=facebook

domenica 12 giugno 2022

Sicilia, importante scoperta archeologica: rinvenuto un insediamento preistorico.

 

Importante scoperta archeologica in Sicilia durante un sopralluogo per la realizzazione di una discarica: è stato infatti rinvenuto in insediamento preistorico, di rilevanza archeologica nazionale.

Importante scoperta archeologica in Sicilia, e per la precisione a Carcaci, piccola frazione del Comune di Centuripe. Nei pressi dell’abitato è stato infatti scoperto un insediamento preistorico di rilevanza archeologica nazionale, ancora tutto da studiare. La scoperta è avvenuta durante un sopralluogo del sindaco di Centuripe, Salvatore La Spina, e di alcuni volontari di associazioni del paese, in un’area collinare di proprietà privata nei pressi del quale la Srr Catania provincia nord realizzerà una discarica pubblica di alto valore ecologico.

Al momento è emerso un complesso cimiteriale composto da un sistema di nove tombe a camera, scavate nella roccia. Quelle di forma rettangolare risalgono molto probabilmente all’età del ferro, mentre quelle a forma circolare all’età del bronzo. Altre, invece, sono di certo ancora più antiche. È però probabile che emergano altre testimonianze antiche dell’insediamento: attorno al complesso cimiteriale rimane ancora molto da scavare e, fa sapere il Comune di Centuripe, si presuppone la presenza di un antico villaggio ancora da scavare. Le immagini del luogo sono state già segnalate alla soprintendenza di Enna.

Esente da particolari vincoli, la zona, adiacente a un territorio appartenente al comune di Randazzo, è tuttavia attraversata da un’infrastruttura idrica (che da Ancipa e Pozzillo porta acqua nel Simeto e a Catania) e da diversi ruscelli. Il progetto interessa terreni privati, perlopiù pascoli biologici, nelle contrade Quartodanaro e Bauze dell’isola amministrativa di Spanò, “exclave” randazzese fra Bronte, Centuripe, Regalbuto e Troina.

Per il sindaco di Centuripe, Salvatore La Spina, “l’eccezionale scoperta aggiunge valore al ricco patrimonio archeologico già presente nel nostro territorio. Trovo assurdo che si possa concepire e pianificare una struttura del genere, senza aver prima controllato il territorio, già importante, non solo dal punto di vista ecologico ma soprattutto agricolo e zootecnico. Oltre 500 persone vivono intorno all’area designata per la realizzazione della discarica e migliaia di capi, tra ovini e bovini, pascolano su quei terreni. Un danno incalcolabile per l’economia e per l’agricoltura del territorio. Che ancora nel 2022 si pensi delle discariche in luoghi densamente agricoli, non ha alcun senso. Pronti, quindi, insieme ai comuni limitrofi, agli allevatori ed agli agricoltori della zona, a lottare contro questo sfregio all’ambiente”.

Di seguito alcune immagini del sito appena scoperto.


martedì 29 giugno 2021

Questa mantide religiosa di 30 milioni di anni è stata conservata alla perfezione in un pezzo d'ambra incontaminata.

 

Incorporata in un chiarissimo pezzo d'ambra, una minuscola mantide religiosa è rimasta congelata nel tempo per intere ere. L'ambra, che misura poco più di 2 centimetri e mezzo, è stata venduta dalla Heritage Auctions degli USA per 6.000 dollari, nel 2016. L'ambra incontaminata, che viene dalla Repubblica Dominicana, permette di osservare in modo unico l'insetto al suo interno.
L'ambra è particolarmente preziosa a sua volta, perché deriva da una leguminosa preistorica estinta, chiamata Hymenaea protera. Proprio dalla sua resina derivano la maggior parte delle ambre trovate in America Centrale e Meridionale. Quella della Repubblica Dominicana è chiamata resina Dominicana ed è famosa proprio per la limpidezza e per il fatto che spesso contiene reperti preziosi.

