Visualizzazione post con etichetta covid. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta covid. Mostra tutti i post

mercoledì 29 maggio 2024

Trombosi e sacro siero, pubblicato uno studio sul New England Journal of Medicine che certifica la reazione avversa causata anche dall’adenovirus inserito come vettore.

 

Vaccino Covid, trombosi come reazione avversa causata anche dall’adenovirus inserito nel siero come vettore

LO STUDIO della Flinders University. La sindrome emersa come evento avverso dei vaccini Covid basati su vettori di adenovirus, ossia la trombocitopenia e trombosi immunitaria indotta da vaccino (VITT), è dovuta anche all’uso di questo tipo di vettore virale.

tratto da Il Giornale d’Italia

Fra le cause delle trombosi che si manifestano come reazione avversa ai vaccini Covid c’è anche l’adenovirus usato come vettore all’interno del siero. È quanto emerge da uno studio condotto dai ricercatori della Flinders University di Adelaide, in Australia, e pubblicato sul New England Journal of Medicine.

Vaccino Covid, trombosi come reazione avversa causata anche dall’adenovirus inserito nel siero come vettore

Un nuovo studio condotto in Australia mette un tassello in più nella comprensione dei casi di trombosi che si sono verificati dopo il vaccino Covid, molti dei quali hanno condotto alla morte improvvisa del paziente. A scatenare la sindrome immunitaria emersa come evento avverso dei vaccini basati su vettori di adenovirus, ossia la trombocitopenia trombotica immunitaria indotta da vaccino (VITT), è il vettore virale stesso. La conclusione è stata tratta notando che gli anticorpi anti-PF4 identificati nei pazienti con VITT sono gli stessi sviluppano i pazienti affetti dalle normali infezioni da adenovirus.

Gli studiosi sapevano già che la VITT è dovuta anche allo sviluppo di auto-anticorpi diretti contro il fattore piastrinico 4 (PF4) in grado di attivare meccanismi di coagulazione del sangue. Ciò comporta il rischio di trombosi in sedi multiple o insolite, come il seno venoso cerebrale e le vene splancniche, in associazione a un basso numero di piastrine (trombocitopenia). In precedenza, gli stessi ricercatori della Flinders University avevano anche identificato un fattore genetico che aumenta il rischio di sviluppare la condizione, correlato all’espressione dell’allele IGLV3-21*02.

“L’insolito livello di identità auto-anticorpale tra due disturbi (a livello di anticorpi derivati dai pazienti) indica fortemente che la VITT e il disturbo anti-PF4 associato all’infezione adenovirus siano una classe specifica di risposte immunitarie avverse associate al virus – spiegano i ricercatori – . I nostri risultati indicano che il disturbo anti-PF4 riconosciuto per la prima volta come VITT è essenzialmente identico al disturbo causato dall’infezione da adenovirus”.

Un recente studio di Cureus, condotto in Giappone, aveva individuato la causa delle trombosi anche nella proteina Spike iniettata con il vaccino Covid, rivelando “un notevole incremento delle morti per turbo-cancro dopo le dosi, anche nei soggetti che prima della vaccina erano sani e un’acutizzazione delle malattie pregresse con conseguente morte precoce. Secondo i ricercatori”. La causa delle trombosi è dovuta, secondo gli esperti, alla Spike perché “questa proteina ha un potentissimo effetto pro infiammatorio e porta un irrigidimento dei vasi sanguigni, altera le funzioni mitocondriali e genera ossidazione. Da altri studi è stato confermato che può aumentare le reazioni autoimmuni e indurre la formazione di amiloide, che è una proteina fibrosa non solubile in acqua, che appunto crea una viscosità maggiore che porta poi trombi. Da altri studi di ricerca risulta che il vaccino e la proteina Spike, abbiano un effetto di soppressione della sorveglianza immunologica, ovvero riducono la capacità del sistema immunitario di sorvegliare, di controllare che non avvengano quelle alterazioni cellulari che poi sono alla base dello sviluppo dei tumori”.

“Questa soppressione, questa cattivo funzionamento del sistema immunitario comporta che si possano riattivare tantissimi virus latenti, come per esempio il papilloma virus, l’herpes zoster, l’herpes labiale o l’Ab stain var virus che purtroppo sono direttamente collegati all’aumento del rischio di cancro. Tutti questi motivi si aggiungono al fatto che la proteina Spike si collega molto bene al recettore estrogeni con Alfa, aumentandone la sua capacità di trascrizione e quindi facilitando che tutti i tumori di tipo estrogeni possano aumentare più facilmente”.

“La proteina spike, inserita attraverso le vaccinazioni – aggiungono i ricercatori – sarebbe molto più aggressiva e nociva rispetto invece a quella naturale del virus del Covid 19. Se infatti una persona si ammala di virus per trasmissione, questa proteina rimane negli organi e nel sangue per dieci venti giorni, mentre invece la stessa proteina è stata riscontrata negli individui anche sei mesi dopo l’iniezione ed è presente in quasi tutti gli organi il fegato, il pancreas, la milza, le ovaie e anche il midollo osseo“.

Vaccino Covid, i dubbi sulla sicurezza di tutti i sieri che usano adenovirus come vettori

Il risultato a cui è giunto lo studio australiano solleva interrogativi sulla sicurezza dei vaccini Covid che usano gli adenovirus come vettori virali. “I nostri dati indicano che l’adenovirus, piuttosto che altri costituenti del vaccino, induce direttamente o indirettamente la formazione di anticorpi anti-PF4 che attivano le piastrine – hanno spiegato i ricercatori – . Ciò fornisce importanti informazioni nello sviluppo di nuovi vaccini e apre la strada a nuovi studi volti a identificare l’antigene coinvolto”.

https://www.dcnews.it/2024/05/29/trombosi-e-sacro-siero-pubblicato-uno-studio-sul-new-england-journal-of-medicine-che-certifica-la-reazione-avversa-causata-anche-dalladenovirus-inserito-come-vettore/

mercoledì 23 agosto 2023

Sindrome DI GUILLAIN-BARRE’ DOPO VACCINAZIONE ANTI COVID-19 IN USA.

 

REPORTS OF GUILLAIN-BARRÉ SYNDROME AFTER COVID-19 VACCINATION IN THE UNITED STATES
Abara WE, Gee J, Marquez P, et al.

JAMA Netw Open 2023; 6(2):e2253845


In questo studio di coorte retrospettivo, è stato osservato un aumento del rischio di sindrome di Guillain-Barré entro intervalli di 21 e 42 giorni dopo la vaccinazione con Ad26.COV2.S (Janssen). Il rischio assoluto era probabilmente dell'ordine di diversi casi per milione di dosi di vaccino somministrate. Al contrario, non è stato riscontrato un aumento del rischio di questa ADR dopo il vaccino anti COVID-19 a mRNA (BNT162b2 [Pfizer-BioNTech] e mRNA-1273 [Moderna]), suggerendo che i casi osservati dopo la vaccinazione a mRNA possono costituire l’incidenza naturale di tale sindrome. 

RIASSUNTO

CONTESTO A causa delle associazioni storiche tra i vaccini e la sindrome di Guillain-Barrè (GBS), questa condizione era un evento avverso pre-specificato di particolare interesse per il monitoraggio dei vaccini anti COVID-19.

OBIETTIVO Valutare le segnalazioni di GBS nel database americano VAERS (Vaccine Adverse Event Reporting System) e confrontare i profili di segnalazione entro 21 e 42 giorni dopo la vaccinazione con vaccini anti COVID-19 Ad26.COV2.S (Janssen), BNT162b2 (Pfizer-BioNTech) e mRNA-1273 (Moderna).

