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sabato 22 giugno 2024

La Via Lattea paragonata a TON 618: guarda il video impressionante. - Pasquale D'Anna


Un filmato da brividi, proporzioni spaventose: le dimensioni del buco nero TON 618 paragonate alla nostra Galassia.

10,4 miliardi di anni luce dalla Terra, in direzione della costellazione dei cani da caccia. E’ là che si trova il buco nero al centro del quasar TON 618, con una massa stimata in 66 miliardi di volte quella del Sole.

Facciamo il calcolo:

  • La massa del Sole è 2 × 10^30 kg;
  • La massa di Ton 618 è 1,32 x 10^41 kg.

Poco più di un 1 seguito da 41 zeri! Provate a scriverlo e a capire di che si tratta. Un numero da capogiro! Nel seguente video, lo trovate comparato con la Via Lattea, la nostra Galassia.

Cos’è un Quasar?

Sono manifestazioni altamente energetiche nei nuclei di alcune galassie, che si ritiene siano alimentate dall’accrescimento di gas su buchi neri supermassicci (con una massa minima superiore alle centinaia di migliaia di volte quella del Sole) posti al loro centro. Si stima che tali mostri ingoino la massa equivalente a centinaia di pianeti Terra al minuto! Questi buchi neri supermassicci si formano e crescono principalmente durante le fusioni di galassie. Quando due galassie di massa paragonabile si fondono, i loro buchi neri centrali si uniscono e una piccola percentuale del loro gas viene accumulata dal nuovo buco nero tramite la formazione di un disco di accrescimento, il tutto nell’arco di un tempo scala di circa 10 milioni di anni.

Durante questo tempo, la conversione della sua energia gravitazionale in energia termica, unita ai grandi attriti, provoca un enorme surriscaldamento del gas, fino a centinaia di migliaia di gradi. L’accelerazione del gas a velocità relativistiche, l’emissione termica ed altri meccanismi (come i processi di sicrotrone e compton inverso, rispettivamente nella banda radio e gamma) fanno così in modo che una frazione della massa accresciuta (fino a valori dell’ordine del 10%) sia emessa sotto forma di radiazione, raggiungendo luminosità enormi, fino a un milione di miliardi di soli!

https://www.passioneastronomia.it/la-via-lattea-paragonata-a-ton-618-guarda-il-video-impressionante/

mercoledì 22 maggio 2024

Nella via Lattea c'è un enorme buco nero, di cui ora sappiamo tutto.

 

Ci sono campi magnetici assurdi intorno a questi oggetti.

"Quello che stiamo vedendo ora è che ci sono campi magnetici forti, contorti e organizzati vicino al buco nero al centro della Via Lattea", ha detto l'astrofisica Sara Issaoun dell'Harvard & Smithsonian Center for Astrofisica. Questo ora lo sappiamo grazie a delle immagini incredibili dell'Event Horizon Telescope (EHT) che lavora da anni per raccogliere i dati da elaborare in immagini dei buchi neri Sagittarius A* e M87*.

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EHT Collaboration

Il campo magnetico del "nostro" buco nero.

"Oltre al fatto che Sgr A* ha una struttura di polarizzazione sorprendentemente simile a quella vista nel buco nero M87*, molto più grande e potente, abbiamo imparato che campi magnetici forti e ordinati sono fondamentali per il modo in cui i buchi neri interagiscono con il gas e la materia circostante", ha aggiunto Issaoun.

Il passo successivo è interpretare i dati per capire come funzionano i buchi neri supermassicci. Un modo per farlo è osservare il modo in cui le oscillazioni della luce sono orientate, o polarizzate, dall’ambiente del buco nero. Gli elettroni che vengono accelerati lungo potenti linee del campo magnetico emettono luce nota come radiazione di sincrotrone. La lettura della polarizzazione di questo spettro luminoso rivela la forza e l'orientamento delle linee del campo magnetico.

"Con un campione di due buchi neri - con masse molto diverse e galassie ospiti molto diverse - è importante determinare su cosa sono d'accordo e su cosa non sono d'accordo", afferma la fisica Mariafelicia De Laurentis dell'Università di Napoli Federico II in Italia.

