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venerdì 25 ottobre 2024

Uno strano segnale radio proveniente dallo spazio profondo sconcerta gli astronomi. - Pasquale D'Anna

 

Abbiamo ricevuto uno strano segnale dall’altra parte della galassia e gli astronomi faticano a capire cosa significhi.

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C’è uno strano segnale radio proveniente dall’altra parte della Via Lattea che ha lasciato di stucco gli scienziati. Prima di tutto, sappiamo che proviene da una stella di neutroni dal nome impronunciabile, ASKAP J193505.1+214841.0 (abbreviato in ASKAP J1935+2148), che si trova nel piano della Via Lattea, a circa 15.820 anni luce dalla Terra. Questo tipo di segnali non erano mai stati registrati prima. La stella attraversa periodi di pulsazioni forti, periodi di pulsazioni deboli e periodi in cui non pulsa affatto.

Cosa sappiamo di questa stella di neutroni.

È un oggetto di cui sappiamo ancora troppo poco: una stella di neutroni è ciò che resta dopo la morte di una stella entro un certo intervallo di massa, tra circa 8 e 30 volte la massa del Sole. Il materiale esterno della stella viene espulso nello spazio, culminando nell’esplosione di una supernova. Il nucleo rimanente della stella collassa sotto la gravità, formando un oggetto ultra denso fino a 2,3 volte la massa del Sole, in una sfera di soli 20 chilometri di diametro.

Stella di neutroni, rappresentazione artistica. Credit: NASA

Tre tipi di stella.

La stella di neutroni che ne risulta può quindi presentarsi in vari modi. C’è la stella di neutroni di base, che semplicemente resta lì senza fare chissà che. C’è la pulsar, nota per i raggi di emissioni radio dai suoi poli mentre ruota, lampeggiando come un faro cosmico. E c’è la magnetar, una stella di neutroni con un campo magnetico estremamente potente, che sussulta ed esplode mentre l’attrazione verso l’esterno di quel campo magnetico entra in conflitto con la gravità che tiene insieme la stella.

Cosa sappiamo del segnale di ASKAP J1935+2148.

ASKAP J1935+2148 non si comporta come una stella di neutroni qualsiasi. Ha un periodo regolare di pulsazioni di 53,8 minuti. Gli scienziati hanno però scoperto che queste pulsazioni sono estremamente luminose, con una polarizzazione altamente lineare. Alla fine, è stata rilevata la stella che riprendeva la sua attività di pulsazione, ma ben 26 volte più debole della sua luminosità precedente e con una luce polarizzata in modo circolare.

Rappresentazione artistica di una Magnetar segnale radio
Rappresentazione artistica di una magnetar. Credit: ICRAR
Antichissime magnetar?
Negli ultimi anni sono stati trovati diversi strani oggetti che emettevano segnali di questo tipo. Sebbene non si comportino tutti allo stesso modo, potrebbe esserci un filo conduttore. Non sappiamo con certezza cosa siano questi oggetti, ma è probabile si tratti di stelle di neutroni. E ASKAP J1935+2148, suggeriscono i ricercatori, potrebbe essere una sorta di ponte tra i diversi tipi di stelle. “Fa probabilmente parte di una popolazione più antica di magnetar con lunghi periodi di pulsazioni e bassa luminosità dei raggi X, ma sufficientemente magnetizzata da essere in grado di produrre emissioni radio coerenti”, scrivono gli astronomi nel loro articolo.

Per saperne di più:
Leggi l’articolo “Strange Radio Signal From Deep Space Baffles Scientists” su Science Alert.

Pasquale D'Anna

Dottore in ingegneria civile e ambientale con tesi in fisica, divulgatore scientifico e astrofilo. Ama l'Astronomia e la scienza in genere. Curioso e studioso di tutto ciò che ci circonda: cerca sempre di ampliare i suoi orizzonti anche oltre l'Universo osservabile. Classe 1988, adora le moto e l'esplorazione della nostra Terra.


https://www.passioneastronomia.it/uno-strano-segnale-radio-proveniente-dallo-spazio-profondo-sconcerta-gli-astronomi/

sabato 5 ottobre 2024

La scoperta è di quelle che mettono i brividi | Nella Via Lattea un sistema di Pianeti che mostra il nostro destino: sarà implacabile.