DISEGNO, SETTING E PARTECIPANTI Questo studio di coorte retrospettivo è stato condotto utilizzando le segnalazioni inviate al VAERS da dicembre 2020 a gennaio 2022. Sono stati inclusi i report sui casi di GBS verificati come conformi alla definizione di “caso di GBS” della Brighton Collaboration negli adulti statunitensi dopo la vaccinazione anti COVID-19.

ESPOSIZIONI Vaccini anti COVID-19 Ad26.COV2.S, BNT162b2 o mRNA-1273.

ESITI PRINCIPALI E MISURE Sono state condotte analisi descrittive dei casi di GBS. Sono stati calcolati i tassi di segnalazione di GBS entro 21 e 42 giorni dopo le vaccinazioni Ad26.COV2.S, BNT162b2 o mRNA-1273 in base alle dosi somministrate. Sono stati calcolati i Reporting Rate Ratios (RRR) dopo la vaccinazione con Ad26.COV2.S rispetto a BNT162b2 o mRNA-1273 negli intervalli post-vaccinali di 21 e 42 giorni. I rapporti osservato-atteso (observed-to-expected, OE) sono stati stimati utilizzando i tassi di base di GBS in letteratura.

RISULTATI Tra le 487.651.785 dosi di vaccino anti COVID-19, 17.944.515 dosi (3,7%) erano di Ad26.COV2.S, 266.859.784 dosi (54,7%) di BNT162b2 e 202.847.486 dosi (41,6%) di mRNA-1273. Su 295 segnalazioni verificate di casi di GBS identificati dopo la vaccinazione anti COVID-19 per 275 (93,2%) è stato documentato il ricovero ospedaliero (12 asiatici [4,1%], 18 neri [6,1%], 193 bianchi [65,4%] e 17 ispanici [5,8%]; 169 maschi [57,3%]; età mediana [IQR] 59,0 [46,0-68,0] anni). Sono pervenute 209 e 253 segnalazioni di GBS che si sono verificate rispettivamente entro 21 giorni e 42 giorni dalla vaccinazione. Entro 21 giorni dalla vaccinazione, i tassi di segnalazione di GBS per 1.000.000 dosi somministrate erano 3,29 per Ad26.COV.2, 0,29 per BNT162b2 e 0,35 per mRNA-1273; entro 42 giorni dalla vaccinazione, erano 4,07 per Ad26.COV.2, 0,34 per BNT162b2 e 0,44 per mRNA-1273. GBS è stata riportata più frequentemente entro 21 giorni dopo Ad26.COV2.S che dopo la vaccinazione con BNT162b2 (RRR 11,40; IC 95% 8,11-15,99) o mRNA-1273 (RRR 9,26; 6,57-13,07); risultati simili sono stati osservati entro 42 giorni dalla vaccinazione (BNT162b2: RRR 12,06; 8,86-16,43; mRNA-1273: RRR 9,27; 6,80-12,63). I rapporti OE erano 3,79 (2,88-4,88) per 21 giorni e 2,34 (1,83-2,94) per 42 giorni dopo la vaccinazione con Ad26.COV2.S e meno di 1 (non significativo) dopo BNT162b2 e vaccinazione con mRNA-1273 in entrambi i periodi post-vaccinali.

CONCLUSIONE E RILEVANZA Questo studio ha rilevato una disproporzionalità di segnalazione e squilibri per la vaccinazione con Ad26.COV2.S, suggerendo che una associazione con un aumentato rischio di GBS. Non sono state invece osservate associazioni per i vaccini a mRNA anti COVID-19. Il Advisory Committee on Immunization Practices raccomanda preferenzialmente che le persone di età pari o superiore a 18 anni ricevano un vaccino a mRNA anti COVID-19 piuttosto che il vaccino Ad26.COV2.S quando entrambi i tipi di vaccino sono disponibili. In particolare, questa raccomandazione si basa principalmente sull'aumento del rischio di una rara condizione grave di trombosi con sindrome trombocitopenica dopo la vaccinazione Ad26.COV2.S, ma si basa anche su un'associazione riconosciuta con GBS.

http://www.sefap.it/web/index.php?class=Comp&className=Content&op=show&param=CID%2C4101%2Cpreview%2C0&fbclid=IwAR11PWUx1hc5ryl5mR50_XAz_CuCnUanBOi75CaG4OetzEzmFvGPhIuv2TI

martedì 22 agosto 2023

IL RACKET CHE PIANIFICA LE PANDEMIE. - Joseph Mercola - tradotto da Markus

 

Nell’autunno del 2022, i media mainstream avevano iniziato a lanciare l’allarme su una potenziale “triplice epidemia”, caratterizzata dalla presenza simultanea di COVID [1], influenza stagionale e virus respiratorio sinciziale (RSV) [2] . La paura fa vendere, si dice, e questo è certamente il sistema usato da Big Pharma quando si tratta di vaccini.

L’improvvisa attenzione per l’RSV in particolare, che esiste da decenni, è coincisa con l’annuncio di una rapida messa a punto di vaccini contro l’RSV, un’impresa rischiosa se mai ce n’è stata una, visto che i produttori di vaccini avevano inutilmente cercato di immettere sul mercato un vaccino contro l’RSV per circa 60 anni, senza riuscirci a causa di problemi di sicurezza.

Non sorprende che Pfizer e Moderna stiano lavorando a vaccini combinati a base di mRNA per COVID, RSV e influenza [3] , che dovrebbero essere immessi sul mercato nel 2024 e/o nel 2025 [4]. Nell’estate del 2023 la Food and Drug Administration statunitense ha approvato i primi vaccini contro l’RSV per gli anziani di oltre 60, uno di Pfizer (Abrysvo) [5] e uno di GlaxoSmithKline (Arexvy) [6] .

Entrambi i vaccini sono vaccini ricombinanti a subunità, In questi tipi di vaccino vengono utilizzate alcune proteine virali per scatenare una risposta immunitaria [7] ed entrambi i produttori hanno segnalato la sindrome di Guillain-Barré come effetto collaterale dei loro prodotti [8].

Il vaccino contro l’RSV di Pfizer costerà probabilmente tra i 180 e i 270 dollari, mentre GSK intende applicare un prezzo compreso tra i 200 e i 295 dollari [9]. GSK aveva inizialmente annunciato un prezzo di 148 dollari per dose, ma ha deciso di raddoppiare il prezzo a causa di dati più recenti che suggeriscono che l’efficacia potrebbe protrarsi anche nella seconda stagione.

Continua la propaganda della tripla pandemia.

Mentre ci avviamo verso l’autunno del 2023, la “tripla pandemia” di COVID, RSV e influenza fa di nuovo notizia. Una ricerca su Google per la frase chiave “tripla pandemia 2023” [10] a metà agosto 2023 aveva dato ben 41,2 milioni di risposte.

Ricordate che l’esempio di cui sopra è solo a scopo illustrativo e vi sconsiglio vivamente di usare Google. Ma ecco la VERA lezione da apprendere. I risultati totali della ricerca possono essere utilizzati solo per farsi un’idea della frequenza del termine. Google ha smesso da tempo di fornire tutti quei 40 milioni di risultati. Indovinate quanti ne potete visualizzare? Solo 100.

Questo è un punto irrilevante per parole chiave come tripla pandemia del 2023, ma diventa enormemente importante per voi e la vostra famiglia quando cercate di fare una ricerca seria su Internet. È praticamente impossibile ora che Google non solo censura le informazioni vitali sui rimedi naturali per la salute, ma si limita a visualizzare solo i primi 100 risultati.

E, come avevamo visto durante la pandemia COVID, le agenzie di stampa utilizzano gli stessi titoli e le stesse argomentazioni – una prova inequivocabile che la narrativa sulla triple pandemia è coordinata da una fonte centrale.