"Poiché entrambi ci indirizzano verso forti campi magnetici, ciò suggerisce che questa potrebbe essere una caratteristica universale e forse fondamentale di questo tipo di sistemi. Una delle somiglianze tra questi due buchi neri potrebbe essere un getto, ma mentre abbiamo immaginato un uno molto evidente in M87*, dobbiamo ancora trovarne uno in Sgr A*."


https://www.esquire.com/it/lifestyle/tecnologia/a60508365/mistero-buco-nero/

giovedì 2 maggio 2024

La collisione tra la Via Lattea e M31 è già iniziata. - Giuseppe Donatiello


Andromeda





















Andromeda (M31) è una galassia spirale di dimensioni simili alla nostra e si trova a circa 2,4 milioni di anni luce. È considerata l’oggetto più lontano visibile a occhio nudo, sebbene da siti adatti, sia possibile scorgere anche la sua vicina M33, leggermente più lontana. In figura, una ripresa eseguita da Giuseppe Donatiello con teleobiettivo da 300 mm f/4,5 dal Parco Nazionale del Pollino, in tre sessioni (17, 18 e 20 agosto 2020), integrando dati per 1,7 ore.

Tra circa 4 miliardi di anni, la nostra Galassia si scontrerà con M31 e inizierà una tumultuosa fase di fusione da cui nascerà una grande galassia ellittica di cui abbiamo già il nome: Milkomeda. Ma questa collisione è già iniziata, almeno a livello dei gas che circondano le galassie.

Immensi aloni di gas si estendono per circa 1,5 milioni di anni luce attorno ad Andromeda e alla Via Lattea. Questo ambiente si studia sfruttando la luce proveniente dai quasar per cercare nei loro spettri gli elementi attribuibili all’alone. I quasar sono sorgenti lontanissime che presentano righe spettrali fortemente spostate verso il rosso, perciò discriminare quelle prodotte dagli elementi presenti nell’alone di Andromeda è piuttosto facile.

Un gruppo di astronomi ha utilizzato il Telescopio Spaziale Hubble per mappare l’involucro, prevalentemente costituito da plasma caldo, della nostra grande vicina galattica, scoprendo che si estende mediamente per circa 1,3 milioni di anni luce, arrivando in alcuni punti sino a 2 e che è composto da due gusci principali ben distinti.

Conoscere le caratteristiche dell’alone è come possedere una macchina del tempo, poiché questa enorme bolla di gas ionizzato conserva memoria degli eventi passati ed è il serbatoio da cui sarà attinto il gas che formerà le future generazioni di stelle. In esso troviamo anche le tracce delle esplosioni stellari che l’hanno arricchito di elementi pesanti, perciò il suo studio fornisce informazioni riguardanti l’evoluzione della galassia, la cosiddetta “archeologia galattica”.

Da tale ricerca, chiamata Project Amiga (Absorption Map of Ionized Gas in Andromeda), è emerso che il guscio più interno si estende per circa mezzo milione di anni luce e coesiste con l’alone stellare esterno di Andromeda, popolato da ammassi globulari, galassie nane satelliti e stelle isolate. Il guscio esterno è più esteso, rarefatto e più caldo, forse perché risente meno degli effetti prodotti dalle esplosioni stellari. A riprova, c’è la relativa abbondanza di elementi pesanti proprio nel guscio più interno.

Gli spettri dei quasar sono stati studiati nell’UV con lo spettrografo Cosmic Origins di Hubble, ricavandone composizione e densità del gas interposto dagli assorbimenti prodotti.

Da un sito molto buio, M31 appare estesa per circa 6° (12 lune affiancate!) ma se fossimo in grado di scorgere il suo alone gassoso, occuperebbe in cielo l’equivalente di una costellazione (figura).

L’alone di M31 è probabilmente molto simile a quello presente intorno alla nostra Galassia, che però è più difficile da studiare, perché ci troviamo nel suo interno ed è difficile discriminare la “firma” dei gas nell’alone da quelli presenti in abbondanza nel disco. Come spesso accade, essere all’interno non è una posizione privilegiata, quindi si guarda lontano per saperne di più dell’ambiente in cui ci troviamo.

https://cosmo2050.com/2020/08/28/la-collisione-tra-la-via-lattea-e-m31-e-gia-iniziata/?fbclid=IwZXh0bgNhZW0CMTAAAR3sDeEFXN-z4SQB51BS5Geu4qiaiToauT_YqMZgkEzaL_yuSFUMNKzNtWM_aem_AUsFWF7Af7dxOGwLzeyEzkpAFA_xwSqU6ZWkJQPh8GwO2hMj9TxDEMhmB_NSx9C9llw4I5jt47GnBK12IZEFjM1O

sabato 12 dicembre 2020

Enorme clessidra di gas taglia in due il disco della Via Lattea.