Via Lattea (Pixabay FOTO) - www.aerospacecue.it

Un sistema planetario lontano rivela come potrebbe evolvere il nostro Sistema Solare: la Terra spinta oltre Marte e il Sole ridotto a una nana bianca.

I sistemi planetari sono insiemi di corpi celesti che orbitano attorno a una stella. Tipicamente, questi sistemi includono pianeti, lune, asteroidi, comete e polveri interstellari.

La formazione di un sistema planetario avviene attraverso la condensazione di gas e polveri in un disco circumstellare. Con il tempo, questi materiali si aggregano per formare i pianeti, mentre la stella centrale si accende e inizia a emettere energia.

I sistemi planetari possono essere molto diversi tra loro. Alcuni hanno pianeti giganti, simili a Giove, molto vicini alla loro stella, mentre altri ospitano pianeti rocciosi come la Terra.

La scoperta di esopianeti in sistemi planetari lontani ha ampliato la nostra comprensione del cosmo. Gli astronomi continuano a trovare nuovi mondi, molti dei quali potrebbero avere caratteristiche simili al nostro.

La scoperta di un sistema planetario simile al nostro.

Un sistema planetario distante 4.000 anni luce dalla Terra, nella Via Lattea, è stato recentemente individuato dagli astronomi dell’Università della California, Berkeley. Questa scoperta offre uno sguardo interessante sul possibile destino del nostro pianeta. Tra miliardi di anni, il Sole si trasformerà in una nana bianca e la Terra potrebbe essere spinta oltre l’orbita di Marte. Gli studiosi, grazie al telescopio Keck delle Hawaii, hanno osservato una nana bianca con una massa pari alla metà di quella del Sole, accompagnata da un pianeta simile alla Terra, in un’orbita doppia rispetto a quella attuale del nostro pianeta.

Questo scenario rappresenta una probabile evoluzione del nostro sistema solare. Quando il Sole si espanderà nella sua fase di gigante rossa, inghiottirà Mercurio e Venere, mentre la Terra, se non sarà distrutta, migrerà verso un’orbita più lontana. La scoperta permette agli scienziati di comprendere meglio il processo di trasformazione di stelle come il Sole, e il conseguente impatto sui pianeti circostanti. Sebbene non sia certo se la Terra potrà sopravvivere all’espansione del Sole, la sua abitabilità sarà comunque compromessa già tra un miliardo di anni, quando gli oceani verranno vaporizzati.

Un'esplosione apocalittica (Pixabay)
Un’esplosione apocalittica (Pixabay FOTO) – www.aerospacecue.it

Sopravvivenza dei pianeti e nuove possibilità per l’umanità

Il pianeta simile alla Terra scoperto dagli astronomi rappresenta un raro esempio di un mondo che è riuscito a sopravvivere alla fase di gigante rossa della sua stella, anche se oggi si trova fuori dalla zona abitabile di una nana bianca. Gli scienziati ipotizzano che un tempo potesse avere condizioni adatte alla vita, ma non è più il caso. Questo tipo di scoperte, rese possibili grazie all’effetto lente gravitazionale, stanno aprendo nuove porte nello studio dei sistemi stellari e planetari. La gravità di questi oggetti funziona come una lente, ingrandendo la luce delle stelle sullo sfondo e rivelando dettagli altrimenti invisibili.