La Heritage Auctions ritiene che il pezzo in questione risalga all'Oligocene, datandolo tra 23 e 33,9 milioni di anni fa. Si tratta del periodo che ha visto la transizione dall'arcaico Eocene ai moderni ecosistemi del Miocene, finito 5 milioni di anni fa. Incredibilmente, la mantide non sembra così diversa da quelle che conosciamo oggi.
Oggi ne esistono 2400 specie, e principalmente abitano i climi tropicali. I fossili più antichi di mantide, però, che risalgono a 135 milioni di anni fa, derivano da quello che oggi è un luogo molto più freddo: la Siberia.
Chiunque ha comprato questo pezzo d'ambra si è portato a casa un pezzo interessantissimo di storia evolutiva.

World Open News

sabato 22 febbraio 2020

A Nahal Hemar 9000 anni fa usavano la colla. - Luke Scintu



Nahal Hemar è un sito archeologico in Israele nonché una cava datata dal carbonio 14  8310 a.C. Situato su una scogliera vicino al Mar Morto a nord-ovest del Monte. La grotta è stata scavata nel 1983 da Ofer Bar-Yosef e David Alon, dell'Università di Harvard e  della Israel Antiquities Authority. Quello che rende speciale questo luogo sono i reperti ritrovati, e utensili incollati con della vera colla di 9000 anni fa.

Nella grotta sono stata rivenuti oggetti di uso quotidiano come:  cestini corda, tessuti ricamati,  punte di freccia in legno, e ossa e utensili di selce e oggetti rituali, tra cui maschere in pietra vecchie di 9000 anni prima di Cristo, ora in mostra  a Gerusalemme e teschi umani decorati. Tutto questo è sufficiente per capire la grandiosità di questo luogo.

Risultato immagini per Nahal Hemar

Risultato immagini per Nahal Hemar

Risultato immagini per Nahal Hemar

In aggiunta al materiale artefatto-associato, sono stati trovati piccoli pezzi di collagene. Lo studio ha  suggerito che il collagene è un derivato da pelli di animali. La grotta doveva essere una vera dimora e rifugio per alcune famiglie. La gente era solita disegnare sui teschi umani, grazie al  collagene che rivestiva la superficie e il clima secco della regione di Nahal Hemar ha conservato perfettamente tutti questi reperti storici.

Un adesivo a base di collagene fu usato anche dagli Egizi circa 4000 anni fa come legante nella pittura e colla nella costruzione di mobili in legno. Ancora gli storici non si spiegano come possibile che all'interno di Nahal Hemar abbiano vissuto un agglomerato di persone  di 9000 anni fa in grado di conoscere tecnologie di 4000 anni più tardi.  Il collagene del sito israeliano fu integrato con il tessuto vegetale per dargli quella consistenza desiderata

Ancora non ci sono fonti certe di come possibile le persone del neolitico concepirono la scoperta della colla. Quel che è certo che 10000 a.C c'è un buco profondo per quel che riguarda la storia dell'uomo.

lunedì 17 febbraio 2020

Turchia, Göbekli Tepe: l’insediamento che riscrive la storia dell’Umanità. - Federica Giuliani