Continua qui: https://comedonchisciotte.org/il-racket-che-pianifica-le-pandemie/

venerdì 14 aprile 2023

Aridateci Aigor. - Marco Travaglio

 

Allegria! Nasce una Commissione parlamentare per indagare sulla gestione del Covid da parte dei governi Conte e Draghi (e non delle Regioni, competenti in sanità): cioè sul lockdown, le zone rosse, arancioni e gialle, gli acquisti di mascherine, i vaccini, perfino i banchi “a rotelle”.
Insomma su tutte le benemerite iniziative, poi copiate dai migliori governi d’Europa, che hanno arginato la pandemia e salvato decine di migliaia di vite.
Nelle vere democrazie le commissioni d’inchiesta le crea l’opposizione per controllare chi detiene il potere, non chi detiene il potere per ricattare l’opposizione. Perciò M5S e Pd protestano. Ma al loro posto ci limiteremmo a disertare le sedute e a goderci lo spettacolo dei segugi destronzi che indagano da soli. Uno spettacolo che, visti i precedenti, si annuncia imperdibile.
In Italia le commissioni parlamentari non scoprono mai nulla più dell’acqua calda, riuscendo semmai a incasinare il poco che ha accertato la magistratura. E colpiscono pure come boomerang chi le architetta.
La più recente è quella sulle banche, voluta da Renzi nel 2017 contro i 5Stelle, Lega e FdI che osavano denunciare i conflitti d’interessi del suo Pd nei crac bancari. Partito per suonarle agli oppositori, il poveretto finì suonato dallo scandalo della sua soffiata sul dl Banche Popolari a De Benedetti, che ci speculò in Borsa. Si scoprì pure che la Boschi aveva fatto il giro delle sette banche, più Consob e Bankitalia, per raccomandare l’Etruria tanto cara al babbo.
Il meglio però lo diedero i berluscones con due capolavori della commedia all’italiana: le commissioni Telekom Serbia e Mitrokhin. La prima, presieduta dall’avvocato di Dell’Utri, Enzo Trantino, nasce nel 2003 per indagare sull’acquisto nel 1997 del 29% della compagnia telefonica serba da Stet-Telecom Italia: 900 miliardi di lire al governo di Milosevic, già sotto embargo e poi catturato e condannato all’Aja. Per nascondere le tangenti (vere) pagate da Previti ai giudici romani per comprare le sentenze Mondadori e Imi-Sir, salta fuori un “supertestimone” delle tangenti (false) intascate da Prodi, Fassino e Dini sui conti cifrati “Mortadella”, “Cicogna” e “Ranocchio”. Il portentoso teste, tal Igor Marini, si presenta come “conte polacco”, giura di aver trattato personalmente l’acquisto di Telekom, ma afferma di aver dimenticato le carte in Svizzera. La commissione gli crede sulla parola e parte con lui per Lugano. Ma si scorda di avvertire gli svizzeri, che arrestano i nostri eroi. I parlamentari vengono poi rilasciati. Marini lo trattengono in galera, essendo ricercato per aver truffato alcuni alberghi: mangiava, beveva e dormiva, ma non pagava il conto come un altro conte, il Mascetti di Amici miei.
Appena sentono il suo nome, i giudici di Torino chiedono la sua estradizione: lo cercavano da mesi per una truffa su titoli indonesiani. I pm, diversamente dalla Commissione, indagano su di lui e scoprono che vive in un tugurio nel Bresciano e fa il facchino al mercato ortofrutticolo: l’attività tipica degli intermediari da Stato a Stato. La seconda moglie racconta in lacrime che Igor ha truffato anche lei: non era conte né polacco, si spacciava per numero 2 dello Ior e amico del Papa. La prima moglie, la soubrette Isabel Russinova, dichiara ai pm: “Igor ha preso in giro anche me. Mi sono vergognata per anni, ma ora che ha truffato l’intero Parlamento mi sento meno sola”. Dei conti Cicogna, Mortadella e Ranocchio e della maxi-tangente da 450 miliardi non si troverà traccia. Marini sarà condannato a dieci anni per calunnia. E si scoprirà che l’unico a prendere soldi provenienti dall’affare Telekom Serbia è stato un membro della Commissione Telekom Serbia: Italo Bocchino di An.
Il degno pendant del conte Aigor è Mario Scaramella da Napoli, “superconsulente” della commissione Mitrokhin, che indaga sugli infiltrati del fu Kgb in Italia sotto la presidenza di Paolo Guzzanti, padre d’arte. Una vita di espedienti, trascorsa a millantare credito e fondare inesistenti centri studi e organizzazioni internazionali antiatomiche formate da lui e dalla fidanzata, nonché a spacciarsi per “giudice antimafia”: un cazzaro legato al Sismi e alla Cia. La Commissione gli crede ciecamente e lo manda in giro per l’Europa a torchiare vecchie spie russe in andropausa. Quelle gli raccontano le porcate di Putin, ma lui è più interessato a Prodi, di cui purtroppo nessuno sa nulla, a parte una spia che ha sentito dire da un’altra (morta) che un’altra (morta) aveva saputo da un’altra che Prodi piaciucchiava al Kgb. Quindi Prodi agente sovietico, forse coinvolto nel caso Moro. “Una bomba termonucleare!”, esclama Guzzanti al telefono con Scaramella, “lo dico subito al Capo”. Cioè a B.. Ma neanche lui lo prende sul serio. Scaramella continua a molestare gente nei bar di Londra, mostrando foto di Prodi e persino di Diliberto e Pecoraro Scanio (anche loro del Kgb, malgrado l’età). Nei suoi rapporti cifrati, Pecoraro è ‘Pecorosky’ e ‘Culattosky’. Una delle spie molestate prega Guzzanti di riprendersi lo stalker: “Your friend is a mental case”. Mario sostiene di essere stato avvelenato a Londra col polonio insieme all’ex agente Litvinenko: “Mi han dato una dose dieci volte superiore a quella mortale”. Solo che Litvinenko muore, mentre Scaramella resuscita e torna in Italia. Lo arrestano appena scende dall’aereo e lo condannano per armi e calunnie. Ora sia lui sia Marini sono fuori. Pronti per la Commissione Covid.

giovedì 2 marzo 2023

Inchiesta sul Covid in Bergamasca, indagati Conte e Speranza. - Francesca Brunati e Igor Greganti

 

A tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia di Covid che, tra febbraio e aprile 2020, ha straziato la Bergamasca con oltre 6 mila morti in più rispetto alla media dell'anno precedente, è stata chiusa l'inchiesta per epidemia colposa con 19 indagati tra cui l'ex premier Giuseppe Conte, l'ex ministro della Salute Roberto Speranza, il Governatore della Lombardia Attilio Fontana e l'ex assessore della sanità lombardo Giulio Gallera.

Il procuratore aggiunto di Bergamo Cristina Rota con i pm Silvia Marchina e Paolo Mandurino, sotto la super visione del Procuratore Antonio Chiappani, hanno tirato le somme di una indagine con cui si è cercato di far luce e individuare le responsabilità di quella tragedia che ha lasciato una profonda ferita, e di cui è ancora vivo il ricordo delle lunghe file di camion dell'esercito con sopra le bare delle vittime da trasportare fuori regione per essere cremate.

 "E' vergognoso che una persona che è stata sentita a inizio indagine come persona a conoscenza dei fatti scopra dai giornali di essere stato trasformato in indagato.

E' una vergogna sulla quale non so se qualche magistrato di questo Paese ritiene di indagare. Sicuramente non succederà niente", afferma a Radio Anch'io il governatore Attilio Fontana. "Anche in altri processi in cui sono stato assolto - aggiunge - ho saputo dai giornali cose che non sapevo".