Le prospettive future per l’umanità, in un eventuale scenario di sopravvivenza al cambiamento del Sole, potrebbero prevedere la migrazione verso il sistema solare esterno. Durante la fase di gigante rossa, la zona abitabile si sposterà verso le orbite di Giove e Saturno, dove alcune lune ghiacciate, come Europa ed Encelado, potrebbero ospitare oceani liquidi, potenzialmente adatti alla vita. Secondo gli studiosi, queste lune potrebbero diventare rifugi per l’umanità, quando la Terra non sarà più abitabile. 

giovedì 3 ottobre 2024

Scienziati sgomenti, ‘è grande quanto 140 Via Lattee’ | Porphyrion mette i brividi: buco nero più giovane e più forte del nostro Universo

 

Scoperto un nuovo buco nero spaventosamente grande e forte: una portata mai osservata prima nell’Universo. 

Le galassie e i buchi neri rappresentano alcuni degli oggetti più affascinanti e misteriosi dell’universo. Il loro studio permette di gettare luce su fenomeni cosmici che coinvolgono enormi distanze e incredibili quantità di energia. Tra gli aspetti più spettacolari legati ai buchi neri ci sono i getti relativistici, flussi di particelle che si muovono a velocità prossime a quella della luce. Questi getti, osservabili in diverse forme di galassie attive, offrono una visione diretta del potere immenso dei buchi neri supermassicci.

Le radiogalassie e i quasar sono solo due delle categorie di oggetti cosmici che producono questi getti. Attraverso le osservazioni, gli scienziati sono riusciti a mappare tali fenomeni in modo sempre più dettagliato. I getti relativistici possono estendersi per milioni di anni luce, influenzando l’ambiente cosmico circostante su scale vastissime. La loro osservazione consente agli astronomi di esplorare le prime fasi dell’universo, cercando di comprendere come l’energia generata dai buchi neri abbia contribuito a plasmare la struttura delle galassie.

Oltre a essere uno spettacolo visivo attraverso i telescopi, i getti di plasma ad alta velocità che fuoriescono dai nuclei galattici forniscono informazioni cruciali sull’evoluzione del cosmo primordiale. Studi recenti hanno suggerito che l’energia rilasciata in questi eventi potrebbe aver avuto un ruolo fondamentale nella crescita delle galassie e nella distribuzione della materia oscura. Queste scoperte hanno rivoluzionato la nostra comprensione delle strutture cosmiche e dei processi che ne regolano la formazione.

Tuttavia, la ricerca non si ferma mai. Grazie a strumenti avanzati come i radiotelescopi, gli astronomi stanno continuamente migliorando la loro capacità di osservare getti di buchi neri a distanze sempre maggiori. Nuovi dati rivelano sistemi sempre più vasti e complessi, offrendo spunti per approfondire la nostra conoscenza dell’universo. Ogni nuova scoperta si aggiunge al mosaico, permettendo di comprendere meglio fenomeni che, fino a pochi decenni fa, rimanevano in gran parte un mistero.

Alla scoperta di un sistema senza precedenti.

Uno dei risultati più recenti e sorprendenti proviene da un team internazionale di astronomi. Essi hanno identificato un sistema di getti di buchi neri dalle dimensioni mai osservate prima, soprannominato Porphyrion. Questa struttura si estende per una lunghezza di 23 milioni di anni luce, un dato che colpisce per la sua imponenza e scala.

Per fare un confronto, si tratta di una distanza pari a 140 galassie come la Via Lattea allineate. Tale estensione rappresenta il sistema di getti più grande mai individuato, superando di gran lunga il precedente record. Questi numeri non solo impressionano per le dimensioni, ma anche per il loro impatto sulle nostre conoscenze attuali.

Porphyrion buco nero
Rappresentazione dell’enorme Porphyrion – www.aerospacecue.it(Space.com foto)

La rilevanza della scoperta di Porphyrion.