Göbekli Tepe è un miraggio che appare all’improvviso. Il sole d’agosto, in questa parte di Turchia al confine con la Siria, è accecante e arroventa la pelle, ma l’emozione è più forte del caldo. Situato nella pianura tra il Tigri e l’Eufrate, domina i monti del Tauro e offre un panorama a 360° su quello che un tempo fu un territorio fertile e rigoglioso. Oggi, è un luogo di pellegrinaggio per archeologi e appassionati che, però, dovrebbero vedere tutti perché di fatto riscrive la storia dell’intera Umanità.
La scoperta di Göbekli Tepe.
Nonostante nel 1963 si capì già che il terreno celava qualcosa d’importante, gli scavi iniziarono solo nel 1995 quando il prof. Klaus Schmidt intuì che la collina su cui si ergeva un unico e solitario albero era composta di terra riportata; si trattava di calcare, che differiva completamente dalla dura roccia basaltica circostante. Quando si cominciò a scavare emerse una serie di pilastri a forma di T, che fecero sorgere una miriade di dubbi e quesiti.
La storia.
Eretto presumibilmente tra la fine del Mesolitico e il primo Neolitico da generazioni di uomini dell’Età della Pietra, in un periodo in cui si stava passando all’agricoltura, il sito era dedicato esclusivamente al culto: i monoliti rappresentavano gli dei da venerare mentre gli animali incisi fungevano da protettori. La pietra utilizzata per la sua creazione è considerata tra le più dure e di alta qualità, ma che non esiste nell’arco di 100 chilometri da qui. Il che significa che è stata volontariamente scelta e portata in loco per la realizzazione di qualcosa destinato a durare nel tempo. Con i suoi 12.000 anni Göbekli Tepe è, di fatto, il sito megalitico più antico del mondo e la sua scoperta rivoluziona ogni credenza.
Fino alla sua scoperta si è infatti pensato che fosse stata l’agricoltura a favorire la civilizzazione e che la complessità dell’arte, della società e dell’architettura dipendesse da una fornitura di cibo regolare. Questo sito dimostra invece che i cacciatori-raccoglitori di questa regione della Turchia erano molto più avanzati di quanto si pensasse.
Oltre 45 megaliti sono disposti in sei cerchi con un diametro tra i cinque e i dieci metri ciascuno; i pilastri sono finemente decorati con incisioni a tema animale e le molte ossa ritrovate dimostrano che venivano fatti sacrifici agli dei.  Ma c’è molto più da riportare alla luce: esplorazioni effettuate grazie a speciali scanner hanno rivelato che il sottosuolo sta conservando ancora almeno 250 pilastri.
I misteri di Göbekli Tepe.
Se, da un lato, il ritrovamento di questo insediamento ha permesso una nuova datazione degli altri siti megalitici nel mondo, dall’altro lato si sono spalancate le porte su questioni non facilmente comprensibili:
Come sono state realizzate le incisioni in una pietra particolarmente dura in un’era in cui non si conoscevano i metalli?
  • Perché chi ha costruito il sito lo ha poi volontariamente coperto?
  • I pilastri, se percossi con un particolare tipo di pietra, emettono un suono a bassa frequenza. Come mai?
  • Al crepuscolo i pilastri diventano più luminosi e le incisioni sembrano prendere vita…
  • Non ci sono decorazioni con elementi femminili.

Insomma, tanto è stato scoperto ma molto altro è ancora da comprendere.
La visita.
Il sito rientra nel circuito della nuova Museum Pass Turkey Card*, che include i musei di tutta la Turchia. Una volta preso il biglietto presso il visitor center si inizia la visita con il piccolo ma bene allestito museo. Interattivo e coinvolgente, racconta la storia della scoperta e contestualizza i reperti. Poi, a piedi o con lo shuttle, si raggiungono gli scavi dove la magia del luogo farà tutto da sé. Parte dell’UNESCO dal 2018 per la maestosità e l’importanza che rappresenta per l’Umanità. 
*La Museum Pass Turkey Card ha una validità di 15 giorni per un costo di 375 TL (attualmente circa € 59,00) e consente di visitare oltre 300 musei e siti archeologici gestiti dal Ministero della Cultura e del Turismo della Repubblica di Turchia.

giovedì 13 febbraio 2020

Un Mosaico Greco immacolato scoperto nella Città di Zeugma in Turchia. - Matteo Rubboli



Un team di archeologi guidati dal professor Kutalmış Görkay, dell’università di Ankara in Turchia, ha portato alla luce tre antichi mosaici greci nella città turca di Zeugma, vicino al confine con la Siria. Il progetto di scavo, iniziato nel 2007, è stato velocizzato dalle inondazioni nella zona a causa della costruzione di una diga.
Temendo che gli antichi tesori di Zeugma finissero perduti per sempre, gli archeologi si sono precipitati a scavare, proteggere e conservare le reliquie del passato, compresi i mosaici di vetro risalenti al 2° secolo avanti Cristo. Anche se una parte della città è ormai sommersa dall’acqua, gli scavi continuano nella speranza di scoprire altri reperti.
Secondo Görkay, i mosaici colorati erano parte integrante delle case dell’antica città. Raffiguranti varie figure mitologiche come déi o eroi antichi, i mosaici venivano posizionati nella stanza in modo che gli ospiti potessero ammirarli mentre chiacchieravano e bevevano col padrone di casa. I soggetti venivano accuratamente selezionati in base alla funzione di ogni specifica camera.
Per esempio, in una camera da letto trovavano posto un mosaico con degli amanti come Eros e Telete. I mosaici riflettevano anche i gusti del proprietario dell’abitazione e dei suoi interessi: “Erano un prodotto della fantasia del patrono. Non era semplicemente una scelta da un catalogo, ma servivano a dare una buona impressione ai propri ospiti” afferma Görkay al sito Archaeology.org.