"Anticipo subito la mia massima disponibilità e collaborazione con la magistratura - ha commentato l'ex presidente del Consiglio e ora a capo del M5, Conte -. Sono tranquillo di fronte al paese e ai cittadini italiani per aver operato con il massimo impegno e con pieno senso di responsabilità durante uno dei momenti più duri vissuti dalla nostra Repubblica".

Tra i destinatari dei 17 avvisi di conclusione delle indagini, che saranno notificati giovedì, e nei quali sono contestati a vario titolo i reati di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo, rifiuto di atti di ufficio e anche falso ci sono anche il presidente dell'Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro, il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli, il coordinatore dell'allora Comitato Scientifico Agostino Miozzo, l'ex capo della protezione civile Angelo Borrelli e tra i tecnici del ministero della salute l'ex dirigente Francesco Maraglino. Riguardo invece a Conte e Speranza gli atti dovranno essere trasmessi al Tribunale dei Ministri.

L'inchiesta, che già contava alcuni indagati come i vertici dell'Ats di Bergamo e dirigenti dell'assessorato regionale alla sanità, come scrive in una nota il Procuratore Chiappani, "sono state articolate, complesse e consistite nell'analisi di una rilevante mole di documenti" informatici o cartacei "nonché di migliaia di mail e di chat telefoniche in uso ai soggetti interessati dall'attività investigativa, oltre che nell'audizione di centinaia di persone informate sui fatti". Un'attività che ha consentito di ricostruire i fatti a partire dal 5 gennaio 2020, quando l'Oms aveva lanciato l'allarme globale a tutti i paesi e che si è avvalsa di una maxi consulenza firmata da Andrea Crisanti, microbiologo dell'Università di Padova e ora senatore del Pd. Gli accertamenti hanno riguardato tre livelli, uno strettamente locale, uno regionale e il terzo nazionale con le audizioni a Roma di Conte, Speranza i veri tecnici e anche l'ex ministro dell'Interno Luciana Lamorgese.

Nel mirino degli inquirenti e degli investigatori della Guardia di Finanza sono finiti non solo i morti nelle Rsa della Val Seriana e il caso dell'ospedale di Alzano chiuso e riaperto nel giro di poche ore, ma soprattutto la mancata istituzione di una zona rossa uguale a quella disposta nel Lodigiano e i mancati aggiornamento del piano pandemico, fermo al 2006, e l'applicazione di quello esistente anche se datato e che comunque, stando agli elementi raccolti, avrebbe potuto contenere la trasmissione del Covid. Riguardo alle omissioni, come ha sottolineato Crisanti nella sua consulenza in base a un modello matematico, se fosse stata istituita la zona rossa in Val Seriana, al 27 febbraio i morti sarebbero stati 4.148 in meno e al 3 marzo 2.659 in meno.

Mentre Speranza in una nota ha affermato di aver "sempre pensato che chiunque abbia avuto responsabilità nella gestione della pandemia debba essere pronto a renderne conto", aggiungendo di essere "molto sereno e sicuro di aver sempre agito con disciplina ed onore nell'esclusivo interesse del Paese", i parenti delle vittime hanno commentato: "Da oggi si riscrive la storia della strage bergamasca e lombarda, la storia delle nostre famiglie, delle responsabilità che hanno portato alle nostre perdite. La storia di un'Italia che ha dimenticato quanto accaduto nella primavera 2020, non a causa del Covid19, ma per delle precise decisioni o mancate decisioni".

"Non avevamo il minimo segnale di partecipare al 'banchetto' degli indagati. Fontana era stato sentito come persona informata sui fatti e da allora silenzio assoluto", commenta l'avvocato Jacopo Pensa, legale del governatore Fontana, alla chiusura dell'inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione della pandemia di Covid. "Apprendiamo prima dai media e senza alcuna notifica formale di essere tra gli indagati". E ancora: "Prendiamo atto - spiega il difensore - che la Procura di Bergamo ha sottolineato che la conclusione delle indagini non è un atto di accusa. Vedremo, vedremo. Non è neanche un atto di difesa".

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2023/03/01/inchiesta-sul-covid-in-bergamasca-indagati-conte-e-speranza-_a4b4144c-6bb8-4f48-a958-0836ec185bbe.html

lunedì 4 aprile 2022

Altro che “eroi” in camice: ecco i 66 mila esodati-Covid. - Natascia Ronchetti

 

IL 30 GIUGNO - Scadono i contratti: zero assunzioni.

In teoria dovrebbero essere quasi tutti stabilizzati. Solo in teoria, però. Perché in concreto si scontrano contro un muro: quello dei vincoli di bilancio. Per ora i quasi 54 mila operatori sanitari reclutati con contratti flessibili per far fronte alla pandemia hanno una sola certezza. Quella che il 30 giugno scadrà la proroga dei loro contratti. Sono medici (20.064), infermieri (23.233), operatori sociosanitari e altri professionisti come i tecnici di laboratorio o di radiologia (22.732). Totale: oltre 66 mila, ma solo 54 mila candidati all’assunzione a tempo indeterminato (vanno esclusi infatti gli specializzandi e il personale in quiescenza). La legge di Bilancio ha aperto uno spiraglio concedendo la possibilità di assumere coloro che alla fine di giugno hanno maturato almeno 18 mesi di servizio, di cui sei nel corso dell’emergenza. Ad avere i requisiti fissati dalla legge sarebbero in 43 mila.

Ma le incognite sono tante anche per questi ultimi. E per molti motivi. Perché fatta la legge dovranno poi essere le aziende sanitarie a procedere con le assunzioni cercando di far comunque quadrare i conti. E non c’è nulla di scontato, anzi. Poi perché non tutte le Regioni sono nelle stesse condizioni. Sette – Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Puglia e Sicilia – sono sottoposte a piani di rientro per risanare il disavanzo finanziario. Due, Calabria e Molise, sono commissariate. Un bluff? “Non c’è nessun automatismo, la legge si limita a offrire questa possibilità”, dice Carlo Palermo, segretario nazionale di Anaao, uno dei più rappresentativi sindacati dei medici ospedalieri. Il fatto è che oltre due anni fa, quando è scoppiata la pandemia, il Servizio sanitario nazionale era già stremato dai tagli – 46 mila posti in dieci anni – imposti dalla spending review. Mancavano allora, tra ospedali e territorio, 63 mila infermieri. E mancavano, nelle varie specialità, oltre 10 mila medici. Di questi ultimi, secondo una proiezione realizzata da Fiaso con il supporto di Sda Bocconi (Fiaso è l’associazione a cui fanno capo l’85% delle aziende sanitarie e ospedaliere italiane), andranno in pensione entro il 2024 in oltre 35 mila. Gli infermieri in uscita saranno invece 58.339. Le stabilizzazioni non risolverebbero affatto il problema perché continuerebbero a mancare all’appello in 18.353, tra camici bianchi e infermieri: una voragine. Ma almeno tamponerebbero qualche falla qua e là. Quanto basta per tentare almeno in parte di affrontare un’altra emergenza, quella del recupero delle lunghe liste d’attesa accumulate a causa della pandemia. “Tra visite specialistiche, interventi chirurgiche e ed esami diagnostici saltati, è un problema che ci trascineremo per molto tempo – prosegue Palermo –. Sempre sperando che non arrivi una nuova pandemia. Con il risultato di uno spostamento sempre più massiccio verso la sanità privata. Il pubblico è sempre più proiettato verso le terapie per gli acuti e il privato continua ad assorbire medici”.