Questa scoperta, avvenuta grazie al radiotelescopio LOFAR, offre un’importante finestra sulle prime fasi dell’universo. Porphyrion si è formato quando l’universo aveva appena 6,3 miliardi di anni, in un periodo in cui le galassie si stavano ancora evolvendo e la materia era molto più densa. Ciò rende la scoperta particolarmente significativa: la formazione di una struttura di tale vastità in un’epoca così remota suggerisce che i buchi neri abbiano giocato un ruolo cruciale nell’influenzare la crescita e la distribuzione delle galassie.

Il sistema potrebbe avere implicazioni decisive per comprendere come si sviluppano le galassie e come la rete cosmica sia influenzata dall’attività dei buchi neri. Gli scienziati ritengono che altre strutture simili potrebbero essere ancora nascoste, e ulteriori ricerche potrebbero rivelare nuovi dettagli su questi fenomeni, aprendo nuove strade per lo studio dell’evoluzione dell’universo.

sabato 28 settembre 2024

Uno studio calcola in più di 6 miliardi di pianeti simili alla nostra Terra presenti nella sola Via Lattea, la nostra galassia: i dettagli. - Pasquale D'Anna

 

Possono esistere fino a un pianeta simile alla Terra per ogni cinque stelle simili al Sole nella Via Lattea, secondo le stime del 2020 degli astronomi dell’Università della Columbia Britannica che utilizzano i dati della missione Kepler della NASA (missione terminata). Per essere considerato simile alla Terra, un pianeta deve essere roccioso con un diametro simile a quello terrestre e in orbita attorno a stelle come il Sole (tipo G). Inoltre gli esopianeti devono orbitare nelle zone abitabili delle proprie stelle, la giusta distanza affinché ci sia una temperatura atta a poter “ospitare” acqua liquida, e potenzialmente vita, sulla sua superficie.

Un numero enorme di pianeti extrasolari.

Le stime precedenti della frequenza dei pianeti simili alla Terra andavano da circa 0,02 pianeti potenzialmente abitabili (per stella simile al Sole) ad uno. In genere, i pianeti come la Terra sono più difficili da individuare rispetto agli altri tipi, poiché sono piccoli e orbitano lontani dalle loro stelle. Ciò significa che un catalogo planetario rappresenta solo un piccolo sottoinsieme dei pianeti che sono effettivamente in orbita attorno alle stelle. Gli scienziati hanno usato una tecnica nota come “modellazione in avanti” per superare questi limiti.

Il radius gap.

La ricerca  ha anche fatto luce su una delle questioni più importanti della scienza degli esopianeti: il “radius gap” dei pianeti. Il divario di raggio dimostra che non è comune per i pianeti, con periodi orbitali inferiori a 100 giorni, avere una dimensione compresa tra 1,5 e 2 volte quella della Terra. I ricercatori hanno scoperto che il divario del raggio esiste in un intervallo molto più ristretto di periodi orbitali di quanto si pensasse in precedenza. La ricerca continua!

https://www.passioneastronomia.it/esistono-oltre-6-miliardi-di-pianeti-come-la-terra-nella-nostra-galassia-lannuncio-degli-scienziati/

sabato 22 giugno 2024

La Via Lattea paragonata a TON 618: guarda il video impressionante. - Pasquale D'Anna


Un filmato da brividi, proporzioni spaventose: le dimensioni del buco nero TON 618 paragonate alla nostra Galassia.

10,4 miliardi di anni luce dalla Terra, in direzione della costellazione dei cani da caccia. E’ là che si trova il buco nero al centro del quasar TON 618, con una massa stimata in 66 miliardi di volte quella del Sole.

Facciamo il calcolo:

  • La massa del Sole è 2 × 10^30 kg;
  • La massa di Ton 618 è 1,32 x 10^41 kg.

Poco più di un 1 seguito da 41 zeri! Provate a scriverlo e a capire di che si tratta. Un numero da capogiro! Nel seguente video, lo trovate comparato con la Via Lattea, la nostra Galassia.

Cos’è un Quasar?