 

Vista dal telescopio eRosita, ha bolle estese fino a 50.000 anni luce.

Una gigantesca clessidra di gas caldo, le cui bolle si estendono fino a 50.000 anni luce, sta attraversando la Via Lattea. Descritta sulla rivista Nature, è stata immortalata nel corso della sua prima scansione completa del cielo dal telescopio a raggi X eRosita, a bordo della missione spaziale russo tedesca ‘Spectrum-Roentgen-Gamma’ (Sgr), lanciata nel luglio 2019.

Il telescopio eRosita ha effettuato una scansione profonda del cielo in meno di sei mesi. Gli autori dello studio, tra i quali i ricercatori italiani dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), descrivono “un’enorme struttura gassosa a forma di clessidra, i cui lobi si dipartono dal centro della Via Lattea, al di sopra e al di sotto del piano del disco galattico”. Secondo gli esperti, “le sterminate bolle di eRosita sarebbero onde d’urto generate dall’attività energetica passata al centro della nostra galassia”.

L’energia necessaria per alimentare la formazione di queste strutture potrebbe essere stata innescata in passato dal buco nero gigante al centro della Via Lattea, un mostro con massa pari a circa quattro milioni di volte quella del Sole. La scoperta delle bolle di eRosita, concludono gli esperti, è un passo avanti importante verso la comprensione del ciclo cosmico della materia all’interno e attorno alla Via Lattea e in altre galassie.

[nella foto: Immagini dell’enorme clessidra di gas caldo che taglia in due il disco della Via Lattea. (fonte: MPE/IKI)]

https://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/spazio_astronomia/2020/12/10/enorme-clessidra-di-gas-taglia-in-due-il-disco-della-via-lattea_a2e35e05-ca3d-4fb3-89b8-b73a52c2f093.html

sabato 5 settembre 2020

Tra 10 miliardi di anni la fusione tra Via Lattea e Andromeda: nascerà la supergalassia Milkomeda.

Collisione Andromeda - Via Lattea - Amici della Scienza
Collisione tra Andromeda e la Via lattea.

Lo studio dell'Università La Sapienza di Roma è stato pubblicato sulla rivista Astronomy and Astrophysics.

Un nuovo studio internazionale, coordinato da un team del Dipartimento di Fisica della Sapienza Università di Roma, in collaborazione coi colleghi dell'Università tedesca di Heidelberg e della Northwestern University americana, ha realizzato sofisticate simulazioni numeriche per prevedere i tempi cosmici nei quali la nostra Galassia si scontrerà con Andromeda fino a fondersi in un'unica "supergalassia". 

I risultati del lavoro, che gettano nuova luce sul destino del nostro sistema stellare, sono stati pubblicati sulla rivista Astronomy and Astrophysics.  Dallo studio emerge che tra 10 miliardi di anni la Via Lattea si fonderà con la vicina Andromeda formando una supergalassia che hanno battezzato 'Milkomeda'. 

Per Roberto Capuzzo Dolcetta, della Sapienza, tra i coordinatori della ricerca, "la prima collisione tra le due galassie avverrà tra 4 miliardi di anni e la fusione tra circa 10 miliardi, tempo simile alla stima dell'età del cosmo dal Big Bang a oggi".  La Via Lattea e Andromeda fanno parte di un gruppo di una settantina di galassie, il Gruppo Locale, il cui centro di massa si trova proprio tra le due galassie. Lo studio ha permesso ai ricercatori di predire che, in seguito alla collisione galattica e alla fusione, i buchi neri giganti al centro delle due galassie, con massa milioni di volte il Sole, si troveranno a orbitare uno vicino all'altro.  

"Questo aspetto - conclude Roberto Capuzzo Dolcetta - implica che in un tempo mille volte più breve di quello necessario alla collisione delle galassie madri, anche i loro buchi neri si scontreranno. Dando, così, origine a una esplosione di onde gravitazionali di potenza inimmaginabile, miliardi di volte maggiore di quelle individuate negli ultimi cinque anni dai grandi osservatori della collaborazione internazionale Ligo-Virgo, negli Stati Uniti e in Italia". 

https://www.rainews.it/dl/rainews/media/Via-Lattea-e-Andromeda-si-fonderanno-tra-10-miliardi-di-anni-e-formeranno-la-supergalassia-Milkomeda-2ce29357-24bd-4c22-a597-fbed4f2b40d2.html?fbclid=IwAR2yA_9GxIeM6o94hk02HOlTed17WKaxmBul-1keA5Y769dgPuQjv0On1xM#foto-10

domenica 8 dicembre 2019

S5-HVS1, la stella ribelle espulsa dalla galassia. - DAVIDE LIZZANI

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Illustrazione: un buco nero supermassiccio, circondato da polveri e gas. | NRAO/AUI/NSF

È stata scoperta una stella che "scappa" dalla Via Lattea alla velocità record di 6 milioni di km/h, respinta da un buco nero supermassiccio.