Con la legge di Bilancio il governo ha aumentato la dotazione del fondo sanitario nazionale. Due miliardi all’anno per tre anni, si passa dai 124 miliardi per il 2022 ai 128 per il 2024. Soldi che dovrebbero servire – anche ma non solo – a stabilizzare i precari. Risorse che secondo Fiaso potrebbero essere del tutto insufficienti. Proprio come sono insufficienti, secondo le Regioni, gli stanziamenti a loro favore per coprire i maggiori oneri sostenuti a causa della pandemia. Come sappiamo hanno chiesto due miliardi ma finora ne hanno ottenuto uno. “Abbiamo un’opportunità – spiega il presidente di Fiaso, Giovanni Migliore – che deve fare i conti con un grosso limite legato al tetto di spesa per problemi di finanza pubblica”.
Tradotto: la responsabilità è tutta politica, alla fine dei conti la palla è nelle mani delle Regioni e del governo. C’è chi sta cercando di spostare il ragionamento sui vincoli dal tetto di spesa allo standard di personale da fissare per raggiungere un determinato obiettivo di salute. “Si tratta di definire per ogni servizio sanitario da erogare il numero delle risorse umane necessarie – osserva Migliore –. Ma è chiaro che se non ci si sottrae alla logica del tetto di spesa, la stabilizzazione potrebbe anche essere difficile o impossibile”. Per capire: Federsanità, l’associazione legata all’Anci, finora non ha negato le sue perplessità sulle stabilizzazioni.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/04/03/altro-che-eroi-in-camice-ecco-i-66-mila-esodati-covid/6546679/?utm_content=marcotravaglio&utm_medium=social&utm_campaign=Echobox2021&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR2XwJZhoPY-_XKhh2UWyYvUVagWAjUKHlFUHHWlQn3ojpWMtdaeUBjkRww#Echobox=1648980466

sabato 26 marzo 2022

Covid: Iss, aumenta incidenza, tasso massimo fra 10 e 19 anni.

 

Più reifezioni Covid fra no vax o vaccino oltre 120 giorni. Con il booster rischio morte 14 volte piu' basso.

Aumenta l'incidenza settimanale a livello nazionale ed il tasso piu' alto ha riguardato la fascia d'età degli adolescenti fra i 10 e i 19 anni. Lo indica il report esteso settimanale dell'Istituto Superiore di Sanita' che integra il monitoraggio sull'andamento dell'epidemia.

I dati del flusso ISS nel periodo 14/3/2022 - 20/3/2022 evidenziano un aumento dell'incidenza, pari a 784 per 100.000.

In aumento l'incidenza a 14 giorni in tutte le fasce d'età. Nella fascia 10-19 anni si registra il più alto tasso di incidenza a 14 giorni, pari a 2.165 per 100.000, mentre nella fascia di età 80+ anni il più basso, 801 casi per 100.000 abitanti.

Il tasso di ricoveri in terapia intensiva nel periodo 4/2/2022-6/3/2022 per i non vaccinati e' 4 volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da meno di 120 giorni e circa 11 volte più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster. Il tasso di mortalità nel periodo 28 gennaio 2022-27 febbraio 2022, per i non vaccinati e' circa 4 volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da meno di 120 giorni e circa quattordici volte più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster.

Stabile il tasso di ospedalizzazione dei malati di Covid in tutte le fasce d'eta' ad eccezione delle fascia sotto i 5 anni in cui risulta in aumento.

Dal 24 agosto 2021 al 23 marzo 2022 sono stati segnalati 282.654 casi di reinfezione, pari a 3% del totale dei casi notificati. Nell'ultima settimana la percentuale di reinfezioni sul totale dei casi segnalati è pari a 3,4%, stabile rispetto alla settimana precedente. Il rischio di reinfezione a partire dal 6 dicembre 2021 (inizio della diffusione della variante Omicron), segna l'aumento del rischio di reinfezione in chi non ha il vaccino, in chi aveva avuto una prima diagnosi da oltre 210 giorni, in chi ha avuto almeno una dose da oltre 120 giorni, nelle donne

Il rischio di reinfezione piu' alto per le donne viene legato verosimilmente per la maggior presenza di donne in ambito scolastico dove viene effettuata una intensa attività di screening e al fatto che le donne svolgono più spesso la funzione di factotum in famiglia.

Un rischio piu' alto riguarda anche le fasce di età più giovani (dai 12 ai 49 anni) rispetto alle persone con prima diagnosi in età compresa fra i 50-59 anni per comportamenti ed esposizioni a maggior rischio, rispetto alle fasce d'età over 60 e negli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione.

https://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/sanita/2022/03/26/covid-iss-aumenta-incidenza-tasso-massimo-fra-10-e-19-anni_fbdd8adc-59cc-4c7f-86b2-92a765c99578.html

mercoledì 23 marzo 2022

Le spie dal semifreddo. - Marco Travaglio










Sulle migliori gazzette va fortissimo una deduzione: siccome i russi hanno invaso l’Ucraina, la loro missione sanitaria in Italia dal 22.3. 2020 per aiutarci contro il Covid era spionaggio. I Servizi e il Copasir hanno già smentito tutto, ma ai Le Carré de noantri non la si fa. Il capomissione russo -rivela il Corriere- voleva “entrare negli uffici pubblici e sanificare il territorio”. Se l’avesse fatto un mese prima l’Asl di Alzano al primo focolaio, ci saremmo risparmiati centinaia di morti. Comunque “gli italiani negarono il via libera” e i russi dovettero accontentarsi di “ospedali e Rsa”, forse per spiare le scollature delle infermiere. Poi però “sanificarono molte strade”, per carpire i segreti dei paracarri e riferirli a Mosca in codice cifrato. Repubblica non ha dubbi: “l’obiettivo non era aiutare gli italiani”, come si potrebbe arguire dai 32 medici, 51 bonificatori, 110 mila tamponi, 521.800 mascherine e 30 ventilatori polmonari offerti alla povera sanità lombarda (era in mano a Fontana e Gallera), mentre Ue e Usa dormivano. Era “un’operazione di intelligence” per “acquisire tutte le informazioni sul virus e i metodi per contrastarlo”. Purtroppo sui metodi si brancolava nel buio con gli antinfluenzali. E le formidabili “informazioni sul virus” non è ben chiaro perché venissero a cercarle a Bergamo, visto che il Covid dilagava pure in Russia. Ai segugi di Rep e Corriere basterebbe leggere i loro giornali. “Con 306 casi e nessun morto su 145 milioni di abitanti, la Russia ha uno dei tassi di contagi più bassi al mondo… ‘Bugie spudorate’, sbotta Anastasija Vasilyeva, capo del sindacato Alleanza dei medici… In un anno l’Istituto statistico ha registrato +37% dei casi di ‘polmonite acquisita in comunità’ (Pac). ‘Le autorità sovrappongono Pac a Coronavirus per evitare il panico. Ai medici è vietato di diagnosticare il coronavirus, pena il licenziamento’” (Rep, 22.3.’20).