Sono manifestazioni altamente energetiche nei nuclei di alcune galassie, che si ritiene siano alimentate dall’accrescimento di gas su buchi neri supermassicci (con una massa minima superiore alle centinaia di migliaia di volte quella del Sole) posti al loro centro. Si stima che tali mostri ingoino la massa equivalente a centinaia di pianeti Terra al minuto! Questi buchi neri supermassicci si formano e crescono principalmente durante le fusioni di galassie. Quando due galassie di massa paragonabile si fondono, i loro buchi neri centrali si uniscono e una piccola percentuale del loro gas viene accumulata dal nuovo buco nero tramite la formazione di un disco di accrescimento, il tutto nell’arco di un tempo scala di circa 10 milioni di anni.

Durante questo tempo, la conversione della sua energia gravitazionale in energia termica, unita ai grandi attriti, provoca un enorme surriscaldamento del gas, fino a centinaia di migliaia di gradi. L’accelerazione del gas a velocità relativistiche, l’emissione termica ed altri meccanismi (come i processi di sicrotrone e compton inverso, rispettivamente nella banda radio e gamma) fanno così in modo che una frazione della massa accresciuta (fino a valori dell’ordine del 10%) sia emessa sotto forma di radiazione, raggiungendo luminosità enormi, fino a un milione di miliardi di soli!

https://www.passioneastronomia.it/la-via-lattea-paragonata-a-ton-618-guarda-il-video-impressionante/

mercoledì 22 maggio 2024

Nella via Lattea c'è un enorme buco nero, di cui ora sappiamo tutto.

 

Ci sono campi magnetici assurdi intorno a questi oggetti.

"Quello che stiamo vedendo ora è che ci sono campi magnetici forti, contorti e organizzati vicino al buco nero al centro della Via Lattea", ha detto l'astrofisica Sara Issaoun dell'Harvard & Smithsonian Center for Astrofisica. Questo ora lo sappiamo grazie a delle immagini incredibili dell'Event Horizon Telescope (EHT) che lavora da anni per raccogliere i dati da elaborare in immagini dei buchi neri Sagittarius A* e M87*.

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EHT Collaboration

Il campo magnetico del "nostro" buco nero.

"Oltre al fatto che Sgr A* ha una struttura di polarizzazione sorprendentemente simile a quella vista nel buco nero M87*, molto più grande e potente, abbiamo imparato che campi magnetici forti e ordinati sono fondamentali per il modo in cui i buchi neri interagiscono con il gas e la materia circostante", ha aggiunto Issaoun.

Il passo successivo è interpretare i dati per capire come funzionano i buchi neri supermassicci. Un modo per farlo è osservare il modo in cui le oscillazioni della luce sono orientate, o polarizzate, dall’ambiente del buco nero. Gli elettroni che vengono accelerati lungo potenti linee del campo magnetico emettono luce nota come radiazione di sincrotrone. La lettura della polarizzazione di questo spettro luminoso rivela la forza e l'orientamento delle linee del campo magnetico.

"Con un campione di due buchi neri - con masse molto diverse e galassie ospiti molto diverse - è importante determinare su cosa sono d'accordo e su cosa non sono d'accordo", afferma la fisica Mariafelicia De Laurentis dell'Università di Napoli Federico II in Italia.

"Poiché entrambi ci indirizzano verso forti campi magnetici, ciò suggerisce che questa potrebbe essere una caratteristica universale e forse fondamentale di questo tipo di sistemi. Una delle somiglianze tra questi due buchi neri potrebbe essere un getto, ma mentre abbiamo immaginato un uno molto evidente in M87*, dobbiamo ancora trovarne uno in Sgr A*."


https://www.esquire.com/it/lifestyle/tecnologia/a60508365/mistero-buco-nero/

giovedì 2 maggio 2024

La collisione tra la Via Lattea e M31 è già iniziata. - Giuseppe Donatiello


Andromeda





















Andromeda (M31) è una galassia spirale di dimensioni simili alla nostra e si trova a circa 2,4 milioni di anni luce. È considerata l’oggetto più lontano visibile a occhio nudo, sebbene da siti adatti, sia possibile scorgere anche la sua vicina M33, leggermente più lontana. In figura, una ripresa eseguita da Giuseppe Donatiello con teleobiettivo da 300 mm f/4,5 dal Parco Nazionale del Pollino, in tre sessioni (17, 18 e 20 agosto 2020), integrando dati per 1,7 ore.