La maggior parte delle stelle della nostra galassia ruota attorno a un gigantesco buco nero, chiamato Sagittarius A*. Ma alcune viaggiano veloci in altre direzioni. In un nuovo studio, per la prima volta, gli astrofisici descrivono come una di queste "stelle ribelli", la S5-HVS1, sia in fuga della galassia proprio a causa di un incontro ravvicinato con Sagittarius A*.

CENTRO DI GRAVITÀ NON PERMANENTE. La causa per cui alcune stelle viaggiano ribelli nella galassia è spesso la rottura dell'equilibrio di un sistema binario (ovvero un sistema di due stelle che ruotano l'una attorno all'altra). Se la gravità di una terza stella influenza il sistema, i suoi componenti possono separarsi lentamente, per poi continuare ad allontanandosi sempre più a causa della forza d'inerzia residua. Tuttavia S5-HVS1 sta viaggiando troppo velocemente e questa volta gli astrofisici sono sicuri: a farla scappare dal sistema binario è stata una forza gravitazionale molto grande, quella di un buco nero supermassiccio.


LA GRANDE FUGA. In questo momento la stella solitaria si sta allontanando dal centro della galassia a 1.755 km al secondo ed è destinata a lasciare la Via Lattea. Ma il destino della sua vecchia compagna è ancora peggiore. 5 milioni di anni fa, quando S5-HVS1 cominciava la sua fuga, la sua compagna veniva intrappolata dalla gravità del buco nero, per poi essere disintegrata nel disco di accrescimento.

La stella super veloce, con la massa di 2 soli e mezzo, è stata individuata dall'Anglo-Australian Telescope, che ha misurato la velocità a cui si sta allontanando da noi grazie al redshift. Questi dati, uniti a quelli del telescopio spaziale Gaia sul movimento delle stelle, hanno permesso di ricostruire la velocità e la rotta che porterà la stella nello spazio intergalattico. Qui, quantomeno, S5-HVS1 non dovrà temere altri incontri con buchi neri.

giovedì 22 agosto 2019

Nella Via Lattea fino a 10 miliardi di sosia della Terra.


Rappresentazione artistica di pianeti simili alla Terra (fonte: NASA/ESA/G. Bacon, STScI) © Ansa

Rappresentazione artistica di pianeti simili alla Terra (fonte: NASA/ESA/G. Bacon, STScI).

Fino a dieci miliardi: potrebbero essere tanti i sosia della Terra nella Via Lattea. Pubblicata sull'Astronomical Journal, la stima del numero dei pianeti con un clima abbastanza temperato da avere acqua allo stato liquido in superficie si deve all'università della Pennsylvania, che ha utilizzato i dati del telescopio spaziale Kepler della Nasa. In pratica, secondo i calcoli una stella simile al Sole ogni quattro potrebbe accogliere un pianeta con caratteristiche simili a quelle della Terra.
La stima è considerata dagli esperti un passo importante per andare in cerca di possibili forme di vita aliena, per esempio indirizzando la 'caccia' del futuro cacciatore di mondi Wfirst (Wide-Field Infrared Survey Telescope) della Nasa, il cui lancio è in programma entro i prossimi dieci anni. "Avremo un ritorno decisamente maggiore dei nostri investimenti, sapendo dove andare a cercare", ha osservato il coordinatore della ricerca, Eric Ford.
Il nuovo calcolo dei mondi potenzialmente abitabili costituisce una sorta di rivoluzione nello studio della Via Lattea e questo passo, rilevano gli autori della ricerca, sarebbe stato impossibile senza i dati del telescopio Kepler, che ha permesso di scoprire 2.600 pianeti nella Via Lattea e di capire che molti di essi sono simili alla Terra. L'analisi basata sui dati di Kepler, andato in pensione nell'ottobre 2018, "ha delle incertezze, ma fornisce una stima ragionevole di come i pianeti simili alla Terra nella nostra galassia siano compresi fra cinque e dieci miliardi", ha detto ancora Ford.

lunedì 29 luglio 2019

Nuova conferma per la teoria della relatività.