Forse gli spioni cercavano la variante bergamasca del Covid, utilissima per combattere quella russa. O forse -insinua la Stampa- Putin voleva “incunearsi anche fisicamente nel teatro italiano” (probabilmente l’Ambra Jovinelli). Il Foglio aggiunge orrore all’orrore: la Bellanova “non fu coinvolta” da Conte e Guerini, sennò avrebbe sgamato la cosa, con l’astuzia contadina tipica degli ex braccianti. La Stampa ricorda che altre quinte colonne di Putin subornate da Conte (Zingaretti, D’Amato e lo Spallanzani) volevano “adottare il vaccino Sputnik in Italia”. E non erano sole: “Parigi e Berlino, vertice con Putin: ‘Pronti a collaborare su Sputnik’” (Stampa, 1.4.’21). Quindi Conte governava anche Francia e Germania. Si attende ad horas lo sviluppo più agghiacciante della spy story: i russi della missione russa parlavano russo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/23/le-spie-dal-semifreddo/6534415/

mercoledì 19 gennaio 2022

Covid, reparti in affanno, liste di attesa fino a 12 mesi e interventi rinviati. Nel Lazio la quarta ondata manda in tilt la sanità pubblica. - Luisa Monforte


 

"In tutti gli ospedali pubblici romani si sono ridotte le attività per le patologie non urgenti, il personale infermieristico viene dirottato sulle vaccinazioni e sull'assistenza ai malati Covid" spiega Guido Coen Tirelli, primario di Otorinolaringoiatria al Sant'Eugenio di Roma e segretario del sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed del Lazio.

Posti letto insufficienti, liste di attesa che arrivano fino a un anno per le patologie non urgenti, reparti in affanno, ambulanze a singhiozzo, personale per le pulizie insufficiente: la quarta ondata Covid sta mandando in tilt la sanità pubblica nel Lazio. L’allarme arriva dai medici, ma anche dagli infermieri e altri operatori del settore. “Questa quarta ondata per fortuna non è grave come la prima ma ha un impatto uguale sugli ospedali e sulla popolazione”, racconta Guido Coen Tirelli, primario di Otorinolaringoiatria al Sant’Eugenio di Roma e segretario del sindacato dei medici ospedalieri Anaao Assomed del Lazio. Raggiunto telefonicamente da ilfattoquotidiano.it, Coen Tirelli spiega che “in tutti gli ospedali pubblici romani si sono ridotte le attività per le patologie non urgenti, il personale infermieristico viene dirottato sulle vaccinazioni e sull’assistenza ai malati Covid”.

Per fare qualche esempio: all’ospedale Sant’Eugenio di Roma in tempi pre-pandemia la chirurgia effettuava otto sedute al giorno, oggi ne riesce a garantire due. I tempi per le visite specialistiche, in tutti i nosocomi pubblici, si sono notevolmente dilatati e ci sono attese che sfiorano gli 8 o i 12 mesi. E slittano, dai tre ai sei mesi, le attese per le operazioni chirurgiche non urgenti. Nei pronto soccorso le ambulanze vanno incontro a blocchi del servizio. Secondo quanto rilevato dalla Fp Cgil di Roma e del Lazio si sono registrati su base regionale picchi giornalieri anche di 50 ambulanze ferme più del dovuto all’ingresso degli ospedali, perché non potevano rilasciare i pazienti a causa del sovraffollamento.

La situazione di crisi investe “tutti, dal San Filippo Neri al Santo Spirito, tutti gli ospedali a conduzione pubblica stanno subendo un sovraccarico per i pazienti Covid e di conseguenza c’è una difficoltà pazzesca negli ospedali pubblici a trattare le patologie non urgenti”, aggiunge Coen Tirelli. “Ci sono intere aree di ospedali completamente ferme, sono quelle destinate a patologie non urgenti. E nelle aree chirurgiche si lavora a scartamento ridotto, mancano i posti letto per i malati che non siano Covid e nelle sale operatorie si lavora di meno perché manca sia il personale infermieristico, sia gli anestesisti, dirottati in altre attività per fronteggiare l’emergenza Covid”, sottolinea il medico. Le difficoltà riguardano soprattutto le chirurgie, quindi le operazioni di routine, come asportazioni della colecisti, delle tonsille o dell’appendice, ovvero patologie che non mettono in pericolo la vita del paziente ma possono diventare gravi se rinviate troppo a lungo. “Per una colecisti si può arrivare ad aspettare anche tre o quattro mesi a oggi”, dice Coen Tirelli.

E per effetto del sovraffollamento sono aumentati anche i carichi di lavoro per la pulizia nei reparti Covid, con un conseguente rallentamento del servizio negli altri reparti. “È fisiologico che in questo momento la maggior parte del personale per le pulizie sia impiegato nei reparti Covid. Le aree Covid e i pronto soccorso li chiamiamo zone rosse, insieme alle sale operatorie: c’è da lavorare in continuazione, con ritmi e orari notevolmente intensificati, perché oltre alla pulizia ordinaria dobbiamo svolgere le sanificazioni. Tutto questo mentre il numero di persone impiegate e il monte ore richiesto è sempre lo stesso, se non addirittura diminuito come è stato proposto nella Asl Roma 5″, racconta Dhaou Yahyaoui della Filcams Cgil.

In alcune strutture il maggior carico di lavoro si è tradotto in una insufficienza di dispositivi di protezione. “Il personale che fa le pulizie, composto per la maggior parte da donne sui 50 anni, anche in strutture importanti, come l’Umberto I di Roma, si trova spesso sprovvisto di mascherine, gel e guanti: devono andare a chiederli al capo sala di turno, perché quelli previsti per dotazione ordinaria non sono sufficienti”, aggiunge Yahyaoui.

Uno scenario che a breve termine rischia di ampliare il divario tra pubblico e privato, e sul lungo periodo potrebbe acuire le disuguaglianze nell’accesso alle cure: tema su cui le istituzioni, a partire dal governo, hanno promesso di intervenire facendo leva sui fondi del Pnrr in arrivo. Tuttavia il percorso è in salita nel Lazio dove, prima della pandemia, dopo dieci anni di commissariamento, il sistema sanitario regionale scontava già una carenza notevole di personale a causa del blocco del turn over: le aziende ospedaliere potevano assumere soltanto il 10 per cento del totale del personale in uscita, fuori cento e dentro 10, insomma. Così il quadro attuale vede una carenza su tutto il territorio regionale “di circa 10mila unità tra medici, infermieri, sanitari e amministrativi”, racconta Massimiliano De Luca, responsabile comparto Sanità Fp Cgil Roma e Lazio che rappresenta infermieri, operatori del settore e amministrativi. “Ne mancano altre 3.500 se davvero si vogliono attuare i progetti che si pensa di realizzare con i fondi del Pnrr, a partire dalle case della salute”, aggiunge.

Con la pandemia, a partire da marzo del 2020, nel sistema sanitario del Lazio sono state innestate circa 4mila nuove unità “ma si tratta di personale a tempo determinato e in scadenza che andrebbe stabilizzato subito, considerato anche che la nuova legge di bilancio ne favorisce l’assunzione dopo 18 mesi, superando il limite dei 36 mesi fissato dalla legge Madia. Inoltre bisogna sbloccare immediatamente nuove assunzioni”, chiosa. Non soltanto, uno dei temi su cui è fondamentale intervenire secondo il sindacato è il tetto di spesa per il personale imposto alle strutture ospedaliere pubbliche: misura che crea la principale differenza nella riduzione dei tempi di attesa tra pubblico e privato, poiché le strutture private possono fare infornate di assunzioni e reperire quindi forza lavoro senza limiti a differenza di quelle pubbliche. “È qualcosa su cui si deve iniziare a ragionare e ad agire a livello di governo nazionale – conclude De Luca -, la pandemia ha mostrato che in sanità non si può più pensare che gli ospedali pubblici abbiano tetti di spesa per il personale”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/01/19/covid-reparti-in-affanno-liste-di-attesa-fino-a-12-mesi-e-interventi-rinviati-nel-lazio-la-quarta-ondata-manda-in-tilt-la-sanita-pubblica/6460593/

venerdì 7 gennaio 2022

La casa brucia, in silenzio scappa Draghi. - Antonio Padellaro

 