Tra circa 4 miliardi di anni, la nostra Galassia si scontrerà con M31 e inizierà una tumultuosa fase di fusione da cui nascerà una grande galassia ellittica di cui abbiamo già il nome: Milkomeda. Ma questa collisione è già iniziata, almeno a livello dei gas che circondano le galassie.

Immensi aloni di gas si estendono per circa 1,5 milioni di anni luce attorno ad Andromeda e alla Via Lattea. Questo ambiente si studia sfruttando la luce proveniente dai quasar per cercare nei loro spettri gli elementi attribuibili all’alone. I quasar sono sorgenti lontanissime che presentano righe spettrali fortemente spostate verso il rosso, perciò discriminare quelle prodotte dagli elementi presenti nell’alone di Andromeda è piuttosto facile.

Un gruppo di astronomi ha utilizzato il Telescopio Spaziale Hubble per mappare l’involucro, prevalentemente costituito da plasma caldo, della nostra grande vicina galattica, scoprendo che si estende mediamente per circa 1,3 milioni di anni luce, arrivando in alcuni punti sino a 2 e che è composto da due gusci principali ben distinti.

Conoscere le caratteristiche dell’alone è come possedere una macchina del tempo, poiché questa enorme bolla di gas ionizzato conserva memoria degli eventi passati ed è il serbatoio da cui sarà attinto il gas che formerà le future generazioni di stelle. In esso troviamo anche le tracce delle esplosioni stellari che l’hanno arricchito di elementi pesanti, perciò il suo studio fornisce informazioni riguardanti l’evoluzione della galassia, la cosiddetta “archeologia galattica”.

Da tale ricerca, chiamata Project Amiga (Absorption Map of Ionized Gas in Andromeda), è emerso che il guscio più interno si estende per circa mezzo milione di anni luce e coesiste con l’alone stellare esterno di Andromeda, popolato da ammassi globulari, galassie nane satelliti e stelle isolate. Il guscio esterno è più esteso, rarefatto e più caldo, forse perché risente meno degli effetti prodotti dalle esplosioni stellari. A riprova, c’è la relativa abbondanza di elementi pesanti proprio nel guscio più interno.

Gli spettri dei quasar sono stati studiati nell’UV con lo spettrografo Cosmic Origins di Hubble, ricavandone composizione e densità del gas interposto dagli assorbimenti prodotti.

Da un sito molto buio, M31 appare estesa per circa 6° (12 lune affiancate!) ma se fossimo in grado di scorgere il suo alone gassoso, occuperebbe in cielo l’equivalente di una costellazione (figura).

L’alone di M31 è probabilmente molto simile a quello presente intorno alla nostra Galassia, che però è più difficile da studiare, perché ci troviamo nel suo interno ed è difficile discriminare la “firma” dei gas nell’alone da quelli presenti in abbondanza nel disco. Come spesso accade, essere all’interno non è una posizione privilegiata, quindi si guarda lontano per saperne di più dell’ambiente in cui ci troviamo.

https://cosmo2050.com/2020/08/28/la-collisione-tra-la-via-lattea-e-m31-e-gia-iniziata/?fbclid=IwZXh0bgNhZW0CMTAAAR3sDeEFXN-z4SQB51BS5Geu4qiaiToauT_YqMZgkEzaL_yuSFUMNKzNtWM_aem_AUsFWF7Af7dxOGwLzeyEzkpAFA_xwSqU6ZWkJQPh8GwO2hMj9TxDEMhmB_NSx9C9llw4I5jt47GnBK12IZEFjM1O