Rappresentazione artistica della stella S0-2 intorno al buco nero al centro della Via Lattea (fonte: Nicolle R. Fuller/National Science Foundation)

Il buco nero al centro della Via Lattea dà ragione ad Einstein.


La teoria della relatività generale di Einstein ha superato un altro esame. A confermarla sono le misure sul comportamento di una stella che ruota intorno all’enorme buco nero che si trova al centro della Via Lattea, chiamato Sagittarius A*, con una massa circa 4 milioni di volte il Sole. È quanto emerge dallo studio pubblicato sulla rivista Science dal gruppo dell’Università americana della California a Los Angeles, coordinato dall’astrofisica Andrea Ghez.
La stella si chiama S0-2, si trova a circa 26.000 anni luce dalla Terra e negli ultimi anni si è avvicinata pericolosamente al cannibale cosmico che dimora al centro della nostra galassia, orbitandovi intorno a una distanza di sicurezza per circa 16 anni. Gli effetti di questo incontro ravvicinato sono stati studiati grazie agli Osservatori Keck e Gemini e al telescopio Subaru, tutti alle Hawaii. “Le osservazioni ci hanno permesso di ricostruire in 3D l’orbita completa di S0-2”, ha rilevato Ghez.
I buchi neri sono un buon banco di prova per testare il comportamento della gravità che, come ci ha insegnato Einstein, si deve alla curvatura dello spazio tempo in presenza di masse in movimento. Come i buchi neri, giganteschi aspirapolveri cosmici, con un’attrazione gravitazionale talmente elevata che nulla riesce a sfuggire al loro abbraccio, neanche la luce.
“Einstein ancora una volta ha dimostrato di avere ragione”, ha commentato Ghez. “Le nostre misure di astrofisica estrema del movimento della stella vicino al buco nero al centro della Via Lattea indicano che la distorsione della geometria dello spaziotempo provocata dal buco nero risponde alle previsioni della relatività generale”, ha aggiunto. “La teoria, però, non riesce a spiegare del tutto cosa avvenga all’interno di un buco nero. Abbiamo quindi bisogno - ha concluso l’astrofisica - di una teoria della gravità che vada oltre Einstein”.

mercoledì 10 aprile 2019

Buco nero, oggi vedremo la prima immagine della storia. - Matteo Marini

Buco nero, oggi vedremo la prima immagine della storia

Alle 15 sei conferenze stampa internazionali mostreranno “la foto del secolo” tenuta finora segretissima. Ci si attende di vedere la linea dell’orizzonte degli eventi, la distorsione dello spaziotempo e testare, per la prima volta, la Relatività generale di Einstein in un laboratorio di fisica così estremo. All’osservazione hanno partecipato otto radiotelescopi di tutto il mondo.

OGGI finalmente vedremo “la foto del secolo” la prima immagine di un buco nero, qualcosa di invisibile per definizione, qualcosa che, fino a pochi decenni fa, anche parte della comunità scientifica non era convinta che esistesse. Fotografarla, o meglio, catturare la sua “ombra” è stata l’impresa portata a termine grazie a un grande sforzo internazionale. L’immagine è stata tenuta segretissima per i lunghi mesi serviti a elaborare i dati e a validare i risultati: fino alla sua presentazione, che avverrà oggi alle 15 in sei conferenze stampa internazionali. Evento che si potrà seguire anche in diretta streaming su Repubblica.it e sul canale dell’Unione europea.

Non è ancora chiaro quale sarà il “soggetto”: se il buco nero al centro della Via Lattea, Sagittarius A, oppure il quasar al centro della galassia M87, a circa 60 milioni di anni luce, un mostro massiccio quanto miliardi di soli.


La foto è stata ‘sviluppata’ grazie all’osservazione simultanea di otto radiotelescopi in tutto il globo del progetto Event Horizon Telescope (Eht), che ha visto coinvolti una sessantina di istituti scientifici nel mondo, tra cui anche l’Istituto nazionale di Astrofisica. Ben sei articoli scientifici usciranno in un numero speciale di The Astrophysical Journal Letters.