Le immagini, abbastanza spettrali, dei ministri Speranza, Brunetta e Bianchi colti in diretta tv all’uscita di Palazzo Chigi – pallidi, stremati, impegnati a proclamare l’unanimità dell’esecutivo sull’obbligo vaccinale quando tutto il mondo sapeva dello strappo leghista – rendono inevitabile la battutaccia di un governo finito in mezzo a una strada. Una comunicazione improvvisata male e interpretata peggio, decisa quando “visto il clima elettrico si decide di far saltare la conferenza stampa” (Corriere della Sera). Un evidente infortunio mediatico nelle ore più ansiogene del picco Covid, destinato, secondo gli esperti, a trasformarsi entro la fine di gennaio in uno tsunami di contagi e terapie intensive. Ma, soprattutto, un clamoroso errore politico quando cioè il Paese aveva assoluta necessità di ascoltare la voce più autorevole e rassicurante sulle misure adottate, quanto mai emergenziali: quella del presidente del Consiglio. E, magari, in un luogo istituzionale acconcio e non con qualche battuta sbiascicata tra i passanti. Ci fu un tempo in cui la stampa del tutto va bene madama la marchesa si sdilinquiva davanti ai silenzi di Mario Draghi. Dal suono, signora mia, così armonioso e prestigioso perché bisogna essere davvero dei fuoriclasse per tacere così bene. Niente a che vedere, per carità, con l’esibizionismo compulsivo di quel Giuseppe Conte, con la sua mania di metterci la faccia nell’annunciare sciocchezzuole come il lockdown e, sempre, ma tu guarda, all’ora di cena. Ora che siamo davanti a provvedimenti così rigorosi e complessi, che pongono serissimi problemi di applicazione e perfino di legittimità costituzionale (“l’obbligo non si può imporre senza una revisione del consenso informato”, ha detto Andrea Crisanti a proposito dell’“improvvisazione” governativa) non sarebbe opportuno che i cittadini apprendessero direttamente dalla voce del premier il come e il perché delle misure adottate? E che cosa dobbiamo ancora aspettarci? Per essere pronti? Infatti, signor presidente del Consiglio, il suo “salvare vite” è un concetto troppo allarmante e vitale per affidarlo alle poche righe di un comunicato. Serpeggia uno stato di panico che va tenuto sotto controllo. Il Quirinale può attendere.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/01/07/la-casa-brucia-in-silenzio-scappa-draghi/6447643/

martedì 4 gennaio 2022

Fallimento totale. - Marco Travaglio

 

Qualunque cosa decida domani con l’ennesimo pacchetto di misure anti-Covid (il quinto in un mese), il governo Draghi ha fallito una delle sue due missioni (l’altra era il completamento del Pnrr). E non perché la quarta ondata Delta-Omicron sia colpa sua (era inevitabile come le precedenti, anche se si è pensato di bloccarla alle frontiere coi tamponi ai turisti). Ma per gli errori e le omissioni commessi prima e dopo la sua esplosione.

1. Della terza dose si sapeva da maggio, ma siamo partiti a novembre: intanto Figliuolo chiudeva un hub vaccinale su tre.

2. La copertura dei vaccini scemava (da 12 a 9 a 6 a 4 mesi), ma premier e commissario puntavano solo su quelli, garantendo “ambienti sicuri” e “immunità di gregge”, salvo scoprire (buoni ultimi) che ci salvano solo dalle forme gravi e mortali, non dai contagi.

3. Nulla s’è fatto per la ventilazione degli ambienti chiusi, le distanze nelle scuole (“un metro là ove possibile”, sennò finestre aperte e preghiere), su bus, metro e treni regionali (capienza al 100% senza nuovi mezzi), grazie all’inettitudine di Bianchi, Giovannini e Gelmini (rapporti regionali).

4. Quell’altro genio di Brunetta ha smantellato lo smart working nella Pa, prima arma usata in tutto il resto dell’Ue e raccomandata a novembre dall’Ecdc.

5. Mentre il Green Pass diventava super, mega, maxi e rafforzato, nessuno pensava a revocarlo ai positivi, lasciandoli liberi di contagiare con tanto di carta verde. Ora càpita pure che venga tolto dopo il primo test negativo: cioè quando non si può più infettare.

6. La caccia ai No Vax (molti meno che negli altri grandi Paesi Ue) con argomenti fallaci ne ha convertiti pochissimi, ma ha illuso noi Vax di esser immuni. E l’ossessione per i bimbi (che rischiano poco o nulla) oscura i tanti over 80 (uno su 5), i più esposti a rischi mortali, ancora senza terza dose.

7. Figliuolo, presunto esperto di logistica e approvvigionamenti, non ha calmierato i prezzi di Ffp2, tamponi molecolari e antigenici (fra i più cari in Ue), non ha garantito tende di testing nelle strade per evitare le ore di code al freddo, né ha procurato i reagenti, che scarseggiano come i vaccini.

8. Anziché inseguire ancora i No Vax con obbligo vaccinale o Super Gp per lavorare o lockdown selettivi, rischiando di paralizzare i servizi pubblici e il sistema produttivo, il governo faccia subito qualcosa per ridurre le occasioni di contagio, partendo dallo smart working. E garantisca la terza dose ai 18 milioni di bivaccinati in attesa del booster perché hub e farmacie non ce la fanno. Figliuolo aveva promesso 700 mila dosi al giorno: siamo a 400 mila. Dinanzi a un simile disastro, si stenta a credere che Draghi voglia andarsene al Quirinale. Però si capisce benissimo il perché.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/01/04/fallimento-totale/6444464/

martedì 21 dicembre 2021

Alla ricerca del pass per il Colle. - Antonio Padellaro

 

L’obbligo vaccinale è l’ultimo rifugio di chi non sa più che pesci prendere. Compreso Alessio D’Amato, assessore alla Sanità del Lazio – regione modello nella somministrazione delle fiale – che sollecita un atto d’imperio del governo per arginare la variante Omicron e l’offensiva no-vax. Peccato che, come per tutti gli estremi rimedi, bisognava pensarci un attimino prima, quando i mali non erano così estremi. Quando, cioè, si accertò che nella campagna di vaccinazione passavano i mesi ma non si riusciva a coprire quella quota del 20 per cento indifferente se non apertamente ostile a ogni sollecitazione della medicina e dei poteri costituiti. Eravamo all’inizio di agosto e si preferì aggirare lo scoglio con l’istituzione del Green pass che, tuttavia, non fece altro che duplicare i problemi e gli argomenti dei protestatari. Poiché a chi contestava la presunta dittatura sanitaria si unirono, Costituzione alla mano, i combattenti delle libertà conculcate, a loro avviso, dal passaporto verde. Fu l’autunno dell’assalto fascista alla sede della Cgil, dei portuali di Trieste convinti di girare il seguito della corazzata Potëmkin, dei cortei nei centri storici osteggiati dai negozianti imbufaliti. Tutte manifestazioni rientrate in casa complice l’arrivo di un inverno piuttosto inclemente. Con qualche eccezione, tipo l’irruzione dei medici no-vax nella sede dell’Ordine di Roma, rinfocolato a quanto sembra da ruggini pregresse tra gli iscritti. Tutto questo per dire che se alla richiesta dell’assessore D’Amato dovessero seguire i fatti, no-vax e no-pass avrebbero uno straordinario pretesto per tornare a fare un casino triplo. E poi siamo sicuri che il campione del mondo dei rospi ingoiati Matteo Salvini possa mandarne giù anche uno di tali dimensioni? Senza contare che un obbligo è tale se viene fatto rispettare. Controlli a campione, si dice, e se non ti sei vaccinato paghi un’ammenda. Figuriamoci che paura. Con l’avanzata di Omicron molto probabilmente ci si limiterà a dare un’altra stretta al Green pass. Difficile prevedere qualcosa di più energico, e impopolare, con l’elezione del nuovo capo dello Stato alle porte. Quirinal pass.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/12/21/alla-ricerca-del-pass-per-il-colle/6433060/