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L’antica città di Zeugma ha una storia che risale al 3° secolo aC, quando fu istituito come insediamento greco chiamato Seleucia da Seleuco I, uno dei comandanti di Alessandro Magno. Nel 64 aC, i Romani la conquistarono e la ribattezzarono “Zeugma”, una parola che significa “ponte” o “incrocio” in greco antico. Per molti secoli, Zeugma servì come uno dei centri di commercio più importanti dell’Impero Romano d’Oriente, grazie alla sua posizione geografica al confine tra il mondo greco-romano e l’impero persiano.

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Thalia, la musa della commedia e della poesia idilliaca.

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Oceanus, la personificazione divina del mare, e la sorella/consorte Tethys, l’incarnazione
 delle acque del mondo.

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  Tethys e Oceanus.

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Poseidone, il Dio del Mare.

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Il Mosaico di fronte alle autorità.

Mosaico Greco Turchia 3
Altri resti della città.

Mosaico Greco Turchia 1
Il ritrovamento di fronte alle autorità.

https://www.vanillamagazine.it/un-mosaico-greco-immacolato-scoperto-nella-citta-di-zeugma-in-turchia/

venerdì 7 febbraio 2020

La mamma di Mesagne e il bambino: un abbraccio lungo 600 anni. - Marina Poci



















Si trovarono fra tutte quelle carcasse orrende due scheletri di cui l’uno teneva l’altro stranamente abbracciato. Quando fecero per staccarlo dallo scheletro che stringeva, andò in polvere”. Così, in Notre Dame de Paris, Victor Hugo concludeva la storia del gobbo Quasimodo, volontariamente andato a morire insieme all’amata Esmeralda nella fossa comune dove la gitana, giustiziata per avere rifiutato l’amore dell’arcidiacono della cattedrale, era stata seppellita.
Per nostra fortuna, la stessa cosa non è accaduta agli scheletri rinvenuti, intatti, alla fine di gennaio nel centro storico di Mesagne, in piazza Sant’Anna dei Greci, durante i lavori di rifacimento della rete idrica e fognaria da parte della ditta incaricata dall’Acquedotto Pugliese: dai primi rilievi effettuati sulle dimensioni del cranio e delle circonferenze toracica e pelvica, si tratterebbe dello scheletro di una donna molto giovane, reclinata sul fianco destro e con gli arti superiori leggermente curvati e dello scheletro di un infante di pochi anni a questa sovrapposto, adagiato all’altezza del suo grembo.
L’annuncio dello straordinario ritrovamento, facente parte di un più ampio rinvenimento di tombe con scheletri interi, è stato dato la mattina del 30 gennaio, in una conferenza stampa congiunta, dall’amministrazione comunale di Mesagne e dalla Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio di Brindisi, Lecce e Taranto: presenti il sindaco Toni Matarrelli, il vicesindaco Giuseppe Semeraro, i consulenti Mimmo Stella e Marco Calò, l’architetto Maria Piccarreta, soprintendente, e la direttrice scientifica degli scavi, dottoressa Annalisa Biffino, hanno descritto quanto è stato rinvenuto durante lo scavo per la posa delle nuove condutture, nonché gli interventi già effettuati dai tecnici sul luogo.
“Questo ritrovamento ci consente di leggere la stratigrafia di realizzazione della città in un periodo non antichissimo, ma comunque importante, dal momento che è nel periodo basso medioevale che si sono determinate la struttura del centro storico e l’articolazione del tessuto urbano così per come le conosciamo e le viviamo noi adesso. Quanto abbiamo ritrovato rappresenta probabilmente soltanto un angolo di un sito che si estende sia al di sotto che lateralmente, ma in questi casi occorre essere molto razionali: studiare ciò che è emerso e coniugare il nostro lavoro di archeologi e storici con le esigenze di vivibilità del luogo e di posizionamento delle condutture delle utenze”, ha chiarito la soprintendente Piccarreta.