L’orizzonte degli eventi e Einstein.
Le aspettative sono altissime. È il sogno di ogni astrofisico, appassionato, o semplicemente amante del cinema di fantascienza. Quello di vedere finalmente il ‘confine’ dello spazio e del tempo, la linea dell’orizzonte degli eventi oltre la quale c’è solo il buio, tutto sparisce, inghiottito da una forza gravitazionale irresistibile, anche la luce. A emettere luce saranno, probabilmente, solo i gas che lo circondano, che si accendono proprio a causa della grandissima attrazione gravitazionale. Ma forse la risposta più attesa sarà quella sulla teoria della Relatività generale di Einstein. Osservare cioè come, un oggetto così massiccio, deforma lo spaziotempo attorno a sé, piega la luce di tutto ciò che lo circonda e l’immagine di quello che sta sullo sfondo. La Relatività finora è riuscita a spiegare tutto quello che vediamo accadere nell’Universo, ma non è mai stata testata in un ‘laboratorio’ così estremo. Trovare delle ‘crepe’ potrebbe significare dover cercare nuove formule, una nuova fisica, superando l’eredità di Einstein che ha retto per più di un secolo.

Un telescopio grande come la Terra. Otto radiotelescopi, situati a migliaia di chilometri l’uno dall’altro, dalle Ande cilene alle Hawaii, dal Messico alla Spagna, dagli Usa all’Antartide, hanno puntano contemporaneamente verso lo stesso angolo di cosmo. Tutte insieme è come se formassero un’unica, gigantesca, parabola, grande quasi come l’intero pianeta Terra. La tecnica usata è quella detta della “interferometria a lunghissima base”. I diversi radiotelescopi sono sincronizzati con un orologio atomico e i dati ottenuti da ognuno sono stati combinati attraverso algoritmi che gli scienziati hanno impiegato anni a sviluppare e poi a far girare. La risoluzione angolare stimata è di 20 secondi d'arco, come vedere una pallina da tennis sulla Luna.

Petabyte di dati. Ogni telescopio ha raccolto migliaia di Terabyte di dati, troppo pesanti per essere spediti via Internet. Gli hard disk hanno viaggiato in aereo verso i due centri di calcolo dove si trovano i supercomputer: all’Haystack Observatory del Mit, nel Massachusetts, e l’altro al Max Planck Institut fur Radioastronomie, a Bonn. A due anni dall’osservazione, che è durata in totale appena una decina di giorni, i ricercatori sono riusciti a mettere insieme tutti i tasselli e a comporre la foto scattata non con luce visibile, ma usando le frequenze delle onde radio. Quelle che più facilmente riescono a eludere la cortina di gas che circonda la galassia e ad arrivare fino a noi.

https://www.repubblica.it/scienze/2019/04/10/news/oggi_vedremo_la_prima_immagine_di_un_buco_nero-223681743/

domenica 12 giugno 2016

La Via Lattea quasi 'cancellata' dal cielo dell'Italia.

La Via Lattea è diventata quasi 'invisibile' da gran parte dell'Italia a causa dell'inquinamento luminoso (fonte: ESO/S. Guisard)


Per l'inquinamento luminoso.


E' l'Italia il Paese del G20 con il piu' alto livello di inquinamento luminoso: il problema e' tanto diffuso da impedire al 77% degli italiani di ammirare lo straordinario spettacolo notturno della Via Lattea. Addirittura un quarto della popolazione vive sotto cieli 'abbaglianti', talmente inondati da luce artificiale da non permettere agli occhi di attivare la modalita' di visione notturna. 

E' quanto emerge dall'ultimo Atlante mondiale dell'inquinamento luminoso, pubblicato sulla rivista Science Advances da un gruppo internazionale di ricerca coordinato dall'Italia, con l'Istituto di Scienza e Tecnologia dell'inquinamento luminoso (Istil), un'organizzazione no-profit fatta da volontari.

''Essere al primo posto nella classifica dei Paesi piu' inquinati dovrebbe far riflettere coloro che, specialmente a livello politico, continuano ad opporsi ad una limitazione dell'abuso dell'illuminazione artificiale notturna'', commenta il fisico Fabio Falchi dell'Istil, che ha portato avanti lo studio in collaborazione con l'Agenzia statunitense per l'atmosfera e gli oceani (Noaa), l'ente americano dei parchi nazionali, il centro tedesco di ricerca geologica (Gfz) e l'universita' israeliana di Haifa.