Cosa fatta capo non ha. - Marco Travaglio

 

Roma, domenica pomeriggio: una donna-iena insulta due ragazzi che, in una strada semideserta del centro, osano camminare senza mascherina. Quelli accennano a rispondere che sono all’aperto senza folla intorno. Ma poi, terrorizzati dal climax vocale dell’erinni, estraggono di tasca l’ffp3, mentre quella si allontana maledicendo la gioventù di oggi. Uno mi riconosce e mi chiede chi ha ragione. Panico. Controlliamo sul loro smartphone (io ho un vecchio Nokia), digitando su Google le parole chiave. Apriti cielo: c’è tutto e il contrario di tutto. Il sindaco che annuncia l’obbligo di mascherina, ma solo nelle vie dello shopping e nei giorni delle feste; articoli che dicono che è già in vigore, altri che lo sarà, altri che scatta tra poco; dichiarazioni dell’assessore regionale che chiede al governo di fare di più (ma di più rispetto a cosa? boh). Alla fine facciamo la media e ci regoliamo sul buonsenso: mascherina solo in luoghi affollati, con buona pace di Mrs. Iena.

Quando si insediò il governo Draghi, ci fu assicurato che questi erano Migliori, mica come i peggiori di prima: questi parlano solo a cose fatte, basta annunci, detti e contraddetti, cacofonie di esperti veri o presunti che vanno in tv a spacciare opinioni per leggi e disorientano la gente. Invece, mai visto tanto casino. Ah, quelle belle conferenze stampa quotidiane di Borrelli, affiancato ora da Brusaferro, ora da Locatelli, ora da Rezza! E quegli appuntamenti serali o notturni con Conte che, a ogni dpcm, ci metteva la faccia e veniva a spiegarci cosa aveva fatto e perché, cosa dovevamo fare e perché. Ora Draghi fa piovere tutto dall’empireo, forse perché nessuno riuscirebbe a spiegare – restando serio – astruserie come il combinato disposto fra Green Pass per lavorare (o Super turbo diesel) e il tampone per vaccinati alle frontiere. Meglio non metterci la faccia per non perderla e mandare avanti i ministri che non decidono nulla. E briglia sciolta al Cts, dove non si trovano due scienziati che la pensino uguale; più il viceministro Costa e il sottosegretario Sileri (cane a gatto); più i consulenti di Speranza: Ricciardi (mai d’accordo con Speranza) e Zampa (sempre d’accordo con Speranza); più Rasi, “consulente di Figliuolo” (tra virgolette per evitare querele dall’interessato, che si spera non sia mai d’accordo col generalissimo, ma non ce lo dica per carità di patria); senza contare l’esercito di virologi ed epidemiologi sfusi. A sentirli parlare, c’è chi s’è convinto che da settembre abbiamo l’immunità di gregge, che siamo primi al mondo per vaccini e ultimi per morti e contagi, che il vaccino rende invulnerabili e i tamponi sono una cosa brutta. Infatti ora sente parlare di tamponi ai vaccinati e sta pensando seriamente al suicidio.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/12/21/cosa-fatta-capo-non-ha/6433022/

venerdì 8 ottobre 2021

730, obbligo di tracciabilità ed effetto Covid: così calano bonus e redditi. - Cristiano Dell’Oste e Giovanni Parente

 

(Illustrazione di Giorgio De Marinis)

Secondo la Consulta dei Caf l’imponibile scende dell’11% .Persi 78 euro medi di spese mediche detraibili. Giù gli sconti per scuola e figli.

Quasi 2.700 euro di reddito perso nell’anno della pandemia: -11,2 per cento. E un taglio netto alle detrazioni fiscali: 78 euro in meno di spese mediche – in media – abbinato a un calo del 3% dei beneficiari. I modelli 730 presentati quest’anno fotografano l’effetto combinato del Covid e dell’obbligo di pagamento tracciabile scattato dal 2020. Un doppio fattore che ha generato la prima riduzione delle tax expenditures dopo anni di annunci, come emerge dai dati sui modelli 730/2021 elaborati dalla Consulta nazionale dei Caf per Il Sole 24 Ore del Lunedì.

La «cassa» pesa sui redditi.

La perdita di reddito (2.697 euro in meno rispetto ai 730 presentati nel 2020) dipende soprattutto dal boom della cassa integrazione durante il 2020. Anche perché il grosso dei 18 milioni di dichiarazioni dei redditi gestite dal sistema dei Caf riguarda lavoratori dipendenti e pensionati.

E se è vero che non c’è stato un picco di licenziamenti e dimissioni, i modelli 730 sono un po’ come i dati sulla fattura elettronica per i titolari di partita Iva: un termometro dell’impatto della crisi economica.

Impatto che si vede anche dall’aumento dei contribuenti che hanno scelto di farsi accreditare il rimborso fiscale dall’agenzia delle Entrate anziché dal proprio datore di lavoro. Erano il 7,2% due anni fa, quest’anno sono arrivati all’11,2% sul totale dei modelli inviati dai Caf. Ciò non significa che tutti questi lavoratori siano rimasti senza un sostituto d’imposta, ma indica una chiara preferenza (vuoi perché il sostituto è incapiente, vuoi perché è in difficoltà con i pagamenti).

I pagamenti in contanti.

Non dipende solo dalla pandemia il calo delle detrazioni nei modelli 730 di quest’anno. Certamente ci sono persone che hanno rinviato visite mediche o piccoli interventi non urgenti. Così come molte mense scolastiche o asili nido hanno ridotto o rimborsato le rette. E lo stesso vale per le attività sportive dei ragazzi, a lungo impossibili durante i periodi di lockdown e zona rossa. Ma dall’inizio del 2020 è scattata anche la regola secondo cui le spese detraibili al 19% sono agevolate dal Fisco solo se pagate con strumenti diversi dal contante (con alcune eccezioni come i medicinali e le prestazioni presso strutture pubbliche o convenzionate).

Molti contribuenti non erano informati e hanno continuato a usare i contanti. Tant’è vero che la Consulta nazionale dei Caf ha chiesto di rinviare di 12 mesi la stretta. Ma le esigenze di gettito hanno impedito di accogliere la richiesta e ora i primi effetti si vedono nei 730, anche se è impossibile separarli dalle ricadute della pandemia.

Il risparmio per l’Erario, comunque, è evidente. I 78 euro medi di minori spese mediche detraibili – uniti al calo del 3% dei beneficiari – si traducono in una diminuzione della detrazione usata dai cittadini: 164,6 milioni di euro di bonus in meno. E questo solo riferendosi ai 730 inviati dai Caf, cui andranno aggiunti quelli gestiti dagli altri intermediari, quelli inviati tramite il fai-da-te e i modelli Redditi PF. Insomma, mentre la Nota di aggiornamento al Def conferma l’obiettivo di riordinare le agevolazioni nell’ambito della riforma fiscale, l’obbligo di tracciabilità dimostra di aver prodotto già un primo risultato. Anche se a pagare il conto potrebbero essere soprattutto i contribuenti più svantaggiati, che la riforma vorrebbe tutelare.

Non solo per la tracciabilità, l’effetto nelle dichiarazioni 2021 rischia comunque di essere molto consistente. Le minori detrazioni per spese scolastiche solo nei modelli dei Caf sono 20,8 milioni (80 euro e l’1,3% di beneficiari in meno). Quelle per le attività sportive dei ragazzi 3,4 milioni (25 euro e il 2,4% di beneficiari in meno).

ILSole24Ore