“Abbiamo trovato cinque tombe attestanti la presenza di un sepolcreto urbano in adiacenza ad un tratto di muratura di notevole spessore. Al momento, in base alle tipologie di sepoltura e in base ai reperti ritrovati, ci pare di poter collocare questa necropoli in periodo basso medioevale, quindi tra la fine del XIII e il XV secolo, ma abbiamo naturalmente bisogno di studi più approfonditi, anche in laboratorio, per poter essere più precisi sulla datazione”, specifica la dottoressa Biffino.
Due delle tombe ritrovate, quelle a cassa in muratura, sono state studiate e mantenute sul luogo del ritrovamento. Le altre tre, rimosse per essere analizzate, erano a fossa terragna (il defunto veniva inumato direttamente nel terreno, a volte sopra un piano di ghiaia o sabbia, e a protezione della salma veniva predisposta una copertura di materiale che variava dal legno al carparo).
Proprio una delle tombe a fossa terragna conteneva la doppia deposizione di quella che è immediatamente apparsa come una donna di giovane età e del bambino.
Immediata risonanza al ritrovamento è stata data persino dai media nazionali, che hanno divulgato la suggestiva immagine dei due scheletri definendola, forse un po’ forzatamente, come “l’abbraccio eterno di mamma e figlio”.
Gli scavi, dei quali già in occasione della conferenza è stato mostrato alla stampa un piccolo saggio stratigrafico, sono stati condotti dallo Studio Consulenza Archeologica di Ugento, diretto dal dottor Paolo Schiavano, che, come da normativa vigente, si è aggiudicato l’appalto dell’AQP per la sorveglianza e assistenza archeologica.
“Mi piace sottolineare quello di Mesagne come un buon esempio di sinergia tra impresa esecutrice dei lavori, soprintendenza e impresa appaltatrice della sorveglianza. Nel momento in cui sono state rinvenute sedimentazioni di tipo archeologico, l’archeologa nostra delegata presente sul posto, la dottoressa Adele Barbieri, ha immediatamente sospeso i lavori, richiedendo l’intervento della Soprintendenza. Non sempre troviamo la giusta disponibilità, perché l’interruzione delle attività comporta naturalmente una serie di disagi. In questo caso, invece, sia l’AQP che la ditta Spinosa, incaricata dei lavori di rifacimento, hanno collaborato attivamente, favorendo l’allargamento dello scavo e dimostrando una grande sensibilità”, sottolinea il dottor Schiavano. “La dinamica degli eventi mesagnesi testimonia anche l’efficacia della legge cosiddetta “sull’archeologia preventiva” (il cui scopo è di prevenire danni su resti archeologici e di garantire una corretta gestione di possibili rinvenimenti non soltanto nei centri storici e nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico e archeologico)”, conclude Schiavano.
Il riferimento alla legge che concilia l’opera pubblica con la tutela archeologica del territorio, in effetti, coglie nel segno: gli scavi hanno per l’appunto evidenziato come parte del ritrovamento appaia vistosamente danneggiato dai sottoservizi precedenti, in particolare dagli interventi effettuati per portare nel centro storico la linea telefonica.
“Non è inconsueto, nel nostro territorio, rinvenire sepolture plurime. A volte sono membri della stessa famiglia, ma spesso si tratta di soggetti estranei che possono essere seppelliti insieme per i motivi più diversi (anche, molto banalmente, per mancanza di spazio). Per accertare che si tratti di una donna, abbiamo bisogno di condurre analisi molto più approfondite. Al momento mi limito a dire che certamente si tratta di un soggetto giovane e che da un’analisi macroscopica del bacino e del cranio parrebbe essere una giovinetta. Ma la conferma ci sarà data soltanto dalla comparazione di tutti i parametri biometrici, che richiede un po’ di tempo”, precisa cautamente la dottoressa Barbieri.