La situazione dei cieli e' stata fotografata grazie ai dati raccolti dal satellite Suomi Npp di Nasa e Noaa: rielaborati da una quarantina di computer (con un software che ha calcolato la propagazione della luce in atmosfera), sono stati poi calibrati con una serie di osservazioni da terra, raccolte per il 20% da cittadini volontari.

I dati dimostrano che, in termini di superficie, Italia e Sud Corea sono i Paesi piu' 'abbagliati' del G20, mentre Canada e Australia sono quelli piu' bui. Nell'Europa occidentale, i cieli meno inquinati sono quelli di Scozia, Svezia, Norvegia, e a tratti anche quelli di Austria e Spagna. Su scala globale, lo smog luminoso nasconde la Via Lattea ad un terzo dell'umanita'.

Le informazioni contenute nell'atlante sono molto preziose, aggiunge Falchi, ''soprattutto ora che ci troviamo sulla soglia di una transizione mondiale verso la tecnologia led che, a parita' di luce prodotta, potra' aumentare l'inquinamento luminoso nella parte blu dello spettro di un fattore tre''.

martedì 9 febbraio 2016

Il secondo buco nero più massivo della Via Lattea. - Corrado Ruscica


Illustrazione delle nubi di gas diffuse da un buco nero di massa intermedia. Credit: Tomoharu Oka/Keio University

Osservazioni in banda radio hanno fornito agli astronomi una serie di indizi correlati all’esistenza di un buco nero di massa intermedia localizzato in prossimità del centro galattico. L’oggetto potrebbe rappresentare una sorta di anello mancante per comprendere la formazione e l’evoluzione dei buchi neri supermassicci che risiedono nei nuclei delle galassie. I risultati sono riportati su ApJ Letters.

Grazie ad una serie di osservazioni realizzate con il radiotelescopio di 45m Nobeyama, gli astronomi hanno rivelato dei segnali riconducibili alla presenza di un buco nero localizzato in prossimità del centro galattico la cui massa è pari a 100 mila volte quella del Sole. I ricercatori ipotizzano che questo possibile oggetto di “massa intermedia” rappresenti la chiave per comprendere la nascita dei buchi neri supermassicci che risiedono nei nuclei delle galassie. I risultati di questo studio sono pubblicati su Astrophysical Journal Letters.
Gli astronomi, guidati da Tomoharu Oka della Keio University in Giappone, hanno identificato una enigmatica nube di gas, denominata con la sigla CO-0.40-0.22, che si trova ad appena 200 anni luce dal centro della Via Lattea. Ciò che rende insolita la nube è la sua dispersione di velocità sorprendentemente elevata: in altre parole, la nube contiene delle componenti di gas caratterizzate da un ampio intervallo di velocità. I ricercatori hanno misurato questo parametro grazie a una serie di osservazioni che sono state condotte con due radiotelescopi, lo strumento di 45m di Nobeyama in Giappone e il telescopio ASTE situato in Cile, entrambi affiliati al National Astronomical Observatory of Japan (NAOJ).

(a) La figura mostra la regione del centro galattico alle frequenze radio di 115 e 346 GHz che sono associate alle righe di emissione dell’ossido di carbonio (CO). Le zone di colore bianco mostrano la condensazione del gas denso e caldo. (b) Ingrandimento della mappa d’intensità relativa alla nube CO-0.40-0.22 osservata alla frequenza di 355 GHz che corrisponde alla riga di emissione delle molecole HCN. Le ellissi indicano delle strutture ad inviluppo nel gas distribuito in prossimità della nube C0-0.40-0.22. (c) Il diagramma della dispersione di velocità ricavato lungo la linea a tratteggio della figura b. Risalta l’elevata dispersione di velocità di 100 Km/sec. Credit: Tomoharu Oka/Keio University/NAOJ
Per analizzarla più da vicino, i ricercatori hanno osservato di nuovo la nube di gas con il radiotelescopio di Nobeyama per ricavare 21 righe di emissione associate a 18 molecole. I dati mostrano che la nube ha una forma ellittica e consiste di due componenti: una più compatta e di bassa densità, caratterizzata da una dispersione di velocità molto ampia, dell’ordine di 100 Km/sec, e un’altra più densa che si estende per circa 10 anni luce e la cui dispersione di velocità risulta più contenuta. La domanda è: che cosa rende così ampia la dispersione di velocità? Non ci sono buchi neri all’interno della nube di gas e, inoltre, le osservazioni in banda X e infrarossa non hanno rivelato alcun oggetto compatto. Questi risultati implicano che la dispersione di velocità non è dovuta ad una sorta di rifornimento di energia locale, come potrebbe derivare ad esempio nel caso delle esplosioni stellari.

La figura illustra, in alto, la simulazione di due nubi di gas che si stanno avvicinando verso una forte e compatta sorgente di gravità. Il diagramma mostra la variazione della posizione e della forma delle nubi in un periodo di 900 mila anni (a partire da t=0), mostrato ad intervalli di 100 mila anni. Gli assi sono indicati in parsec (1 pc = 3,26 anni luce). In basso, il confronto tra i dati osservativi (in grigio) e la simulazione (rosso, magenta e arancione) in termini della forma e della velocità della struttura. Nella simulazione, si nota che dopo 700 mila anni le forme e la velocità delle nubi sono in buon accordo con le osservazioni. Credit: Tomoharu Oka/Keio University
Gli astronomi hanno perciò eseguito un calcolo numerico simulando delle nubi di gas soggette all’interazione da parte di una forte sorgente di gravità. Nella simulazione, le nubi di gas sono attratte inizialmente dalla sorgente e le loro velocità aumentano man mano che si avvicinano, raggiungendo il valore massimo nel punto più vicino all’oggetto. Successivamente, le nubi superano l’oggetto e quindi le loro velocità diminuiscono. Dunque, se si considera un modello in cui la sorgente di gravità è un oggetto di massa pari a 100 mila volte la massa del Sole e si trova localizzato all’interno di una regione il cui raggio è eguale a 0,3 anni luce, allora si ottiene la migliore descrizione delle osservazioni. «Se consideriamo il fatto che le osservazioni in banda X o infrarossa non ci rivelano alcun oggetto compatto, per quanto ne sappiamo finora il miglior candidato deve essere un buco nero», spiega Oka.
Se davvero questo è il caso, potrebbe trattarsi della prima identificazione di un buco nero di massa intermedia. È noto che i buchi neri si possono suddividere in due grandi categorie: gli oggetti di massa stellare, che si formano a seguito di gigantesche esplosioni di stelle molto massive, e i buchi neri supermassicci che risiedono nei nuclei delle galassie e la cui massa può assumere valori che vanno da qualche milione a qualche miliardo di masse solari. Gli astronomi hanno già identificato un certo numero di buchi neri supermassicci ma nessuno sa come essi hanno origine. Esiste, però, un’idea secondo cui i buchi neri supermassicci potrebbero formarsi dalla fusione (merger) di diversi buchi neri di massa intermedia. Tuttavia, questa ipotesi solleva un problema perchè fino ad oggi non abbiamo una chiara evidenza osservativa dell’esistenza di un oggetto di massa intermedia. Ma se la nube CO-0.40-0.22, localizzata ad appena 200 anni luce da Sagittarius A* (Sgr A*), il buco nero supermassiccio della nostra galassia la cui massa è l’equivalente di 400 milioni di Soli, contiene in definitiva un buco nero di massa intermedia allora essa potrebbe favorire lo scenario del merger di oggetti di massa intermedia per spiegare la formazione e l’evoluzione dei buchi neri supermassicci.
Questi risultati aprono una nuova finestra verso la ricerca di buchi neri sfruttando le capacità esplorative dei radiotelescopi. Ad ogni modo, alcune osservazioni recenti hanno permesso di rivelare che esiste un certo numero di nubi di gas compatte, come CO-0.40-0.22, che possiedono un ampio spettro di dispersione di velocità. Secondo gli autori, queste nubi potrebbero contenere buchi neri. Inoltre, un altro studio suggerisce che esistono circa 100 milioni di buchi neri nella Via Lattea ma le osservazioni in banda X hanno permesso di rivelarne finora solo qualche decina.
“In generale, non è immediato rivelare ‘direttamente’ la presenza di un buco nero, qualunque sia la banda dello spettro elettromagnetico”, conclude Oka. “Ma l’analisi del moto del gas mediante le osservazioni radio potrebbe fornire un modo complementare per dare la caccia a questi oggetti ‘neri’. Ritengo che l’attuale survey della Via Lattea, che viene realizzata con il radiotelescopio Nobeyama, e le osservazioni ad alta risoluzione delle galassie vicine, che vengono condotte mediante lo strumento ALMA, abbiano quel potenziale giusto per incrementare in maniera significativa il numero di candidati buchi neri”.