Degno di nota appare, inoltre, il rinvenimento, nelle tombe a cassa, di una ulteriore sepoltura doppia, con ogni probabilità di due uomini (accanto ai quali vi sono delle monete non leggibili ma sicuramente di età bassomedievale) e di una tomba a colatoio (una tipologia di tomba utilizzata prevalentemente nelle chiese e nei conventi o per seppellire membri della stessa famiglia guadagnando spazio, nella quale le salme venivano deposte mano a mano che morivano e ad ogni nuova deposizione veniva spinto giù il defunto precedente). Il primo defunto emerso in questa tomba dovrebbe essere una donna, dal momento che addosso allo scheletro sono stati ritrovati un paio di orecchini. Nel riempimento della tomba a colatoio sono stati ritrovati almeno cinque individui e una serie reperti di non eccezionale valore (anellini, monetine, addirittura un anello da cucito, cioè un ditale senza il vertice) ma utilissimi ai fini della datazione.
Il ritrovamento mesagnese degli scorsi giorni ha una certa importanza, in quanto potrebbe dare conferma di una serie di informazioni delle quali abbiamo conoscenza da fonti storiche e storiografiche. Già lo storico Cataldo Antonio Mannarino (1568-1621), infatti, dava notizia, documentandola con la sua famosa mappa a forma di cuore, dell’esistenza in loco di una chiesa di fondazione bizantina dedicata a Sant’Anna dei Greci, che insisteva sull’omonima piazza e fu demolita intorno agli anni 1839-40 in quanto pericolante. Giacché i rinvenimenti tombali appaiono allineati ad un tratto piuttosto largo di muratura, l’ipotesi interpretativa più affascinante (che al momento, in mancanza di elementi a suffragio, non può essere validata) è che quelle mura siano proprio le fondamenta dell’antica chiesa di rito greco e che le tombe ritrovate siano parte del cimitero annesso alla chiesa (di sepolcri con “vestimenta bizantine” scoperti durante i lavori di demolizione parlano, infatti, le fonti storiografiche del tempo).
“Mi permetto di suggerire una soluzione simile a quella che è stata elaborata a Lecce in piazza Castromediano: una copertura a vista con lastroni di vetro, per rendere il sito fruibile ai cittadini e ai turisti anche in occasione di una semplice passeggiata nel centro storico”, propone, sentito sul punto, il massimo esperto di Mannarino sul territorio, il professor Domenico Urgesi, già direttore del museo archeologico di Mesagne e della biblioteca comunale “Granafei”. “Inoltre, credo che ormai sia tempo che il Comune di Mesagne si doti di una specifica voce di bilancio con la quale sia previsto l’accantonamento di somme da destinare all’eventualità di ritrovamenti archeologici: Mesagne è un territorio ricchissimo ed è giusto che venga riconosciuto”.
“Non è ancora prevedibile quello che accadrà”, puntualizza il sindaco di Mesagne Toni Matarrelli. “In questo momento il dominus della vicenda non è il Comune, ma la Soprintendenza, che valuterà tra le diverse ipotesi che sono emerse: la trasposizione degli scheletri all’interno del museo o la predisposizione di un sito da lasciare nel luogo del ritrovamento, come è stato fatto in occasione del rinvenimento della necropoli di Vico Quercia. Accolgo con attenzione il suggerimento del professore Domenico Urgesi e valuterò l’ipotesi insieme ai miei collaboratori, compatibilmente con le risorse comunali. Certamente, dal punto di vista umano, mi colpisce molto l’immagine dei due scheletri, giovane donna e bambino, in una posizione suggestiva come quella in cui sono stati trovati e vorremmo che di questa visione beneficiassero tutti coloro che frequentano Mesagne. Nell’immaginario collettivo, siamo associati alla civiltà messapica, ma questo ritrovamento dimostra, una volta di più, che la storia della nostra città non può essere confinata al solo periodo messapico, ma va indagata in ogni direzione temporale”.


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